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view post Posted: 15/4/2024, 17:28 by: Milea     +1Milano insolita e segreta [FOTO] - VIAGGI & NATURA

Le bellezze della “Ca’ Brutta”
di Giovanni Muzio




La “Ca’ Brutta” è un grande edificio residenziale dell’inizio del XX secolo situato in via della Moscova all’angolo con piazza Stati Uniti d’America e via Turati, che crea un certo disorientamento per la sua apparente disorganizzazione. All’epoca la zona era piena di villini. Fu dunque già rivoluzionario immaginare un progetto che modificava l’impianto urbanistico del quartiere.


Progettato dall’architetto Giovanni Muzio viene da molti considerato il manifesto architettonico del movimento artistico “Novecento” che, dopo le sperimentazioni futuriste e cubiste, promuoveva un ritorno all’ordine e alla purezza delle forme. Muzio progettò “Ca’ Brutta” assecondando l’esigenza di creare ambienti che sfruttassero in modo ottimale sia l’aria che la luce. I tetti vennero concepiti con ampie terrazze e giardini pensili. La sua costruzione, iniziata nel 1919, venne portata a termine nel 1923.





Non appena furono tolte le impalcature iniziarono le critiche dei conservatori, per via della sua architettura in contrasto con i canoni dell’epoca: era un edificio troppo moderno, troppo “pulito” dove gli elementi classici erano stati usati con eccessiva disinvoltura, un brutto esempio di architettura, una “Ca’ Brutta”, come ben presto venne soprannominata dai milanesi, che criticarono aspramente un edificio in aperta rottura con gli stili dell’epoca, legati ancora al Liberty.


Il fabbricato era più alto e più ampio di ogni altra costruzione dell’area, ed era costituito da due corpi edilizi, separati e attraversati da una strada privata, accorgimento grazie al quale è stato possibile dare più luce e aria agli appartamenti con affaccio interno. Solo dopo la reazione negativa dell’amministrazione comunale, si decise di unirli tramite un arco creando un’unica entità architettonica, per dare continuità alla costruzione.


I due corpi del complesso residenziale non sono solo separati, ma anche diversi: uno è in linea e l’altro a corte. A unificarli è la facciata esterna, sorprendente per l’uso di materiali diversi: i primi due piani sono stati realizzati in travertino, i successivi tre sono in cemento e l’ultimo piano è in stucco vicentino con calce viva e marmi, sormontato da una fila di terrazze.





Anche la stampa infierì, definendo la costruzione una “squinternata fantasia di architetto”. Secondo i detrattori, gli elementi classici erano stati usati in maniera incomprensibile, al servizio di un’idea estetica che contrastava con il gusto dominante. Il quotidiano “Il Secolo” descrisse l’edificio con queste parole: “Pare di vedere in sogno uno di quegli stranissimi quadri cubisti, nei quali dopo un certo tempo, neppure l’artista ci capisce più nulla e là dove manca la capacità di tracciare una linea diretta e un segno armonioso, supplisce la metafisica”.


Naturalmente c’era anche chi la pensava in maniera opposta: i Novecentisti la consideravano una novità rivoluzionaria che avrebbe aperto le porte a nuovi orizzonti. Per Giovanni Muzio, giovane architetto alla sua prima opera, l’edificio residenziale fu una sorta di manifesto. Il progettista aderì al movimento artistico “Novecento”, che voleva tornare alla purezza delle forme dopo le ardite sperimentazioni delle avanguardie futurista e cubista, ma risentì anche delle esplorazioni pittoriche dell’arte metafisica di Mario Sironi e Carlo Carrà. Da lì in avanti le sue costruzioni, come l’Università Cattolica e il Palazzo dell’Arte sede della Triennale, avrebbero seguito gli stessi dettami. La tanto criticata “Ca’ Brutta” ha tuttavia un primato: fu il primo edificio di Milano ad avere un garage sotterraneo riservato ai suoi inquilini, a cui si accede tramite un montacarichi.



view post Posted: 3/4/2024, 11:17 by: Milea     +1L'ADDESTRATORE DI TARTARUGHE - Osman Hamdi Bey - ARTISTICA

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Osman Hamdi Bey
Donna ottomana, si prepara per un’uscita
(Ottoman Lady, preparing for an outing)
1880 circa
olio su tavola - 68 x 45 cm.
Collezione privata


Questo bellissimo ritratto di una donna che si prepara per una passeggiata fonde la pittura accademica occidentale con la sensibilità orientale. Osman Hamdi Bey è stato il primo pittore turco ad abbracciare pienamente lo stile pittorico occidentale: burocrate, archeologo, e direttore di museo fu uno dei pittori di maggior successo dell’Orientalismo, occupando una posizione di rilievo nella vita culturale turca della seconda metà del XIX secolo.


Come membro di una famiglia ottomana dell’alta borghesia, visse una vita molto orientata all’Occidente. Nel 1860 fu mandato a Parigi dalla sua famiglia per proseguire gli studi e lì decise di dedicarsi alla pittura, studiando arte sotto la supervisione dei famosi pittori orientalisti francesi Jean-Léon Gérôme e Gustave Boulanger. Nel 1869, dopo nove anni nella capitale francese, tornò a Istanbul. Dopo aver ricoperto diversi incarichi nella burocrazia ottomana, nel 1881 fu nominato direttore del Museo Imperiale Ottomano e poco dopo fondò l’Accademia di Belle Arti, che esiste ancora oggi a Istanbul come Università di Belle Arti Mimar Sinan.


Il dipinto in esame non è datato, ma si può ipotizzare che sia stato realizzato negli anni Ottanta del XIX secolo, poiché Hamdi ha raffigurato scene simili con donne in diverse opere di questo periodo.

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Osman Hamdi Bey
Dama turca di Costantinopoli
1881
Firmato e datato ‘81 in alto a sinistra
olio si tela -185 x 109 cm.
Collezione privata



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Si tratta di una veduta intima di una giovane donna dell’harem che si guarda allo specchio mentre si acconcia per uscire. Sembra provenire da un ambiente privilegiato e indossa un abito giallo/ocra, un esempio dell’interesse di Hamdi nel catturare la moda del suo tempo. La si vede mentre si lega il foulard, detto yemenita. Sul divano è appoggiato il suo caftano nero, un soprabito chiamato ferace, che veniva indossato sopra l’abito quando si era all’aperto. La stanza è decorata con un kavukluk, un porta-turbanti ottomano, posto in un angolo. La donna è inginocchiata su un cuscino ottomano di seta yastik, mentre il pavimento è coperto da una stuoia hasır. Dietro di lei è raffigurato un grande divano angolare blu rivestito di velluto ricamato a çatma, proveniente da Bursa.





Gli artisti orientalisti europei come Gérôme e Boulanger avevano non avevano possibilità di osservare la vita quotidiana orientale, non avendo accesso alle aree private, come l’harem. Ciò ha portato a raffigurare un Oriente immaginario e mistificato. Hamdi Bey costruì una rappresentazione più realistica della vita privata in Oriente, come nella presente tavola. (M.@rt)




view post Posted: 25/3/2024, 20:52 by: Lottovolante     +1LES JOUR DES MORTS - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau


Noi a un certo punto moriamo
per la stanchezza
di non essere capiti.





William-Adolphe Bouguereau
Il giorno dei morti (Ognissanti)
(Le Jour des Morts -Toussaint)
1859-1867
Firmato W. Bouguereau
Olio su tela
61 x 50.8 cm
1859, Bordeaux, Musée des Beaux-Arts
1867, Collezione privata


William-Adolphe Bouguereau espose uno dei suoi primi trionfi, una versione più grande di quest'opera, al Salon parigino di riferimento del 1859 e di nuovo all'Exposition Universelle del 1867. Il suo soggetto avvincente attirò l'attenzione di molti critici importanti. La reazione di Paul de Saint-Victor all'opera fu entusiastica: "Sotto le loro vesti di lutto, i defunti assumono una posa classica che ricorda un'elegia di Bion - questo gruppo, reso in modo elegante e toccante, potrebbe versare lacrime sulla tomba di un giovane greco ucciso a Maratona o a Salamina...". In seguito al successo ottenuto, la versione del Salon fu acquistata quell'anno per il Musée des Beaux-Arts di Bordeaux. Rimane uno dei prestiti più richiesti della sua collezione.


Louise d'Argencourt si sofferma sulla possibile datazione dell'opera: "È difficile datare con precisione le repliche in scala ridotta che Bouguereau realizzava dei suoi grandi quadri del Salon...Secondo Baschet e Vachon, le repliche erano spesso eseguite a scopo di riproduzione incisa e venivano realizzate subito dopo i quadri del Salon di origine, ma è anche probabile che alcune di esse siano state realizzate diversi anni dopo".


Nel libro The Art Treasures of America di Edward Strahan, un'opera intitolata "Le Jour des Morts" è elencata come appartenente al signor W.S. Groesbeck di Cincinnati. È illustrata con "un facsimile di uno schizzo dall'originale". Sebbene non siano indicate le dimensioni, la versione illustrata di "Le Jour des Morts" di Groesbeck e la presente opera sono presumibilmente la stessa. I registri di Goupil & Cie, Parigi, riportano che un'opera con questo titolo è stata venduta al signor Groesbeck nel 1869. Il quadro del Salon, conservato al Musée des Beaux-Arts di Bordeaux, è stato esposto alla mostra Origini dell'Impressionismo 1994-1995 tenutasi al Grand Palais di Parigi e al Metropolitan Museum of Art di New York. (MarL8v)



view post Posted: 24/3/2024, 13:59 by: Milea     +1Milano insolita e segreta [FOTO] - VIAGGI & NATURA

Villino Maria Luisa:

il gioiello Liberty di Corso Magenta a Milano




Nel cuore di Milano, a pochi passi dalla stazione della metropolitana di Conciliazione in via Pietro Tamburini 8, nella zona adiacente a Corso Magenta, si può ammirare un tesoro dell’architettura Liberty: il Villino Maria Luisa. Questa incantevole dimora, meno nota rispetto ad altri più celebri palazzi cittadini, rappresenta una perla rara di bellezza e storia, un vero e proprio gioiello incastonato nel tessuto urbano milanese.


Simbolo di modernità e progresso, espressione di nuove tendenze artistiche, il Villino Maria Luisa fu costruito nel 1906. Lo stile Liberty, che si contraddistingue per le sue linee fluide, le forme ispirate alla natura e l’uso innovativo di materiali, come il ferro e il vetro, trovò terreno fertile a Milano tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900.


L’edificio si articola su due piani ed è caratterizzato da una ricca decorazione dell’esterno: il piano superiore della facciata è ornato da uno stupendo mosaico sui toni del blu e dell’oro, ispirato alla tradizione neogotica, che raffigura un cielo notturno stellato e che rievoca quasi il soffitto giottesco della Cappella degli Scrovegni.





Ai lati del palazzo si trovano vasi fioriti, tra i temi più classici dell’art déco. Pregevoli sono anche i ferri battuti del balcone e del cancello, un trionfo di elementi naturalistici e motivi floreali, opera dell’artigiano Alessandro Mazzucotelli, particolarmente noto come mastro ferraio e per la raffinatezza delle sue decorazioni in metallo, che lo resero uno dei maggiori esponenti del Liberty in Italia. La magnificenza del mosaico del piano superiore lascia spazio alla decorazione più semplice e comune in pietra del registro inferiore, che ciononostante riesce a integrarsi perfettamente con l’apparato ornamentale.


Finestre ampie e luminose, perfettamente in proporzione con i prospetti della casa, sono ornate da cornici e vetrate caratterizzate da fantasie geometriche nel pieno rispetto dello stile Art Nouveau: al centro sono divise da colonnine a sezione poligonale che terminano con un capitello, anch’esso decorato con motivi semplici e lineari. Una curiosità: durante la Seconda Guerra Mondiale un soldato tedesco rimase così colpito dalla bellezza del cancello da ordinare di risparmiarlo dal saccheggio.







view post Posted: 19/3/2024, 18:37 by: Milea     +1L’utopie (Utopia) - Magritte

“Per il periodo che chiamo ‘Surréalisme en plein soleil’, cerco di unire due cose che si escludono a vicenda: una, un sentimento di leggerezza, ebbrezza, felicità, che dipende da un certo stato d’animo e da un’atmosfera che certi impressionisti, o meglio, l’Impressionismo in generale, sono riusciti a rendere in pittura. Senza l’Impressionismo, non credo che conosceremmo questo sentimento di oggetti reali percepiti attraverso colori e sfumature, e liberi da ogni reminiscenza classica... e, due, un sentimento della qualità misteriosa degli oggetti”. (René Magritte)

Rene-Magritte-L-UtopieP

René Magritte (1898-1967)
L’utopie (Utopia)
1945
Firmato ‘Magritte’ (a destra); intitolato e datato '1945' (sul retro)
olio su tela - 60,4 x 80,3 cm.
Collezione privata


Dipinta nel giugno 1945, Magritte stesso descrisse la scena de “L’utopie” nella sua pubblicazione “Dix tableaux de Magritte précédes de descriptions”, edita l’anno successivo. Lì spiega che “la rosa è sola su un’isola” (D. Sylvester, René Magritte Catalogue Raisonné, vol. II, Londra, 1993). Questo senso di solitudine del fiore, già enfatizzato dall’ampiezza dell’orizzonte lontano e dalla vastità dell’oceano, viene così rafforzato dalla dichiarazione di Magritte e dalla sua stessa intenzione dichiarata. Come ha fatto la rosa a raggiungere l’isola? Questa strana e solitaria fioritura è uno scorcio di poetico e di misterioso, persino di miracoloso, ed è tanto più suggestiva come immagine di speranza all’indomani della cessata occupazione del Belgio.


L’occupazione tedesca del Belgio aveva avuto un profondo impatto sulla concezione del Surrealismo di Magritte: “Dall’inizio di questa guerra ho avuto un forte desiderio di raggiungere una nuova efficacia poetica che ci procurasse fascino e piacere. Lascio ad altri il compito di provocare ansia e terrore e di rimescolare tutto come prima”. (D. Sylvester e S. Whitfield, René Magritte, Catalogue Raisonné. Oil Paintings and Objects 1931-1948, vol. II, Londra, 1993) . Il nazismo, con orrore di Magritte, era riuscito laddove il surrealismo aveva fallito nel sconvolgere la società. Per rispondere efficacemente all’estrema devastazione degli anni Quaranta, il Surrealismo doveva cambiare. Magritte attua questo cambiamento alterando radicalmente il suo stile e producendo due serie rivoluzionarie: il “Surréalisme en plein soleil”, a cui appartiene la presente opera, e il periodo “Vache”, una sorta di parodia del fauvismo, creata nel 1948 a Parigi.


Il promontorio e la rosa de “L’utopie” sembrano essere stati dipinti nello stile finto-impressionista che Magritte definiva Surréalisme en plein soleil (The “Renoir” period). Mentre le sue opere precedenti avevano deliberatamente evitato un senso di “stile” nella resa dei loro soggetti strani e incongrui, ora Magritte aggiunge un ulteriore strato di incongruità enfatizzando lo status del dipinto come rappresentazione soggettiva del mondo, sfruttando al contempo l’associazione tra Impressionismo e Realismo. L’artista introduce così una tensione tra uno stile pittorico associato alla cattura di un momento di fugace “realtà” e il proprio universo surreale e poetico, offrendo al contempo uno scorcio di luce solare durante i giorni bui della Seconda Guerra Mondiale.



René Magritte
La Préméditation (Forethought)
1943
olio su tela - 55,3 x 46,2 cm.
Collezione privata


Allo stesso tempo, si divertiva a scioccare anche i suoi sostenitori più accaniti adottando deliberatamente e in modo irriverente uno stile allora associato al gusto borghese. Il surrealismo di Magritte mirava a scuotere i suoi spettatori da una comprensione compiacente del mondo che li circondava, ma egli era consapevole che i suoi stessi ammiratori e seguaci avevano sviluppato delle aspettative nei confronti delle sue opere. “L’utopie” e le sue opere affini del “Surréalisme en plein soleil” sconvolsero gli spettatori nella loro comprensione compiaciuta delle sue immagini e dell’universo.



René Magritte
L’Océan
1943
olio su tela - 50,5 x 65,5 cm.
Collezione privata




In difesa dello stile impressionista del “periodo soleggiato”, Magritte scrisse in una lettera a Breton nel 1946: “Lo scompiglio, il panico che il surrealismo ha cercato di creare per rimettere tutto in discussione, i cretini nazisti ci sono riusciti molto meglio di noi, e non c’era modo di evitarlo... A fronte del pessimismo diffuso, propongo la ricerca della gioia, del piacere. Questa gioia e questo piacere, così comuni eppure così irraggiungibili, mi sembra che dipendano solo da noi”. (H. Torczyner, Magritte: Ideas and Images,New York, 1977).


Il primo proprietario de “L’utopie” fu Achille Chavée, scrittore, amico di Magritte e membro di spicco del gruppo surrealista di Hainaut, che possedeva diversi quadri dell’artista. Nel periodo in cui “L’utopie” fu dipinto, i due collaborarono a lungo alla realizzazione di una grande mostra sul Surrealismo belga che si tenne alla Galerie des Editions La Boétie di Bruxelles, una mostra dominata dalle opere dello stesso Magritte, a testimonianza della sua centralità per il movimento surrealista di quella nazione. (M.@rt)



view post Posted: 3/2/2024, 18:24 by: Milea     +1IL TRIONFO DI ZEFIRO E FLORA - Giambattista Tiepolo - Tiepolo

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Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 - Madrid 1770)
Il trionfo di Zefiro e Flora
1732 ca.
olio su tela ovale - 395 x 225 cm.
Museo del Settecento Veneziano, Ca’ Rezzonico (Sala Longhi), Venezia


Questa tela, giunta alla collocazione attuale nel 1936 proveniente da Palazzo Pesaro, in origine faceva parte della decorazione ben più ampia, in tela e ad affresco, del primo piano di Ca’ Pesaro, eseguita da diversi pittori veneziani nel 1732 in occasione del matrimonio fra Antonio Pesaro e Caterina Sagredo. Gli sposi appartenevano a due fra le più importanti e ricche famiglie della città che, nel secolo precedente, avevano dato, ciascuna, un doge alla Serenissima. Il matrimonio fu sfortunatissimo: Antonio infatti morì di lì a poco, lasciando la consorte vedova e senza figli. Essendo Tiepolo impegnato a Milano tra il 1730 e il 1730 a Milano, dove lavorò alla decorazione dei palazzi di due nobili famiglie locali, gli Archinto e i Dugnani, pare del tutto probabile che egli abbia eseguito questo soffitto immediatamente dopo aver il rientro a Venezia, nei primi mesi dello stesso 1732.


La grande tela da soffitto mostra Flora, l’antica divinità della primavera, abbracciata a Zefiro, il caldo vento di ponente che fa rinascere la natura dopo i rigori dell’inverno. Come ovvio, data la particolare occasione dell’esecuzione del dipinto, esso ha un preciso significato beneaugurante nei confronti dei nobili sposi: la compresenza di Zefiro, uno dei venti della mitologia pagana, e di Flora, dea dei fiori, allude infatti alla rinascita della terra, alla primavera e quindi alla fecondità.


L’esecuzione dell’opera viene a cadere in un momento particolare della carriera di Tiepolo, quando muta sostanzialmente il proprio modo di dipingere. L’intonazione notturna e il violento contrasto di luce dei dipinti giovanili sono sostituiti da colori caldi e ombre colorate. Una tersa luminosità conferisce alle figure uno spessore di verità: nonostante l’anatomia idealizzata, esse si presentano in tutta la loro terrena bellezza. Secondo un espediente che egli è caro, Tiepolo contrappone alla candida nudità del personaggio femminile la pelle scurita dal sole del protagonista maschile, cui assegna ali trasparenti di libellula, che sembrano frinire davanti all’osservatore.


Nella realizzazione di quest’opera Giambattista Tiepolo pare essersi ispirato soprattutto ai modelli di Sebastiano Ricci, issando le due giovani divinità su una nuvola scura che si staglia contro il cielo e utilizzando un’intensa illuminazione, che proviene da sinistra e che provoca uno splendido effetto di luci e ombre, contribuendo a evidenziare ogni elemento della scena, dalle ali di libellula di Zefiro e dei numerosi amorini volanti che gli stanno accanto, che si fanno quasi trasparenti, fino all’eccezionale particolare della corona di fiori che la stessa divinità tiene in mano, eseguita in punta di pennello.



Pur apparentemente così aerea e spontanea, la scena risulta costruita con grande sapienza: l’equilibrio dei due corpi fluttuanti nel cielo è dato dal gioco delle braccia che si alzano e si allargano e dalle gambe divaricate nello scorcio del sotto in su.



Dopo essersi largamente ispirato al linguaggio enfatico della pittura barocca, l’ancora giovane Tiepolo celebra in questo ovale da soffitto il tema della fecondità primaverile attraverso la gaia e terrena carnalità dei personaggi raffigurati. (M.@rt)




view post Posted: 2/2/2024, 21:44 by: Lottovolante     +1PORTRAIT DE JEUNE FILLE - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau




William-Adolphe Bouguereau
Ritratto di una giovane ragazza
(Portrait de jeune fille)
Firmato W-BOUGUEREAU- e datato 1898
Olio su tela
41.3 x 32.4 cm
Collezione privata


William Adolphe Bouguereau aveva la reputazione di selezionare alcune delle più belle modelle di Parigi. Le sue modelle dovevano essere eccezionali come i suoi dipinti, e trovare il volto e la figura ideale non era sempre un processo facile. Come spiegava l'artista: "Ho opere pronte e in attesa. Ma quante rimangono incompiute perché non riesco a trovare il modello che sogno". A seconda degli attributi delle modelle, gli aspetti fisici di diverse donne potevano essere composti in un unico quadro finale. Attraverso una serie di schizzi e disegni, Bouguereau elaborava innanzitutto la forma, la luce e l'ombra prima di passare a dipingere uno studio della testa della modella.


Questa tecnica complessa è ancora più notevole se si considera il resoconto dell'allievo di Bouguereau, Robert Marc, che ricorda che l'artista dipinse tali studi in appena quattro ore. Queste tele hanno influenzato la scala intima dell'opera attuale e l'uso di uno sfondo scuro per proiettare la figura illuminata fuori dallo spazio del quadro, creando una connessione immediata tra spettatore e soggetto. Poco dopo il suo completamento, l'opera in questione fu acquistata dal senatore dello Stato del Massachusetts George N. Tyner (1851-1904), il cui necrologio pubblicato a livello nazionale lo proclama "uno dei maggiori conoscitori d'arte degli Stati Uniti, la cui collezione comprende più di cento tele di artisti famosi".


Prima di entrare in politica, Tyner fece crescere la Holyoke Envelope Company fino a farla diventare uno dei più grandi produttori del suo genere, con 200 dipendenti che producevano tre milioni di buste al giorno. Il suo fiuto per gli affari gli permise di avere una bella casa a Holyoke, dove Portrait de jeune fille era appeso insieme a opere di Gustave Courbet, Jehan Georges Vibert, Jean Béraud, Alberto Pasini e Félix Ziem e composizioni impressioniste di Claude Monet, Alfred Sisley e Camille Pissarro. La collezione di Tyner fu venduta nel 1901 e Portrait de jeune fille fu presto acquistato da un altro ricco americano, John William Sterling (1844-1918), socio fondatore dello studio legale Shearman & Sterling LLP di New York che rappresentava Jay Gould, Henry Ford e Standard Oil tra gli altri potenti clienti. La casa di Sterling al 912 della Fifth Avenue vantava un'ampia biblioteca legale privata e una collezione d'arte, dove l'opera di Bouguereau era appesa tra quelle di Pierre Cot, Albert Edelfelt e Jean-Léon Gérôme.


Alla morte di Sterling, il suo patrimonio fu valutato venti milioni di dollari, "considerato uno dei più grandi mai accumulati da un uomo che perseguiva una carriera strettamente professionale" e più di quindici milioni di dollari (più di duecento milioni di dollari di oggi) furono lasciati in eredità alla sua alma mater, l'Università di Yale ("$15,000,000 Sterling Bequest to Yale", The New York Times, 17 luglio 1918). Alla vendita all'asta della collezione Sterling fu ricordato come "tra quel numero considerevole di uomini di grande ricchezza e successo che hanno speso una grande quantità di denaro per assicurarsi una buona collezione". Il suo svago era collezionare quadri e di notte cedeva al loro fascino.... Credeva che questa intima comunione con i suoi quadri rinfrescasse molto la sua mente, lo portasse in un altro mondo dove prevalevano solo pace e felicità". In questo spirito, il ritratto contemplativo di Bouguereau era il compagno ideale per il potente collezionista che cercava un legame personale con la sua arte. (Mar L8v)



view post Posted: 30/1/2024, 20:58 by: Lottovolante     +1LES ENFANTS ENDORMIS - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau




William-Adolphe Bouguereau
Bambini che dormono
(Les enfants endormis)
Firmato W BOUGVEREAU e datato 1868
Olio su tela
46 x 55.2 cm
Collezione privata


Nel 1868, il quarantatreenne William-Adolphe Bouguereau è completamente immerso in un grande progetto per il Grand Théâtre di Bordeaux, per il quale era stato incaricato nel 1865 della decorazione della sala da concerto. Il contratto per questa commissione seguì la morte di Jean-Marie Durand-Ruel, mercante e principale sostenitore di Bouguereau. Il figlio di Durand-Ruel, Paul, che rilevò l'attività del padre, si interessò strettamente ai giovani impressionisti e liquidò ben presto lo stock di tele accademiche della galleria. In difficoltà finanziarie, Bouguereau si mette alla ricerca di una nuova galleria che lo rappresenti e nel 1866 conclude un contratto di esclusiva con Adolphe Goupil e il suo socio Leon Boussod. Goupil & Cie, un'azienda ben consolidata, offriva a Bouguereau stabilità finanziaria e accesso a una clientela internazionale. In cambio, la società pretendeva i diritti esclusivi su tutta la produzione dell'artista, compresi i diritti di riproduzione di tutte le opere. L'attività principale di Goupil consisteva nella stampa e nella commercializzazione di riproduzioni d'arte, un'attività estremamente redditizia per l'azienda.


Mentre lavorava alla commissione di Bordeaux, Bouguereau aveva anche bisogno di produrre una serie di quadri da cavalletto per adempiere al contratto con Goupil e per esporre al Salon. I due quadri inviati al Salon del 1868 sono "Enfants endormis" e "Pastorale". Entrambi furono accolti con entusiasmo dalla critica e dal pubblico. Il critico d'arte Théophile Gautier fu particolarmente entusiasta di Enfants endormis: "È difficile per una donna immaginare bambini più attraenti dei propri, eppure crediamo che gli 'Enfants endormis' di Monsieur Bouguereau soddisfino o addirittura superino il sogno di qualsiasi madre, per quanto prevenuta nei confronti della propria prole". I gemelli che emergono dall'uovo di Leda, o Paul e Virginie nella loro culla non erano più affascinanti... Il gruppo è elegantemente composto e ben disposto, come l'arte oggi troppo spesso dimentica. Nulla potrebbe essere più tenero e delicato del pennello con cui l'artista ha accarezzato questi deliziosi neonati..."



William-Adolphe Bouguereau
Carità
(Charité)
Firmato W BOUGVEREAU e datato 1859
Olio su tela
116,5 x 90 cm
Ann Arbor, University of Michigan Museum of Art




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William-Adolphe Bouguereau
Pastorale
(La pastorale des loisirs)
Firmato W BOUGVEREAU e datato 1868
Olio su tela
113,9 x 162,9 cm
Collezione privata


Il soggetto dei bambini addormentati potrebbe essere stato ispirato dalla gravidanza della moglie con il quarto figlio. È anche vero che il suo ex mercante, Durand-Ruel, fu determinante nell'indirizzare Bouguereau lontano dalle immagini più cupe e religiose, verso soggetti più leggeri, come donne e bambini, che avevano un maggiore appeal sul pubblico. L'amore di Bouguereau per i bambini è evidente negli "Enfants endormis" e in tutta la sua opera, che abbonda di raffigurazioni di bambini cherubici e idealizzati. L'artista si avvicinò al tema dei bambini gemelli addormentati in "Carità" del 1859, che riflette la sua emulazione della squisita abilità di Ingres. Il critico Marius Vachon osservò a proposito del suo uso della linea "con quale delicatezza, con quale chiarezza, avvolge la carne, scrive le sue curve, forti, fini e aggraziate!".


Bouguereau era noto per invitare nel suo studio modelle con i loro bambini piccoli. Era particolarmente indulgente con le loro buffonate e li lasciava giocare sul pavimento mentre li disegnava in diverse posture, studiando ogni piega della carne e ogni gesto. Come concordato con Goupil & Co. Bouguereau realizzò due riduzioni di Enfants endormis che furono vendute a Wallis di Londra. La presente opera è la più grande delle due riduzioni eseguite. Un'incisione di Victor Thirion fu prodotta e venduta da Goupil nel 1869 con il titolo "Les jumeaux". (Mar L8v)



view post Posted: 27/1/2024, 21:01 by: Lottovolante     +1LE PETIT CÂLIN - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau


"Nessuno sulla terra scrive
di donne e bambini meglio di Victor Hugo,
e si potrebbe dire del signor Bouguereau
che nessuno del nostro tempo dipinge
donne e bambini meglio di lui..."

(Adrien Dézamy)





William-Adolphe Bouguereau
Le piccole coccole
(Le petit câlin)
Firmato W-BOUGUEREAU- e datato 1878
Olio su tela
115.9 x 81 cm
Collezione privata


"Le petit câlin" fa parte di una serie di grandi tele che William-Adolphe Bouguereau dipinse nel 1878, raffiguranti una giovane donna che tiene in braccio e accudisce un bambino. Sperimentando con le pose e le espressioni, in ognuna di esse l'artista cattura un fugace momento di intimità tra le due figure, permettendo a Bouguereau di dimostrare il suo virtuosismo tecnico attraverso il complesso intreccio di braccia e mani, l'equilibrio del peso e l'offerta di sostegno. Dipinti come ritratti verticali a grandezza quasi naturale e collocati di fronte a un paesaggio liberamente dipinto, Bouguereau conferisce ai suoi modelli una statura iconica. Nella sua biografia dell'artista, Marius Vachon parla dei dipinti di madri e bambini dell'artista, che sono fortemente istruiti dai dipinti italiani del XV secolo della Madonna con Bambino.


Scrive: "Fin dall'inizio, i dipinti dei maestri italiani hanno rivelato all'artista la bellezza insita nella giovinezza, la seduzione del sorriso, la grazia della semplicità. Soprattutto dipinge giovani madri, con i loro bambini. Questo tema, interpretato in un'inesauribile varietà di modi, e sempre con nuova eloquenza, gli ispirò opere di un fascino infinito, le cui tipologie di figure furono generalmente prese in prestito dagli italiani". L'opera mostra chiaramente l'influenza di Raffaello, che Bouguereau venerava. Con i suoi dipinti che devono tanto al sacro quanto al profano, Bouguereau scelse come soggetti le vite semplici e innocenti dei contadini romani per raggiungere i suoi obiettivi artistici. I colori saturi e gioiosi della presente composizione ricordano i maestri del Rinascimento: il ricco blu della gonna della madre, completato dal suo fazzoletto cremisi, e il verde intenso del fogliame ombroso che fa da sfondo.


Il bambino stringe la sua camiciola mentre le sue dita distese premono contro la pelle morbida del suo braccio, creando una verità naturalistica nella loro rappresentazione. Lo spettatore può apprezzare la tenera emozione condivisa tra i due, mentre la giovane donna rivolge uno sguardo adorante al suo piccolo il cui volto sorride dolcemente di profilo. L'interesse di Bouguereau nel visualizzare il loro legame si confronta facilmente con il suo "Jeune fille et enfant" (1878, Collezione privata) in cui la figura è vista di spalle, in piedi con il bambino drappeggiato sulle braccia. L'artista completò cinque variazioni su questo tema tra il 1878 e il 1979, tra cui "Le petit câlin", che portarono il cronista Adrien Dézamy a notare nella sua recensione del maggio 1879, su Contemporary Art, "Nessuno sulla terra scrive di donne e bambini meglio di Victor Hugo, e si potrebbe dire del signor Bouguereau che nessuno del nostro tempo dipinge donne e bambini meglio di lui!".



William-Adolphe Bouguereau
Il ninfeo
(La Nymphée)
Firmato W-BOUGUEREAU- e datato 1870
Olio su tela
144.7 x 82.5
Stockton, Haggin Museum




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William-Adolphe Bouguereau
Un'anima nel cielo
(Une âme en ciel)
Firmato BOUGUEREAU- e datato 1878
Olio su tela
138.8 x 80.6 cm
Musée d'art et d'archéologie du Périgord


Il 1878 è un anno importante per Bouguereau. Per celebrare la sua ripresa dopo la guerra franco-prussiana, la Francia ospitò l'Exposition Universelle, la più grande fiera mondiale mai realizzata fino ad allora. L'illuminazione elettrica viene installata su alcuni viali, il pubblico viene introdotto al telefono di Alexander Graham Bell e la testa della Statua della Libertà viene completata. Bouguereau allestì una retrospettiva critica delle sue opere del decennio precedente, tra cui capolavori come "La Nymphée" (1878, Haggin Museum, Stockton, California) e "Une âme en ciel" (1878, Museo d'Arte e Archeologia del Périgord, Périgueux, Francia), oltre a quasi una dozzina di altri per i quali ricevette una medaglia d'onore. In totale, più di tredici milioni di persone parteciparono alla fiera, che certamente contribuì a spingere la fama internazionale di Bouguereau a nuove vette, e contribuì al suo enorme successo in America, dato che molti dei suoi migliori dipinti furono acquistati da ricchi americani.


Il leggendario primo mercante dell'artista, Durand-Ruel, aveva coltivato questo interesse e guidato la sua produzione. Robert Isaacson scrive che "Durand-Ruel presentò Bouguereau a uno dei suoi pittori, Hugues Merle, che stava avendo un enorme successo con le composizioni di madre e bambino, fratello e sorella...Bouguereau fu spinto a cimentarsi in questo genere e il suo successo è ormai storia". Con la maturità artistica e commerciale e grazie alla forza della sua produzione, Bouguereau fu convinto ad accettare un contratto esclusivo e molto più redditizio con Goupil, e non sorprende che dopo l'acquisto di "Le petit câlin" la sua successiva apparizione sia stata a New York presso Knoedler, responsabile della promozione dell'artista e del suo lavoro presso i collezionisti dal New England al Midwest. (Mar L8v)




view post Posted: 25/1/2024, 14:50 by: Milea     +1La fine del mondo (La fin du monde) - Magritte

Magritte_Le_fin_du_mondeP

René Magritte (1898-1967)
La fine del mondo (La fin du monde)
1963
Firmato 'Magritte' (in alto a destra); intitolato 'La Fin du Monde' (sul retro)
olio su tela - 81,6 x 100,3 cm.
Collezione privata


“Per me non si tratta di dipingere la ‘realtà’ come se fosse facilmente accessibile a me e agli altri, ma di rappresentarla il più ordinaria possibile, in modo tale che questa immediatezza perda il suo carattere mite o terrificante e si presenti con mistero” (H. Torczyner, Magritte, New York, 1977). Fondendo due dei motivi caratteristici di Magritte in un’unica immagine evocativa, “La fin du monde” è una versione elegantemente semplice del complesso repertorio simbolico di Magritte. Combinando la dualità notte/giorno della serie L’empire des lumières con l’uomo con la bombetta, i protagonista di molte tele di Magritte, l’artista descrive un mondo completo (una figura in un paesaggio), che è allo stesso tempo un’iterazione e una sintesi della sua produzione dei due decenni degli anni Cinquanta e Sessanta.

In un’intervista radiofonica del 1956, Magritte spiegò la genesi della tela affermando: “Ciò che è rappresentato in un quadro è ciò che è visibile all’occhio, è la cosa o le cose che dovevano essere pensate. Così, ciò che è rappresentato nel quadro ‘L’empire des lumières’ sono le cose che ho pensato, per l’esattezza un paesaggio notturno e un cielo come quello che si può vedere in pieno giorno. Il paesaggio suggerisce la notte e il cielo il giorno. Questa evocazione della notte e del giorno mi sembra abbia il potere di sorprenderci e deliziarci. Io chiamo questo potere: poesia”. Il primo dipinto (completato) di questa serie raffigura una strada quasi urbana con un paio di case e un lampione decentrato.



René Magritte
L’empire des lumières
1949
olio su tela - 48,5 x 58,7 cm.
Collezione privata


Questa composizione fu subito apprezzata dai collezionisti di Magritte e fu acquistata da Nelson Rockefeller nel gennaio del 1950. Tra il 1949 e il 1964, Magritte eseguì diciassette oli e dieci versioni a guazzo de “L’empire des lumières”, ognuna delle quali presenta la variazione di una scena notturna di strada scarsamente illuminata, con una casa chiusa in modo inquietante e un lampione luminoso sotto un cielo blu illuminato dal sole con nuvole bianche e soffici. Questo motivo divenne rapidamente uno dei preferiti dell’artista e dei suoi ammiratori e rimase uno dei suoi temi più famosi e ricercati, a cui tornerà ripetutamente nel corso della sua carriera. “La fin du monde” è una combinazione del tema “L’empire des lumières” realizzato per la prima volta nel 1949 e di quello di un’opera più recente, “A la rencontre du plaisir” del 1962.



René Magritte
À la rencontre du plaisir (Verso il piacere)
1962
olio su tela - 46×55 cm
Collezione privata




In “La fin du monde Magritte” inverte l’equilibrio compositivo che caratterizza la serie “L'empire des lumières”, in modo tale che il cielo crepuscolare domini spazialmente sulla foresta e sulla casa in rilievo. Come Magritte spiegò, il concetto della dualità notte/giorno era per lui particolarmente affascinante: Se credo che questa evocazione abbia un tale potere poetico, è perché, tra le altre ragioni, ho sempre provato il massimo interesse per la notte e il giorno, senza tuttavia aver mai preferito l’una o l’altro. Questo grande interesse personale per la notte e il giorno è un sentimento di ammirazione e di stupore” . L’idea centrale de L’empire des lumières, che si manifesta ne “La fin du monde”, è la bellezza impossibile del concetto che André Breton esprimeva quando esclamava: “Se solo il sole uscisse stasera!”. La semplicità di questo concetto è inficiata dall’ombra dell’uomo con la bombetta, raffigurato in scala uguale alla casa, che rivela che questo ambiente è in qualche modo fantastico, un paesaggio onirico, un prodotto del regno poetico dell’immaginazione visiva di Magritte a cui ha dato il nome di “Le domaine enchanté”(Il dominio incantato).


Includendo all’interno di una scena spazialmente continua il giorno e la notte, due condizioni normalmente inconciliabili, Magritte sconvolge il senso del tempo dello spettatore. “Dopo aver dipinto ‘L'empire des lumières’, mi venne l’idea che la notte e il giorno esistano insieme, che siano una cosa sola. Questo è ragionevole, o per lo meno è in linea con le nostre conoscenze: nel mondo la notte esiste sempre nello stesso momento del giorno. (Così come in alcune persone la tristezza esiste sempre allo stesso tempo della felicità in altre). Ma queste idee non sono poetiche. Ciò che è poetico è l’immagine visibile del quadro” . Breton riconobbe in quest'opera anche la riconciliazione anticonvenzionale degli opposti che i surrealisti apprezzavano, affermando che: “A [Magritte], inevitabilmente, toccava il compito di separare il ‘sottile’ dal ‘denso’, senza il quale non è possibile alcuna trasmutazione. Attaccare questo problema richiedeva tutta la sua audacia: estrarre contemporaneamente ciò che è luce dall’ombra e ciò che è ombra dalla luce (L’empire des lumières). In quest’opera la violenza fatta alle idee e alle convenzioni accettate è tale (l’ho saputo da Magritte) che la maggior parte di coloro che passano di lì pensano di aver visto le stelle nel cielo diurno. In tutta l’opera di Magritte è presente in larga misura quello che Apollinaire chiamava ‘genuino buon senso’, che è, naturalmente, quello dei grandi poeti”. (A. Breton, "The Breadth of Rene Magritte" in Magritte, 1964)


L’immagine dell’uomo con bombetta e soprabito nero, qui incastonato nella parte destra della linea degli alberi, è entrata per la prima volta nell’opera di Magritte in alcuni dipinti della fine degli anni Venti; tuttavia, solo nel 1951 apparve nel repertorio dell'artista la versione più nota - e addirittura iconica - di questo soggetto, in cui la figura parziale dell'uomo è vista da dietro, in “La bôite de Pandore”. Questa figura divenne la base di una serie di varianti in cui l'artista collocava l'uomo in diversi ambienti.



René Magritte
Il vaso di Pandora (La boîte de Pandore)
1951
olio su tela - 45,5 x 55 cm.
Collezione privata


L’uomo con la bombetta, il cui volto è nascosto allo spettatore, non era solo il personaggio privato e il surrogato del pittore, ma da allora è stato riconosciuto come simbolo universale dell’anonimo uomo di strada borghese del XX secolo. È il funzionario pubblico, il burocrate, il capitalista grande o piccolo, o il comune salariato, che aspira interiormente e discretamente a qualcosa che va oltre se stesso, o addirittura al potenziale visionario dell’artista o del poeta. Come altri membri del circolo surrealista di Bruxelles, Magritte scelse di vestirsi e di vivere in modo volutamente austero e borghese. La bombetta era un elemento fondamentale del suo abbigliamento conservatore. David Sylvester ha scritto: “Mesens mi ha raccontato che Magritte non si è mai comprato una bombetta elegante, una bombetta che si adattasse meglio al suo viso, ma sempre un prodotto standardizzato, indifferente, che non permetteva alcun tipo di partecipazione alle preferenze di gusto”. (D. Sylvester, Magritte, 1969). Lo stesso artista spiegò a un intervistatore della rivista Life nel 1965: “La bombetta è un copricapo che non è originale: non desta alcuna sorpresa. E io la indosso. Non sono ansioso di singolarizzarmi. Mi vestirei per questo. Ma non voglio”.(R. Magritte, Ecrits complets, Parigi, 1979 ).


“La fin du monde” è quindi uno straodinario esempio di come Magritte impieghi abitualmente i simboli della normalità, dell’ordinarietà, delle convenzioni quotidiane - come l’ambientazione rurale notturna e l’anonimo uomo con la bombetta - a fini contraddittori: per sorprendere, sconvolgere e riconfigurare le aspettative e l’esperienza del quotidiano dello spettatore. Come ha osservato l’artista stesso, “i miei quadri che mostrano oggetti molto familiari, ad esempio una mela, pongono delle domande. Non capiamo più quando guardiamo una mela; la sua qualità misteriosa è stata così evocata”. (M.@rt)



view post Posted: 23/1/2024, 13:22 by: Milea     +1Festa e declino (Feier und Untergang)- Paul Klee - Klee

Klee_feier_und_untergangP

Paul Klee (1879-1940)
Festa e declino (Feier und Untergang)
1920
firmato “Klee” (in basso a destra)
olio, penna e inchiostro di china - 38,7 x 25,4 cm.
Collezione privata


Nel dicembre 1918, un mese dopo la firma dell’armistizio che poneva fine alla Prima guerra mondiale, Klee venne congedato dall’esercito tedesco e tornò a Monaco di Baviera, sede delle sue attività prebelliche. Nel corso dei due anni successivi, Klee ampliò notevolmente la sua gamma di soggetti e di mezzi artistici e raggiunse la prima vera notorietà per il suo lavoro. Nell’ottobre del 1919 firmò un contratto triennale con il mercante Hans Goltz; nella primavera successiva Goltz allestì una retrospettiva di oltre trecentocinquanta dipinti, disegni e incisioni di Klee, che fece scalpore a Monaco. Poco dopo vennero pubblicate due monografie su Klee e la definizione dell’artista stesso sui suoi obiettivi espressivi appare nell’antologia “Credo creativo”. Nel novembre del 1920, Klee ricevette da Walter Gropius l’invito a far parte della facoltà del Bauhaus di Weimar, appena fondato; due mesi dopo lasciò Monaco per unirsi a questa ambiziosa comunità di artisti e architetti. Will Grohmann scrisse: “Se Klee, come Franz Marc, fosse stato destinato a morire giovane, ciò che ha prodotto prima del 1920 lo avrebbe comunque reso non solo uno dei pittori più ispirati, ma anche uno dei più grandi del XX secolo. Il periodo che precede il Bauhaus non è semplicemente il fondamento della sua opera successiva: è una sezione decisiva dell’arte di Klee e del suo secolo… Nei dipinti a olio del 1919 e del 1920, per lo più paesaggi, Klee raggiunge una sicurezza di forma e un’oggettività di espressione mai viste prima. Si tratta delle opere più importanti realizzate prima di trasferirsi a Weimar”. (Paul Klee, Londra, 1954).


Il presente dipinto fa parte di un gruppo di paesaggi ritmici e boscosi che Klee realizzò nel 1920, l’anno successivo all’esordio della sua attività ad olio. È numerato duecento su duecentotrentaquattro opere del 1920, il che suggerisce che risale all’autunno, dopo il ritorno dell’artista da Possenhoffen sul lago di Starnberg. Le tonalità dominanti del rosso e del marrone riflettono i colori del fogliame autunnale, mentre il titolo del dipinto, “Feier und Untergang”, evoca l’abbondanza del raccolto seguita dall’arrivo dell’inverno.

I blocchi di colore piatto, tipici delle opere orfiste di Klee del periodo prebellico, fungono da struttura unificante per le forme lineari che compongono il paesaggio. La cima della montagna alberata al centro della composizione si ripete nel frontone triangolare che la affianca, suggerendo un collegamento tra creazione naturale e creazione umana. Klee era estremamente sensibile al timbro dei vari paesaggi e il suo diario documenta ripetutamente la sua attenzione per il territorio; aveva inoltre raccolto una collezione diversificata di materiali botanici che studiava come repertorio di forme. Il suo obiettivo, tuttavia, non era la traduzione mimetica delle forme osservate in arte, ma piuttosto un’analogia tra la natura e l’opera creativa dell’artista, che secondo lui erano soggette alle stesse leggi. Nel “Credo creativo” dichiarò: “L’arte è una somiglianza con la creazione. A volte è un esempio, proprio come il mondo terrestre è un esempio di quello cosmico”. Anke Daemgen ha spiegato: “Il desiderio di Klee era quello di realizzare opere che non si ispirassero semplicemente all’aspetto esteriore della natura, ma un’arte che, come la creazione stessa, emanasse da un processo creativo interiore e vivificante che a sua volta rimanesse vitale all’interno dell’opera. Il fascino dei processi di cambiamento e metamorfosi, della crescita e del movimento, che caratterizzò tutta l’opera di Klee, raggiunse il culmine nella sua esplorazione artistica di piante, giardini e paesaggi”. (The Klee Universe, Neue Nationalgalerie, Berlino, 2008).


La presente opera, eseguita a olio su carta (datata, numerata e intitolata “1920/200 Feier und Untergang”, su una striscia di supporto applicata al retro), è stata montata da Klee su tavola e ne ha poi dipinto il bordo in rosso per riprendere i colori del paesaggio. L’artista riservava questo trattamento alle opere che considerava più riuscite, quelle che chiamava quadri su tavola, per distinguerle dai disegni o dai fogli colorati. Come ha spiegato Grohmann “Klee faceva distinzioni molto nette; declassava e promuoveva. Quando un quadro non era in grado di vivere di vita propria sulla parete, veniva incollato su un cartoncino bianco e diventava un foglio colorato. ‘Sul bianco a volte sta bene’, diceva Klee a proposito di questi casi. Quando invece un foglio era sufficientemente robusto, lo montava su cartone o legno e lo trasformava in un pannello”. (M.@rt)




view post Posted: 22/1/2024, 20:59 by: Lottovolante     +1INNOCENCE - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau


L’innocenza è sempre seguita dalla propria luce...




William-Adolphe Bouguereau
Innocenza
(Innocence)
Firmato W-BOUGUEREAU- e datato 1873
Olio su tela
64.8 x 54.6 cm
Collezione privata


Quando è al suo meglio, William-Adolphe Bouguereau riesce a presentare il soggetto secolare come sacro, elevando un comune pastore, un contadino o un mendicante al divino. La figura e l'agnello dell'Innocenza sembrano irradiare luce, contribuendo a creare un universo onirico di pace e serenità, squisito e trascendente. Sebbene non vi siano riferimenti religiosi evidenti in questo dipinto, l'immagine della pastorella evoca Maria, madre di Cristo, il pastore. Le immagini dei contadini erano enormemente popolari tra i collezionisti alla fine del XIX secolo e i dipinti di Bouguereau, in particolare quelli eseguiti con tanta maestria come la figura dell'"Innocenza", erano irresistibili per loro. Ciò era dovuto sia alla sua tecnica virtuosa che alla dedizione entusiasta che il suo mercante, Goupil, portava alla sua distribuzione. Spesso la domanda superava l'offerta e Bouguereau produceva opere sullo stesso tema o sulla stessa fonte di ispirazione.


Ad esempio, la modella e la sciarpa a quadri raffigurate in "Innocenza" compaiono anche ne "L'agnello appena nato" (1873, Pittsfield, Berkshire Museum), a cui il presente dipinto è strettamente legato. Entrambe le opere sono state dipinte nella prima metà del 1873, e dai registri di Goupil risulta che l'artista acquistò "Innocenza" direttamente dall'atelier dell'artista nell'aprile del 1873, e i registri di Goupil mostrano che essi acquistarono l'opera direttamente dall'atelier dell'artista nell'aprile del 1873, cui seguì l'acquisto de "L'agnello appena nato" nel luglio dello stesso anno. È ragionevole supporre che il quadro sia stato dipinto per primo, presentando l'elegante nucleo di un'idea che l'artista avrebbe poi ampliato nella tela più grande, a figura intera.


La pastorella è un tema ricorrente in tutta l'opera di Bouguereau e qui è un simbolo dell'amore materno, che si prende cura del suo gregge. Questa giovane donna contemplativa tiene in braccio l'agnello come farebbe con un neonato e Bouguereau ne approfitta per creare un'immagine duratura e meditativa. Allo stesso tempo, la pennellata liscia della composizione cancella la presenza del pittore e crea un equilibrio tra la forma immobile e statica e i ricchi dettagli della superficie. seguito poi dall'acquisto de "L'agnello appena nato" nel luglio dello stesso anno. È ragionevole supporre che "Innocenza" sia stato dipinto per primo, presentando l'elegante nucleo di un'idea che l'artista avrebbe poi ampliato nella tela più grande, a figura intera.


Sebbene non sia spesso riconosciuto, Bouguereau è un superbo pittore di animali e l'espressione dell'agnello è resa con la stessa chiarezza del suo manto lanuginoso. Rosa Bonheurù, che teneva una fattoria di animali nel suo atelier a Parigi, aveva vissuto proprio in fondo alla strada di Bouguereau prima di fuggire dalla città nel suo Château de By, ed è possibile che l'artista abbia usato i suoi animali come modelli nelle sue opere. (Mar L8v)



William-Adolphe Bouguereau
L'agnello appena nato
(L'agneau nouveau-né)
Firma e datato W - BOUGUEREAU - 1873
Olio su tela
165.1 x 87.9 cm
Pittsfield, Berkshire Museum



view post Posted: 22/1/2024, 17:32 by: Milea     +1Vecchio ebreo con violino (Vieux juif au violon) - Chagall

Chagall_Vieux_juif_au_violonP

Marc Chagall
Vecchio ebreo con violino (Vieux juif au violon)
1935
firmato ‘Chagall Ma.’ (in basso a destra)
guazzo su carta - 68 x 52 cm.
Collezione privata


“Vieux juif au violon” raffigura un anziano violinista di paese o forse un musicista itinerante, vestito con un cappotto logoro, un piede calzato e l’altro pateticamente senza scarpe, mentre si fa strada lentamente, bastone alla mano, attraverso il paesaggio innevato di un inverno russo, stagione fin troppo emblematica dei tempi duri in cui si è trovato egli stesso. In tempi migliori, la vita e la fortuna di questo violinista sarebbero state legate alla vita quotidiana e ai rituali di una piccola ma fiorente comunità rurale ebraica. Egli rappresentava l’unica espressione d’arte che molti poveri abitanti dello Shtetl (villaggio ebraico dell’Europa orientale, di lingua e cultura yiddish) avrebbero mai sperimentato, mentre presiedeva a riunioni di ogni tipo, celebrando nascite, compleanni e altri anniversari, celebrazioni di mitzvah (comandamenti) e matrimoni. Questo accadeva un tempo... ora il villaggio giace dormiente sotto una coltre di neve e un cielo turbolento e infausto.


Franz Meyer ha osservato che nell’opera di Chagall degli anni Trenta “compaiono nuovi temi e motivi che esprimono la gravità dello stato d’animo di Chagall in quel momento, il suo interesse più profondo per gli affari ebraici e la preoccupazione per la religione rivelata nelle incisioni della Bibbia”. (Marc Chagall, New York, 1963). L’ispirazione per l’opera potrebbe derivare da un viaggio che Chagall e sua moglie Bella fecero nell’agosto-settembre del 1935 a Vilna, dove l’artista inaugurò, presso l’Istituto Scientifico Yiddish, il nuovo Museo di Arte Ebraica, per il quale aveva fatto progetti nel 1929. L’artista espose più di cento incisioni che aveva creato per le Anime morte di Gogol, le Favole di La Fontaine e la Bibbia nella sua stessa vita.


Vilna era allora situata all’interno dei confini della Polonia; metà della sua popolazione, pari a circa centomila persone, era ebraica e la città era il centro della vita culturale yiddish del Paese. “Le case di legno e le strade tortuose del quartiere ebraico, la prevalenza dello yiddish e degli ebrei... in abiti tradizionali, di cibo ebraico al mercato”, ha scritto Jackie Wullschlager, “tutto ciò ebbe un effetto quasi ipnotico su Chagall e Bella, come se stessero camminando a Vitebsk, la loro città natale” (Chagall, A Biography, New York, 2008). Vitebsk si trovava appena oltre il confine dell’Unione Sovietica, ma era off-limits per Chagall, che era espatriato in Occidente nel 1922. L’artista scrisse all’amico Yosef Opatoshu a New York: “Arrivare al confine della mia città e dirle che lei non mi ama, ma io l’amo... e ritornerò senza entrarvi...” (citato in B. Harshav, ed., Marc Chagall and his Times, Stanford, 2004). Il viaggio a Vilna era stato per Chagall e Bella un viaggio della nostalgia. L’artista ricominciò a scrivere in yiddish e Bella prese in considerazione il progetto di redigere un proprio libro di memorie di Vitebsk, sempre in yiddish, che alla fine pubblicò con il titolo “Burning Lights”.


Ma il viaggio aveva anche mostrato loro delle ragioni per considerare il futuro con apprensione: vennero a sapere che il figlio di un eminente storico ebreo dell’Istituto era stato deriso per strada e picchiato dai polacchi, a riprova del fatto che, dopo la recente morte del maresciallo Pilsudksi, il grande statista della seconda repubblica polacca, l’antisemitismo era di nuovo in aumento in quel Paese. Mentre Chagall si trovava a Vilna, il governo nazista in Germania emanò le Leggi di Norimberga, che privavano gli ebrei di diritti e li rendevano non cittadini. Prima del suo viaggio, Chagall aveva scritto a Opatoshu: “Lavoro e sospiro come tutti gli ebrei del mondo, che vengono picchiati... e per questo divento ancora più ebreo”.


Chagall vede nel violinista anziano e solitario un presagio delle vicende che verranno: storie che troveranno voce nelle melodie suonate sul vecchio violino. “Il dolore del mondo è presente sotto i segni di una contemplazione grave e malinconica”, ha scritto Raissa Maritain di Chagall, “ma i simboli della consolazione lo accompagnano sempre. Se c’è un povero nella neve, almeno suona un violino”. (Marc Chagall: A Biography, New York, 1978). (M.@rt)



view post Posted: 18/1/2024, 21:06 by: Lottovolante     +1BIBLIS (Biblide) - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau




William-Adolphe Bouguereau
Biblide
(Byblis)
1884
Olio su tela
95.5 x 159.5 cm
Hyderabad, Salarjung Museum


I soggetti classici e i miti greci fornirono a William-Adolphe Bouguereau ispirazione per tutta la sua carriera. I dipinti narrativi che ne risultarono erano accessibili al pubblico contemporaneo e gli valsero grandi consensi nelle sue partecipazioni al Salon di Parigi, in cui espose composizioni come "Ninfe e satiri" (1873, Sterling and Francine Clark Institute, Williamstown, Massachusetts), Flora e Zefiro (1874, Musée de Mulhouse, Francia), e "La giovinezza di Bacco", (1884, Collezione privata), dipinta nello stesso anno della presente opera, "Biblide" (1884, Salarjung Museum, Hyderabad, India), di cui esiste una riduzione eseguita un anno dopo, ora in collezione privata. Il soggetto classico fornisce anche un velo sotto il quale Bouguereau può presentare il nudo, una strategia utilizzata anche da molti artisti accademici.





William-Adolphe Bouguereau
Ninfe e satiro
(Nymphes et satyre)
1873
Olio su tela
260 x 180 cm
Williamstown, Sterling and Francine Clark Institute



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William-Adolphe Bouguereau
La giovinezza di Bacco
(La Jeunesse de Bacchus)
1884
Olio su tela
331 x 610 cm
Collezione privata


Nella mitologia greca, Biblide, figlia di Mileto, si innamorò del fratello gemello Cauno. Pur rendendosi conto che i suoi sentimenti erano tabù, non poté fare a meno di tentare di corteggiarlo e gli inviò una lettera in cui citava esempi di incesto tra gli dei. Respinto e impaurito, Cauno fuggì, facendo impazzire Biblide e spingendola a strapparsi le vesti e a inseguirlo attraverso la Grecia e l'Anatolia, piangendo incessantemente. Stremata dal dolore e dalla tristezza, crolla, muore e viene trasformata dalle ninfe in una sorgente o, secondo altre testimonianze, viene semplicemente consumata dalle sue lacrime e diventa una fontana. Bouguereau rappresenta Biblide nel suo penultimo momento.


Bouguereau scrive: "Tra i miei quadri, 'Biblide' è quello che amo di più, quello che mi è piaciuto di più dipingere; questo anche se è stato ispirato da un incidente in atelier. Una delle mie modelle aveva appena chiesto di riposare da una posa faticosa; quando la giovane donna stava per alzarsi, si trovò istintivamente in una posa così bella che la fermai con un gesto e un grido, pregandola di mantenere la posa ancora per un istante. L'ho disegnata subito, molto velocemente...Avevo visto la mia Biblide. È uno dei miei quadri migliori".


A Bouguereau veniva regolarmente chiesto di dipingere le riduzioni delle sue opere più importanti, spesso richieste da Jules Adolphe Goupil, suo rivenditore esclusivo dal 1866 in poi, sia per fornire ai produttori di stampe una tela di dimensioni più maneggevoli da copiare (c'era un mercato pronto, soprattutto in America, per le stampe dell'artista francese), sia per soddisfare le richieste di avidi collezionisti che desideravano acquistare l'originale non più disponibile. (Mar L8v)

view post Posted: 17/1/2024, 21:24 by: Lottovolante     +1L'ORIENTALE À LA GRANADE - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau




William-Adolphe Bouguereau
L'orientale con melograno
(L'Orientale à la grenade)
Firmato W-BOUGUEREAU e datato 1875
Olio su tela
59.6 x 45.7 cm
Collezione privata


Alla fine degli anni Sessanta del XIX secolo, la reputazione di William-Adolphe Bouguereau si era consolidata grazie alle sue magistrali rappresentazioni della vita contadina nella campagna francese; tuttavia, l'artista non si limita alle fonti di ispirazione e, come molti suoi contemporanei, si interessa ai popoli e alla cultura del Nord Africa e del Medio Oriente. Nel 1870 l'artista completò "Giovane ragazza orientale" e cinque anni dopo "L'orientale con melograno" che, insieme ad altre opere selezionate (forse solo sei), costituiscono un raro gruppo di soggetti orientalisti nell'opera dell'artista. Sebbene Bouguereau non si sia recato nella regione, numerose fonti, libri, mostre e collezioni private di costumi e manufatti potrebbero aver contribuito alla sua sensibile rappresentazione di una giovane ragazza con in mano un melograno.


Bouguereau sembra essere stato particolarmente affascinato dall'Egitto e gli intricati gioielli d'argento della ragazza sono tipici del design nordafricano (pezzi simili sono indossati dai fellah nelle sue composizioni del 1876 e del 1880). Le gemme rosse scintillanti dei suoi orecchini completano il colore ricco del melograno, i cui semi simili a gioielli vengono rivelati dalla ragazza che sbuccia il frutto. Così come le mani che tengono un lavoro a maglia o che trasportano una brocca d'argilla sono emblematiche delle narrazioni rurali di Bouguereau, l'inclusione di un melograno esotico può anche rivelare la comprensione dell'artista del suo antico simbolismo di innocenza. Pur allontanandosi dal soggetto, "L'orientale con melograno" continua a dimostrare la brillante capacità dell'artista di registrare dettagli intricati, quasi illusionistici: dalle cuciture blu della manica, con piccole fessure che ne suggeriscono la stoffa ben usurata, allo sfondo bianco di vernice applicata grossolanamente per suggerire un muro di intonaco cotto dal sole (che apparirà dietro la stessa modella seduta in un villaggio nella Marchande de grenades, sempre del 1875).





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Come testimonia una fotografia scattata per la survey of Artistic Houses di D. Appleton and Company, otto anni dopo aver lasciato lo studio di Bouguereau, "L'Orientale con melograno" era appeso nella pinacoteca di Samuel Mayo Nickerson (1830-1914). L'enorme fortuna di Nickerson fu costruita grazie all'attività di distillatore e successivamente come fondatore della First National Bank (la vendita delle azioni della banca gli fruttò due milioni di dollari nel 1899), oltre al ruolo di presidente della Chicago City Railway. Nel 1881 Nickerson assunse lo studio Burling e Whitehouse per costruire la sua grande casa, un "Palazzo di Marmo", al 40 di East Erie Street a Chicago (oggi Museo Driehaus), completata nel 1883 per l'incredibile costo di quattrocentomila dollari. Nickerson riempì i suoi intricati interni con oltre sessanta dipinti di artisti europei "moderni", tra cui Jean-Baptiste-Camille Corot, Eugene Verboeckhoven, Hugues Merle, Gustave Doré e Jean-Léon Gérôme, oltre agli americani Frederick Church, Thomas Cole e Albert Bierstadt. Oltre a "L'orientale con melograno", le opere di Frederick Arthur Bridgman e Rudolf Ernst confermarono l'interesse di Nickerson per l'orientalismo.


I soggetti esotici probabilmente attirarono Nickerson e sua moglie Matilda (nata Pinkham Crosby) che viaggiarono molto in India, Giappone e Cina, accumulando quella che all'epoca era considerata la più vasta e preziosa collezione di oggetti in giada, cristallo e avorio, insieme a gioielli, sculture e altre arti decorative in mani private americane (è interessante notare che una fotografia di fine secolo mostra che L'Orientale à la grenade è stata spostata per essere appesa sopra una teca piena di avori intricatamente intagliati). Filantropi e mecenati, i Nickerson donarono la loro collezione all'Art Institute of Chicago nel 1900 e "L'Orientale con melograno" rimase nelle sue gallerie fino alla sua disacquisizione nel 1917. Nei decenni successivi, l'opera entrò in un'altra collezione privata americana, passando di generazione in generazione. A quasi un secolo dalla sua ultima visione pubblica, e conosciuta da tempo grazie a una fotografia in bianco e nero pubblicata da Goupil nel 1875, l'opera è riemersa solo di recente, invitando a una nuova esplorazione della poliedrica e sempre brillante produzione di Bouguereau. (Mar L8v)



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