Raffaello Sanzio, Biografia dell'artista

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view post Posted on 17/3/2011, 20:18     +1   +1   -1
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Raffaello Sanzio

“Raffaello è sempre riuscito a fare quello che gli altri vagheggiavano di fare”

(W. Goethe)



Sanzio_Ritratto

Raffello nasce a Urbino nel 1483; il cognome Sanzio deriva dalla latinizzazione di quello italiano, Santi, in Santius (anche quando firmava, usando il solo nome di battesimo, Raffaello si serviva della forma latina "Raphael"). Il padre Giovanni Santi, anch'egli pittore, lo incoraggia a studiare le opere che Piero della Francesca aveva realizzato nella loro città. Raffaello sin da piccolo legge i trattati dell'arte: studia tutto per arricchire la propria personalità e raggiungere la maturità artistica.
Giorgio Vasari ne racconta la vita con sicurezza e dovizia di particolari. Condotto dal padre alla corte d'Urbino, sotto la protezione di Giovanna Feltria, Raffaello è un pittore precocissimo.
L’ambiente di Urbino è favorevole perchè con i Montefeltro c'erano molti artisti: Luciano Laureana, Luca Signorelli, Francesco Laureana, Luca Pacioli, Piero della Francesca ed altri.
Quando Giovanni muore, nel 1494, rimane completamente solo, già mancandogli la madre e porta avanti la bottega di famiglia. Frequenta la bottega di Timoteo della Vite, ma nel 1500 passa a Perugia sotto la guida del pittore umbro per eccellenza Pietro Perugino.

Nelle bottega del maestro, Raffaello assimila la grazia, tipica delle sue opere e, insieme, il gusto decorativo del Pinturicchio. A diciassette anni, Raffaello lascia la bottega del Perugino con il titolo di Magister che gli dà il permesso di esercitare l'attività di pittore.
Nel primo periodo della sua attività realizza alcune opere per Città di Castello: la Pala del Beato Nicola da Tolentino di cui oggi ci restano alcuni frammenti che si trovano a Brescia, Napoli e Parigi, lo Stendardo della Trinità che si trova alla Pinacoteca civica di Città di Castello e la Crocifissione Mond che si trova alla National Gallery di Londra.

Da questa data in poi, la vita dell'artista è una frenetica corsa da una città all'altra, intento spesso a più opere in contemporanea, di cui si occupa interamente da solo.
Successivamente esegue, per la famiglia Oddi, la pala con l'Incoronazione della Vergine, oggi alla Pinacoteca Vaticana a Roma. Nello stesso periodo esegue, per la Libreria Piccolomini di Siena, in collaborazione con il Pinturicchio, gli affreschi con Scene della vita di Pio II.

Nonostante la calma perfetta dei suoi dipinti, Raffaello vive con un ritmo frenetico e nei primi anni del Cinquecento realizza un cospicuo numero di opere: l' "Incoronazione della Vergine" (1503), lo "Sposalizio della Vergine (1504), la "Pala Ansidei", la "Pala Colonna", la "Deposizione per Atalanta Baglioni", il "Cristo in gloria e i Santi", tutte opere realizzate a Perugia; la "Madonna Connestabile", la "Dama con l'unicorno", la "Madonna del cardellino", i "Ritratti Doni", la "Sacra famiglia Casigliani", realizzate tra il 1504 e il 1508 a Firenze.
Nel 1504 si reca a Firenze con una lettera di raccomandazione di una nobildonna della famiglia dei Montefeltro al Confaloniere di Firenze Pier Soderini: nella prestigiosa capitale artistica toscana, Raffaello desidera ottenere committenze e fama. Tenta, senza esito, di farsi affidare la decorazione di Palazzo Vecchio, disattesa ormai da Michelangelo e Leonardo.

Firenze è molto ricca culturalmente, e qui prevalgono le correnti artistiche di Leonardo e Michelangelo, ma Raffaello segue una corrente tutta sua. Da Leonardo impara il gioco ombra luce, ma non con l'effetto annebbiato, semplicemente attenua la luce per conferire maggior dolcezza alle figure. Anche la composizione piramidale che applica alle sue Madonne è ripresa da Leonardo. Il chiaroscuro è come una velatura che attenua i contorni e quindi dà grazia ai volumi. La monumentalità delle sue opere è invece un elemento che apprende da Michelangelo.

Successivamente si reca a Roma presentato al Giulio II della Rovere da un suo importante parente cioè Bramante, suo cugino di secondo grado. Nel 1500 la cultura e il centro del Rinascimento si sposta a Roma e i mecenati diventano i Papi: Giulio II della Rovere, Leone X dei Medici e poi suo cugino Clemente VII dei Medici.
Nel 1509, risulta tra i pittori stipendiati presso la corte pontificia di Giulio II della Rovere. E' qui che egli realizza il suo capolavoro, affrescando le Stanze Vaticane. Quella della Segnatura, con cui inizia, gli fa subito ottenere il plauso e l'ammirazione di tutta la corte e di umanisti quali Bembo, Inghirami, Tebaldeo, di letterati come l'Aretino, il Castiglione e il Bibbiena.

Raffaello con la sua opera incarna perfettamente l'arte moderna e riassume i valori umanistici del vivere civile, della filosofia classica e della tradizione occidentale.
Mentre continua l'opera in Vaticano, nel 1511 Agostino Chigi gli richiede la decorazione della sua villa sul Lungotevere della Lungara, Giovanni Goritz gli commissiona l'affresco del "Profeta Isaia", letterati, filosofi del tempo gli richiedono ritratti oggi molto famosi.

Ormai al culmine della sua splendida carriera, Raffaello viene preferito ad artisti come Michelangelo, che Leone X lascia inattivo per favorire il pittore urbinate. Dopo la morte del Bramante, egli esegue lavori d'architettura ed è nominato direttore della fabbrica di San Pietro. Raffaello a Roma realizza le sue opere più grandiose: Giulio II si rifiutò di andare a vivere nelle stanze dei suoi predecessori, ma si trasferì ai piani superiori, facendo affrescare le sue stanze da Raffaello licenziando tutti gli altri pittori. Nel 1515, realizza dieci cartoni per altrettanti arazzi, da porre sulle pareti della Cappella Sistina. In quegli anni lo stesso Giulio II dà vita alla Restauratio Urbis, cioè l'opera di restaurazione di monumenti antichi e la costruzione di nuovi per affermare la Chiesa di Roma, in quel periodo screditata dalla vendita di indulgenze.

Nel 1516, riceve l'incarico di conservatore delle antichità romane, con la clausola di realizzare una carta topografica di Roma. Questa attività influisce radicalmente sulla sua pittura: assorto nel lavoro, Raffaello realizza splendidi disegni preparatori per le sue opere, lasciandone interamente la fattura agli allievi. Consumato dalla sua vita operosa e frenetica, ammirato e avvolto da leggende sulla vita e sulla sua persona, Raffaello muore il 6 aprile del 1520, all'apice della gloria, osannato e ammirato dal mondo intero quale artista che aveva incarnato al meglio l'ideale supremo di serenità e di bellezza del rinascimento.
La data della sua morte è oggetto di frequenti errori, si crede infatti che essendo sia nato che morto di Venerdì Santo esso sia lo stesso giorno, mentre invece nacque il 28 marzo 1483 e morì il 6 aprile 1520, nonostante quanto comunemente si riporti.
Il Vasari arriverà addirittura a far combaciare persino l’ora dei due avvenimenti: le tre di notte. Sempre secondo il Vasari le cause della morte di Raffaello, sopraggiunta dopo 15 giorni di malattia, iniziò con una febbre, causata secondo il biografo da “eccessi amorosi”, e venne curato con ripetuti salassi che lo portarono alla morte, ma la vera causa della sua morte non è nota; probabilmente contrasse una infezione virale o batterica.

Raffaello lavorava alla “Trasfigurazione” quando si ammalò, e la tavola incompiuta fu collocata a capo del letto funebre, “ la quale opera - è sempre il Vasari a scrivere - nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l'anima di dolore”.
Il suo corpo fu sepolto nel Pantheon, monumento da lui profondamente amato, come egli stesso aveva richiesto. L'epigrafe sulla sua tomba di Raffaello, un distico scritto appositamente da Pietro Bembo, recita:

« Ille hic est Raphael,
timuit quo sospite vinci Rerum magna parens et moriente mori»

« Qui è quel Raffaello da cui, fin che visse, Madre Natura
temette di essere superata,
e quando morì temette di morire con lui. »




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Raffaello150




La sua arte



Insieme a Leonardo e Michelangelo costituisce la cosiddetta Triade Solare. Raffaello è stato talmente l'interprete d'un ideale bellezza classica, canonica, passata poi nel gusto di interi secoli di civiltà e connaturatasi quindi con il nostro ideale di bellezza, che non si distingue più, con lui, tra il bello di natura e il bello artistico.
La sua grandezza di artista ha eliminato quel diaframma, e ha alimentato il mistero, che il Bembo ha poi in quell'epitaffio, toccato non a caso, il punto essenziale di qualunque discorso su Raffaello, cioè la concezione dell'arte come imitazione della natura. E quando si parla di “natura” in relazione all'arte, bisogna intendere qualcosa di diverso e ben più complesso delle capacità di imitare l'apparenza delle cose. Implica un’ allusione all'equilibrio, al senso dell'armonia, alla solennità calma e serena. Tutte quelle caratteristiche che sono poi state teorizzate come tratti distintivi delle opere di Raffaello.








Bibliografia delle opere trattate: Rizzoli/Skira, I classici dell'arte


Edited by Milea - 25/8/2021, 14:21
 
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