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view post Posted: 12/5/2024, 12:55 by: Milea     +1A TE VICINO COSÌ DOLCE - Serena Bortone - ANGOLO LETTURA

A te vicino così dolce

Serena Bortone





A te vicino così dolce
Serena Bortone

Ed. Rizzoli
Collana: Scala italiani

Pagine: 304
Prezzo: € 18,50
Uscita: 2 aprile 2024




Il libro

Serena Bortone racconta con una prosa graffiante e fresca una stagione della vita in cui i sentimenti sembrano prevalere su tutto, trascinandoci in un vortice oscillante tra illusione e bruschi ritorni alla realtà. E ci consegna il ritratto di una generazione che scopre di non essere mai stata così libera come le hanno fatto credere.

«Quell’estate compresi che l’amore non aveva limiti, e imparai che era materia pericolosa. Non ho mai amato nessuno quanto Vittoria amava Paolo. E forse nemmeno quanto Paolo amava la mia migliore amica, pur ingannandola.»

Alcune storie sono universali, altre sono legate inesorabilmente al momento in cui esistono. Questa storia nasce alla fine degli anni Ottanta, quando Internet non c’era e le informazioni transitavano solo attraverso le chiacchiere o i libri. Quando, per capire come funzionava la sessualità, ci si fidava di un’amica che si proclamava più esperta, o di un giornaletto pornografico. Serena e Vittoria sono inseparabili, condividono tutto dall’infanzia: versioni di greco e discoteche, fughe in motorino dal liceo prestigioso del quartiere Trieste di Roma e brividi di libertà vissuti durante i tanto attesi soggiorni studio a Londra. Per entrambe, l’amicizia reciproca è salvezza e supporto rispetto al senso di inadeguatezza verso una società soffocante. Vittoria appare la più sicura e reattiva, Serena la più analitica e cerebrale.

Un’estate nella vita di Vittoria compare Paolo, si innamorano, ma sarà Serena che avrà il compito difficile di scoprire la verità su di lui, in una contrapposizione tra vittime e carnefici che scardinerà ogni certezza. Tra complicità, tradimenti, colpi di scena e traumi, A te vicino così dolce è un romanzo tenero e avvincente, ma anche doloroso e pieno di coraggio, su quanto siamo disposti a farci ingannare dall’amore.


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La recensione di Aldo Cazzullo

Che Serena Bortone fosse una donna coraggiosa lo sapevo già, anche prima che denunciasse la maldestra censura ad Antonio Scurati che ha finito per rilanciare la sua bella trasmissione, Che sarà (e adesso voglio proprio vedere come fanno a chiudergliela a fine stagione, come qualcuno ha paventato). Serena ha le caratteristiche migliori dell’animo romano: schiettezza, nettezza, espansività, capacità di andare dritto al punto. Sentite come comincia il suo primo romanzo, A te vicino così dolce, pubblicato da Rizzoli: «Un giorno tornai da scuola e tentai il suicidio. Avevo quindici anni». Il romanzo della Bortone è molto altro, e molto di più. Ma la riflessione sul suicidio, sulla ribellione ai genitori – in un libro peraltro dedicato alla madre Anna Maria -, ci porta lontano e nello stesso tempo indietro nel tempo.

Il suicidio, come la morte, è un tema esorcizzato nella discussione pubblica e nelle conversazioni private. Per gli antichi romani, invece, era molto importante. Tutto cambia con il cristianesimo: il suicidio da segno di forza morale diventa peccato mortale. E il suicidio degli adolescenti è una tragedia da prevenire ed evitare a tutti i costi.

Quanta sofferenza comporta la giovinezza? Quanta insicurezza ha provocato la pandemia? Quante difficoltà di vivere la vita vera induce la dipendenza dai social e quindi dalla vita virtuale? Sono problemi che la generazione di Serena, che è poi la mia, non ha avuto. Però anch’io, come la protagonista del romanzo, ho conosciuto suore baffute e manesche e professori severi al limite della persecuzione. L’alternativa, almeno per Serena, era una sola: «Fuggire su un’isola deserta con il bassista degli Spandau Ballet». iodonna





L’autrice

Serena Bortone (1970, Roma) è una giornalista e autrice italiana. Ha iniziato a lavorare sotto la direzione di Angelo Guglielmi, ed è stata successivamente caporedattrice, inviata, autrice e conduttrice per diversi programmi della rete (da Ultimo Minuto a Mi manda Raitre, da Telecamere a Tatami) occupandosi di cronaca, costume, inchieste e soprattutto di politica. Nel 2007 ha guidato come responsabile comunicazione e ufficio stampa la campagna per le Primarie del Partito Democratico. Nel 2020 debutta su Rai 1 con una nuova trasmissione: “Oggi è un altro giorno”.
Come autrice ha pubblicato nel 2010 Io non lavoro. Storie di italiani improduttivi e felici (Neri Pozza) e nel 2024 questo volume A te vicino così dolce (Rizzoli).

view post Posted: 7/4/2024, 16:35 by: Milea     +1FAMIGLIA POVERA (LA CARITÀ) - Bouguereau

Bouguereau_CharityP

William-Adolphe Bouguereau (1825-1905)
Famiglia povera (La carità)
(The indigent Family - Charity)
1865
olio su tela - 121,9 x 152,4 cm.
Birmingham Museum and Art Gallery, Birmingham


Splendido esempio di pittura da Salon, “Famiglia povera” ben rappresenta lo stile accademico alle prese con un soggetto di scottante attualità: l’infelice situazione delle classi meno abbienti. Accenti realistici, ma di un naturalismo attenuato che non intende emanciparsi dalla cifra stilistica imposta dall’Accademia, si riscontrano in numerosi artisti dell’epoca. Le opere sviluppano un tema già caro al Romanticismo: la riflessione sulla potenza non sempre benigna di madre natura si traduce secondo l’estetica di un Realismo sociale, dai toni drammatici e teatrali e dal sapore dolciastro. Un gusto che caratterizza molte opere del tempo, nelle quali la questione sociale si colora di tinte melodrammatiche, che sanno far leva sulle corde del cuore della borghesia, affascinando anche un pubblico non certo incline alle tesi socialiste.


Bouguereau, pittore di indiscutibile talento, mette in scena un’immagine finalizzata alla commozione dell’osservatore, in cui tutto, dallo sfondo agli atteggiamenti dei personaggi, è studiato per toccare le corde più profonde del cuore dello spettatore. In questa opera monumentale, esposta per la prima volta al Salon di Parigi del 1865, Bougereau presenta una donna con tre figli rannicchiati contro il portico della chiesa della Madeleine a Parigi. Con la sua composizione piramidale fortemente centralizzata e il suo punto di vista basso, il dipinto è concepito come una pala d’altare, con la madre che diventa una sorta di madonna secolare.


Bouguereau mette in scena la sua famiglia di poveri e senza casa, con a destra sullo sfondo il Palazzo dei Conservatori di Michelangelo in Roma. L’imponente edificio signorile accentua, per contrasto, la povertà della famiglia in primo piano.


L’espressione implorante, ma composta, della madre, la dolcezza della bimba che le si appoggia stanca e in cerca di conforto, la serenità del neonato, che ancora non ha coscienza delle privazioni della vita di strada, la rassegnazione del figlio maggiore, abbandonato ai piedi della madre e l’assenza della figura paterna, delineano uno spaccato di vita quotidiana assai famigliare ai benestanti parigini.








La tela offre uno spunto per un interessante confronto con un’opera di soggetto simile realizzata anni prima da Honoré Daumier: “Il vagone di terza classe”.



Honoré Daumier
Il vagone di terza classe (The Third-Class Carriage)
1862
olio su tela - 67 x 93 cm.
Ottawa, National Gallery of Canada



Allo schietto realismo di Daumier, che ritrae con disarmante pragmatismo una famiglia simile nella composizione e appartenenza sociale, si contrappone lo stile edulcorato e levigato di Bouguereau, che abbandonata ogni velleità di denuncia sociale e, accentuati gli aspetti più pietosi, trasforma la scena in un melodramma ad uso e consumo delle classi alte. (M.@rt)










view post Posted: 3/4/2024, 19:28 by: Jane Morris     +1GIÒ E GIULIA - Una coppia di falchi pellegrini sul Pirellone [WEBCAM] - Animals


IL NIDO D'AMORE DI GIÒ E GIULIA
LA COPPIA DI FALCHI PELLEGRINI SUL PIRELLONE




Sorpresa di Pasquetta sul Pirellone: sono nati i primi due falchi pellegrini del 2024



SEGUI LA WEBCAM IN DIRETTA


Mamma Giulia è ancora intenta a covare mentre papà Giò porta da mangiare ai primi due falchi pellegrini nati nel nido in cima al Pirellone. Sono i primi due pulli del 2024 della coppia di volatili che da dieci anni abita in cima al grattacielo simbolo di Milano Tutto è stato documentato con video e screenshot da parte degli utenti della community su Facebook ‘Giò&Giulia Falchi pellegrini a Milano’: il primo uovo si è schiuso ieri, 1° aprile, poco dopo le 21.30, mentre il secondo pullo ha messo fuori il becco questa mattina intorno alle 7.30. Una bella sorpresa per Pasquetta annunciata sui social dal presidente della Regione, Attilio Fontana: “Sono nati i primi due pulli del 2024 dei falchi pellegrini di Palazzo Pirelli. Un affascinante spettacolo di natura, quest’anno al deccimo anniversario da quando i due falchi, Giò e Giulia, hanno fatto del tetto del palazzo del Consiglio regionale della Lombardia il loro nido”, ha commentato.


Gli altri due sono ancora in attesa di uscire e in questi giorni più che mai i fan della famiglia di pennuti più amata di Milano fa a gara a chi scorge per primo un segno di nuova vita. Le ultime uova erano state deposte da Giulia intorno ai primi di marzo, in genere il tempo della cova dura da un minimo di ventotto a un massimo di trentacinque giorni. Al momento non si conosce il sesso dei due pulli, ma anche quest’anno oltre al consueto ‘totonomi’ - che è ormai diventato un evento social per dare il nome ai nuovi arrivati - si è tenuto anche il ‘totoschiusa’ per indovinare la data della schiusa del primo uovo: il vincitore riceverà un premio. Giò e Giulia quest’anno festeggiano il loro decimo anniversario milanese: è dal 2014, infatti, che frequentano il nido sul grattacielo a centoventicinque metri d’altezza, mentre è dal 2017 che vengono seguiti dagli appassionati attraverso la webcam attiva 24 ore su 24.
view post Posted: 11/3/2024, 12:39 by: Milea     +1Un aforisma al giorno - ANGOLO LETTURA



Il mondo si divide in buoni e cattivi.
I buoni dormono meglio
ma i cattivi, da svegli, si divertono molto di più.


( Woody Allen)

view post Posted: 3/2/2024, 18:24 by: Milea     +1IL TRIONFO DI ZEFIRO E FLORA - Giambattista Tiepolo - Tiepolo

GiamBattista_Tiepolo_Trionfo-di-Zefiro-e-FloraP

Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 - Madrid 1770)
Il trionfo di Zefiro e Flora
1732 ca.
olio su tela ovale - 395 x 225 cm.
Museo del Settecento Veneziano, Ca’ Rezzonico (Sala Longhi), Venezia


Questa tela, giunta alla collocazione attuale nel 1936 proveniente da Palazzo Pesaro, in origine faceva parte della decorazione ben più ampia, in tela e ad affresco, del primo piano di Ca’ Pesaro, eseguita da diversi pittori veneziani nel 1732 in occasione del matrimonio fra Antonio Pesaro e Caterina Sagredo. Gli sposi appartenevano a due fra le più importanti e ricche famiglie della città che, nel secolo precedente, avevano dato, ciascuna, un doge alla Serenissima. Il matrimonio fu sfortunatissimo: Antonio infatti morì di lì a poco, lasciando la consorte vedova e senza figli. Essendo Tiepolo impegnato a Milano tra il 1730 e il 1730 a Milano, dove lavorò alla decorazione dei palazzi di due nobili famiglie locali, gli Archinto e i Dugnani, pare del tutto probabile che egli abbia eseguito questo soffitto immediatamente dopo aver il rientro a Venezia, nei primi mesi dello stesso 1732.


La grande tela da soffitto mostra Flora, l’antica divinità della primavera, abbracciata a Zefiro, il caldo vento di ponente che fa rinascere la natura dopo i rigori dell’inverno. Come ovvio, data la particolare occasione dell’esecuzione del dipinto, esso ha un preciso significato beneaugurante nei confronti dei nobili sposi: la compresenza di Zefiro, uno dei venti della mitologia pagana, e di Flora, dea dei fiori, allude infatti alla rinascita della terra, alla primavera e quindi alla fecondità.


L’esecuzione dell’opera viene a cadere in un momento particolare della carriera di Tiepolo, quando muta sostanzialmente il proprio modo di dipingere. L’intonazione notturna e il violento contrasto di luce dei dipinti giovanili sono sostituiti da colori caldi e ombre colorate. Una tersa luminosità conferisce alle figure uno spessore di verità: nonostante l’anatomia idealizzata, esse si presentano in tutta la loro terrena bellezza. Secondo un espediente che egli è caro, Tiepolo contrappone alla candida nudità del personaggio femminile la pelle scurita dal sole del protagonista maschile, cui assegna ali trasparenti di libellula, che sembrano frinire davanti all’osservatore.


Nella realizzazione di quest’opera Giambattista Tiepolo pare essersi ispirato soprattutto ai modelli di Sebastiano Ricci, issando le due giovani divinità su una nuvola scura che si staglia contro il cielo e utilizzando un’intensa illuminazione, che proviene da sinistra e che provoca uno splendido effetto di luci e ombre, contribuendo a evidenziare ogni elemento della scena, dalle ali di libellula di Zefiro e dei numerosi amorini volanti che gli stanno accanto, che si fanno quasi trasparenti, fino all’eccezionale particolare della corona di fiori che la stessa divinità tiene in mano, eseguita in punta di pennello.



Pur apparentemente così aerea e spontanea, la scena risulta costruita con grande sapienza: l’equilibrio dei due corpi fluttuanti nel cielo è dato dal gioco delle braccia che si alzano e si allargano e dalle gambe divaricate nello scorcio del sotto in su.



Dopo essersi largamente ispirato al linguaggio enfatico della pittura barocca, l’ancora giovane Tiepolo celebra in questo ovale da soffitto il tema della fecondità primaverile attraverso la gaia e terrena carnalità dei personaggi raffigurati. (M.@rt)




view post Posted: 2/2/2024, 21:44 by: Lottovolante     +1PORTRAIT DE JEUNE FILLE - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau




William-Adolphe Bouguereau
Ritratto di una giovane ragazza
(Portrait de jeune fille)
Firmato W-BOUGUEREAU- e datato 1898
Olio su tela
41.3 x 32.4 cm
Collezione privata


William Adolphe Bouguereau aveva la reputazione di selezionare alcune delle più belle modelle di Parigi. Le sue modelle dovevano essere eccezionali come i suoi dipinti, e trovare il volto e la figura ideale non era sempre un processo facile. Come spiegava l'artista: "Ho opere pronte e in attesa. Ma quante rimangono incompiute perché non riesco a trovare il modello che sogno". A seconda degli attributi delle modelle, gli aspetti fisici di diverse donne potevano essere composti in un unico quadro finale. Attraverso una serie di schizzi e disegni, Bouguereau elaborava innanzitutto la forma, la luce e l'ombra prima di passare a dipingere uno studio della testa della modella.


Questa tecnica complessa è ancora più notevole se si considera il resoconto dell'allievo di Bouguereau, Robert Marc, che ricorda che l'artista dipinse tali studi in appena quattro ore. Queste tele hanno influenzato la scala intima dell'opera attuale e l'uso di uno sfondo scuro per proiettare la figura illuminata fuori dallo spazio del quadro, creando una connessione immediata tra spettatore e soggetto. Poco dopo il suo completamento, l'opera in questione fu acquistata dal senatore dello Stato del Massachusetts George N. Tyner (1851-1904), il cui necrologio pubblicato a livello nazionale lo proclama "uno dei maggiori conoscitori d'arte degli Stati Uniti, la cui collezione comprende più di cento tele di artisti famosi".


Prima di entrare in politica, Tyner fece crescere la Holyoke Envelope Company fino a farla diventare uno dei più grandi produttori del suo genere, con 200 dipendenti che producevano tre milioni di buste al giorno. Il suo fiuto per gli affari gli permise di avere una bella casa a Holyoke, dove Portrait de jeune fille era appeso insieme a opere di Gustave Courbet, Jehan Georges Vibert, Jean Béraud, Alberto Pasini e Félix Ziem e composizioni impressioniste di Claude Monet, Alfred Sisley e Camille Pissarro. La collezione di Tyner fu venduta nel 1901 e Portrait de jeune fille fu presto acquistato da un altro ricco americano, John William Sterling (1844-1918), socio fondatore dello studio legale Shearman & Sterling LLP di New York che rappresentava Jay Gould, Henry Ford e Standard Oil tra gli altri potenti clienti. La casa di Sterling al 912 della Fifth Avenue vantava un'ampia biblioteca legale privata e una collezione d'arte, dove l'opera di Bouguereau era appesa tra quelle di Pierre Cot, Albert Edelfelt e Jean-Léon Gérôme.


Alla morte di Sterling, il suo patrimonio fu valutato venti milioni di dollari, "considerato uno dei più grandi mai accumulati da un uomo che perseguiva una carriera strettamente professionale" e più di quindici milioni di dollari (più di duecento milioni di dollari di oggi) furono lasciati in eredità alla sua alma mater, l'Università di Yale ("$15,000,000 Sterling Bequest to Yale", The New York Times, 17 luglio 1918). Alla vendita all'asta della collezione Sterling fu ricordato come "tra quel numero considerevole di uomini di grande ricchezza e successo che hanno speso una grande quantità di denaro per assicurarsi una buona collezione". Il suo svago era collezionare quadri e di notte cedeva al loro fascino.... Credeva che questa intima comunione con i suoi quadri rinfrescasse molto la sua mente, lo portasse in un altro mondo dove prevalevano solo pace e felicità". In questo spirito, il ritratto contemplativo di Bouguereau era il compagno ideale per il potente collezionista che cercava un legame personale con la sua arte. (Mar L8v)



view post Posted: 25/1/2024, 14:50 by: Milea     +1La fine del mondo (La fin du monde) - Magritte

Magritte_Le_fin_du_mondeP

René Magritte (1898-1967)
La fine del mondo (La fin du monde)
1963
Firmato 'Magritte' (in alto a destra); intitolato 'La Fin du Monde' (sul retro)
olio su tela - 81,6 x 100,3 cm.
Collezione privata


“Per me non si tratta di dipingere la ‘realtà’ come se fosse facilmente accessibile a me e agli altri, ma di rappresentarla il più ordinaria possibile, in modo tale che questa immediatezza perda il suo carattere mite o terrificante e si presenti con mistero” (H. Torczyner, Magritte, New York, 1977). Fondendo due dei motivi caratteristici di Magritte in un’unica immagine evocativa, “La fin du monde” è una versione elegantemente semplice del complesso repertorio simbolico di Magritte. Combinando la dualità notte/giorno della serie L’empire des lumières con l’uomo con la bombetta, i protagonista di molte tele di Magritte, l’artista descrive un mondo completo (una figura in un paesaggio), che è allo stesso tempo un’iterazione e una sintesi della sua produzione dei due decenni degli anni Cinquanta e Sessanta.

In un’intervista radiofonica del 1956, Magritte spiegò la genesi della tela affermando: “Ciò che è rappresentato in un quadro è ciò che è visibile all’occhio, è la cosa o le cose che dovevano essere pensate. Così, ciò che è rappresentato nel quadro ‘L’empire des lumières’ sono le cose che ho pensato, per l’esattezza un paesaggio notturno e un cielo come quello che si può vedere in pieno giorno. Il paesaggio suggerisce la notte e il cielo il giorno. Questa evocazione della notte e del giorno mi sembra abbia il potere di sorprenderci e deliziarci. Io chiamo questo potere: poesia”. Il primo dipinto (completato) di questa serie raffigura una strada quasi urbana con un paio di case e un lampione decentrato.



René Magritte
L’empire des lumières
1949
olio su tela - 48,5 x 58,7 cm.
Collezione privata


Questa composizione fu subito apprezzata dai collezionisti di Magritte e fu acquistata da Nelson Rockefeller nel gennaio del 1950. Tra il 1949 e il 1964, Magritte eseguì diciassette oli e dieci versioni a guazzo de “L’empire des lumières”, ognuna delle quali presenta la variazione di una scena notturna di strada scarsamente illuminata, con una casa chiusa in modo inquietante e un lampione luminoso sotto un cielo blu illuminato dal sole con nuvole bianche e soffici. Questo motivo divenne rapidamente uno dei preferiti dell’artista e dei suoi ammiratori e rimase uno dei suoi temi più famosi e ricercati, a cui tornerà ripetutamente nel corso della sua carriera. “La fin du monde” è una combinazione del tema “L’empire des lumières” realizzato per la prima volta nel 1949 e di quello di un’opera più recente, “A la rencontre du plaisir” del 1962.



René Magritte
À la rencontre du plaisir (Verso il piacere)
1962
olio su tela - 46×55 cm
Collezione privata




In “La fin du monde Magritte” inverte l’equilibrio compositivo che caratterizza la serie “L'empire des lumières”, in modo tale che il cielo crepuscolare domini spazialmente sulla foresta e sulla casa in rilievo. Come Magritte spiegò, il concetto della dualità notte/giorno era per lui particolarmente affascinante: Se credo che questa evocazione abbia un tale potere poetico, è perché, tra le altre ragioni, ho sempre provato il massimo interesse per la notte e il giorno, senza tuttavia aver mai preferito l’una o l’altro. Questo grande interesse personale per la notte e il giorno è un sentimento di ammirazione e di stupore” . L’idea centrale de L’empire des lumières, che si manifesta ne “La fin du monde”, è la bellezza impossibile del concetto che André Breton esprimeva quando esclamava: “Se solo il sole uscisse stasera!”. La semplicità di questo concetto è inficiata dall’ombra dell’uomo con la bombetta, raffigurato in scala uguale alla casa, che rivela che questo ambiente è in qualche modo fantastico, un paesaggio onirico, un prodotto del regno poetico dell’immaginazione visiva di Magritte a cui ha dato il nome di “Le domaine enchanté”(Il dominio incantato).


Includendo all’interno di una scena spazialmente continua il giorno e la notte, due condizioni normalmente inconciliabili, Magritte sconvolge il senso del tempo dello spettatore. “Dopo aver dipinto ‘L'empire des lumières’, mi venne l’idea che la notte e il giorno esistano insieme, che siano una cosa sola. Questo è ragionevole, o per lo meno è in linea con le nostre conoscenze: nel mondo la notte esiste sempre nello stesso momento del giorno. (Così come in alcune persone la tristezza esiste sempre allo stesso tempo della felicità in altre). Ma queste idee non sono poetiche. Ciò che è poetico è l’immagine visibile del quadro” . Breton riconobbe in quest'opera anche la riconciliazione anticonvenzionale degli opposti che i surrealisti apprezzavano, affermando che: “A [Magritte], inevitabilmente, toccava il compito di separare il ‘sottile’ dal ‘denso’, senza il quale non è possibile alcuna trasmutazione. Attaccare questo problema richiedeva tutta la sua audacia: estrarre contemporaneamente ciò che è luce dall’ombra e ciò che è ombra dalla luce (L’empire des lumières). In quest’opera la violenza fatta alle idee e alle convenzioni accettate è tale (l’ho saputo da Magritte) che la maggior parte di coloro che passano di lì pensano di aver visto le stelle nel cielo diurno. In tutta l’opera di Magritte è presente in larga misura quello che Apollinaire chiamava ‘genuino buon senso’, che è, naturalmente, quello dei grandi poeti”. (A. Breton, "The Breadth of Rene Magritte" in Magritte, 1964)


L’immagine dell’uomo con bombetta e soprabito nero, qui incastonato nella parte destra della linea degli alberi, è entrata per la prima volta nell’opera di Magritte in alcuni dipinti della fine degli anni Venti; tuttavia, solo nel 1951 apparve nel repertorio dell'artista la versione più nota - e addirittura iconica - di questo soggetto, in cui la figura parziale dell'uomo è vista da dietro, in “La bôite de Pandore”. Questa figura divenne la base di una serie di varianti in cui l'artista collocava l'uomo in diversi ambienti.



René Magritte
Il vaso di Pandora (La boîte de Pandore)
1951
olio su tela - 45,5 x 55 cm.
Collezione privata


L’uomo con la bombetta, il cui volto è nascosto allo spettatore, non era solo il personaggio privato e il surrogato del pittore, ma da allora è stato riconosciuto come simbolo universale dell’anonimo uomo di strada borghese del XX secolo. È il funzionario pubblico, il burocrate, il capitalista grande o piccolo, o il comune salariato, che aspira interiormente e discretamente a qualcosa che va oltre se stesso, o addirittura al potenziale visionario dell’artista o del poeta. Come altri membri del circolo surrealista di Bruxelles, Magritte scelse di vestirsi e di vivere in modo volutamente austero e borghese. La bombetta era un elemento fondamentale del suo abbigliamento conservatore. David Sylvester ha scritto: “Mesens mi ha raccontato che Magritte non si è mai comprato una bombetta elegante, una bombetta che si adattasse meglio al suo viso, ma sempre un prodotto standardizzato, indifferente, che non permetteva alcun tipo di partecipazione alle preferenze di gusto”. (D. Sylvester, Magritte, 1969). Lo stesso artista spiegò a un intervistatore della rivista Life nel 1965: “La bombetta è un copricapo che non è originale: non desta alcuna sorpresa. E io la indosso. Non sono ansioso di singolarizzarmi. Mi vestirei per questo. Ma non voglio”.(R. Magritte, Ecrits complets, Parigi, 1979 ).


“La fin du monde” è quindi uno straodinario esempio di come Magritte impieghi abitualmente i simboli della normalità, dell’ordinarietà, delle convenzioni quotidiane - come l’ambientazione rurale notturna e l’anonimo uomo con la bombetta - a fini contraddittori: per sorprendere, sconvolgere e riconfigurare le aspettative e l’esperienza del quotidiano dello spettatore. Come ha osservato l’artista stesso, “i miei quadri che mostrano oggetti molto familiari, ad esempio una mela, pongono delle domande. Non capiamo più quando guardiamo una mela; la sua qualità misteriosa è stata così evocata”. (M.@rt)



view post Posted: 22/1/2024, 20:59 by: Lottovolante     +1INNOCENCE - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau


L’innocenza è sempre seguita dalla propria luce...




William-Adolphe Bouguereau
Innocenza
(Innocence)
Firmato W-BOUGUEREAU- e datato 1873
Olio su tela
64.8 x 54.6 cm
Collezione privata


Quando è al suo meglio, William-Adolphe Bouguereau riesce a presentare il soggetto secolare come sacro, elevando un comune pastore, un contadino o un mendicante al divino. La figura e l'agnello dell'Innocenza sembrano irradiare luce, contribuendo a creare un universo onirico di pace e serenità, squisito e trascendente. Sebbene non vi siano riferimenti religiosi evidenti in questo dipinto, l'immagine della pastorella evoca Maria, madre di Cristo, il pastore. Le immagini dei contadini erano enormemente popolari tra i collezionisti alla fine del XIX secolo e i dipinti di Bouguereau, in particolare quelli eseguiti con tanta maestria come la figura dell'"Innocenza", erano irresistibili per loro. Ciò era dovuto sia alla sua tecnica virtuosa che alla dedizione entusiasta che il suo mercante, Goupil, portava alla sua distribuzione. Spesso la domanda superava l'offerta e Bouguereau produceva opere sullo stesso tema o sulla stessa fonte di ispirazione.


Ad esempio, la modella e la sciarpa a quadri raffigurate in "Innocenza" compaiono anche ne "L'agnello appena nato" (1873, Pittsfield, Berkshire Museum), a cui il presente dipinto è strettamente legato. Entrambe le opere sono state dipinte nella prima metà del 1873, e dai registri di Goupil risulta che l'artista acquistò "Innocenza" direttamente dall'atelier dell'artista nell'aprile del 1873, e i registri di Goupil mostrano che essi acquistarono l'opera direttamente dall'atelier dell'artista nell'aprile del 1873, cui seguì l'acquisto de "L'agnello appena nato" nel luglio dello stesso anno. È ragionevole supporre che il quadro sia stato dipinto per primo, presentando l'elegante nucleo di un'idea che l'artista avrebbe poi ampliato nella tela più grande, a figura intera.


La pastorella è un tema ricorrente in tutta l'opera di Bouguereau e qui è un simbolo dell'amore materno, che si prende cura del suo gregge. Questa giovane donna contemplativa tiene in braccio l'agnello come farebbe con un neonato e Bouguereau ne approfitta per creare un'immagine duratura e meditativa. Allo stesso tempo, la pennellata liscia della composizione cancella la presenza del pittore e crea un equilibrio tra la forma immobile e statica e i ricchi dettagli della superficie. seguito poi dall'acquisto de "L'agnello appena nato" nel luglio dello stesso anno. È ragionevole supporre che "Innocenza" sia stato dipinto per primo, presentando l'elegante nucleo di un'idea che l'artista avrebbe poi ampliato nella tela più grande, a figura intera.


Sebbene non sia spesso riconosciuto, Bouguereau è un superbo pittore di animali e l'espressione dell'agnello è resa con la stessa chiarezza del suo manto lanuginoso. Rosa Bonheurù, che teneva una fattoria di animali nel suo atelier a Parigi, aveva vissuto proprio in fondo alla strada di Bouguereau prima di fuggire dalla città nel suo Château de By, ed è possibile che l'artista abbia usato i suoi animali come modelli nelle sue opere. (Mar L8v)



William-Adolphe Bouguereau
L'agnello appena nato
(L'agneau nouveau-né)
Firma e datato W - BOUGUEREAU - 1873
Olio su tela
165.1 x 87.9 cm
Pittsfield, Berkshire Museum



view post Posted: 22/1/2024, 17:32 by: Milea     +1Vecchio ebreo con violino (Vieux juif au violon) - Chagall

Chagall_Vieux_juif_au_violonP

Marc Chagall
Vecchio ebreo con violino (Vieux juif au violon)
1935
firmato ‘Chagall Ma.’ (in basso a destra)
guazzo su carta - 68 x 52 cm.
Collezione privata


“Vieux juif au violon” raffigura un anziano violinista di paese o forse un musicista itinerante, vestito con un cappotto logoro, un piede calzato e l’altro pateticamente senza scarpe, mentre si fa strada lentamente, bastone alla mano, attraverso il paesaggio innevato di un inverno russo, stagione fin troppo emblematica dei tempi duri in cui si è trovato egli stesso. In tempi migliori, la vita e la fortuna di questo violinista sarebbero state legate alla vita quotidiana e ai rituali di una piccola ma fiorente comunità rurale ebraica. Egli rappresentava l’unica espressione d’arte che molti poveri abitanti dello Shtetl (villaggio ebraico dell’Europa orientale, di lingua e cultura yiddish) avrebbero mai sperimentato, mentre presiedeva a riunioni di ogni tipo, celebrando nascite, compleanni e altri anniversari, celebrazioni di mitzvah (comandamenti) e matrimoni. Questo accadeva un tempo... ora il villaggio giace dormiente sotto una coltre di neve e un cielo turbolento e infausto.


Franz Meyer ha osservato che nell’opera di Chagall degli anni Trenta “compaiono nuovi temi e motivi che esprimono la gravità dello stato d’animo di Chagall in quel momento, il suo interesse più profondo per gli affari ebraici e la preoccupazione per la religione rivelata nelle incisioni della Bibbia”. (Marc Chagall, New York, 1963). L’ispirazione per l’opera potrebbe derivare da un viaggio che Chagall e sua moglie Bella fecero nell’agosto-settembre del 1935 a Vilna, dove l’artista inaugurò, presso l’Istituto Scientifico Yiddish, il nuovo Museo di Arte Ebraica, per il quale aveva fatto progetti nel 1929. L’artista espose più di cento incisioni che aveva creato per le Anime morte di Gogol, le Favole di La Fontaine e la Bibbia nella sua stessa vita.


Vilna era allora situata all’interno dei confini della Polonia; metà della sua popolazione, pari a circa centomila persone, era ebraica e la città era il centro della vita culturale yiddish del Paese. “Le case di legno e le strade tortuose del quartiere ebraico, la prevalenza dello yiddish e degli ebrei... in abiti tradizionali, di cibo ebraico al mercato”, ha scritto Jackie Wullschlager, “tutto ciò ebbe un effetto quasi ipnotico su Chagall e Bella, come se stessero camminando a Vitebsk, la loro città natale” (Chagall, A Biography, New York, 2008). Vitebsk si trovava appena oltre il confine dell’Unione Sovietica, ma era off-limits per Chagall, che era espatriato in Occidente nel 1922. L’artista scrisse all’amico Yosef Opatoshu a New York: “Arrivare al confine della mia città e dirle che lei non mi ama, ma io l’amo... e ritornerò senza entrarvi...” (citato in B. Harshav, ed., Marc Chagall and his Times, Stanford, 2004). Il viaggio a Vilna era stato per Chagall e Bella un viaggio della nostalgia. L’artista ricominciò a scrivere in yiddish e Bella prese in considerazione il progetto di redigere un proprio libro di memorie di Vitebsk, sempre in yiddish, che alla fine pubblicò con il titolo “Burning Lights”.


Ma il viaggio aveva anche mostrato loro delle ragioni per considerare il futuro con apprensione: vennero a sapere che il figlio di un eminente storico ebreo dell’Istituto era stato deriso per strada e picchiato dai polacchi, a riprova del fatto che, dopo la recente morte del maresciallo Pilsudksi, il grande statista della seconda repubblica polacca, l’antisemitismo era di nuovo in aumento in quel Paese. Mentre Chagall si trovava a Vilna, il governo nazista in Germania emanò le Leggi di Norimberga, che privavano gli ebrei di diritti e li rendevano non cittadini. Prima del suo viaggio, Chagall aveva scritto a Opatoshu: “Lavoro e sospiro come tutti gli ebrei del mondo, che vengono picchiati... e per questo divento ancora più ebreo”.


Chagall vede nel violinista anziano e solitario un presagio delle vicende che verranno: storie che troveranno voce nelle melodie suonate sul vecchio violino. “Il dolore del mondo è presente sotto i segni di una contemplazione grave e malinconica”, ha scritto Raissa Maritain di Chagall, “ma i simboli della consolazione lo accompagnano sempre. Se c’è un povero nella neve, almeno suona un violino”. (Marc Chagall: A Biography, New York, 1978). (M.@rt)



view post Posted: 18/1/2024, 21:06 by: Lottovolante     +1BIBLIS (Biblide) - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau




William-Adolphe Bouguereau
Biblide
(Byblis)
1884
Olio su tela
95.5 x 159.5 cm
Hyderabad, Salarjung Museum


I soggetti classici e i miti greci fornirono a William-Adolphe Bouguereau ispirazione per tutta la sua carriera. I dipinti narrativi che ne risultarono erano accessibili al pubblico contemporaneo e gli valsero grandi consensi nelle sue partecipazioni al Salon di Parigi, in cui espose composizioni come "Ninfe e satiri" (1873, Sterling and Francine Clark Institute, Williamstown, Massachusetts), Flora e Zefiro (1874, Musée de Mulhouse, Francia), e "La giovinezza di Bacco", (1884, Collezione privata), dipinta nello stesso anno della presente opera, "Biblide" (1884, Salarjung Museum, Hyderabad, India), di cui esiste una riduzione eseguita un anno dopo, ora in collezione privata. Il soggetto classico fornisce anche un velo sotto il quale Bouguereau può presentare il nudo, una strategia utilizzata anche da molti artisti accademici.





William-Adolphe Bouguereau
Ninfe e satiro
(Nymphes et satyre)
1873
Olio su tela
260 x 180 cm
Williamstown, Sterling and Francine Clark Institute



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William-Adolphe Bouguereau
La giovinezza di Bacco
(La Jeunesse de Bacchus)
1884
Olio su tela
331 x 610 cm
Collezione privata


Nella mitologia greca, Biblide, figlia di Mileto, si innamorò del fratello gemello Cauno. Pur rendendosi conto che i suoi sentimenti erano tabù, non poté fare a meno di tentare di corteggiarlo e gli inviò una lettera in cui citava esempi di incesto tra gli dei. Respinto e impaurito, Cauno fuggì, facendo impazzire Biblide e spingendola a strapparsi le vesti e a inseguirlo attraverso la Grecia e l'Anatolia, piangendo incessantemente. Stremata dal dolore e dalla tristezza, crolla, muore e viene trasformata dalle ninfe in una sorgente o, secondo altre testimonianze, viene semplicemente consumata dalle sue lacrime e diventa una fontana. Bouguereau rappresenta Biblide nel suo penultimo momento.


Bouguereau scrive: "Tra i miei quadri, 'Biblide' è quello che amo di più, quello che mi è piaciuto di più dipingere; questo anche se è stato ispirato da un incidente in atelier. Una delle mie modelle aveva appena chiesto di riposare da una posa faticosa; quando la giovane donna stava per alzarsi, si trovò istintivamente in una posa così bella che la fermai con un gesto e un grido, pregandola di mantenere la posa ancora per un istante. L'ho disegnata subito, molto velocemente...Avevo visto la mia Biblide. È uno dei miei quadri migliori".


A Bouguereau veniva regolarmente chiesto di dipingere le riduzioni delle sue opere più importanti, spesso richieste da Jules Adolphe Goupil, suo rivenditore esclusivo dal 1866 in poi, sia per fornire ai produttori di stampe una tela di dimensioni più maneggevoli da copiare (c'era un mercato pronto, soprattutto in America, per le stampe dell'artista francese), sia per soddisfare le richieste di avidi collezionisti che desideravano acquistare l'originale non più disponibile. (Mar L8v)

view post Posted: 17/1/2024, 21:24 by: Lottovolante     +1L'ORIENTALE À LA GRANADE - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau




William-Adolphe Bouguereau
L'orientale con melograno
(L'Orientale à la grenade)
Firmato W-BOUGUEREAU e datato 1875
Olio su tela
59.6 x 45.7 cm
Collezione privata


Alla fine degli anni Sessanta del XIX secolo, la reputazione di William-Adolphe Bouguereau si era consolidata grazie alle sue magistrali rappresentazioni della vita contadina nella campagna francese; tuttavia, l'artista non si limita alle fonti di ispirazione e, come molti suoi contemporanei, si interessa ai popoli e alla cultura del Nord Africa e del Medio Oriente. Nel 1870 l'artista completò "Giovane ragazza orientale" e cinque anni dopo "L'orientale con melograno" che, insieme ad altre opere selezionate (forse solo sei), costituiscono un raro gruppo di soggetti orientalisti nell'opera dell'artista. Sebbene Bouguereau non si sia recato nella regione, numerose fonti, libri, mostre e collezioni private di costumi e manufatti potrebbero aver contribuito alla sua sensibile rappresentazione di una giovane ragazza con in mano un melograno.


Bouguereau sembra essere stato particolarmente affascinato dall'Egitto e gli intricati gioielli d'argento della ragazza sono tipici del design nordafricano (pezzi simili sono indossati dai fellah nelle sue composizioni del 1876 e del 1880). Le gemme rosse scintillanti dei suoi orecchini completano il colore ricco del melograno, i cui semi simili a gioielli vengono rivelati dalla ragazza che sbuccia il frutto. Così come le mani che tengono un lavoro a maglia o che trasportano una brocca d'argilla sono emblematiche delle narrazioni rurali di Bouguereau, l'inclusione di un melograno esotico può anche rivelare la comprensione dell'artista del suo antico simbolismo di innocenza. Pur allontanandosi dal soggetto, "L'orientale con melograno" continua a dimostrare la brillante capacità dell'artista di registrare dettagli intricati, quasi illusionistici: dalle cuciture blu della manica, con piccole fessure che ne suggeriscono la stoffa ben usurata, allo sfondo bianco di vernice applicata grossolanamente per suggerire un muro di intonaco cotto dal sole (che apparirà dietro la stessa modella seduta in un villaggio nella Marchande de grenades, sempre del 1875).





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Come testimonia una fotografia scattata per la survey of Artistic Houses di D. Appleton and Company, otto anni dopo aver lasciato lo studio di Bouguereau, "L'Orientale con melograno" era appeso nella pinacoteca di Samuel Mayo Nickerson (1830-1914). L'enorme fortuna di Nickerson fu costruita grazie all'attività di distillatore e successivamente come fondatore della First National Bank (la vendita delle azioni della banca gli fruttò due milioni di dollari nel 1899), oltre al ruolo di presidente della Chicago City Railway. Nel 1881 Nickerson assunse lo studio Burling e Whitehouse per costruire la sua grande casa, un "Palazzo di Marmo", al 40 di East Erie Street a Chicago (oggi Museo Driehaus), completata nel 1883 per l'incredibile costo di quattrocentomila dollari. Nickerson riempì i suoi intricati interni con oltre sessanta dipinti di artisti europei "moderni", tra cui Jean-Baptiste-Camille Corot, Eugene Verboeckhoven, Hugues Merle, Gustave Doré e Jean-Léon Gérôme, oltre agli americani Frederick Church, Thomas Cole e Albert Bierstadt. Oltre a "L'orientale con melograno", le opere di Frederick Arthur Bridgman e Rudolf Ernst confermarono l'interesse di Nickerson per l'orientalismo.


I soggetti esotici probabilmente attirarono Nickerson e sua moglie Matilda (nata Pinkham Crosby) che viaggiarono molto in India, Giappone e Cina, accumulando quella che all'epoca era considerata la più vasta e preziosa collezione di oggetti in giada, cristallo e avorio, insieme a gioielli, sculture e altre arti decorative in mani private americane (è interessante notare che una fotografia di fine secolo mostra che L'Orientale à la grenade è stata spostata per essere appesa sopra una teca piena di avori intricatamente intagliati). Filantropi e mecenati, i Nickerson donarono la loro collezione all'Art Institute of Chicago nel 1900 e "L'Orientale con melograno" rimase nelle sue gallerie fino alla sua disacquisizione nel 1917. Nei decenni successivi, l'opera entrò in un'altra collezione privata americana, passando di generazione in generazione. A quasi un secolo dalla sua ultima visione pubblica, e conosciuta da tempo grazie a una fotografia in bianco e nero pubblicata da Goupil nel 1875, l'opera è riemersa solo di recente, invitando a una nuova esplorazione della poliedrica e sempre brillante produzione di Bouguereau. (Mar L8v)



view post Posted: 17/1/2024, 13:13 by: Milea     +1L’ora fatidica alle dodici meno un quarto - Paul Klee - Klee

Klee_Schicksalstunde_um_dreiviertel_-zwolfP

Paul Klee
L’ora fatidica alle dodici meno un quarto
(Schicksalstunde um dreiviertel zwölf)
1922
firmato, datato e numerato ‘Klee 1922 // 184’ (in alto a sinistra)
olio su mussola preparata con gesso montato su pannello nella cornice dell’artista
40,8 x 48 cm.
Collezione privata


Nel novembre del 1920, Klee ricevette da Walter Gropius l’invito a diventare docente presso la neo-fondata Bauhaus di Weimar; due mesi dopo lasciò Monaco per unirsi a questa dinamica comunità di artisti, architetti, designer e artigiani, con il suo prestigioso curriculum multidisciplinare. Weimar offriva a Klee grandi vantaggi: un reddito fisso, un grande studio ad uso esclusivo e un ambiente gratificante per discutere e perfezionare le sue idee. Sebbene le responsabilità di insegnamento al Bauhaus occupassero solo un limitato numero di ore settimanali, lo costrinsero a formulare una teoria convincente e condivisibile sull’uso degli elementi pittorici.

“I dieci anni di Klee al Bauhaus, prima a Weimar e dopo il 1925 a Dessau, segnano l’apice della sua produzione artistica... La sua versatilità creativa rende impossibile identificare uno specifico stile “Bauhaus” nell'opera di Klee; piuttosto, la continuità nel suo lavoro degli anni Venti dipende non tanto dallo stile o dal motivo, quanto dall’integrazione di una componente teorica più profonda. Costretto dalle sue responsabilità di insegnante ad analizzare e articolare a fondo la sua pratica artistica per la prima volta, Klee creava ora un’arte che entrava in dialogo con la sua stessa teoria: l’intuizione incontrava la ragione, l’analisi diventava ispirazione, l’idea trovava una nuova struttura” (Christina Thomson, The Klee Universe, Neue Nationalgalerie, Berlino, 2008).



“Schicksalstunde um dreiviertel zwölf” fa parte di un gruppo di composizioni stravaganti che Klee eseguì a Weimar, in cui delicati disegni al tratto, spesso infantili, sono inseriti in una struttura indipendente in cui delicati disegni al tratto, spesso infantili, sono inseriti in una struttura indistinta di elementi di colore o (come in questo caso) all’interno di un campo di tinte colorate e traslucide. Queste giocose fantasie poetiche erano spesso tratte dal mondo del teatro, del balletto, dell'opera e delle fiabe;
Queste giocose fantasie poetiche erano spesso tratte dal mondo del teatro, del balletto, della lirica e delle fiabe; Klee amava le opere buffe di Mozart ed era anche affascinato dalle storie magiche dell’autore romantico E.T.A.Hoffmann, le cui opere erano molto apprezzate al Bauhaus nei primi anni Venti.

Sebbene il presente esempio non sembri avere un riferimento specifico al mondo del palcoscenico, presenta lo stesso carattere onirico e semi-narrativo dei dipinti esplicitamente operistici di Klee. All’estrema destra, un orologio segna le 11:45 e il suo pendolo conta i minuti che mancano alla mezzanotte, quando presumibilmente l’incantesimo sarà spezzato; l’orologio funge da presagio di sventura, come chiarisce il titolo del dipinto (L’ora fatidica alle dodici meno un quarto). La forma conica con due sfere nella zona superiore del dipinto ripete il movimento oscillante del pendolo, mentre la luna alla sua destra riprende la forma del quadrante luminoso dell’orologio, suggerendo un parallelo tra il tempo cosmico e quello terreno. La fluida colata di rossi e gialli sullo sfondo conferisce alla scena un aspetto inquietante e misterioso, come se il cielo notturno fosse illuminato artificialmente.


In basso a sinistra della composizione, una ragazza si allontana di corsa, passando davanti a una casa che sembra sul punto di crollare; forse è appena fuggita dall’edificio accanto alla torre dell’orologio, con il suo evidente sentiero rosso che porta da una parte all’altra. Klee esplorò molti di questi stessi motivi pittorici in altre due composizioni del 1922, che sostituiscono l’ambientazione notturna del quadro attuale con quella del mezzogiorno, o meglio, delle 11:45 del mattino. L’anno precedente, Klee aveva creato opere sul tema del destino, che aveva occupato molti artisti dopo la prima guerra mondiale. In “Giorno d’inverno, poco prima di mezzogiorno”, si profila una catastrofe cosmica: un corpo celeste infuocato appare basso sopra la casa; la lancetta a freccia dell’orologio della torre indica che manca poco a mezzogiorno, l’ora del destino. Il motivo della freccia era un elemento che Klee utilizzò nei suoi quadri fino al 1924 per indicare la direzione dell’azione; divenne un segno ineluttabile del fato e simbolo del potere magico.



Paul Klee
Giorno di inverno poco prima di mezzogiorno
(Wintertag Kurz vor Mittag)
1922
olio su carta montato su cartone - 29,8 x 45,9 cm.
Kunsthalle Bremen (Germania)


Will Grohmann ha scritto: “Non sapremo mai esattamente quali o quante opere di Klee alludono all’opera lirica. In Klee, il processo di metamorfosi è così intenso che le origini sono raramente evidenti, tanto più che nel suo metodo di lavoro gli elementi associativi entrano spesso solo dopo che il quadro è stato iniziato. I titoli da soli non sono un indizio sufficiente. Le esperienze operistiche furono senza dubbio l’ispirazione di molte altre figure simili a balletti, innamorati e dolenti, mascherati e smascherati; e molti paesaggi con luna e stelle discendono certamente dal regno del Flauto magico e di altre opere fiabesche”.

Il contesto teatrale del presente dipinto è rafforzato dall’inclusione di notazioni musicali nella composizione: le linee di uno spartito musicale sulla montagna alberata in primo piano, che stabilisce un’ambientazione vagamente alpina per l’episodio drammatico; il numero “3/4” nel cielo, che potrebbe fare riferimento non solo all’ora portentosa, ma anche al ritmo di tre quarti (la nota di tempo di un valzer). La musica è stata parte integrante della vita di Klee fin dalla prima infanzia. Suo padre era un insegnante di musica, sua madre una cantante professionista e lui stesso un abile violinista. In effetti, la decisione di Klee di diventare un artista visivo piuttosto che un musicista fu presa solo con grande sofferenza alla fine della scuola secondaria. Egli arrivò a considerare la musica come un modello per la sua arte e cercò costantemente di tradurre le qualità temporali della musica in forma visiva. Molte delle sue lezioni al Bauhaus erano incentrate sui parallelismi tra la musica e la teoria del colore, in particolare sulla capacità dei motivi lineari e delle griglie di creare ritmi strutturali.


In dipinti come questo, i ruoli indipendenti svolti dal disegno e dal colore sono stati paragonati al rapporto tra il libretto e la partitura di un’opera, che sono collegati ma mantengono le proprie identità separate; così come il libretto viene elevato dalla messa in musica, allo stesso modo il fondo astratto e colorato infonde ai disegni giocosi e rappresentativi di Klee una nuova forza (A. Kagan, Paul Klee: Art and Music, Ithaca, New York, 1983).

Questa tecnica permise a Klee sia di preservare il carattere delicato e idiosincratico del suo tratto, sia di sostenere in sé lo spirito di gioco di un bambino. Andrew Kagan spiega: “Il capriccio, la fantasia e la giocosità non erano per Klee solo un’indulgenza personale, ma rappresentavano anche un ideale estetico. Nella sua valutazione dei capolavori di Mozart, Klee deve aver dedotto che la comprensione e l’occasionale presa in prestito dell’estetica del bambino è un fattore critico per raggiungere il massimo nell’arte”.(Paul Klee at the Guggenheim Museum, Soho, New York, 1993).


Un’altra caratteristica fondamentale del dipinto in esame è l’esplorazione creativa delle forme architettoniche. Klee è stato affascinato dagli studi architettonici fin dai primi giorni della sua carriera; nel 1902 scriveva nel suo diario: “Dappertutto vedo solo architettura, ritmi lineari, ritmi assiali”. L’esperienza al Bauhaus, il cui nome stesso identificava a livello programmatico l’architettura come principio artistico d’avanguardia, intensificò le linee costruttive del suo lavoro. In “Schicksalstunde um dreiviertel zwölf”, la torre dell’orologio allude all’architettura tradizionale delle chiese, mentre i due edifici più piccoli hanno le forme cubiche e ridotte degli edifici del Bauhaus. La montagna al centro assomiglia a una struttura costruita dall’uomo nella sua regolarità, con le partiture musicali che fungono da sentieri o gradini che conducono alla cima; l’edificio simile a una ziggurat all’estrema sinistra della composizione è coronato dallo stesso abete spinoso della montagna stessa, suggerendo il modo in cui gli esseri umani imitano la natura e adottano le sue leggi strutturali come proprie.


Il primo proprietario del dipinto fu il mercante Daniel-Henry Kahnweiler, unico rappresentante dell’opera di Klee in Europa a partire dal 1933. Il quadro fu incluso in una grande mostra alla Kunsthalle di Berna nel febbraio-marzo 1935, poco più di un anno dopo la fuga di Klee dalla Germania e il suo ritorno nella natia Svizzera, dove sarebbe rimasto fino alla morte. Nel 1938, Kahnweiler concesse i diritti esclusivi di rappresentanza di Klee in America al mercante Karl Nierendorf, emigrato a New York da Berlino l’anno precedente. La tela in questione passò da Kahnweiler a Nierendorf in questo periodo e poco dopo fu acquistata da Phillips (Collezione Phillips, Washington, D.C.), che aveva iniziato a collezionare le opere di Klee nel 1930. Il dipinto fu anche inserito in una monografia su Klee, riccamente illustrata, che Nierendorf pubblicò in inglese nel 1941 e che rappresentò un passaggio importante per l’affermazione di Klee in America.(M.@rt)



view post Posted: 16/1/2024, 17:18 by: Milea     +1La bionda con gli orecchini (La blonde aux boucles d’oreille) - Modì

Amedeo_modigliani_la_blonde_aux_boucles_doreilleP

Amedeo Modigliani (Livorno, 1884 - Parigi, 1920)
La bionda con gli orecchini (La blonde aux boucles d’oreille)
1918 - 1919 circa
firmato ‘Modigliani’ in alto a destra
olio su tela - 46 x 29,8 cm.
Collezione privata


Non si conosce l’identità della donna che Modigliani ritrae ne “La blonde aux boucles d'oreille”, ed è inevitabile essere particolarmente incuriositi da lei, poiché, mentre i dipinti di rosse e brune abbondano nell’opera di Modigliani, le donne bionde compaiono solo occasionalmente. Innegabilmente la ragazza è eccezionalmente bella; in nessun altro dipinto dell’artista livornese si può trovare una modella con occhi grigio-azzurri così scintillanti, ciglia vistose (un tocco seducente raramente visto nei suoi ritratti) e lineamenti di una simmetria così piacevolmente equilibrata, incastonati in un viso perfettamente ovale.
I suoi lineamenti reali avrebbero potuto essere ben confacenti alla superficie appiattita a mo' di maschera che Modigliani era solito imporre al volto delle sue protagoniste. La carnagione rosea irradia salute e benessere, incoronata da una caratteristica e radiosa aureola di capelli biondo-rossastri; sembra in tutto e per tutto una giovane donna affermata e attraente, assolutamente elegante e moderna. Anche il bagliore della luce dei suoi orecchini di perle, i piccoli accessori che danno il titolo al dipinto, emana un fascino vivace. Lanthemann ha lodato questo quadro come un “Portrait d’une grande pureté et d’une grande maestria”.


Nelle loro biografie di Modigliani, sia Pierre Sichel (1967) che Meryle Secrest (2011) raccontano di una relazione che Modigliani ebbe nel 1916 con Simone Thiroux, una giovane donna canadese nata in una famiglia benestante, che soggiornava a Parigi presso una zia per motivi di studio. Sichel dice che aveva “occhi azzurri e capelli chiari” e per questo motivo potrebbe essere lei la modella del presente dipinto. Tuttavia, quando Simone si legò a Modigliani, dopo la rottura con Beatrice Hastings e prima dell’incontro con Jeanne Hèbuterne, aveva sperperato la maggior parte dell’eredità, appena acquisita, in uno stile di vita bohémien a Montparnasse. Sichel ha scritto che “era una ragazza malaticcia e, come Modì, tubercolotica fin dalla più tenera età... Non sembrava rendersi conto dell’importanza delle cose, soprattutto della sua salute. Non si prendeva affatto cura di sé, e fino alla fine fu negligente all’estremo”.

Rimase incinta di Modigliani ma il sentimento della giovane, a tratti adorante e asfissiante, finì per infastidire l’artista al punto da non riconoscere il figlio. Simone, ripudiata dalla famiglia e logorata dalla malattia, darà in adozione il bimbo, Serge Gerard, che diventerà sacerdote e solo da adolescente scoprirà chi era suo padre. Questa descrizione non si confà all’impressione suscitata dalla giovane donna vestita in modo sobrio, piena di salute, nel presente dipinto realizzato nel 1917, forse dopo che Modigliani aveva già rotto con Simone. E’ probabile che quest’opera sia un secondo ritratto di una modella nota solo come Renée (da non confondere con Renée, moglie Moïse Kisling, che Modigliani ritrasse più volte), una persona descritta come bionda anche nel titolo del primo quadro, dipinto nel 1916.

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Amedeo Modigliani
Lolotte (Femme au chapeau)
giugno 1917
olio su tela - 55 x 35,5 cm.
Centre Pompidou, Parigi






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Modigliani dipinse un nudo biondo in piedi nel 1917; potrebbe trattarsi della stessa modella, vista con i capelli lunghi, prima che li avesse raccolti? C’è anche un nudo seduto del 1918, in cui la modella ha i capelli ricci e biondi rossicci, tagliati molto corti; inoltre si nota anche la traccia di una perla all’estremità del lobo dell’orecchio destro.



Amedeo Modigliani
Nudo seduto con le mani in grembo
1918
olio su tela - 100 x 65 cm.
Honolulu Museum of Art, Honolulu, Hawaii



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Che fossero nate in un ambiente di classe, che possedessero autentiche credenziali avanguardistiche o bohémien, o che fossero semplici lavoratrici che posavano per artisti di passaggio, molte delle donne ritratte da Modigliani erano senza dubbio molto belle, ognuna a modo suo. I tratti individuali, la personalità e lo stato d’animo del momento emergono quasi sempre in questi ritratti, nonostante i caratteristici tratti che caratterizzeranno lo stile maturo del pittore. L’aspetto più rilevante di questa modella bionda sono i suoi corti capelli, all’epoca un look insolito per le donne francesi, la maggior parte delle quali prediligeva ancora le tradizionali acconciature lunghe.




Amedeo Modigliani
Nudo biondo in piedi con la camicia abbassata
1917
olio su tela - 92 x 64,8 cm.
Collezione privata



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Modigliani dipinse “La blonde aux boucles d’oreille” nei mesi in cui si stava preparando per la sua prima mostra personale alla galleria di Berthe Weill, prevista per il dicembre 1917. L’artista era conosciuto nella sua cerchia quasi esclusivamente come ritrattista e fu su sollecitazione di Léopold Zborowski, il suo nuovo agente e mercante, che intraprese una serie di nudi per ampliare il suo appeal tra i potenziali collezionisti. L’artista ne dipinse una ventina in tutto, sette o otto dei quali costituirono il nucleo della sua imminente mostra, insieme ad alcuni dei suoi ritratti più belli. Anticipando il successo che sentiva di aver meritato da tempo, Modigliani perfezionò in questo periodo cruciale tutti i tratti del viso caratteristici del suo stile maturo: il viso ovale allungato, il collo aggraziato da cigno, le labbra sensuali e gli occhi impenetrabili a mandorla. In questo periodo Modigliani aveva assimilato pienamente nella sua arte una serie di fonti disparate, che andavano dalla ritrattistica rinascimentale italiana, alla scultura africana e oceanica. I ritratti che l’artista dipinge in questa fase sono tra i più sensibili e caratterizzanti di tutta la sua carriera. La superficie pittorica, inoltre, come si vede in questo dipinto, è squisitamente tattile; in seguito l’artista adottò un approccio più semplice nel trattamento dei colori sulla tela.


Modigliani ha saputo bilanciare con abilità e apparentemente senza sforzo la tradizione e la novità, il volume illusionistico e la piattezza modernista, per creare un’immagine individuale che esprimesse la sua personale concezione della bellezza. Jean Cocteau ha scritto all’artista, suo amico di lunga data, il seguente omaggio: “Non è stato Modigliani a distorcere e allungare il volto, a stabilirne l’asimmetria, a far fuori uno degli occhi, ad allungare il collo. Tutto questo avveniva nel suo cuore. Ed è così che ci disegnava ai tavoli del Café de la Rotonde; è così che ci vedeva, ci amava, ci sentiva, era in disaccordo o in polemica con noi. Il suo disegno era una conversazione silenziosa, un dialogo tra le sue linee e le nostre... Eravamo tutti subordinati al suo stile, a un modello che portava dentro di sé, e lui cercava automaticamente dei volti che assomigliassero alla configurazione che richiedeva, sia all’uomo che alla donna. La somiglianza, in realtà, non è altro che un pretesto che permette al pittore di confermare l’immagine che ha in mente. E con questo non si intende un’immagine reale, fisica, ma il mistero del proprio genio” (D. Krystof, Amedeo Modigliani 1884-1920: The Poetry of Seeing, Colonia, 2000, p. 54).



Il successo di Modigliani nella formulazione di una tipologia di ritratto dipinto è ancora più significativo dopo lo sviluppo e la diffusione della fotografia, che avrebbe dovuto rendere obsoleta l’immagine pittorica, e la distruzione dell’immagine coerente e integrale del volto e della figura umana intrapresa dai cubisti e dagli espressionisti. Modigliani si è mosso con un proprio percorso distintivo: fedele alla realtà e a se stesso, ha tratto e conservato una somiglianza essenziale e caratteriale della persona che gli stava davanti, descrivendo il suo personaggio con un linguaggio pittorico soggettivo, intuitivo e tutto suo. In parte classicista, in parte manierista, Modigliani creò quello che è forse il look più famoso e riconoscibile della ritrattistica del XX secolo, una quintessenza della modernità nell’uso selettivo delle fonti e dello stile, che, nonostante abbia riscosso un successo limitato durante la sua vita, ha continuato a manifestare un fascino quasi universale. (M.@rt)





Edited by Milea - 17/1/2024, 09:59
view post Posted: 13/1/2024, 21:06 by: Lottovolante     +1PAESAGGIO CON MULINO AD ACQUA - François Boucher - ARTISTICA




François Boucher
Paesaggio con mulino ad acqua
(Landscape with a Watermill)
1755
Olio su tela
57.2 × 73 cm
Londra, National Gallery


Un mulino ad acqua, logoro ma pittoresco, si trova in un paesaggio che comprende diversi contadini idealizzati impegnati in attività come la pesca, la raccolta dell'acqua e il lavaggio dei panni. Sebbene questo paesaggio abbia un'aria di artificiosità decorativa, persino di teatralità, Boucher include sufficienti dettagli per suggerire che possa avere una qualche base nella sua osservazione diretta di un luogo reale. Questi dettagli includono una rete appesa a sinistra della porta del mulino, una latrina improvvisata all'aperto a destra della porta e una piccola torre alla fine del ponte che sembra essere una colombaia o un casello.


Altri dettagli che aumentano la sensazione che si tratti di una scena reale sono le erbacce che pendono dalla ruota del mulino e una bassa diga che si intravede più a monte attraverso le arcate del ponte, le cui arcate centrali incorniciano anche due pali che potrebbero sostenere delle reti da pesca, rafforzando l'impressione che si tratti di un paesaggio di lavoro. Colombe bianche si radunano intorno a una colombaia nel tetto di paglia del mulino.





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Molti di questi elementi compaiono anche in un disegno di Boucher conservato al Museum of Fine Arts di Boston. Pur essendo firmato, questo disegno non è datato e non è possibile sostenere se sia stato realizzato prima o dopo il dipinto, che Boucher ha firmato e datato (sulla barca a sinistra del quadro). Anche se è improbabile che il disegno sia stato realizzato sul posto, potrebbe essere basato su uno studio o uno schizzo di un luogo che Boucher aveva visitato. Un potenziale indizio è fornito da un'incisione realizzata nel 1772 dopo il disegno, con il titolo "Moulin près de Chatou" (Mulino vicino a Chatou). Sulla riva destra della Senna, a pochi chilometri a ovest di Parigi, Chatou sarebbe diventato uno dei luoghi preferiti dai pittori intorno al 1900.


Il suo mulino ad acqua fu sostituito da un mulino a vento nel 1684 e per tutto il XVIII secolo il suo ponte fu realizzato in legno anziché in pietra. Se, come suggerisce il titolo della stampa, il mulino nel disegno di Boucher si trovava vicino a Chatou e non a Chatou stessa, la scena potrebbe essere basata su una frazione vicina. Una possibilità è Mauport, sempre sulla riva destra, che alla fine del XVII secolo aveva un mulino ad acqua e una rete di pali. È possibile che questi esistessero ancora nel 1750. I mulini compaiono in altri paesaggi di Boucher, tra cui quello di Quinquengrogne, vicino a Charenton, nella periferia sud-orientale di Parigi. Il mulino di questo quadro presenta caratteristiche architettoniche simili a quello di Quinquengrogne, ma ha una struttura più semplice e non ha la suggestiva posizione elevata del sito di Charenton.


I mulini ad acqua erano un soggetto popolare tra gli artisti francesi del XVIII secolo, che guardavano in particolare alle immagini di pittori olandesi del secolo precedente come Jacob van Ruisdael. Boucher possedeva un grande disegno a gesso di Ruisdael che raffigurava dei cottage e un mulino ad acqua. Ma anche qui ci sono echi di Claude, in particolare nell'uso che Boucher fa degli alberi ad alto fusto per incorniciare la scena come se fosse una scenografia. In un cielo pallido, l'intero paesaggio è soffuso di toni verdi-argentei che l'artista francese controbilancia con aree di colore più vivace, in particolare con gli abiti rossi; il dipinto mostra la sua caratteristica gestione fluida della pittura. (Mar L8v)



view post Posted: 13/1/2024, 15:52 by: Milea     +1Davanti alla veranda (Dans la véranda) - Morisot

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Berthe Morisot
Davanti alla veranda (Dans la véranda)
Bougival, estate 1884
Firmato ‘Berthe Morisot’ (in basso a sinistra)
olio su tela - 81,2 x 100,2 cm.
Collezione privata


Berthe Morisot realizzò questo squisito ritratto della figlia Julie Manet, la più grande gioia e il fulcro della sua vita personale, nonché il soggetto al centro della sua rivoluzionaria attività artistica, durante l’estate del 1884, quando la bambina aveva cinque anni e mezzo. Dipinto su una scala di grandezza quasi mai vista nell’opera dell’ artista, “Dans la véranda” ritrae Julie seduta nella luminosa terrazza della casa di famiglia a Bougival, mentre esamina, o più probabilmente sistema, alcuni fiori appena recisi. Una grande distesa di vegetazione, resa con tratti eccezionalmente liberi e materici, è visibile attraverso le finestre del loggiato, che si estendono per tutta la larghezza della tela. I tetti delle case vicine emergono al di sopra degli alberi, mentre la finestra a destra riflette una debole immagine dell’interno stesso, dando vita a un complesso gioco di distanze e vicinanze. La luce del sole di mezzogiorno entra in scena, facendo luccicare la vetrata a macchie, catturando i contorni a spirale della brocca di cristallo e facendo risplendere la chioma ramata di Julie di un colore oro pallido.


Gli accostamenti audaci di tinte complementari opposte, i capelli arancioni contro il paesaggio verde ad esempio, sottolineano e aumentano l’illusione dello spazio, mentre il gioco di toni strettamente correlati, come i verdi, i blu e i gialli delicatamente mescolati del giardino, produce l’effetto opposto. “Diviso come un Piet Mondrian dall’inquadratura della finestra e dal piano rettangolare del tavolo, la tela è una delle composizioni più calibrate di Morisot”. (Charles Stuckey)

I dipinti di Morisot che ritraggono la sua unica figlia (quasi cinquanta tele al compimento del dodicesimo anno di età) costituiscono il progetto pittorico più ampio e innovativo di tutta la sua carriera. “La figlia divenne l’ossatura, l’architettura stessa di tutta la sua produzione artistica. La presenza costante di Julie divenne la sostanza e il leitmotiv della sua opera” . (Delphine Montalant)

Piuttosto che affidare l’educazione di Julie alle scuole, Morisot curò il suo sviluppo intellettuale e creativo a casa, assumendo insegnanti di pianoforte e violino per promuovere il suo talento musicale, incaricando Mallarmé di istruirla in letteratura e composizione e insegnandole lei stessa disegno, pittura e storia dell’arte. “Eravamo sempre insieme, io e la mamma” , ricorderà in seguito Julie. “Dipingeva a casa durante il giorno e, quando uscivamo, portava con sé dei quaderni per farmi degli schizzi”.



Nell’opera di Morisot, si vede Julie crescere come in un album fotografico, un effetto di intimità pittorica che riproduce l’esperienza soggettiva dell’artista di coinvolgimento materno nella crescita dell’amata figlia. Non appena Julie superò l’infanzia, Morisot iniziò a ritrarla impegnata in ogni forma di attività creativa indipendente, sviluppando una vita intellettuale e artistica che riecheggiava quella della madre, ma che era in gran parte sua. Da bambina, realizzava Torte di sabbia (Les Pâtés de Sable - Bibi et son tonneau) nel giardino di Bougival; crescendo, leggeva, scriveva, disegnava, cuciva e faceva musica, rimanendo sempre radicata nel calore e nell’intimità della casa. “Davanti alla veranda”trasmette questa nuova capacità creativa in modo sottile ma particolarmente toccante.

L’intensa concentrazione di Julie nell’atto puramente estetico di disporre i fiori, con la testa rivolta verso l’osservatore per sottolineare il suo tranquillo raccoglimento, fa da parallelo al lavoro artistico della stessa Morisot. L’uso del telaio della finestra per strutturare la composizione sottolinea nel contempo il momento preciso dell’atto, mentre la superficie straordinariamente movimentata della tela, senza dubbio ineguagliata fino al tardo Monet o addirittura all'Espressionismo astratto, costituisce un vero e proprio registro del processo pittorico. “L’opera di Berthe legava Julie sempre di più a lei, non solo come prodotto della sua creazione e oggetto del suo sguardo amorevole, ma anche come una sorta di partner nell’arte, l’unica persona con cui poteva condividere al meglio le proprie idee e convinzioni artistiche. L’arte diventa un modo per costruire la propria identità, per coltivare quella di Julie e per unire le due cose in quello che per Morisot è l’essenziale legame familiare”. (Greg Thomas)


Morisot scelse di esporre “Dans la véranda” in tre diverse occasioni, più di qualsiasi altro dipinto della sua opera, a testimonianza dell’alta e duratura stima di cui godeva questa bella e audace composizione. Anche il magnifico “Après le déjeuner”, il più importante contributo di Morisot alla Settima Esposizione Impressionista, (che raffigura una giovane donna seduta sulla stessa veranda di Bougival e allo stesso tavolo di bambù), non fu mai più esposto durante la vita di Morisot. Il quadro fu uno dei cinque dipinti che Morisot presentò all’Exposition Internationale della Galerie Georges Petit nel 1887; lo ripropose nuovamente cinque anni dopo da Boussod & Valadon, nella sua prima mostra personale. La tela fu venduta durante quell’esposizione al noto compositore Ernest Chausson per la straordinaria cifra di tremila franchi: un prezzo record per Morisot all’epoca, che sarebbe stato superato solo una volta nella sua vita, quando lo Stato francese acquistò “Jeune Femme en toilette de bal” nel 1894 per il prestigioso Musée du Luxembourg. Su richiesta di Morisot, Chausson prestò “Dans la véranda” al Salon de la Libre Esthétique di Bruxelles del 1894, al quale l’artista partecipò insieme all’adolescente Julie, e il quadro rimase nella collezione della sua famiglia per più di quarant'anni.


Nel 1896, l’anno successivo alla morte prematura di Morisot, che lasciò Julie orfana a soli sedici anni, “Dans la véranda” fu presentato in una vasta retrospettiva commemorativa presso Durand-Ruel che Julie organizzò con l’assistenza di Degas, Monet, Renoir e Mallarmé. Non meno di ventisei collezionisti prestarono dei dipinti alla mostra, rivelando la dimensione pubblica del successo di Morisot e la visione privata che aveva informato il suo lavoro. Nella sua recensione della mostra pubblicata su Le Mercure de France, il critico Camille Mauclair ha scelto il quadro in questione per un plauso particolare: “Pochi capolavori – ‘Dans la véranda’ (di proprietà di Monsieur Ernest Chausson) e la ‘Jeune femme en robe de bal’ - bastano a garantire che il nome di Madame Berthe Morisot vivrà per le generazioni future, anche se queste dovranno rinunciare al privilegio di apprezzare in prima persona la bellezza e il calore di questa artista e di questa donna straordinaria”. (M.@rt)



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