Posts written by Milea

view post Posted: 10/1/2024, 15:31     +11RUTH NEL CAMPO DI BOAZ - Francesco Hayez - ARTISTICA

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Francesco Hayez (1791-1882)
Ruth nel campo di Boaz (Ruth in Boaz’s fields )
1853 circa
olio su tela - 99,8 x 137 cm.
Musei Civici d’Arte Antica, Bologna


La tela venne realizzata da Hayez su commissione di Severino Bonora (1801-1866) il quale stabilì che dopo la sua morte fosse donata al Comune di Bologna. Il soggetto riprende una storia dell’Antico Testamento, raccontata nel libro che da lei prende il nome: Ruth, una povera e derelitta vedova moabita, torna in Israele con la suocera vedova Naomi e viene raffigurata mentre, per guadagnarsi da vivere per sé e per l’anziana donna, raccoglie il grano nel campo di uno dei parenti dell’ex marito, Boaz, che finirà per sposare.

Il soggetto del dipinto e il dipinto stesso sono, tuttavia, molto poco significativi della vita e delle idee del suo committente e collezionista. Severino, ricco proprietario terriero bolognese, aveva frequentato la locale Accademia di Belle Arti e aveva studiato filosofia. La sua casa era un luogo di incontro di artisti e letterati, aperta ad amici e ad altri interessati a libri rari. Alle pareti appendeva quadri da lui commissionati, opere di celebri contemporanei italiani (come Hayez e Adeodato Malatesta) o di giovani artisti alle prime armi. Ma egli voleva condurre una vita romantica e avventurosa; appassionato viaggiatore, nonostante l’epilessia che lo portò due volte vicino alla morte, organizzava ogni anno un tour di sei mesi attraverso l’Europa, l’Asia o l’Africa, portando con sé giovani artisti che non potevano altrimenti permettersi di viaggiare.


Nel realizzare la sua collezione Severino intendeva sia aiutare i giovani pittori a farsi conoscere, sia mostrare ai suoi concittadini buoni esempi di pittura romantica contemporanea per stimolare il buon gusto moderno. I soggetti dei dipinti della sua collezione, molto spesso suggeriti dallo stesso Severino, sono caratterizzati dall’esotico e da atmosfere eccentriche; si tratta di scene tratte da un passato lontano, dalla Bibbia o dalla storia o dalla narrativa medievale. Altri ritraevano scenari esotici con personaggi in paesi stranieri e abiti caratteristici. Severino amava e collezionava anche paesaggi romantici, travolti dalla furia della natura sotto forma di temporali o burrasche. Quando la storia rappresentata era contemporanea, si trattava di episodi commoventi, spesso donne fragili che piangevano per la povertà, la fame e la disperazione. Tra questi, la madre al letto di morte del figlio, la donna sonnambula che cammina sui tetti di Dresda, due fanciulle orfane e un vecchio cieco.

“Ruth nel campo di Boaz” combina chiaramente tre di queste preferenze, fondendo una storia della Bibbia con un’ambientazione esotica e una donna malinconica. Il soggetto, lasciato alla scelta di Hayez, rispondeva adeguatamente alle richieste di Severino, che aveva chiesto una scena orientale con una bella donna beduina, nel caso in cui il pittore non avesse accettato l’altro suggerimento di lavorare su una scena della fortunata tragedia romantica “Francesca da Rimini” di Silvio Pellico (1815, pubblicata nel 1818).


Ruth è il prototipo di questo ideale romantico: l’eroina biblica, (che sceglie per sé un popolo differente da quello che le era stato destinato e che quindi le apparteneva per origine) diventa l’emblema, più o meno segreto, dell’aspirazione a riprendere in mano le redini del proprio futuro e della propria appartenenza, da parte di molti liberali milanesi e veneziani, compreso Alessandro Manzoni di cui Hayez eseguì, uno splendido ritratto.


La giovane ebrea è in primo piano, offrendo all’osservatore il corpo seducente; guarda malinconicamente fuori dal quadro, ma in realtà è assorta nei suoi pensieri. Come tale, è uno dei numerosi dipinti di Hayez dello stesso periodo, tutti incentrati su un’unica figura femminile centrale, a seno nudo, che medita su qualcosa, a volte esplicitamente sugli eventi del Risorgimento, come nel caso dell’opera La meditazione (l’Italia nel 1848). Ruth, sensuale e riflessiva, si fa riconoscere dalle spighe di grano, che porta sul fianco, e dal turbante, mentre il seno scoperto esalta la sua avvenenza. La bellissima donna ha appena spigolato nel giardino di Booz e ora si incammina verso Betlemme il cui profilo si scorge appena nel paesaggio che le fa da mirabile sfondo.


Il dipinto, eseguito nel 1853 anno in cui venne presentato al pubblico dell’esposizione di Belle Arti di Bologna, sottolinea la straordinaria forza evocativa e l’unità sentimentale che coinvolge la figura e il paesaggio. In un periodo di intensa meditazione dell’artista sul nudo femminile, affascinato dalle muliebri Sibille e Cleopatre della tradizione seicentesca bolognese, la Ruth traduce in vena sentimentale la icastica purezza del nudo, esaltato dallo sfondo. A Varsavia esiste un’altra versione della tela, che raffigura Ruth, diversa da quella bolognese soprattutto per il seno coperto dal drappeggio della bianca veste. (M.@rt)

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Francesco Hayez
Ritratto di una donna come Ruth
1853 circa
olio e masonite su tela - 123 x 99 cm.
Museum of John Paul II Collection, Varsavia



view post Posted: 8/1/2024, 21:33     +12CAMICIE ROSSE (Garibaldini) - Umberto Coromaldi - ARTISTICA

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Umberto Coromaldi (Roma 1879 - 1948)
Camicie rosse (Garibaldini)
1898
Firmato e datato in basso a sinistra: “Coromaldi 98”
olio su tela - 185 x 160 cm.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma


In una luminosa giornata di sole un gruppo di anziani veterani garibaldini, vestiti con le camicie rosse e con una grande bandiera tricolore in spalla, incontra una giovane mamma coi due figli. Sullo sfondo del paesaggio si vedono il colle Gianicolo, dove il 20 settembre del 1895 era stato inaugurato il monumento equestre a Garibaldi, Ponte Garibaldi e il quartiere di Trastevere. Incuriosito, il bambino più grande si è avvicinato; uno dei veterinari gli appoggia confidenzialmente una spalla sulla spalla. La bimba, invece, intimidita forse dalle barbe bianche, che tanto spiccano sul rosso delle camicie, si ritrae, nonostante le parole rassicuranti della donna. Il dipinto, conosciuto anche col titolo “Garibaldini”, fu presentato da Coromaldi come saggio finale del Pensionato di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, vinto dall’artista, quattro anni prima, con l’opera Il “Ritorno dei naufraghi”.


Fausto Vagnetti in un articolo pubblicato nel 1918 su Emporium ne spiegava così l’iconografia: “…immaginò dei vecchi Garibaldini che attraversano il Ponte Cestio in vista del Monumento dell’Eroe. Hanno una bandiera, un giovanetto del popolo segue i gloriosi rimasti e ne sente il fascino, una madre con la creatura in braccio si ferma al passaggio”. In quest’opera, datata in iscrizione al 1898, Coromaldi, futuro pittore di paesaggi della campagna romana, ha abbandonato del tutto la consueta retorica patriottica. Gli ideali risorgimentali sono ormai trascorsi ed il soggetto storico è trasformato in un episodio quotidiano. Le lotte di liberazione sono solo un ricordo, conservato nella memoria dal racconto degli anziani. Un bozzetto del 1897 documenta l’originaria idea della composizione, che si sarebbe dovuta sviluppare in orizzontale, lasciando maggiore spazio alla veduta del paesaggio romano alle spalle dei personaggi.


La realizzazione del quadro “en plein air” comportò un lungo studio da parte dell’artista, tanto che nel maggio del 1898, al momento del giudizio della Giunta, il dipinto non era ancora ultimato a causa delle condizioni meteorologiche, che ritardavano la resa dal vero dell’illuminazione solare della scena. La tela rappresenta, attraverso una scena al forte impatto realistico, l’ideale passaggio di consegne tra vecchie e nuove generazioni: gli anziani, stanchi combattenti trovano nella curiosità del ragazzo il futuro della memoria e dell’esempio, mentre raccontano le glorie passate.


Il bianco e il rosso delle vecchie divise contrasta con la quotidianità degli abiti della madre e dei bambini, dai colori sobri e dall’aspetto modesto, come il passato di lotta e sacrifici, tinto di sangue e di eroismo, in contrasto con un mite presente di pace. Umberto Coromaldi, futuro pittore di visioni campestri e marine su modello verista, dipinge qui una scena di gusto “deamicisiano”, edificante; la potente vena espressiva trasforma però l’evidente retorica patriottica in un vivo episodio quotidiano, in un commovente richiamo agli ideali del Risorgimento nazionale.


In realtà questa immagine affettuosa e nostalgica non corrisponde pienamente alla realtà politica del momento e dello spirito garibaldino, che proprio a fine secolo (nel 1898, la “Società di Mutuo Soccorso fra Garibaldini” fondata dallo stesso generale, divenne “Società Reduci dalle Patrie Battaglie”, da cui deriva la tuttora esistente “Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini”) dimostra ancora la sua vitalità e combattività. Le associazioni garibaldine, organizzate dal figlio del generale, Ricciotti, che era stato accanto al padre nelle battaglie di Bezzecca e Mentana, continuavano e continuarono infatti a operare in nome della libertà dei popoli. Il 17 maggio 1897 volontari garibaldini combatterono in Grecia, a Domokos, sul fronte tessalico della lotta di indipendenza per la liberazione di Creta, che era sotto il dominio dell’Impero turco. Mentre l’esercito greco era ormai in rotta, i garibaldini, molti dei quali caduti sul campo, combatterono gloriosamente indossando le camicie rosse. (M.@rt)




view post Posted: 7/1/2024, 17:40     +17TRASTEVERINA UCCISA DA UNA BOMBA - Gerolamo Induno - ARTISTICA

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Gerolamo Induno (Milano 1825-1890)
Trasteverina uccisa da una bomba
firmato e datato in alto al centro: “G. Induno.1850”
olio su tela - 114,5 x 158 cm.
Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Roma


“E’ un quadro che ti imprime nella memoria e ti comanda la meditazione intorno ai fatti più tremendi della vita pubblica, ottenendo così tutto intero l’intento della pittura storica”. Con queste parole il critico milanese Giuseppe Rovani lodava il dipinto, presentato alla mostra annuale di Brera del 1850. L’autore Gerolamo Induno, allora venticinquenne, era reduce dalla cruenta ed eroica difesa della Repubblica Romana. Qui si era guadagnato il soprannome di tutta una vita, diventando “quello delle baionette del casino Barberini”: barbaramente assalito dai francesi, era infatti sopravvissuto a un numero imprecisato di colpi, saliti negli anni da quindici fino a diventare ventisette. Abbandonata Roma e rifugiatosi in Svizzera prima di rientrare a Milano, Induno era dunque un rivoluzionario; il fatto che questo suo dipinto, evidentemente legato all’esperienza romana appia potuto raggiungere le sale della prima esposizione “di restaurazione” dopo il ritorno dell’ordine austriaco, ha dell’incredibile.


Raffigura l’interno di una povera stanza dove giace una giovane, poco più di una bambina, vestita con costume popolare romano, uccisa dallo scoppio di una bomba penetrata attraverso la parete. Probabilmente stava cucendo presso la finestra e il tavolo su cui sedeva è stato ribaltato dalla forza dell’esplosione; dal muro crollato penetra la luce chiara di un giorno di sole. Il riferimento al tragico assedio francese è evidente e con tutta probabilità il soggetto è tratto da un episodio realmente accaduto; esiste infatti una serie di quattro disegni preparatori, che mostrano la figura ritratto da più angoli, che lasciano intendere uno studio approfondito e dal vivo.


Le cronache contemporanee, inoltre, avevano riportato con insistenza il dramma del popolo trasteverino, il più colpito dal tradimento francese, che aveva proposto una tregua, poi non rispettata. Al realismo descrittivo Induno sovrappone una serie di riferimenti pittorici, una parte da ricercarsi nella coeva pittura di genere europea, principalmente francese che per prima aveva dato origine al tema popolare, e principalmente al “soggetto romano”, in opere che restituivano la semplicità della vita quotidiana come ultimo epico riflesso dell’antico sangue romano; caposcuola del genere era a Roma lo svizzero Louis Léopold Robert, fra i primi a tradurre il soggetto di costume nella grande dimensione, in composizioni di matrice classica e cinquecentesca.

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Louis Léopold Robert
(La Chaux-de-Fonds, 1794 - Venezia, 1835)
Giovane ragazza di Sezze (Jeune Fille de Sezze - Young girl from Sezze)
1831
olio su tela - 62,5 x 50,5 cm
Musée des Beaux-Arts, La Chaux-de-Fonds (Svizzera)



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La seconda e non meno importante serie di riferimenti è data dalla formazione lombarda del pittore e rimanda alle suggestioni cromatiche del maestro Francesco Hayez, ma anche alla pittura “di fronda” del pavese Cherubino Cornienti, pensionato romano, maestro di maggior furore cromatico. La giovane infatti sembra collocarsi a metà strada tra opere come “La Ciociara” di Hayez e la ben più drammatica “La moglie del Levita Efraim” di Cornienti.

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Francesco Hayez (Venezia, 1791 - Milano, 1882)
La ciociara
1842
olio su tela - 140 x 103 cm.
Collezione privata, Bergamo




Cherubino Cornienti (Pavia, 1816 - Milano, 1860)
La moglie del Levita di Efraim
Iscrizioni: in basso al centro - NON FINITO - lettere capitali - a pennello
1846 circa
olio su tela - 150 x 200 cm.
Pinacoteca di Brera, Milano



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Nonostante il giovane Induno fosse all’esordio, ebbe un notevole successo di pubblico; a esposizione conclusa il dipinto venne acquistato dalla Società Promotrice di Belle Arti di Milano, per la somma di seicentocinquanta lire, come attestato dai documenti negli Archivi del Museo della Permanente, che ne conservano ancora il contratto di vendita, datato 21 settembre 1850. In seguito, come spesso avveniva, l’opera veniva estratta a sorte a favore della Società promotrice di Torino, dove la si trova esposta l’anno successivo, per poi essere donata, come da prassi, a uno dei soci. In seguito se ne persero le tracce, fino alla sua ricomparsa sul mercato antiquario nel 2008 e il conseguente acquisto da parte della Galleria d’Arte Moderna di Roma.

Per lunghissimo tempo la memoria di questo dipinto rimase legata a una riproduzione litografica di Giovan Battista Zambelli, posta a illustrare l’opera per la recensione di Tullo Massarani, letterato, politico e amatore d’arte, scrittore, comparsa sulla rivista intitolata “Le Arti Educative”. La pubblicazione, nata con lo scopo di sostenere un’arte impegnata nell’educazione del suo pubblico, inserisce la “Trasteverina” come esempio di una moderna pittura di storia, che commuove ed educa, attraverso lo spirito semplice e anonimo di un’unica, commovente, isolata figura.



Giovanni Battista Zambelli 1852
xilografia - 125x160 mm.
Collezione privata


La descrizione di Massarani sottolinea ulteriormente l’ipotesi che l’episodio rappresentato si arealmente accaduto: il letterato, infatti, componendo un ekphrasis degna della miglior letteratura romantica, racconta la triste storia della piccola Nella, morta nella “grommata stanzuccia di Trastevere”, dove i genitori l’hanno lasciata, fiduciosi, accorrendo alla difesa della città. La piccola parrebbe solo graziosamente addormentata, se non fosse per un unico, terribile segno: un semplice “sprizzo di vermiglio” sulla fronte, tanto drammatico da mettere “freddo nelle ossa” e ricordare la macchia di sangue apparsa sulle mani di Lady Macbeth: il sangue dell’ingiusto sacrificio di un’innocente, indelebile come quello di un delitto: “così dal patetico silenzio della scena emerge un pensiero; e la meta dell’arte è raggiunta”. (M.@rt)






Edited by Milea - 8/1/2024, 18:13
view post Posted: 6/1/2024, 18:34     +12RAGAZZO IN COSTUME DA PAGGIO - Giambattista Tiepolo - Tiepolo

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Giambattista Tiepolo
Ragazzo in costume da paggio, testa e spalle
(Young boy in the costume of a page, head and shoulders)
1745 - 1749 circa
olio su tela - 45,7 x 40,6 cm.
Collezione privata


Questo carismatico studio di un giovane è stato dipinto da Tiepolo a metà o negli ultimi anni del 1740. Erano anni straordinari per l’artista e importanti commissioni riempivano il suo tempo a Venezia e in tutto il Veneto, tra cui i magnifici affreschi dell’Incontro di Cleopatra e Antonio a Palazzo Labia a Venezia completati nel 1744. Ormai artista di grande fama, nel 1750 fu chiamato a Würzburg per dipingere la sua opera più importante, gli affreschi della Kaisersaal della Reggia.


L’eccezionale stato di conservazione dell’opera permette di apprezzare appieno la maestria pittorica del Tiepolo. La pennellata decisa della gorgiera appena abbozzata e la trattazione delle vesti creano un contrasto raffinato con la morbida stesura delle velature nei toni dell’incarnato, creando una sensazione complessiva di delicatezza e sobrietà che ben si addice alle caratteristiche del personaggio. Pur essendo altrettanto abile nell’olio come nell’affresco, Tiepolo era anche un disegnatore molto dotato ed è spesso nelle sue opere su carta che troviamo la genesi delle sue intuizioni. I suoi disegni servivano come studi che il pittore riutilizzava e rimodellava nel corso della sua carriera, spesso adattando una stessa idea a più soluzioni per soddisfare le diverse commissioni e così è per l’opera in esame.


La struttura del busto trova indubbiamente la sua fonte in un disegno di Tiepolo della metà degli anni '40 del XVII secolo, ora conservato all’Ermitage di Leningrado. Sebbene la posa del ragazzo sia diversa e la sua testa sia ora girata verso destra, l’abito e la gorgiera derivano chiaramente dal disegno, così come l’inserimento del medaglione che pende sul petto.




Il disegno dell’Ermitage funge anche da studio preparatorio per uno degli angoli del soffitto affrescato nel 1745 nella chiesa degli Scalzi a Venezia, raffigurante il Miracolo della Casa di Loreto, distrutto nel 1915, ma i cui angoli sono ora conservati all’Accademia di Venezia.


Mentre la posa del ragazzo si ricollega al disegno dell’Ermitage, i suoi lineamenti delicati, i capelli ondulati e la modellazione del volto si ritrovano nuovamente nel paggio che porta la corona nel già citato affresco dell’Incontro di Cleopatra e Antonio, anch’esso databile agli anni ‘40 del XVII secolo e nell’affresco con l’Investitura del vescovo Herold a duca di Franconia a Wurzburg.(M.@rt)





view post Posted: 6/1/2024, 13:58     +9IL COMBATTIMENTO NELLA PIAZZETTA DELL'ALBERA - Faustino Joli - ARTISTICA



Faustino Joli
Episodio delle Dieci Giornate di Brescia
Il popolo radunato in Piazza Vecchia il 23 marzo
1849
olio su tela - 32,5 x 40,5 cm.
Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia, Brescia





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Faustino Joli
Episodio delle Dieci Giornate di Brescia
Combattimento a San Barnaba (31 marzo 1849)
1849
olio su tela - 40,5 x 31,5 cm.
Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia, Brescia


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Faustino Joli
Saccheggi a Porta Torrelunga (31 marzo 1849)
1849
olio su tela - 32 x 41 cm.
Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia, Brescia


La piccola tela raffigura l’odierna piazza Arnaldo da Brescia, all’epoca Porta Torrelunga, durante i saccheggi che seguirono l’ingresso delle truppe austriache la notte del 31 marzo. Sullo sfondo delle fortificazioni murate, sulle quali si stagliano schierate le truppe austriache, si aprono le quinte delle case dalle quali si levano, sinistre nell’oscurità notturna, lunghe lingue di fuoco.


Al centro numerose scene di violenza e sopraffazione: soldati che minacciano ferocemente un gruppo di donne e bambini, che sembrano volersi disperatamente lanciare verso gli edifici che bruciano; cittadini che fuggono, mentre uno cade, colpito dal fuoco austriaco.


Sulla sinistra, invece, un gruppo di nemici beve e festeggia, seduto tra i poveri resti di un’abitazione: coperte e materassi, casse e botti di vino. Altri soldati entrano ed escono dai portoncini circostanti, carichi di oggetti e suppellettili. Al centro, drammaticamente isolato, il corpo riverso di un uomo; sulla destra ve ne sono altri, distesi tra stoviglie e oggetti abbandonati. Il dipinto tratteggiato con colpi sicuri e precisi di pennello, traduce con tragica fedeltà le parole delle cronache, restituendo con vivace crudezza la drammatica conclusione dell’eroico tentativo insurrezionale. (M.@rt)





Edited by Milea - 6/1/2024, 14:53
view post Posted: 5/1/2024, 21:53     +4RAGAZZO CON UN LIBRO (Ritratto di Lorenzo Tiepolo), Giambattista Tiepolo - Tiepolo

Giambattista-Tiepolo-boy-holding-a-book-portrait-of-lorenzoP

Giambattista Tiepolo
Ragazzo con un libro (Ritratto di Lorenzo Tiepolo)
Boy Holding a Book (Portrait of Lorenzo Tiepolo)
1747-1750
olio su tela - 48,26 x 39,05 cm.
New Orleans Museum of Art, Louisiana


Il piccolo dipinto è essenzialmente uno studio di luce, colore e forma. Il ragazzo potrebbe rappresentare il figlio di Tiepolo, Lorenzo, che si volta verso l’osservatore come se fosse stato interrotto durante la lettura. Il senso di immediatezza è esaltato dalla pennellata fresca, veloce e fluida. La chiusura dorata del gilet di pelliccia raffigura la testa di un satiro ridente: deve intendersi come un elemento di gioco con l’osservatore e funge da contrasto con il viso roseo e pieno di luce del ragazzo e con i suoi occhi grandi e luminosi. (M.@rt)
















view post Posted: 5/1/2024, 17:41     +1APOTEOSI DELL'AMMIRAGLIO VETTOR PISANI - Giambattista Tiepolo - Tiepolo

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Giambattista Tiepolo (1696 - 1770)
Apoteosi dell’ammiraglio Vettor Pisani
1743
olio su tela (ovale) - 41 x 72 cm.
The National Museum of Western Art, Tokyo


Il dipinto è un modello a olio per la pittura del soffitto (1743) dir Palazzo Pisani Moretta (oggi Palazzo Giusti Giardino), palazzo della potente famiglia aristocratica di Venezia, i Pisani. A partire dal 1739 Chiara Pisani diede il via alla ristrutturazione degli interni del palazzo gotico, proprietà del ramo di questa nobile famiglia veneziana che si affaccia sul Canal Grande a San Paolo, affidandone la progettazione a Giovanni Filippini; conclusi questi lavori, la nobildonna affidò al quadraturista Francesco Zanchi l’incarico di sovrintendere alla decorazione pittorica degli ambienti, nella quale furono impegnati, tra gli altri, oltre a Giambattista Tiepolo, Gaspare Diziani, Jacopo Guarana e Giambattista Piazzetta.


L’intervento del Tiepolo riguardava il soffitto del salone al primo piano nobile del palazzo, dove, all’interno delle quadrature predisposte dallo stesso Francesco Zanchi, nell’estate del 1743, dipinse la grande scena dell’Apoteosi dell’ammiraglio Vettor Pisani. Dai documenti risulta peraltro che il pittore venne pagato per questo lavoro solo due anni più tardi, nell’agosto del 1745.


Vettor Pisani (forse il suocero della ricca vedova Pisani, che aveva due figli che condividevano quello stesso nome) era stato l’ammiraglio che aveva guidato nel 1381 la flotta veneziana nella vittoriosa battaglia di Chioggia contro i genovesi, che erano giunti a minacciare a sopravvivenza dello Stato veneziano, portando le proprie navi fin sul limitare della laguna. L’ammiraglio è raffigurato, armato di elmo e scudo, accanto a Venere, nel momento in cui la dea, scesa dall’Olimpo, lo presenta a Giove, di cui la grande aquila che appare in alto è il simbolo, e a Marte che gli sta accanto. Al di sopra di queste figure scende un putto che reca la corona con la quale l’ammiraglio veneziano verrà insignito. In basso a sinistra assistono all’evento Nettuno, con il consueto attributo del tridente e, a destra, il dio dei fiumi.


L’armonia cromatica del cielo terso e delle nuvole bordate d’oro, la luce, le figure leggere e fluttuanti con un abile senso dello scorcio e gli effetti di retroilluminazione sulle figure sdraiate nella sezione inferiore rimandano tutte alle superbe decorazioni del soffitto di Tiepolo. L’agile pennellata che si nota nelle ali dell'aquila e nelle vesti della figura dell’ammiraglio è tipica del lavoro di Tiepolo ed è uno degli aspetti più accattivanti delle piccole opere dell’artista veneziano. L’intera immagine che onorare l’eroe del passato nella decorazione del palazzo di famiglia, può essere vista come una apoteosi, in cui una persona che si è distinta in vita viene portata direttamente in cielo alla sua morte.


La scena studiata nello splendido bozzetto giunto nel 1987 è entrata a far parte delle raccolte del The National Museum of Western Art di Tokyo, ed è caratterizzata come l’affresco, dalla partitura cromatica lieve e luminosa. (M.@rt)



view post Posted: 4/1/2024, 22:55     +9COMPIANTO SUL CRISTO MORTO - Giambattista Tiepolo - Tiepolo



Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 - Madrid 1770)
Compianto sul Cristo morto
1767 - 1770
olio su tela - 59 x 40,5 cm.
Collezione privata, in deposito al Kunsthaus Museo, Zurigo


Tra le numerose tele di piccolo formato e di soggetto religioso prodotte da Giambattista Tiepolo spicca per l’eccezionale qualità pittorica questa splendida deposizione dalla Croce, il più drammatico dei tre brani raffigurati da Tiepolo durante il suo soggiorno madrileno di otto anni alla fine della sua vita. Lavorando al suo più ambizioso programma di decorazione commissionato dalla famiglia Pisani per la loro villa sul Brenta, Tiepolo fu costretto a rispondere all'imperiosa convocazione a Madrid di Carlo III di Spagna. Lasciò l'Italia, con i figli Giandomenico e Lorenzo, nel marzo 1762 per decorare i soffitti del Palacio Real.

Desideroso di rimanere in Spagna, Tiepolo cercò la commissione più grandiosa allora disponibile presso la Corona spagnola: le sette pale d’altare per la chiesa francescana di San Pascual ad Aranjuez; avrebbe terminato la commissione poco prima della fine della sua vita, nel 1770.Tuttavia, è nelle piccole opere raffiguranti scene della Passione di Cristo (tutte misurano circa 55 x 40 cm) che Tiepolo eccelle in questi ultimi anni. La loro tenerezza e il loro pathos dimostrano che erano destinate a una contemplazione intima, in netto contrasto con la funzione formale dei suoi grandi affreschi. Oltre alle quattro composizioni sul tema della Fuga in Egitto, si sa che Tiepolo ha dipinto solo altri due quadretti relativi alla Passione: il presente quadro e la “Deposizione di Cristo nella tomba”.



Giambattista Tiepolo
Deposizione di Cristo nella tomba
1770
olio su tela - 57 x 43,7 cm.
Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona


Di questi piccole opere il “Compianto sul Cristo morto” è probabilmente la composizione più riuscita: nel tepore della prima sera, ai piedi delle tre croci vuote, la Vergine Maria alza le braccia in segno di agonia sul corpo di Cristo steso a terra davanti a lei, con la testa appoggiata sulla sua coscia. I discepoli sono tutti usciti, tranne San Giovanni Evangelista che, disperato, si copre il volto con il mantello. Intorno al suo corpo si è posata una schiera di angeli, le cui grandi ali sembrano muoversi nella brezza serale. In primo piano, parallelamente al corpo di Cristo, si trovano la corona di spine, l’iscrizione e la lancia.

La chiesa di San Francisco el Grande traccia la silhouette di Madrid, ricordando allo spettatore l’atemporalità della scena. Le nuvole sullo sfondo riprendono il contorno del gruppo sacro; il loro grigio chiaro funge da passaggio tra il cielo azzurro e le ali più scure degli angeli. I colori forti sono distribuiti con cura: il blu acceso del mantello della Vergine è bilanciato dal rosso intenso della veste di San Giovanni, ed entrambi sono completati dal panneggio giallo dell’angelo alla sinistra della Vergine. Le pennellate vibranti e fluide sembrano far fluttuare la composizione sulla tela, ricordando lo stile personalissimo che l’artista ha sviluppato nei suoi disegni con la china.

La struttura compositiva della scena richiama il Compianto sul Cristo morto di Rembrandt, che faceva parte della collezione personale di Joseph Smith, il console britannico a Venezia, che lo possedeva certamente dal 1738 e nella cui dimora Tiepolo e il figlio Giandomenico ebbero modo di ammirare. Sebbene non ne sia rimasto alcuno, è probabile che abbiano realizzato dei disegni che lo riprendono. Giandomenico produsse una serie di varianti dipinte e una versione disegnata della composizione di Rembrandt; due di queste si trovano alla National Gallery.

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Giandomenico Tiepolo (1727 - 1804)
The Lamentation at the Foot of the Cross
1755 - 60 circa
olio su tela - 64,2 x 42,5 cm.
National Gallery, Londra (non in vista)





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Giandomenico Tiepolo (1727 - 1804)
The Lamentation at the Foot of the Cross
1750 - 60
olio su tela - 80 x 89.2 cm
National Gallery, Londra






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Da quest’opera (venduta a Giorgio II nel 1762, per coincidenza l’anno in cui Giambattista partì per la Spagna) sembrano derivare in particolare la dislocazione inusuale delle tre croci e dello sfondo di una città in lontananza. Giambattista Tiepolo però dà al soggetto una propria interpretazione: sebbene le croci siano nella stessa posizione nella tela rembrandtiana, i corpi dei due ladroni vi sono ancora appesi, mentre in quella di Tiepolo le croci svettano vuote contro il cielo, enfatizzando la solenne disperazione dei personaggi, raccolti intorno al corpo di Cristo.

Del tutto diverso rispetto al modello rembrandtiano risulta il gruppo in primo piano, con la Vergine, San Giovanni e numerosi angeli in compianto sul corpo di Cristo, ormai irrigidito dalla morte. Inoltre mentre Rembrandt sullo sfondo dipinge una veduta immaginaria di Gerusalemme, Giambattista raffigura il paesaggio urbano di Madrid.

Sorprendente per gli standard abituali di Tiepolo appare la qualità cromatica di quest’opera, dove domina una sorta di monocromia bruno-dorata, vivificata dalla presenza dei pochi tocchi di azzurro e di rosso chiarissimi dei manti di Maria e di Giovanni. La tela è stata recentemente concessa in deposito da un collezionista privato al museo di Zurigo. (M.@rt)


view post Posted: 4/1/2024, 14:46     +7Compianto sul Cristo morto - Rembrandt



Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606 - 1669)
Compianto sul Cristo morto (The Lamentation over the Dead Christ)
1635
olio su carta e parti di tela, montati su rovere - 31,9 x 26,7 cm
National Gallery, Londra


Il corpo di Gesù è stato appena deposto dalla croce: la sua famiglia e i discepoli lo piangono. Maria, sul cui grembo è appoggiato il capo del figlio, è affranta dal dolore; la Maddalena ne abbraccia i piedi martoriati: il momento è noto come il “Compianto”. Alle loro spalle si scorgono dei soldati a cavallo e sullo sfondo le torri di una città, una veduta immaginaria di Gerusalemme.

Rembrandt ha lavorato a lungo su questo piccolo quadro monocromo: iniziò con uno schizzo a olio su carta, poi ne strappò una sezione e montò il resto su tela. Continuò il disegno sulla tela in basso a destra, prima che qualcun altro ampliasse il quadro aggiungendo strisce nella parte superiore ed inferiore.


L’opera è molto probabilmente uno studio per un’incisione che Rembrandt non eseguì mai. Uno degli indizi che attesta questa ipotesi è la posizione dei due uomini che furono crocifissi accanto a Cristo, il cosiddetto Buon Ladrone e il Cattivo Ladrone. Qui il Cattivo ladrone appare alla destra di Cristo, posizione che tradizionalmente era riservata al Buon ladrone. Nella realizzazione di un’incisione, tuttavia, l’intera composizione sarebbe stata invertita. (M.@rt)




Edited by Milea - 4/1/2024, 21:52
view post Posted: 3/1/2024, 18:29     +13DANAE E GIOVE - Giambattista Tiepolo - Tiepolo

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Giambattista Tiepolo (1696 - 1770)
Danae e Giove (Danae and Jupiter)
1736 circa
olio su tela - 41x 53 cm.
Universitet Konsthistoriska Institutionen, Stoccolma


Questa Danae è una delle numerose opere di pittori veneziani contemporanei che vennero acquistate a Venezia dal conte Carl Gustav Tessin, ministro del re di Svezia, giunto tra le lagune nel 1736 con la vana speranza di convincere Tiepolo a trasferirsi temporaneamente a Stoccolma, per decorare il nuovo Palazzo Reale. La favola mitologica (desunta presumibilmente da Giambattista dal “De genealogia deorum gentilium” di Giovanni Boccaccio) narra la vicenda di Danae, figlia di Acrisio, re di Argo, cui un oracolo aveva predetto che sarebbe stato ucciso dal nipote. Per questa ragione il re aveva fatto rinchiudere l’unica figlia in una stanza sotterranea, vigilata dalla vecchia nutrice, ma Giove riesce ugualmente a possederla, tramutandosi in una pioggia d’oro. Dall’unione nascerà Perseo che, dopo varie vicissitudini, ucciderà accidentalmente Acrisio durante una gara di giavellotto.






E’ un tema trattato molte volte dai grandi artisti veneziani cinquecenteschi, in particolare da Tiziano; qui Tiepolo ne dà un’interpretazione più umoristica che sensuale, inserendo gustosi elementi comici, come il furioso battibecco tra l’aquila simbolo di Giove e il cagnolino della principessa, e il particolare di Cupido che solleva il lembo della veste della giovane, che a sua volta sfodera un’espressione profondamente annoiata, ben diversa da quella delle analoghe figure tizianesche di due secoli prima.



Ruolo di primaria importanza ha nel piccolo dipinto la regia luministica, che tende a esibire in tutta la sua giunonica bellezza il nudo femminile; il tocco pittorico è facile e sicuro, raggiungendo una sintesi forma-colore di altissima qualità. (M.@rt)








view post Posted: 3/1/2024, 17:33     +12LA FUGA IN EGITTO SU UNA BARCA - Giambattista Tiepolo - Tiepolo

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Giambattista Tiepolo (1696 - 1770)
La fuga in Egitto su una barca
1767 - 1770
olio su tela - 57 x 44 cm.
Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona


Tiepolo si trasferì a Madrid nel 1762; durante gli ultimi anni di vita nella capitale spagnola, l’artista realizzò almeno quattro dipinti del tutto simili per dimensioni che, per quanto successivamente dispersi in diverse collezioni, si può ragionevolmente supporre che costituissero in origine un nucleo unitario, di cui forse si sono perduti alcuni elementi. Il tema comune di queste opere era dedicato alle vicende occorse alla Sacra Famiglia quando, per sfuggire al massacro degli Innocenti ordinato da Erode, vengono invitati dall’apparizione di un angelo a cercare scampo in Egitto. I quattro dipinti giunti fino a noi hanno una sequenza narrativa logica, che ha, come fonte letteraria, i Vangeli apocrifi di Tommaso e dello Pseudo-Matteo.



Giambattista Tiepolo
La fuga in Egitto
1767 - 1770 circa
olio su tela - 55,5 x 41,5 cm.
Galleria di Stato di Stoccarda




Nel primo, conservato alle Staatsgalerie di Stoccarda, la Sacra Famiglia, esausta, è giunta in un arido paesaggio montano, fermi davanti al fiume in piena che non riescono a guadare; non si vede alcun ponte per raggiungere la riva opposta. Questa immagine di disperazione è anche un riferimento alla malinconia del pittore stesso. In Spagna Tiepolo era amareggiato dall’intolleranza della Inquisizione, dalla solitudine in un paese lontano e dalla sensazione di avvicinarsi non solo alla fine della propria vita, ma anche alla conclusione di un’intera epoca: il pittore neoclassico Anton Raphael Mengs, un pittore contemporaneo che lavorava a Madrid in quel periodo, era più ammirato dello stesso Tiepolo.





Nel secondo quadro, qui proposto, l’intervento degli angeli permette loro di superare il fiume grazie a una barca che gli angeli stessi conducono sull’altra sponda. Nel terzo, conservato al Met, appaiono gli stessi angeli che si inchinano riverenti davanti a Maria. E’ uno dei suoi dipinti più raffinati: combina un’innovativa composizione asimmetrica, che sfrutta lo spazio vuoto, e una tavolozza fredda animata dai contorni tremolanti del paesaggio, della parete rocciosa, dell’angelo prostrato e della Sacra Famiglia. La Vergine è monumentale mentre avvolge protettivamente il figlio, sovrastando di gran lunga le modeste dimensioni dell’opera. La famiglia è appena scesa dalla barca che li ha traghettati attraverso il fiume Nilo, anche se questa topografia immaginaria sembra più ispirata alle Alpi che all’Egitto.




Giambattista Tiepolo
La fuga in Egitto
1767 - 1770
olio su tela - 60 × 41,3 cm.
Metropolitan Museum of Art, New York




Il quarto dipinto che fa parte della collezione Torre e Tasso a Bellagio, reca invece l’immagine del riposo della Sacra Famiglia durante il periglioso viaggio. Comune sono anche le qualità stilistiche delle splendide opere, contraddistinti dal segno grafico un po’ tremolante che peraltro descrive con cura le figure, dalla qualità luminosissima dei colori lievi, quasi pastello, e dall’ambientazione delle scene all’interno di paesaggi di amplissimo respiro, per lo più caratterizzati da incombenti roccioni, del tutto inusuali nella produzione dell’artista veneziano. (M.@rt)



Giambattista Tiepolo
Riposo durante la fuga in Egitto
1767 - 1770
olio su tela - 60 x 45 cm.
Collezione Torre e Tasso, Bellagio




view post Posted: 2/1/2024, 18:06     +7LA MADONNA DEL ROSETO - Martin Schongauer - ARTISTICA

La-Vierge-au-buisson-de-rosesP

Martin Schongauer (1450 circa - 1491)
La Madonna del Roseto (La Vierge au buisson de roses)
1473
olio su tavola - 200 × 115 cm.
Colmar, Chiesa di San Martino


Come nelle raffigurazioni che risentono del Medioevo, la tavola dell’artista tedesco raffigura Maria e il Bambino in un hortus conclusus, circondati da rose e fringuelli. Il dipinto è conservato nella grande chiesa gotica, già dell’Ordine domenicano, costruita nel XIII e XIV secolo a Colmar, piccola Venezia sull’acqua presso Strasburgo. La devozione mariana conobbe un forte impulso nel XV secolo, quando, in seno ai domenicani di Colonia, nacque il movimento rosariano; la Vergine, simbolo di unione fra natura divina e umana, divenne il tema prediletto dai pittori. La Vergine non indossa la consueta veste azzurra con il manto rosso (la natura umana ammantata da quella divina), ma indossa un abito cremisi, in attinenza simbologica con le rose e quasi una “Mater dolorosa”.



I cardellini rappresentano l’anima che sopravvive alla morte; nell’arte italiana sono gli uccelli preferiti a scopo devozionale: alludono alla redenzione e sono simbolo di protezione contro la peste. Inoltre, poiché amano cibarsi di spine e cardi, simboleggiano la Passione di Cristo. Albrecht Dürer li celebrerà con lo stesso intento nella Madonna del Lucherino del 1506.


Il roseto di rose rosse, che se accostate a Cristo alludono alla Passione, è simbolo della purezza (la rosa bianca) di Maria; in Dante “la bianca rosa” è simbolo del Paradiso e contiene, entro i suoi petali, i beati. Il tema e la composizione generale presentano analogie con la precedente e molto più piccola “Madonna del roseto” di Stefan Lochner.




Stefan Lochner (circa 1400/1410–1451)
Madonna del roseto
1440 - 1442 circa
olio e tempera su tavola - 51 x 40 cm.
Wallraf–Richartz Museum, Colonia



La “Madonna del roseto” fu dipinta come pala d’altare della chiesa di San Martino, il più grande santuario cristiano di Colmar, e vi rimase fino al furto avvenuto nel gennaio 1972. Nel 1480 Schongauer e i suoi collaboratori avevano dipinto anche un polittico monumentale per la stessa chiesa; quest’opera Pala d’altare dei Domenicani: Infanzia e Passione di Cristo, (Retable des Dominicains), sopravvissuta solo in parte, è oggi conservata nel Museo di Unterlinden. Una piccola copia cinquecentesca del dipinto di Schongauer, oggi conservata all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston (Massachusetts) mostra lo stato originale della tavola prima che venisse tagliata su tutti i lati, in una data sconosciuta, per nascondere i danni probabilmente causati da una caduta; inizialmente misurava circa cm 255 x 165 cm. L’attuale cornice gotico-rinascimentale del dipinto è un’opera dello scultore Jacques Alfred Klem (1872-1948). (M.@rt)







view post Posted: 2/1/2024, 11:48     +6L'ARMADIO DELLA BIANCHERIA - Pieter de Hooch - ARTISTICA

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Pieter de Hooch (1629 - 1684)
L’armadio della biancheria
(Interior with Women beside a Linen Chest)
1663
olio su tela - 70 x 75,5 cm.
Rijksmuseum, Amsterdam


Opera tra le più celebri di Pieter de Hooch, si pone a cerniera tra la fine del periodo trascorso a Delft e il trasferimento ad Amsterdam. Rivolgendosi a un pubblico dai gusti più esigenti, si comprende una certa maggiore monumentalità rispetto alle opere precedenti. Il dipinto è di un fascino profondo: la signora sta facendo ordine nella biancheria, aiutata dalla governante, mentre la bambina, che dovrebbe imparare come si conducono le faccende domestiche, preferisce giocare a golf, passatempo inventato alla fine del XIII° secolo, proprio nei Paesi Bassi, presso una città chiamata Loenen aan de Vecht.


Quadri e altre opere d’arte decorano l’interno domestico, a conferma della propensione della società olandese del Seicento verso il collezionismo. De Hooch affronta temi analoghi a quelli di Jan Vermeer e come il famoso collega getta uno sguardo sul mondo segreto dell’ intimità delle case. L’intenzione tuttavia è diversa: Vermeer coglie sempre il lato umano delle situazioni, De Hooch descrive con affetto e attenzione i contesti ambientali, gli episodi, i personaggi.

Alcune tele di De Hooch sono diventate immagini simbolo della società olandese del pieno Seicento. Protagonista morale di questo dipinto è la figura della esemplare madre di famiglia, che, all’interno di una casa perfettamente pulita e ordinata, insegna alla figlia le virtù domestiche, che tuttavia, probabilmente per la tenera età, è ancora molto attratta dai giochi. (M.@rt)




view post Posted: 2/1/2024, 10:44     +1DONNA CHE SBUCCIA LA MELA - Gerard Ter Borch - ARTISTICA


Pittore di piccole tele, poeta di una realtà intima e familiare, Ter Borch ha concentrato la propria attenzione su alcuni soggetti di interno. Una luce smorzata spiove sulle figure e sugli oggetti, rivelandone pazientemente l’essenza materiale e la profonda moralità, in linea con i precetti del calvinismo e di un ordine sociale basato sui valori della famiglia. Il motivo della donna che sbuccia una mela è infatti ricorrente nella pittura olandese in quanto simbolo di vita virtuosa. Il velo nero della madre e soprattutto lo scoperto simbolismo funebre della candela spenta in piena evidenza sul tavolo, potrebbero alludere alla scomparsa del padre di famiglia, e giustificare ulteriormente il sentimento di silenziosa malinconia che spira nell’incantevole dipinto. (M.@rt)



view post Posted: 1/1/2024, 14:56     +14Anthony van Dyck - I tre figli maggiori di Carlo I - van Dyck

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Anthony van Dyck (1599-1641)
I tre figli maggiori di Carlo I
1635
olio su tela - 154 x 151 cm.
Torino, Galleria Sabauda


Il dipinto rappresenta i figli dei sovrani inglesi Carlo I d’Inghilterra e Enrichetta Maria di Francia. Capolavoro assoluto, la tela fu dipinta quale regalo della regina Enrichetta Maria a sua sorella Maria Cristina di Francia, sposa di Vittorio Amedeo I, duca di Savoia, per offrire loro un intenso ritratto dei tre nipoti. Sulla sinistra è effigiato Carlo, principe di Galles, all’età di cinque anni; il primogenito rivolge lo sguardo allo spettatore accarezzando la testa del suo cane, un bellissimo setter spaniel.


Con la restaurazione degli Stuart nel 1660 regnerà come Carlo II, fino al 1685. Il dipinto di Torino, considerato uno dei più incantevoli ritratti di bambini di van Dyck, è particolarmente delicato negli accostamenti cromatici, giocati su tonalità tenui e bilanciate, ed è eccezionalmente raffinato nella resa dei tessuti e degli incarnati.


In una lettera il conte Cisa, ministro del duca di Savoia a Londra, racconta che il re si era infuriato con il pittore per aver vestito i figli troppo da bambini. Lo stesso anno, forse per placare le ire del sovrano, il maestro fiammingo dipinse un nuovo ritratto dei bambini ora conservato nel Castello di Windsor, in cui Carlo indossa un abbigliamento più da adulto. Questa seconda versione, rimasta in Inghilterra, sarà largamente copiata: ne esistono versioni a Dresda, al Louvre, al Metropolitan e in svariate “country houses” isolane.

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Anthony van Dyck
The Three Eldest Children of Charles I
(Nov 1635 - Mar 1636)
olio su tela - 138.8 x 151.7 cm.
Queen’s Gallery, Windsor Castle









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Al centro della scena la bambina di quattro anni è Maria, futura sposa dello Stadhouder d’Olanda, Guglielmo d’Orange, padre di quel Guglielmo d’Orange che sposerà un’altra Maria, figlia di Giacomo II, che regnerà sulle isole britanniche, congiuntamente alla consorte, come Guglielmo III.


Seguendo una consuetudine molto radicata nelle grandi famiglie, fino a due/tre anni i maschietti venivano vestiti come le femmine: un atto scaramantico contro la morte prematura dell’erede. L’effigiato è infatti, Giacomo, duca di York, di appena due anni; stringe tra le mani una mela, probabile simbolo di fecondità. Futuro re come Giacomo II, alla morte del fratello maggiore, regnerà per soli quattro anni: nel 1688 Guglielmo d’Orange, con l’appoggio del Parlamento e il favore degli anglicani, lo sconfiggerà, costringendolo all’esilio.


Le pieghe del tappeto, dovute probabilmente ai continui spostamenti dei piccoli modelli, tradiscono la loro impazienza alle lunghe pose dinanzi al pittore. La rosa, fiore sacro a Venere e attributo delle tre Grazie, probabilmente allude alla bellezza dei fanciulli. Straordinaria appare la capacità del pittore nella resa delle fisionomie e degli abbigliamenti preziosi, della raffinatezza dei pizzi e dei riflessi cangianti delle stoffe, che lo connota come il più importante ritrattista del Seicento presso le corti e le famiglie aristocratiche europee.





Anthony van Dyck dipinse varie volte i figli del re: il primo quadro giunto a noi è del 1632, anno dell’arrivo del pittore a Londra, e raffigura i sovrani con Carlo e Maria, ancora molto piccoli.

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Anthony van Dyck
Carlo I e Henrietta Maria con il principe Carlo e la principessa Mary
(The Greate Peece)
1632
olio su tela - 303.8 x 256.5 cm.
Royal Collection Trust



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Un dipinto del 1637 immortala i tre principini, a cui si sono aggiunti nel frattempo Elisabetta e Anna, in un arrangiamento molto simile a quello dell’opera torinese, alla quale si avvicina per l’alta qualità.



Anthony van Dyck
Portrait of Charles II (1630-1685) as Prince of Wales
1641
olio su tela - 56.3 cm x 107.5 cm.
Collezione privata


Esistono anche ritratti singoli del primogenito e di Maria, datati 1641, anno del matrimonio di quest’ultima, di appena nove anni, con il quattordicenne Guglielmo d’Orange. Nel ritratto a figura intera, la principessa, il giorno dopo la cerimonia, di rito anglicano, indossa un abito rosa decorato con ricami e nastri d’argento, con l’anello nuziale e la collana ricevuta come regalo di nozze.



Anthony van Dyck
Ritratto della principessa Mary (1631-1660)
1641
olio su tela -158.2 x 108.6 cm.
Collezione privata



Il matrimonio ebbe luogo il 2 maggio del 1641 nella Cappella Reale del Palazzo di Whitehall, a Londra, ma non fu consumato subito a causa della giovane età della sposa. Nel 1642 Maria seguì il marito nelle Province Unite accompagnata dalla madre, Enrichetta Maria. Nel ritratto dei due sposi (Marriage portrait) il principe indossa un abito di velluto rosso e Maria il tradizionale abito da sposa color argento.



Anthony van Dyck
Ritratto di Guglielmo II di Nassau-Orange e la principessa Maria
(Marriage portrait)
William II, Prince of Orange, and his Bride, Mary Stuart
1641
olio su tela - 180 x 132.2 cm.
Rijksmuseum, Amsterdam






Di tutte queste tele si contano, come consuetudine, numerose copie, mentre tre dei figli di Carlo I saranno dipinti da Peter Lely, nel 1646, nella tenuta del duca di Northumberland, loro tutore mentre il padre è prigioniero dei parlamentari. (M.@rt)







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