LA MORTE E L'INFERNO NELL'ANTICA GRECIA, Il viaggio delle anime nell'aldilà

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view post Posted on 8/9/2023, 21:55     +12   +1   -1
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L'inferno esiste solo per chi ne ha paura...


L'INFERNO DEI GRECI
IL VIAGGIO DELLE ANIME NELL'ALDILÀ




Secondo la mitologia, dopo la morte le anime degli uomini
finivano in un lugubre regno sotterraneo, governato
dal terribile dio Ade e dalla sua sposa Persefone.
Eroi come Orfeo ed Eracle ebbero l’ardire di visitarlo.


Così come il cristianesimo e altre religioni credono in un aldilà in cui l’anima continua a vivere, anche i greci dell’Antichità immaginavano un oltretomba nel quale venivano condotte le anime di uomini e donne dopo la morte. Per i greci, il regno dei morti era sottomesso al potere di Ade, fratello di Zeus e Poseidone. Queste tre divinità virili e barbute, che incarnano la suprema mascolinità nel pantheon greco, si suddivisero i tre diversi ambiti del nostro mondo dopo aver rovesciato il loro tirannico padre Crono e aver sconfitto i potenti Titani in un’epica lotta per il dominio dell’universo.



Adolf Hirémy-Hirschl
Anime sulle rive dell'Acheronte
(Souls on the Banks of the Acheron)
1898
Olio su tela
215 x 340 cm
Vienna, Österreichische Galerie Belvedere


Conoscere l’aldilà

La visione che i greci avevano dell’aldilà cambiò con il passare del tempo. All’inizio, l’oltretomba o Ade – così chiamato per il dio che lo governava – sembrava un luogo poco appetibile, come narra a Odisseo l’ombra dell’eroe Achille in un episodio dell’Odissea di Omero: "Vorrei da bracciante servire un altro uomo [...] piuttosto che dominare tra tutti i morti defunti". Tuttavia, a partire almeno dal VI secolo a.C. si iniziò a vedere l’aldilà secondo una prospettiva etica, con una divisione dei morti tra giusti e ingiusti, cui spettano premi o castighi a seconda del loro comportamento in vita. Secondo questa concezione, i giusti andavano in un luogo gradevole dell’Ade, i Campi Elisi, o le Isole Fortunate (o Isole dei Beati), il regno idilliaco del vecchio Crono, divenuto il sovrano di questo aldilà. Sicuramente questa nuova concezione dell’oltretomba seguiva lo sviluppo dell’idea dell’immortalità dell’anima, e addirittura l’introduzione del concetto di reincarnazione da parte di alcune sette religiose e filosofiche.



Attribuito al pittore di Codrus
Kylix
430 A.C.
Provenienza: Attica (Grecia)
Scavo, punto di ritrovamento: Vulci (Italia)
Ceramica
Diametro: 31.75 cm
Altezza: 12.70 cm
Londra, British Museum

La dea Persefone con il dio Ade, signori dell’oltretomba


Il desiderio di sapere come fosse l’aldilà al fine di adattarvi meglio la nostra anima favorì lo sviluppo di uno dei motivi più affascinanti della cultura greca: la discesa agli inferi o katábasis. La letteratura greca conta numerosi racconti su eroi mitici o epici, così come su filosofi o figure sciamaniche, che scendevano nel regno dell’Ade per compiere una missione, ottenere conoscenze religiose o, semplicemente, per provare l’esperienza mistica di morire prima della morte fisica per entrare in possesso di un sapere privilegiato. Una delle storie più famose è quella del cantore Orfeo, figura mitica che sarebbe poi stata all’origine di una setta misterica, l’orfismo, che garantiva ai propri adepti una vita più felice dopo la morte. A compiere questo viaggio di andata e ritorno dall’aldilà furono anche eroi viaggiatori, come Odisseo ed Enea, o figure divine come Dioniso ed Efesto.



Rembrandt Harmenszoon van Rijn
Il ratto di Persefone
(The Rape of Persephone)
1631 circa
Olio su legno di quercia
84.8 X 79.7 cm
Berlino, Gemäldegalerie


Allo stesso tempo vi furono figure semileggendarie alle quali fu attribuita una conoscenza speciale del mondo dell’aldilà grazie al volo dell’anima o daimonper visitare queste regioni prima della loro ultima ora. Tra questi vi sono Abari, un mitico sacerdote di Apollo Iperboreo che, secondo la leggenda, viaggiava su una freccia d’oro volante ed era amico di Pitagora, e Zalmoxis, o Zalmosside, uno sciamano tracio del quale si narrano strane storie su una sua discesa nel mondo sotterraneo per dimostrare che era in grado di morire e di rinascere. Un altro caso è quello del viaggiatore e poeta Aristea di Proconneso, del quale si narrava che morì nella bottega di un cardatore e che in seguito fu visto in diversi luoghi. Di se stesso diceva di aver accompagnato Apollo in un viaggio spirituale trasformato in corvo. Anche il filosofo Pitagora compì diverse discese nell’altro mondo attraverso il soggiorno in grotte.



Gian Lorenzo Bernini
Il ratto di Proserpina
(The Rape of Persephone)
1624
Marmo di Carrara
Altezza: 255 cm
Roma, Galleria Borghese


Il gruppo scultoreo, raffigura il ratto di Persefone da parte del dio Ade,
sovrano dell’oltretomba, sotto gli occhi del cane Cerbero.


Gli ingressi dell’inferno

La credenza nell’oltretomba era tanto radicata nell’Antichità che esistevano numerose tradizioni che collocavano l’entrata dell’inferno in punti geografici concreti. Poteva trattarsi di lagune, poiché l’acqua era l’elemento conduttore per eccellenza, come il lago d’Averno, presso Napoli, che occupa il cratere di un vulcano estinto e i cui gas tossici provocavano la morte degli uccelli che cercavano di nidificare nelle sue vicinanze. Potevano essere anche crepe nel suolo, come quella che si apriva sotto il Ploutonion o Porta di Plutone a Hierapolis (nell’attuale Turchia), o una fenditura in Sicilia, nell’antica Enna, attraverso la quale si diceva che Ade uscì dall’aldilà per rapire Persefone. Anche alcune grotte e caverne sono state considerate porte dell’inferno, come la grotta Coricia, situata su un fianco del monte Parnaso, presso il santuario del dio Apollo a Delfi, o le grotte di Capo Tenaro in Grecia. La bocca dell’inferno per eccellenza in Occidente fu identificata con la grotta della Sibilla a Cuma, nei pressi del lago d’Averno, luogo in cui vivevano queste donne che erano in grado di predire il futuro. Nell’Eneide di Virgilio, Enea, guidato dalla Sibilla Cumana, entra nella grotta per accedere al regno dell’Ade. Queste grotte che fungevano da passaggio verso l’oltretomba si trovavano sovente accanto a importanti oracoli: quello di Efira, dove una trazione afferma che Ulisse scese negli inferi inviato dalla maga Circe per consultare lo spirito dell’indovino Tiresia; l’antico oracolo della dea Gea (la Terra) a Olimpia, sotto il quale si apriva una fessura nel terreno, secondo Pausania; l’oracolo di Apollo a Ptoion; il santuario oracolare di Trofonio a Lebadeia, o l’oracolo di Eraclea Pontica (nell’odierna Turchia), miticamente situato alla foce del fiume Acheronte, in Oriente. Oggi lì si trova una grotta chiamata Cehennemagzi (in turco, "porta dell’inferno").


Le molteplici descrizioni dell’Ade da parte di autori antichi e moderni permettono di rappresentare il desolante paesaggio dell’inferno dei greci, pieno di luoghi orrendi. Dopo essere entrato da una qualunque delle bocche dell’inferno esistenti, il defunto si dirigeva sulla riva dello Stige, il fiume che circonda l’oltretomba e che egli attraversava a bordo della barca guidata da Caronte. Sull’altra riva l’anima incontrava il guardiano Cerbero e i tre giudici dell’aldilà. Gli autori spiegano che nel loro peregrinare per l’Ade le anime incontrano tre fiumi: l’Acheronte o fiume del dolore, il Flegetonte o fiume del fuoco e il Cocito, il fiume del pianto. A separare il nostro mondo dall’aldilà vi sono anche altri luoghi prodigiosi, come le acque del Lete, il fiume dell’oblio, che il poeta inglese John Milton descrive nel suo Paradiso perduto. Le anime dei giusti sono inviate in luoghi felici come i Campi Elisi o le Isole dei Beati (o Isole Fortunate). Gli iniziati ai misteri, che a volte si facevano seppellire con le istruzioni per intraprendere il loro viaggio, si assicuravano l’arrivo senza problemi ai Campi Elisi invocando il potente nome di Demetra, Orfeo o Dioniso. Per finire c’era il Tartaro, luogo di tormento eterno dove andavano a finire i dannati.



Francesco Salviati
Le tre Parche
(The Three Fates)
1550
Olio su tela
61 x 83 cm
Firenze, Palazzo Pitti



La morte nel mondo greco


Nel pensiero dell’antica Grecia, la morte era incarnata da diverse divinità. Una era Ade, dio del quale non si poteva pronunciare il nome, ragione per cui gli venivano dati parecchi nomi eufemistici, come "il ricco". Thanatos (parola che in greco significa esattamente "morte") incarnava la morte non violenta. Era fratello di Hypnos, il sonno, e simboleggiava l’addormentamento definitivo che porta alla morte. Le Keres erano geni diabolici che in Omero incarnano la morte violenta, soprattutto in combattimento. Esistevano anche le Moire o Parche, le tre donne di origine divina che stabilivano il destino: il loro compito era quello di tessere, filare e tagliare il filo della vita degli uomini. Mentre Cloto si occupava di filare e Lachesi stabiliva la lunghezza del filo destinato a ogni uomo, Atropo era colei che causava la morte tagliando il filo della vita. Insieme, forgiano il destino degli umani, che neppure gli dei possono cambiare. Nelle sepolture greche, infine, si depositava accanto al defunto una moneta (normalmente un obolo) per il traghettatore Caronte, che portava le anime nell’altro mondo. Nel caso degli iniziati, essi portavano con sé ossa o lamine d’oro con i contrassegni per la vita nell’aldilà. Nella foto, un dipinto del XVI secolo opera di Francesco Salviatti e oggi conservato a Palazzo Pitti, a Firenze: le tre Parche vengono raffigurate come donne anziane che si dispongono a tagliare il filo.



Josep Benlliure Gil
La barca di Caronte
(Charon's boat)
1919
Olio su tela
103 x 176 cm
Valencia, Museu de Belles Arts



L'arrivo all'inferno


Dalla tomba, le anime dei defunti peregrinavano fino alla porta dell’aldilà, situata in una laguna, in una grotta o in una fenditura del terreno. Erano guidate dal dio Ermes, che svolgeva la sua funzione di psychopompos, o "conduttore delle anime", e che, come dio della soglia, non poteva oltrepassare la porta del regno infernale. Le anime dovevano poi attraversare il fiume Stige sulla barca guidata dal traghettatore vestito di stracci Caronte, cui dovevano pagare un obolo. Qualcuno si sottrasse a questo infausto pagamento, come Eracle, che quando scese negli inferi obbligò Caronte a trasportarlo a forza di colpi. Nell'immagine, "La barca di Caronte", dipinto di José Benlliure Gil del XX secolo. L'autore rappresenta il traghettatore come un vecchio scheletrico, con barba grigia e irsuta, mentre impugna egli stesso il remo; nel mito erano invece le anime a occuparsi di spingere la barca.



Gustave Doré
Il giudizio finale
(The Last Judgement)
1858
Olio su tela
130 x 200 cm
La Rochelle, Musee des Beaux-Arts



Il giudizio finale


Una volta giunte nell’Ade, le anime dovevano presentarsi davanti ai tre giudici dell’oltretomba, tutti figli di Zeus: Eaco, Minosse e Radamante. Il giudizio dell’anima inviava ciascuna al proprio destino. Il re cretese Minosse presiedeva il tribunale in qualità di famoso legislatore che promulgò leggi ispirate dalla divinità. La sua giustizia è proverbiale, come la durezza del fratello Radamante. Più dolce e compassionevole era Eaco, considerato il più pietoso. In caso di dubbio tra condanna e assoluzione, però, decideva Minosse. Secondo una leggenda successiva Radamante giudicava le anime dei barbari ed Eaco quelle dei greci, mentre a Minosse spettava il privilegio di pronunciare il voto decisivo. Nel XIX secolo, Gustave Doré realizzò questo inquietante dipinto in cui compaiono i tre grandi giudici dell’oltretomba: Minosse, Radamante ed Eaco, assisi in trono e pronti a giudicare la miriade di anime ammassate timorose e disperate ai loro piedi.



Arnold Böcklin
Assassino inseguito dalle Furie
(Killer pursued by the Furies)
1870
Olio su tela
80 × 141 cm
Monaco, Schackgalerie



Le terribili divinità infernali


I greci concepivano il regno dell’Ade come un luogo oscuro e tenebroso; non per nulla il termine stesso Ade significava originariamente "invisibile". Il suo sovrano era il dio omonimo, Ade, che dopo la vittoria degli dei dell’Olimpo sui Titani si spartì il dominio del mondo con i suoi due fratelli: Zeus, che ebbe il cielo, e Poseidone, cui toccò il mare. Ade era il re assoluto dell’oltretomba. Non conosce la giustizia di Zeus, ma regna in maniera dispotica sugli inferi accanto alla sua sposa Persefone, anch’essa dal cuore di pietra, che egli rapì dopo essere rimasto affascinato dalla sua bellezza. La giovane era la figlia della dea dell’agricoltura, Demetra, sorella del monarca infernale. Per portare a compimento il suo piano, Ade uscì dall’inferno su un carro trainato da quattro destrieri neri come la notte. Davanti alle proteste di Demetra, Zeus dispose che ogni anno Persefone tornasse per alcuni mesi sulla terra per consolare la madre, dispensatrice di cereali. Questo viaggio di andata e ritorno nell’aldilà simboleggiava, nella mitologia greca, i misteri della morte e della resurrezione della Natura. Nell’Ade dimoravano anche le Erinni, Aletto, Tisifone e Megera, che perseguitavano in modo particolare coloro che avevano commesso crimini di sangue contro la propria famiglia. Erano note anche come Eumenidi, "benevole", un eufemismo per evitare di pronunciare il nome di queste creature orrende. Come divinità infernali, le Erinni punivano le anime malvagie nell’aldilà. Abitavano nell’Erebo, il luogo più cupo degli inferi, ed erano divinità violente nate dal sangue di Urano. Nel dipinto di Arnold Böcklin, le tre terribili creature sono appostate vicino a qualcuno che ha appena commesso un crimine. La loro intenzione è quella di tormentare il reo fino a quando non troverà qualcuno in grado di purificarlo per l’atto commesso.



Jan Brueghel il Vecchio
Giunone negli Inferi
(Juno in the underworld)
1596-1598
Olio su rame
25.5 x 35.5 cm
Dresda, Staatliche Kunstsammlungen



Il Tartaro, dove soffrono i dannati


La Teogonia del greco Esiodo descrive il Tartaro come una divinità astratta del principio dei tempi, forse erede del caos primordiale. Fonti successive videro il Tartaro come un abisso senza fine situato esattamente al di sotto degli inferi. Secondo il mito, quando Crono salì al trono dell’universo dopo aver rovesciato suo padre Urano, gettò nel Tartaro i figli di quest’ultimo, i Ciclopi e gli Ecatonchiri (giganti rispettivamente con un solo occhio e con cento mani). In seguito, Zeus, figlio di Crono, li salvò da questo esilio odioso affinché combattessero al suo fianco contro i Titani, che sostenevano suo padre Crono, e ottenere così la corona universale. Quando gli Olimpici trionfarono, gettarono i Titani incatenati nel cupo abisso del Tartaro e incaricarono gli Ecatonchiri di fare da carcerieri. Dopo aver sconfitto il mostro Tifone, Zeus confinò anch’esso nel Tartaro. Autori successivi videro il Tartaro come un luogo di tormento nell’aldilà, simile all’inferno cristiano. Per Platone, quello era il luogo in cui le anime venivano giudicate dai tre giudici dell’oltretomba e ricevevano il loro castigo. Questo era spesso terribile, come nel caso di Tantalo, assassino del proprio figlio: aveva eternamente fame e sete e, sebbene fosse immerso nell’acqua fino al collo, questa si ritirava quando cercava di bere, mentre sopra la sua testa pendeva un ramo carico di frutti che si allontanava quando cercava di mangiare. Nell’Eneide, Era scende nell’oltretomba per sollevare le Erinni contro il troiano Enea, poiché la dea è nemica del suo popolo. Jan Brueghel il Vecchio rappresenta la discesa di Era agli inferi in questo dipinto, in cui spicca l’ambiente lugubre e terrificante del luogo, affollato di anime in pena.



Tiziano Vecellio
Sisifo
(Sisyphus)
1548-1549
Olio su tela
237 x 216 cm
Madrid. Museo del Prado




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Jules-Élie Delaunay
Issione gettato negli inferi
(Ixion cast into the underworld)
1876
Olio su tela
114 x 147 cm
Musée d'Arts de Nantes



Castighi eterni esemplari


Tra il 1548 e il 1549 Tiziano raffigurò nel dipinto a destra il terribile castigo cui fu condannato lo scaltro Sisifo, che aveva osato ingannare addirittura il dio infernale. Fu condannato a spingere un enorme masso fino alla cima di una collina, solo per vederla cadere e dover così ricominciare daccapo. L'opera, nell'immagine a sinistra, si trova presso il Museo del Prado, a Madrid. Fu invece Jules-Élie Delaunay a ritrarre l'eternità di Issione. Già macchiatosi dell'omicidio di suo suocero il re Deioneo, Issione, re dei lapiti, era stato perdonato da Zeus quando si invaghì di Era, la moglie del padre degli dei. Questi, furioso, punì il colpevole legandolo a una ruota di fuoco che girava senza posa e lo gettò nel Tartaro, assieme ai grandi criminali.



Jean-Baptiste Camille Corot
Orfeo ed Euridice dagli Inferi
(Orpheus Leading Eurydice from the Underworld)
1861
Olio su tela
112,3 x 137,1 cm
Houston Museum of Fine Arts



Eroi che tornano dall'Ade


Sono diversi i miti che parlano degli impavidi eroi che riuscirono a penetrare nell’Ade, che fosse per un mandato, per amore o per compiere una missione speciale. Odisseo entrò in contatto con il regno delle tenebre per consultare l’anima dell’indovino Tiresia e cercare la strada di ritorno in patria. Anche il grande eroe della letteratura latina, Enea, scese negli inferi durante il suo viaggio. Dal canto suo Eracle visitò l’Ade per portare a termine diverse missioni, la più celebre delle quali era la cattura di Cerbero, il lugubre guardiano dell’inferno, imposta all’eroe come undicesima fatica dal re Euristeo e narrata da Omero nell’Iliade; lo stesso Ade cercò di impedire l’accesso all’eroe, ma fu ferito a una spalla e dovette essere portato sull’Olimpo per curarsi. Alcuni viaggi all’inferno avevano come scopo il riscatto di un condannato. Per esempio, Eracle riuscì a salvare dall’Ade la principessa Alcesti, che si era prestata a morire al posto del marito, Admeto. Teseo e Piritoo, dal canto loro, penetrarono nell’aldilà con l’intenzione di rapire Persefone, ma vennero fatti prigionieri ed Eracle dovette accorrere a liberarli. Figlio della musa Calliope, Orfeo si addentrò nell’Ade alla ricerca della sua sposa Euridice, morta per il morso di un serpente. Commosse dal canto addolorato del marito, le divinità infernali permisero a Euridice di ritornare in vita, ma a una condizione: che durante il ritorno Orfeo non si voltasse mai indietro per guardarla. Nel suo dipinto, Jean-Baptiste Corot raffigura la coppia che ha attraversato il fiume Stige ed è sul punto di uscire dagli inferi, ma Orfeo non potrà evitare di voltarsi verso la sua amata, e in questo modo la perderà per sempre. (Mar L8v)


Edited by Lottovolante - 9/9/2023, 07:55
 
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