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view post Posted: 13/1/2024, 15:52     +11Davanti alla veranda (Dans la véranda) - Morisot

Morisot_Dans_la_verandaP

Berthe Morisot
Davanti alla veranda (Dans la véranda)
Bougival, estate 1884
Firmato ‘Berthe Morisot’ (in basso a sinistra)
olio su tela - 81,2 x 100,2 cm.
Collezione privata


Berthe Morisot realizzò questo squisito ritratto della figlia Julie Manet, la più grande gioia e il fulcro della sua vita personale, nonché il soggetto al centro della sua rivoluzionaria attività artistica, durante l’estate del 1884, quando la bambina aveva cinque anni e mezzo. Dipinto su una scala di grandezza quasi mai vista nell’opera dell’ artista, “Dans la véranda” ritrae Julie seduta nella luminosa terrazza della casa di famiglia a Bougival, mentre esamina, o più probabilmente sistema, alcuni fiori appena recisi. Una grande distesa di vegetazione, resa con tratti eccezionalmente liberi e materici, è visibile attraverso le finestre del loggiato, che si estendono per tutta la larghezza della tela. I tetti delle case vicine emergono al di sopra degli alberi, mentre la finestra a destra riflette una debole immagine dell’interno stesso, dando vita a un complesso gioco di distanze e vicinanze. La luce del sole di mezzogiorno entra in scena, facendo luccicare la vetrata a macchie, catturando i contorni a spirale della brocca di cristallo e facendo risplendere la chioma ramata di Julie di un colore oro pallido.


Gli accostamenti audaci di tinte complementari opposte, i capelli arancioni contro il paesaggio verde ad esempio, sottolineano e aumentano l’illusione dello spazio, mentre il gioco di toni strettamente correlati, come i verdi, i blu e i gialli delicatamente mescolati del giardino, produce l’effetto opposto. “Diviso come un Piet Mondrian dall’inquadratura della finestra e dal piano rettangolare del tavolo, la tela è una delle composizioni più calibrate di Morisot”. (Charles Stuckey)

I dipinti di Morisot che ritraggono la sua unica figlia (quasi cinquanta tele al compimento del dodicesimo anno di età) costituiscono il progetto pittorico più ampio e innovativo di tutta la sua carriera. “La figlia divenne l’ossatura, l’architettura stessa di tutta la sua produzione artistica. La presenza costante di Julie divenne la sostanza e il leitmotiv della sua opera” . (Delphine Montalant)

Piuttosto che affidare l’educazione di Julie alle scuole, Morisot curò il suo sviluppo intellettuale e creativo a casa, assumendo insegnanti di pianoforte e violino per promuovere il suo talento musicale, incaricando Mallarmé di istruirla in letteratura e composizione e insegnandole lei stessa disegno, pittura e storia dell’arte. “Eravamo sempre insieme, io e la mamma” , ricorderà in seguito Julie. “Dipingeva a casa durante il giorno e, quando uscivamo, portava con sé dei quaderni per farmi degli schizzi”.



Nell’opera di Morisot, si vede Julie crescere come in un album fotografico, un effetto di intimità pittorica che riproduce l’esperienza soggettiva dell’artista di coinvolgimento materno nella crescita dell’amata figlia. Non appena Julie superò l’infanzia, Morisot iniziò a ritrarla impegnata in ogni forma di attività creativa indipendente, sviluppando una vita intellettuale e artistica che riecheggiava quella della madre, ma che era in gran parte sua. Da bambina, realizzava Torte di sabbia (Les Pâtés de Sable - Bibi et son tonneau) nel giardino di Bougival; crescendo, leggeva, scriveva, disegnava, cuciva e faceva musica, rimanendo sempre radicata nel calore e nell’intimità della casa. “Davanti alla veranda”trasmette questa nuova capacità creativa in modo sottile ma particolarmente toccante.

L’intensa concentrazione di Julie nell’atto puramente estetico di disporre i fiori, con la testa rivolta verso l’osservatore per sottolineare il suo tranquillo raccoglimento, fa da parallelo al lavoro artistico della stessa Morisot. L’uso del telaio della finestra per strutturare la composizione sottolinea nel contempo il momento preciso dell’atto, mentre la superficie straordinariamente movimentata della tela, senza dubbio ineguagliata fino al tardo Monet o addirittura all'Espressionismo astratto, costituisce un vero e proprio registro del processo pittorico. “L’opera di Berthe legava Julie sempre di più a lei, non solo come prodotto della sua creazione e oggetto del suo sguardo amorevole, ma anche come una sorta di partner nell’arte, l’unica persona con cui poteva condividere al meglio le proprie idee e convinzioni artistiche. L’arte diventa un modo per costruire la propria identità, per coltivare quella di Julie e per unire le due cose in quello che per Morisot è l’essenziale legame familiare”. (Greg Thomas)


Morisot scelse di esporre “Dans la véranda” in tre diverse occasioni, più di qualsiasi altro dipinto della sua opera, a testimonianza dell’alta e duratura stima di cui godeva questa bella e audace composizione. Anche il magnifico “Après le déjeuner”, il più importante contributo di Morisot alla Settima Esposizione Impressionista, (che raffigura una giovane donna seduta sulla stessa veranda di Bougival e allo stesso tavolo di bambù), non fu mai più esposto durante la vita di Morisot. Il quadro fu uno dei cinque dipinti che Morisot presentò all’Exposition Internationale della Galerie Georges Petit nel 1887; lo ripropose nuovamente cinque anni dopo da Boussod & Valadon, nella sua prima mostra personale. La tela fu venduta durante quell’esposizione al noto compositore Ernest Chausson per la straordinaria cifra di tremila franchi: un prezzo record per Morisot all’epoca, che sarebbe stato superato solo una volta nella sua vita, quando lo Stato francese acquistò “Jeune Femme en toilette de bal” nel 1894 per il prestigioso Musée du Luxembourg. Su richiesta di Morisot, Chausson prestò “Dans la véranda” al Salon de la Libre Esthétique di Bruxelles del 1894, al quale l’artista partecipò insieme all’adolescente Julie, e il quadro rimase nella collezione della sua famiglia per più di quarant'anni.


Nel 1896, l’anno successivo alla morte prematura di Morisot, che lasciò Julie orfana a soli sedici anni, “Dans la véranda” fu presentato in una vasta retrospettiva commemorativa presso Durand-Ruel che Julie organizzò con l’assistenza di Degas, Monet, Renoir e Mallarmé. Non meno di ventisei collezionisti prestarono dei dipinti alla mostra, rivelando la dimensione pubblica del successo di Morisot e la visione privata che aveva informato il suo lavoro. Nella sua recensione della mostra pubblicata su Le Mercure de France, il critico Camille Mauclair ha scelto il quadro in questione per un plauso particolare: “Pochi capolavori – ‘Dans la véranda’ (di proprietà di Monsieur Ernest Chausson) e la ‘Jeune femme en robe de bal’ - bastano a garantire che il nome di Madame Berthe Morisot vivrà per le generazioni future, anche se queste dovranno rinunciare al privilegio di apprezzare in prima persona la bellezza e il calore di questa artista e di questa donna straordinaria”. (M.@rt)



view post Posted: 13/1/2024, 15:07     +10Dopo pranzo (Après le déjeuner) - Morisot

Berthe_morisot_apres_le_dejeunerP

Berthe Morisot
Dopo pranzo (Après le déjeuner)
1881
olio su tela - 81 x 100 cm.
Collezione privata


La tela è un dipinto emblematico di Berthe Morisot, considerata da molti suoi contemporanei “l’impressionista per eccellenza”. Questa opinione fu espressa in una delle recensioni della Settima Esposizione Impressionista, tenutasi nel 1882, l’anno successivo alla realizzazione di “Après le déjeuner”; sembra che questo quadro sia stato il più rilevante dei lavori di Morisot a quella mostra, dove figurava con il titolo “A la campagne” e aveva suscitato le lodi di diversi recensori. In seguito, il quadro fu inserito nella retrospettiva postuma dell’opera di Morisot, organizzata dalla giovane figlia Julie Manet.



Appartenuto a un importante collezionista francese, Henri Vever, fu poi acquistato da Joshua Montgomery Sears, membro di una delle famiglie note come “bramini di Boston” e sostenitore dell’Impressionismo; “Après le déjeuner” passò poi per le mani di diversi suoi discendenti prima di essere acquistato dalla signora Albert D. Lasker, terza moglie di uno dei padri della pubblicità moderna, che fu determinante nell’incoraggiare sia la filantropia che le abitudini collezionistiche delle sue figliastre, avute dal marito durante il primo matrimonio, una delle quali sposò Leigh B. Block e l’altra Sidney Brody, la cui collezione arrivò a comprendere “Nu au plateau de sculpteur” di Pablo Picasso (noto anche come “Nudo, foglie verdi e busto”), un quadro del 1932 della sua amante Marie-Thérèse Walter, venduto per 106.482.500 dollari da Christies nel 2010.



Nu au plateau de sculpteur (Nude, Green Leaves and Bust)
1932
olio su tela - 162 × 130 cm.
Collezione privata (in prestito a lungo termine alla Tate Modern, Londra)


“Après le déjeuner” è stato dipinto a Bougival, dove Morisot e il marito Eugène Manet, fratello del celebre pittore Edouard, avevano affittato una casa. Si trovava in una posizione comoda, non distante da Parigi e anche a molti altri impressionisti e artisti dell’epoca, non ultimo il cognato Edouard, che soggiornava a Versailles. Anche Pierre-Auguste Renoir si trovava nelle vicinanze; infatti, quell’anno dipinse “En déjeuner à Bougival”, meglio conosciuto come “Le djeuner des canotiers”, il capolavoro oggi conservato presso la Phillips Collection, Washington D.C. Circondata da un ampio giardino, la casa al numero 4 di rue de la Princesse era un ambiente perfetto per la pittura di Berthe e la casa sufficientemente spaziosa per la famiglia, a cui si era aggiunta la figlia Julie, nata tre anni prima. I Manet torneranno a Bougival in questo periodo dell’anno per diverse volte di seguito, a partire dal 1881, dove l’artista dipinse una serie di opere, molte delle quali raffigurano sua figlia o la sua domestica, o altre figure come il marito e una donna di nome “Marie”. Sembra che sia proprio quest’ultima ad essere raffigurata in “Après le déjeuner”, secondo una lettera di Eugène in cui sembra riferirsi al quadro come “il tuo quadro di Marie sulla veranda”.


I quadri di Berthe Morisot di questo periodo combinano una gestione pittorica apparentemente libera, ottenendo la ricca variazione di pennellate alla prima stesura, così rivoluzionaria per Manet, con una sofisticata padronanza del colore e del tono, qui visibile nell’uso sapiente dei grigi, dei verdi e dei viola. Tutti questi elementi si completano a vicenda e contribuiscono anche a mettere in risalto la vivacità dei fiori sullo sfondo e i delicati toni della pelle del soggetto, che sembra quasi coinvolgere l’osservatore e, a sua volta, il pittore, con uno sguardo pensieroso che ricorda la donna de “Le bar aux Folies-Bergères” di Manet, dipinto nello stesso periodo. Il quadro è caratterizzato da una straordinaria vitalità, accentuata dai guizzi di colore con cui Morisot costruisce questo ricco repertorio cromatico.

Bougival sarà l’ambientazione di numerosi e acclamati quadri di Morisot. Una nota contemplativa simile a quella ottenuta in questa vibrante immagine è presente nel dipinto della governante “Pasie cousant dans le jardin de Bougival”, ora al Musée des Beaux-Arts di Pau. Nel frattempo, l’eleganza di “Après le déjeuner” assume una connotazione domestica nel quadro del marito e della figlia, “Eugène Manet et sa fille dans le jardin de Bougival”, uno dei suoi pochi ritratti maschili dello stesso anno, oggi conservato al Musée Marmottan di Parigi.


“Après le déjeuner” fu inclusa nella settima mostra degli impressionisti, organizzata da Paul Durand-Ruel. All’epoca dei preparativi per l’esposizione, Morisot si trovava a Nizza, mentre Eugène era tornato a Parigi poiché aveva un incarico nell’amministrazione pubblica. Era quindi in grado di gestire il contributo di Morisot e si accorse che gli altri impressionisti avevano già iniziato l’allestimento Alla tela in esami si aggiunsero solo in seguito altre che egli recuperò dai magazzini di Bougival o dal suo mercante Alphonse Portier, che gliela fornì. Eugène scrisse ripetutamente alla moglie, descrivendo i diversi modi in cui “Après le déjeuner”, o “Marie”, come lo chiamava lui, era stato appeso, dato che la collocazione iniziale aveva una scarsa illuminazione. Alla fine riuscì a inviare il tanto desiderato parere del fratello da condividere con Berthe: “Edouard che è venuto alla mostra questa mattina dice che i vostri quadri sono tra i migliori”. Nella stessa lettera, spiega che anche Duret si era congratulato con lui per i quadri della moglie, prima di stabilire i prezzi che richiedeva, indicando quest’opera come la più costosa, segno della sua qualità.


Nel 1896, “Après le déjeuner” fu una delle tele selezionate per la retrospettiva postuma delle opere della Morisot che si tenne l’anno successivo alla sua morte nelle gallerie Durand-Ruel, organizzata in parte dalla figlia adolescente Julie, abilmente assistita da alcuni amici della madre, tra cui Degas, Renoir e Claude Monet; la prefazione del catalogo fu scritta da Stéphane Mallarmé. Nel suo diario, Julie scrisse dei litigi di Degas con gli altri durante l’allestimento della mostra, che non era destinata al pubblico ma agli amici. Monet e Renoir, tuttavia, ebbero la meglio e Julie rimase incantata dal risultato: “È un paradiso, con la delicatezza femminile unita alla potenza del disegno. Ah, Maman, che talento! La tua opera non mi è mai sembrata così bella come oggi; è il riflesso di un’anima pura.... Che differenza fa per me piangere Maman circondata da tutte queste cose che ha creato e che incarnano lei stessa” (J. Manet, Crescere con gli impressionisti: Il diario di Julie Manet). (M.@rt)




view post Posted: 13/1/2024, 12:24     +9Giovane donna in abito da ballo (Jeune Femme en toilette de bal) - Morisot

Morisot_Jeune-Femme-en-toilette-de-balP

Berthe Morisot
Giovane donna in abito da ballo
(Young Girl in a Ball Gown - Jeune Femme en toilette de bal)
1879
olio su tela - 71,5 x 54 cm.
Musée d'Orsay, Parigi (non in vista)


Questa eccezionale e semplice evocazione di una giovane donna sconosciuta in abito da ballo è l'esatto contrario del ritratto mondano o ufficiale realizzato dai pittori abituali del Salon. In quest’opera l’impressionismo incontra l’arte di Édouard Manet, cognato di Berthe. Tuttavia, nonostante la modernità del suo stile, la critica aveva sempre sostenuto Morisot.


Così, quando l'artista presentò una quindicina di quadri alla quinta mostra impressionista del 1880, tra cui questo, Charles Ephrussi, nella Gazette des Beaux-Arts, scrisse una recensione poetica e un'analisi sensibile dei dipinti: “Berthe Morisot è molto francese nella sua distinzione, eleganza, allegria e disinvoltura. Ama la pittura gioiosa e vivace; macina petali di fiori sulla tavolozza, per spargerli poi sulla tela con tocchi ariosi e spiritosi, gettati un po’ a casaccio. Questi si armonizzano, si fondono e finiscono per produrre qualcosa di vitale, fine e affascinante”.





Queste osservazioni, benché generali, si applicano perfettamente a questo quadro in cui una modella siede tra fiori e piante che trovano un’eco, tanto nelle forme quanto nel trattamento, nelle guarnizioni del suo abito. Berthe Morisot gode anche del riconoscimento degli artisti e vende subito la sua “Ragazza in abito da ballo” a Giuseppe de Nittis (1846-1884), pittore italiano che partecipa alla prima Esposizione degli Impressionisti. Il quadro passò poi nella collezione del critico d’arte Théodore Duret (1838-1927) che, grazie alle pressioni del poeta Stéphane Mallarmé (1842-1898), accettò nel 1894 di venderlo allo Stato. (M.@rt)







view post Posted: 11/1/2024, 15:58     +7Giovanni Fattori - Lo staffato - I Macchiaioli

Giovanni_Fattori_lo_StaffatoP

Giovanni Fattori (1825-1908)
Lo staffato
1880
firmato in basso a destra: “G.Fattori di Livorno”
olio su tela - 90 x 130 cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Il tema militare aveva rappresentato per Fattori negli anni sessanta, un canale attraverso il quale aderire alla realtà degli eventi contemporanei e degli ideali nazionali. A partire dagli anni settanta tuttavia, e ancor più in vecchiaia, emerge dalle lettere e dagli appunti scritti dal pittore, l’amara constatazione che i sogni quarantotteschi e risorgimentali, ai quali molti artisti aveva profondamente creduto, si erano infranti nei compromessi della politica: “Entrai nel mondo amando e credendo: finirò scoraggiato maledicendo” scriverà ai primi del Novecento.

Tale ripiegamento porta l’artista livornese a isolarsi nel proprio lavoro, che appare scevro da facili soluzioni e da qualsiasi forma di “abbellimento” in una sorta di severo disincanto; si pensi alla sua pittura di scene agrestri, di paesaggi e alle sue figure di contadini. Specchio di questo mutato atteggiamento nei confronti della vita del paese, è proprio la sua pittura di soggetto militare, attraverso una numerosa serie di tavole e disegni dedicati principalmente alla routine della vita marziale: soldati a riposo, bivacchi, pattuglie in esplorazione intenti in manovre o in esercitazione, sono studiati con interesse sincero e resi attraverso una pittura cruda, sintetica, capace di rendere con esattezza i dettagli e il contesto paesistico e ambientale, e, talvolta, un’atmosfera di attesa o di desolata rassegnazione.



Giovanni Fattori
Soldati abbandonati
1873 circa
Collezione privata


In alcune opere traspare addirittura una vena di amara denuncia e la trasposizione della realtà si accompagna a una cupa riflessione sulla guerra e sui suoi orrori, come in “Soldati abbandonati” in cui il pittore ne svela gli aspetti disumani e tragici, raffigurando i corpi di due caduti sconosciuti che giacciono su una strada desolata, in putrefazione sotto il sole, con “nient’altro che venga a violare il silenzio terribile del loro perduto orizzonte, se non le macchie scure di qualche pino lontano, oppresse da un vuoto cielo di gesso”. Non più quindi le grandi battaglie risorgimentali della giovinezza. In età matura Fattori si concentra su singoli anonimi episodi, che rivelano il dramma della guerra, vista ora sempre più come un fatto distruttivo e portatore di morte. Al posto degli scontri in armi, l’esito tragico di quegli eventi. Il messaggio è chiaro: non si deve morire per la patria, ma vivere per essa.

Così nello “Staffato”, il soldato disarcionato dal suo cavallo, non raffigura solo un cruento incidente ma vuole rappresentare, in tutta la sua drammaticità, quella realtà, simbolo della tragedia universale, a cui il mondo va incontro. L’idea per il quadro gli fu suggerita dall’amico Renato Fucini, come lo stesso scrittore ricorderà in “Acqua Passata”: “Il quadro lo fece per mio suggerimento. Stando un giorno a dipingere una scena di guerra dove era un folto gruppo di soldati a cavallo, in fuga, gli domandai: ‘O l’idea di fare uno staffato, in queste cariche, in queste fughe, non t’è mai venuta?’ Mi guardò meravigliato, in aria interrogativa. Sempre lui! Non sapeva cosa era uno staffato. Lo illuminai, gli piacque e fece subito il quadro che destò ammirazione e fu sollecitamente e bene comprato da un ricco intelligente amatore”.



Giovanni Fattori
Studio per lo “Staffato” (recto)
disegno a china
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze




Giovanni Fattori
Studio per lo “Staffato” (verso)
disegno a china
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Prima di realizzare il definitivo dipinto su tela, Fattori aveva eseguito un disegno preparatorio con tecnica a china su supporto cartaceo (applicata con due tratti differenti: più leggero nel paesaggio, più marcato in corrispondenza delle due figure), firmato in basso a destra. Sul retro, lo stesso artista ha indicato la tavolozza dei pigmenti, cioè i colori utilizzati nelle varie versioni su tela con tecnica ad olio eseguiti dal Maestro fino ad arrivare al dipinto definitivo. Le pennellate fluide tracciano le figure senza conoscere momenti di sosta, dividendo la tela in due fasce distinte: l’ocra della strada sterrata e il bianco livido di una giornata senza sole, che si incontrano nella linea dell’orizzonte, nella desolazione di un paesaggio arido e spoglio. Un cavallo nero in fuga trascina tra la polvere e i sassi il corpo di un soldato, rimasto impigliato con un piede nella staffa; la coda e la criniera del morello sono rese con due macchie di colore sfumate, per dare il senso del movimento. Nella sostanziale monocromia dell’insieme, spicca la scia di sangue lasciata dal corpo dell’uomo, le cui mani sembrano ormai inutilmente cercare appiglio nel terreno.


Alla presentazione dell’opera alla Mostra della Società Donatello (Firenze, 1880) e durante altre occasioni espositive di poco successive, la crudezza del soggetto stupì il pubblico e determinò le lodi da parte della critica di indirizzo “naturalista”, che apprezzò la capacità di restituire l’esattezza del vero, coinvolgendo lo spettatore; qualche voce più rara criticava la “scena triste da rabbrividire, che ispira un senso di orrore e ripugnanza”. Persino la regina Margherita di Savoia, secondo un episodio narrato dallo scrittore Romualdo Pantini, si commosse fino alle lacrime dinanzi al dipinto, esclamando:“E’ così straziante che nessuno potrà soffrirne la vista in un salotto”. In realtà negli anni successivi l’opera, insieme ad altre appartenenti alla tarda attività di Fattori, incontrò una relativa sfortuna critica: forse troppo asciutta, drammatica e veritiera era la riflessione su quanto fosse costato il Risorgimento all’Italia, e quanto fosse difficile, nel presente, continuare a meritare tanto sacrificio. (M.@rt)



view post Posted: 10/1/2024, 15:31     +11RUTH NEL CAMPO DI BOAZ - Francesco Hayez - ARTISTICA

Francesco_Hayez_RuthP

Francesco Hayez (1791-1882)
Ruth nel campo di Boaz (Ruth in Boaz’s fields )
1853 circa
olio su tela - 99,8 x 137 cm.
Musei Civici d’Arte Antica, Bologna


La tela venne realizzata da Hayez su commissione di Severino Bonora (1801-1866) il quale stabilì che dopo la sua morte fosse donata al Comune di Bologna. Il soggetto riprende una storia dell’Antico Testamento, raccontata nel libro che da lei prende il nome: Ruth, una povera e derelitta vedova moabita, torna in Israele con la suocera vedova Naomi e viene raffigurata mentre, per guadagnarsi da vivere per sé e per l’anziana donna, raccoglie il grano nel campo di uno dei parenti dell’ex marito, Boaz, che finirà per sposare.

Il soggetto del dipinto e il dipinto stesso sono, tuttavia, molto poco significativi della vita e delle idee del suo committente e collezionista. Severino, ricco proprietario terriero bolognese, aveva frequentato la locale Accademia di Belle Arti e aveva studiato filosofia. La sua casa era un luogo di incontro di artisti e letterati, aperta ad amici e ad altri interessati a libri rari. Alle pareti appendeva quadri da lui commissionati, opere di celebri contemporanei italiani (come Hayez e Adeodato Malatesta) o di giovani artisti alle prime armi. Ma egli voleva condurre una vita romantica e avventurosa; appassionato viaggiatore, nonostante l’epilessia che lo portò due volte vicino alla morte, organizzava ogni anno un tour di sei mesi attraverso l’Europa, l’Asia o l’Africa, portando con sé giovani artisti che non potevano altrimenti permettersi di viaggiare.


Nel realizzare la sua collezione Severino intendeva sia aiutare i giovani pittori a farsi conoscere, sia mostrare ai suoi concittadini buoni esempi di pittura romantica contemporanea per stimolare il buon gusto moderno. I soggetti dei dipinti della sua collezione, molto spesso suggeriti dallo stesso Severino, sono caratterizzati dall’esotico e da atmosfere eccentriche; si tratta di scene tratte da un passato lontano, dalla Bibbia o dalla storia o dalla narrativa medievale. Altri ritraevano scenari esotici con personaggi in paesi stranieri e abiti caratteristici. Severino amava e collezionava anche paesaggi romantici, travolti dalla furia della natura sotto forma di temporali o burrasche. Quando la storia rappresentata era contemporanea, si trattava di episodi commoventi, spesso donne fragili che piangevano per la povertà, la fame e la disperazione. Tra questi, la madre al letto di morte del figlio, la donna sonnambula che cammina sui tetti di Dresda, due fanciulle orfane e un vecchio cieco.

“Ruth nel campo di Boaz” combina chiaramente tre di queste preferenze, fondendo una storia della Bibbia con un’ambientazione esotica e una donna malinconica. Il soggetto, lasciato alla scelta di Hayez, rispondeva adeguatamente alle richieste di Severino, che aveva chiesto una scena orientale con una bella donna beduina, nel caso in cui il pittore non avesse accettato l’altro suggerimento di lavorare su una scena della fortunata tragedia romantica “Francesca da Rimini” di Silvio Pellico (1815, pubblicata nel 1818).


Ruth è il prototipo di questo ideale romantico: l’eroina biblica, (che sceglie per sé un popolo differente da quello che le era stato destinato e che quindi le apparteneva per origine) diventa l’emblema, più o meno segreto, dell’aspirazione a riprendere in mano le redini del proprio futuro e della propria appartenenza, da parte di molti liberali milanesi e veneziani, compreso Alessandro Manzoni di cui Hayez eseguì, uno splendido ritratto.


La giovane ebrea è in primo piano, offrendo all’osservatore il corpo seducente; guarda malinconicamente fuori dal quadro, ma in realtà è assorta nei suoi pensieri. Come tale, è uno dei numerosi dipinti di Hayez dello stesso periodo, tutti incentrati su un’unica figura femminile centrale, a seno nudo, che medita su qualcosa, a volte esplicitamente sugli eventi del Risorgimento, come nel caso dell’opera La meditazione (l’Italia nel 1848). Ruth, sensuale e riflessiva, si fa riconoscere dalle spighe di grano, che porta sul fianco, e dal turbante, mentre il seno scoperto esalta la sua avvenenza. La bellissima donna ha appena spigolato nel giardino di Booz e ora si incammina verso Betlemme il cui profilo si scorge appena nel paesaggio che le fa da mirabile sfondo.


Il dipinto, eseguito nel 1853 anno in cui venne presentato al pubblico dell’esposizione di Belle Arti di Bologna, sottolinea la straordinaria forza evocativa e l’unità sentimentale che coinvolge la figura e il paesaggio. In un periodo di intensa meditazione dell’artista sul nudo femminile, affascinato dalle muliebri Sibille e Cleopatre della tradizione seicentesca bolognese, la Ruth traduce in vena sentimentale la icastica purezza del nudo, esaltato dallo sfondo. A Varsavia esiste un’altra versione della tela, che raffigura Ruth, diversa da quella bolognese soprattutto per il seno coperto dal drappeggio della bianca veste. (M.@rt)

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Francesco Hayez
Ritratto di una donna come Ruth
1853 circa
olio e masonite su tela - 123 x 99 cm.
Museum of John Paul II Collection, Varsavia



view post Posted: 8/1/2024, 21:33     +12CAMICIE ROSSE (Garibaldini) - Umberto Coromaldi - ARTISTICA

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Umberto Coromaldi (Roma 1879 - 1948)
Camicie rosse (Garibaldini)
1898
Firmato e datato in basso a sinistra: “Coromaldi 98”
olio su tela - 185 x 160 cm.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma


In una luminosa giornata di sole un gruppo di anziani veterani garibaldini, vestiti con le camicie rosse e con una grande bandiera tricolore in spalla, incontra una giovane mamma coi due figli. Sullo sfondo del paesaggio si vedono il colle Gianicolo, dove il 20 settembre del 1895 era stato inaugurato il monumento equestre a Garibaldi, Ponte Garibaldi e il quartiere di Trastevere. Incuriosito, il bambino più grande si è avvicinato; uno dei veterinari gli appoggia confidenzialmente una spalla sulla spalla. La bimba, invece, intimidita forse dalle barbe bianche, che tanto spiccano sul rosso delle camicie, si ritrae, nonostante le parole rassicuranti della donna. Il dipinto, conosciuto anche col titolo “Garibaldini”, fu presentato da Coromaldi come saggio finale del Pensionato di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, vinto dall’artista, quattro anni prima, con l’opera Il “Ritorno dei naufraghi”.


Fausto Vagnetti in un articolo pubblicato nel 1918 su Emporium ne spiegava così l’iconografia: “…immaginò dei vecchi Garibaldini che attraversano il Ponte Cestio in vista del Monumento dell’Eroe. Hanno una bandiera, un giovanetto del popolo segue i gloriosi rimasti e ne sente il fascino, una madre con la creatura in braccio si ferma al passaggio”. In quest’opera, datata in iscrizione al 1898, Coromaldi, futuro pittore di paesaggi della campagna romana, ha abbandonato del tutto la consueta retorica patriottica. Gli ideali risorgimentali sono ormai trascorsi ed il soggetto storico è trasformato in un episodio quotidiano. Le lotte di liberazione sono solo un ricordo, conservato nella memoria dal racconto degli anziani. Un bozzetto del 1897 documenta l’originaria idea della composizione, che si sarebbe dovuta sviluppare in orizzontale, lasciando maggiore spazio alla veduta del paesaggio romano alle spalle dei personaggi.


La realizzazione del quadro “en plein air” comportò un lungo studio da parte dell’artista, tanto che nel maggio del 1898, al momento del giudizio della Giunta, il dipinto non era ancora ultimato a causa delle condizioni meteorologiche, che ritardavano la resa dal vero dell’illuminazione solare della scena. La tela rappresenta, attraverso una scena al forte impatto realistico, l’ideale passaggio di consegne tra vecchie e nuove generazioni: gli anziani, stanchi combattenti trovano nella curiosità del ragazzo il futuro della memoria e dell’esempio, mentre raccontano le glorie passate.


Il bianco e il rosso delle vecchie divise contrasta con la quotidianità degli abiti della madre e dei bambini, dai colori sobri e dall’aspetto modesto, come il passato di lotta e sacrifici, tinto di sangue e di eroismo, in contrasto con un mite presente di pace. Umberto Coromaldi, futuro pittore di visioni campestri e marine su modello verista, dipinge qui una scena di gusto “deamicisiano”, edificante; la potente vena espressiva trasforma però l’evidente retorica patriottica in un vivo episodio quotidiano, in un commovente richiamo agli ideali del Risorgimento nazionale.


In realtà questa immagine affettuosa e nostalgica non corrisponde pienamente alla realtà politica del momento e dello spirito garibaldino, che proprio a fine secolo (nel 1898, la “Società di Mutuo Soccorso fra Garibaldini” fondata dallo stesso generale, divenne “Società Reduci dalle Patrie Battaglie”, da cui deriva la tuttora esistente “Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini”) dimostra ancora la sua vitalità e combattività. Le associazioni garibaldine, organizzate dal figlio del generale, Ricciotti, che era stato accanto al padre nelle battaglie di Bezzecca e Mentana, continuavano e continuarono infatti a operare in nome della libertà dei popoli. Il 17 maggio 1897 volontari garibaldini combatterono in Grecia, a Domokos, sul fronte tessalico della lotta di indipendenza per la liberazione di Creta, che era sotto il dominio dell’Impero turco. Mentre l’esercito greco era ormai in rotta, i garibaldini, molti dei quali caduti sul campo, combatterono gloriosamente indossando le camicie rosse. (M.@rt)




view post Posted: 7/1/2024, 17:40     +17TRASTEVERINA UCCISA DA UNA BOMBA - Gerolamo Induno - ARTISTICA

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Gerolamo Induno (Milano 1825-1890)
Trasteverina uccisa da una bomba
firmato e datato in alto al centro: “G. Induno.1850”
olio su tela - 114,5 x 158 cm.
Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Roma


“E’ un quadro che ti imprime nella memoria e ti comanda la meditazione intorno ai fatti più tremendi della vita pubblica, ottenendo così tutto intero l’intento della pittura storica”. Con queste parole il critico milanese Giuseppe Rovani lodava il dipinto, presentato alla mostra annuale di Brera del 1850. L’autore Gerolamo Induno, allora venticinquenne, era reduce dalla cruenta ed eroica difesa della Repubblica Romana. Qui si era guadagnato il soprannome di tutta una vita, diventando “quello delle baionette del casino Barberini”: barbaramente assalito dai francesi, era infatti sopravvissuto a un numero imprecisato di colpi, saliti negli anni da quindici fino a diventare ventisette. Abbandonata Roma e rifugiatosi in Svizzera prima di rientrare a Milano, Induno era dunque un rivoluzionario; il fatto che questo suo dipinto, evidentemente legato all’esperienza romana appia potuto raggiungere le sale della prima esposizione “di restaurazione” dopo il ritorno dell’ordine austriaco, ha dell’incredibile.


Raffigura l’interno di una povera stanza dove giace una giovane, poco più di una bambina, vestita con costume popolare romano, uccisa dallo scoppio di una bomba penetrata attraverso la parete. Probabilmente stava cucendo presso la finestra e il tavolo su cui sedeva è stato ribaltato dalla forza dell’esplosione; dal muro crollato penetra la luce chiara di un giorno di sole. Il riferimento al tragico assedio francese è evidente e con tutta probabilità il soggetto è tratto da un episodio realmente accaduto; esiste infatti una serie di quattro disegni preparatori, che mostrano la figura ritratto da più angoli, che lasciano intendere uno studio approfondito e dal vivo.


Le cronache contemporanee, inoltre, avevano riportato con insistenza il dramma del popolo trasteverino, il più colpito dal tradimento francese, che aveva proposto una tregua, poi non rispettata. Al realismo descrittivo Induno sovrappone una serie di riferimenti pittorici, una parte da ricercarsi nella coeva pittura di genere europea, principalmente francese che per prima aveva dato origine al tema popolare, e principalmente al “soggetto romano”, in opere che restituivano la semplicità della vita quotidiana come ultimo epico riflesso dell’antico sangue romano; caposcuola del genere era a Roma lo svizzero Louis Léopold Robert, fra i primi a tradurre il soggetto di costume nella grande dimensione, in composizioni di matrice classica e cinquecentesca.

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Louis Léopold Robert
(La Chaux-de-Fonds, 1794 - Venezia, 1835)
Giovane ragazza di Sezze (Jeune Fille de Sezze - Young girl from Sezze)
1831
olio su tela - 62,5 x 50,5 cm
Musée des Beaux-Arts, La Chaux-de-Fonds (Svizzera)



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La seconda e non meno importante serie di riferimenti è data dalla formazione lombarda del pittore e rimanda alle suggestioni cromatiche del maestro Francesco Hayez, ma anche alla pittura “di fronda” del pavese Cherubino Cornienti, pensionato romano, maestro di maggior furore cromatico. La giovane infatti sembra collocarsi a metà strada tra opere come “La Ciociara” di Hayez e la ben più drammatica “La moglie del Levita Efraim” di Cornienti.

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Francesco Hayez (Venezia, 1791 - Milano, 1882)
La ciociara
1842
olio su tela - 140 x 103 cm.
Collezione privata, Bergamo




Cherubino Cornienti (Pavia, 1816 - Milano, 1860)
La moglie del Levita di Efraim
Iscrizioni: in basso al centro - NON FINITO - lettere capitali - a pennello
1846 circa
olio su tela - 150 x 200 cm.
Pinacoteca di Brera, Milano



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Nonostante il giovane Induno fosse all’esordio, ebbe un notevole successo di pubblico; a esposizione conclusa il dipinto venne acquistato dalla Società Promotrice di Belle Arti di Milano, per la somma di seicentocinquanta lire, come attestato dai documenti negli Archivi del Museo della Permanente, che ne conservano ancora il contratto di vendita, datato 21 settembre 1850. In seguito, come spesso avveniva, l’opera veniva estratta a sorte a favore della Società promotrice di Torino, dove la si trova esposta l’anno successivo, per poi essere donata, come da prassi, a uno dei soci. In seguito se ne persero le tracce, fino alla sua ricomparsa sul mercato antiquario nel 2008 e il conseguente acquisto da parte della Galleria d’Arte Moderna di Roma.

Per lunghissimo tempo la memoria di questo dipinto rimase legata a una riproduzione litografica di Giovan Battista Zambelli, posta a illustrare l’opera per la recensione di Tullo Massarani, letterato, politico e amatore d’arte, scrittore, comparsa sulla rivista intitolata “Le Arti Educative”. La pubblicazione, nata con lo scopo di sostenere un’arte impegnata nell’educazione del suo pubblico, inserisce la “Trasteverina” come esempio di una moderna pittura di storia, che commuove ed educa, attraverso lo spirito semplice e anonimo di un’unica, commovente, isolata figura.



Giovanni Battista Zambelli 1852
xilografia - 125x160 mm.
Collezione privata


La descrizione di Massarani sottolinea ulteriormente l’ipotesi che l’episodio rappresentato si arealmente accaduto: il letterato, infatti, componendo un ekphrasis degna della miglior letteratura romantica, racconta la triste storia della piccola Nella, morta nella “grommata stanzuccia di Trastevere”, dove i genitori l’hanno lasciata, fiduciosi, accorrendo alla difesa della città. La piccola parrebbe solo graziosamente addormentata, se non fosse per un unico, terribile segno: un semplice “sprizzo di vermiglio” sulla fronte, tanto drammatico da mettere “freddo nelle ossa” e ricordare la macchia di sangue apparsa sulle mani di Lady Macbeth: il sangue dell’ingiusto sacrificio di un’innocente, indelebile come quello di un delitto: “così dal patetico silenzio della scena emerge un pensiero; e la meta dell’arte è raggiunta”. (M.@rt)






Edited by Milea - 8/1/2024, 18:13
view post Posted: 6/1/2024, 18:34     +12RAGAZZO IN COSTUME DA PAGGIO - Giambattista Tiepolo - Tiepolo

Giambattista-Tiepolo-a-young-boy-in-the-costume-of-a-pageP

Giambattista Tiepolo
Ragazzo in costume da paggio, testa e spalle
(Young boy in the costume of a page, head and shoulders)
1745 - 1749 circa
olio su tela - 45,7 x 40,6 cm.
Collezione privata


Questo carismatico studio di un giovane è stato dipinto da Tiepolo a metà o negli ultimi anni del 1740. Erano anni straordinari per l’artista e importanti commissioni riempivano il suo tempo a Venezia e in tutto il Veneto, tra cui i magnifici affreschi dell’Incontro di Cleopatra e Antonio a Palazzo Labia a Venezia completati nel 1744. Ormai artista di grande fama, nel 1750 fu chiamato a Würzburg per dipingere la sua opera più importante, gli affreschi della Kaisersaal della Reggia.


L’eccezionale stato di conservazione dell’opera permette di apprezzare appieno la maestria pittorica del Tiepolo. La pennellata decisa della gorgiera appena abbozzata e la trattazione delle vesti creano un contrasto raffinato con la morbida stesura delle velature nei toni dell’incarnato, creando una sensazione complessiva di delicatezza e sobrietà che ben si addice alle caratteristiche del personaggio. Pur essendo altrettanto abile nell’olio come nell’affresco, Tiepolo era anche un disegnatore molto dotato ed è spesso nelle sue opere su carta che troviamo la genesi delle sue intuizioni. I suoi disegni servivano come studi che il pittore riutilizzava e rimodellava nel corso della sua carriera, spesso adattando una stessa idea a più soluzioni per soddisfare le diverse commissioni e così è per l’opera in esame.


La struttura del busto trova indubbiamente la sua fonte in un disegno di Tiepolo della metà degli anni '40 del XVII secolo, ora conservato all’Ermitage di Leningrado. Sebbene la posa del ragazzo sia diversa e la sua testa sia ora girata verso destra, l’abito e la gorgiera derivano chiaramente dal disegno, così come l’inserimento del medaglione che pende sul petto.




Il disegno dell’Ermitage funge anche da studio preparatorio per uno degli angoli del soffitto affrescato nel 1745 nella chiesa degli Scalzi a Venezia, raffigurante il Miracolo della Casa di Loreto, distrutto nel 1915, ma i cui angoli sono ora conservati all’Accademia di Venezia.


Mentre la posa del ragazzo si ricollega al disegno dell’Ermitage, i suoi lineamenti delicati, i capelli ondulati e la modellazione del volto si ritrovano nuovamente nel paggio che porta la corona nel già citato affresco dell’Incontro di Cleopatra e Antonio, anch’esso databile agli anni ‘40 del XVII secolo e nell’affresco con l’Investitura del vescovo Herold a duca di Franconia a Wurzburg.(M.@rt)





view post Posted: 6/1/2024, 14:24     +9IL COMBATTIMENTO NELLA PIAZZETTA DELL'ALBERA - Faustino Joli - ARTISTICA

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Faustino Joli
Episodio delle Dieci Giornate di Brescia
La barricata a San Barnaba, 31 marzo 1849
a destra: “Contrada dello Sguazzo/ Brescia il giorno 31 MARZO 1849”
olio su tela - 33 x 46 cm.
Collezione privata


L’esistenza di un’ulteriore raffigurazione dell’Episodio di Santa Barnaba (già nella collezione del conte Filippo Salvadego) suggerirebbe la realizzazione di derivazioni o singole repliche della serie, testimonianza indiretta della sua fortuna. L’opera, pur non firmata, è assegnabile con certezza al catalogo di Faustino Joli; rispetto alla versione conservata nelle raccolte dei Civici Musei di Brescia, il punto di vista prospettico risulta leggermente arretrato verso nord, permettendo al pittore di rappresentare nella sua interezza la facciata della chiesa dell’ex Convento agostiniano di San Barnaba, soppresso nel 1797, e di riprendere una porzione più ampia della piazzetta antistante (oggi Piazzetta Arturo Benedetti Michelangeli), chiusa a meridione dal fabbricato in stile neoclassico delle Scuole Elementari cittadine, realizzato tra il 1834 e il 1838 dall’architetto Luigi Donegani, oggi sede del Conservatorio di Musica “Luca Marenzio”. Anche le numerose “macchiette” degli insorti che si affollano in primo piano, così come quelle delle truppe austriache in fuga precipitosa sullo sfondo, risultano sapientemente variate rispetto a quelle presenti nella versione del Museo del Risorgimento.



“La barricata a San Barnaba, 31 marzo 1849” rappresenta uno dei più noti episodi dell’insurrezione, quando i cittadini bresciani, guidati militarmente da Tito Speri, insorsero contro la guarnigione austriaca e contro le soverchianti truppe imperiali di rinforzo accorse dal territorio, al comando del tenente feldmaresciallo Julius Jacob von Haynau.
In quel fatidico giorno, sfondata dopo numerosi, vani tentativi, la forte barricata di Porta Torrelunga (odierna Piazza Arnaldo), le truppe guidate dal generale di brigata Johann Nugent, accorse da Mantova cinque giorni prima, si scagliarono contro la barricata improvvisata dagli insorti all’incrocio della contrada di San Barnaba (odierno tratto orientale di corso Magenta) e della contrada dello Sguazzo (odierna via Crispi) per proteggere la barricata più interna in contrada Bruttanome (odierno tratto occidentale di Corso Magenta).


La fiera resistenza opposta dai bresciani portò alla momentanea rotta degli Imperiali, i quali avrebbero presto, ahimè, fatalmente ripreso il sopravvento, riconquistando l’eroica città insorta, condannata a uno spietato saccheggio. Nel dipinto, di altissima qualità pittorica, l’autore fissa la veduta urbana con la precisione dell’esperto pittore prospettico, restituendo ad un tempo la concitazione della scena cruenta con l’efficacia cronachistica di una coinvolgente, plausibile testimonianza diretta. (M.@rt)




view post Posted: 6/1/2024, 13:58     +9IL COMBATTIMENTO NELLA PIAZZETTA DELL'ALBERA - Faustino Joli - ARTISTICA



Faustino Joli
Episodio delle Dieci Giornate di Brescia
Il popolo radunato in Piazza Vecchia il 23 marzo
1849
olio su tela - 32,5 x 40,5 cm.
Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia, Brescia





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Faustino Joli
Episodio delle Dieci Giornate di Brescia
Combattimento a San Barnaba (31 marzo 1849)
1849
olio su tela - 40,5 x 31,5 cm.
Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia, Brescia


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Faustino Joli
Saccheggi a Porta Torrelunga (31 marzo 1849)
1849
olio su tela - 32 x 41 cm.
Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia, Brescia


La piccola tela raffigura l’odierna piazza Arnaldo da Brescia, all’epoca Porta Torrelunga, durante i saccheggi che seguirono l’ingresso delle truppe austriache la notte del 31 marzo. Sullo sfondo delle fortificazioni murate, sulle quali si stagliano schierate le truppe austriache, si aprono le quinte delle case dalle quali si levano, sinistre nell’oscurità notturna, lunghe lingue di fuoco.


Al centro numerose scene di violenza e sopraffazione: soldati che minacciano ferocemente un gruppo di donne e bambini, che sembrano volersi disperatamente lanciare verso gli edifici che bruciano; cittadini che fuggono, mentre uno cade, colpito dal fuoco austriaco.


Sulla sinistra, invece, un gruppo di nemici beve e festeggia, seduto tra i poveri resti di un’abitazione: coperte e materassi, casse e botti di vino. Altri soldati entrano ed escono dai portoncini circostanti, carichi di oggetti e suppellettili. Al centro, drammaticamente isolato, il corpo riverso di un uomo; sulla destra ve ne sono altri, distesi tra stoviglie e oggetti abbandonati. Il dipinto tratteggiato con colpi sicuri e precisi di pennello, traduce con tragica fedeltà le parole delle cronache, restituendo con vivace crudezza la drammatica conclusione dell’eroico tentativo insurrezionale. (M.@rt)





Edited by Milea - 6/1/2024, 14:53
view post Posted: 5/1/2024, 21:53     +4RAGAZZO CON UN LIBRO (Ritratto di Lorenzo Tiepolo), Giambattista Tiepolo - Tiepolo

Giambattista-Tiepolo-boy-holding-a-book-portrait-of-lorenzoP

Giambattista Tiepolo
Ragazzo con un libro (Ritratto di Lorenzo Tiepolo)
Boy Holding a Book (Portrait of Lorenzo Tiepolo)
1747-1750
olio su tela - 48,26 x 39,05 cm.
New Orleans Museum of Art, Louisiana


Il piccolo dipinto è essenzialmente uno studio di luce, colore e forma. Il ragazzo potrebbe rappresentare il figlio di Tiepolo, Lorenzo, che si volta verso l’osservatore come se fosse stato interrotto durante la lettura. Il senso di immediatezza è esaltato dalla pennellata fresca, veloce e fluida. La chiusura dorata del gilet di pelliccia raffigura la testa di un satiro ridente: deve intendersi come un elemento di gioco con l’osservatore e funge da contrasto con il viso roseo e pieno di luce del ragazzo e con i suoi occhi grandi e luminosi. (M.@rt)
















view post Posted: 5/1/2024, 17:41     +1APOTEOSI DELL'AMMIRAGLIO VETTOR PISANI - Giambattista Tiepolo - Tiepolo

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Giambattista Tiepolo (1696 - 1770)
Apoteosi dell’ammiraglio Vettor Pisani
1743
olio su tela (ovale) - 41 x 72 cm.
The National Museum of Western Art, Tokyo


Il dipinto è un modello a olio per la pittura del soffitto (1743) dir Palazzo Pisani Moretta (oggi Palazzo Giusti Giardino), palazzo della potente famiglia aristocratica di Venezia, i Pisani. A partire dal 1739 Chiara Pisani diede il via alla ristrutturazione degli interni del palazzo gotico, proprietà del ramo di questa nobile famiglia veneziana che si affaccia sul Canal Grande a San Paolo, affidandone la progettazione a Giovanni Filippini; conclusi questi lavori, la nobildonna affidò al quadraturista Francesco Zanchi l’incarico di sovrintendere alla decorazione pittorica degli ambienti, nella quale furono impegnati, tra gli altri, oltre a Giambattista Tiepolo, Gaspare Diziani, Jacopo Guarana e Giambattista Piazzetta.


L’intervento del Tiepolo riguardava il soffitto del salone al primo piano nobile del palazzo, dove, all’interno delle quadrature predisposte dallo stesso Francesco Zanchi, nell’estate del 1743, dipinse la grande scena dell’Apoteosi dell’ammiraglio Vettor Pisani. Dai documenti risulta peraltro che il pittore venne pagato per questo lavoro solo due anni più tardi, nell’agosto del 1745.


Vettor Pisani (forse il suocero della ricca vedova Pisani, che aveva due figli che condividevano quello stesso nome) era stato l’ammiraglio che aveva guidato nel 1381 la flotta veneziana nella vittoriosa battaglia di Chioggia contro i genovesi, che erano giunti a minacciare a sopravvivenza dello Stato veneziano, portando le proprie navi fin sul limitare della laguna. L’ammiraglio è raffigurato, armato di elmo e scudo, accanto a Venere, nel momento in cui la dea, scesa dall’Olimpo, lo presenta a Giove, di cui la grande aquila che appare in alto è il simbolo, e a Marte che gli sta accanto. Al di sopra di queste figure scende un putto che reca la corona con la quale l’ammiraglio veneziano verrà insignito. In basso a sinistra assistono all’evento Nettuno, con il consueto attributo del tridente e, a destra, il dio dei fiumi.


L’armonia cromatica del cielo terso e delle nuvole bordate d’oro, la luce, le figure leggere e fluttuanti con un abile senso dello scorcio e gli effetti di retroilluminazione sulle figure sdraiate nella sezione inferiore rimandano tutte alle superbe decorazioni del soffitto di Tiepolo. L’agile pennellata che si nota nelle ali dell'aquila e nelle vesti della figura dell’ammiraglio è tipica del lavoro di Tiepolo ed è uno degli aspetti più accattivanti delle piccole opere dell’artista veneziano. L’intera immagine che onorare l’eroe del passato nella decorazione del palazzo di famiglia, può essere vista come una apoteosi, in cui una persona che si è distinta in vita viene portata direttamente in cielo alla sua morte.


La scena studiata nello splendido bozzetto giunto nel 1987 è entrata a far parte delle raccolte del The National Museum of Western Art di Tokyo, ed è caratterizzata come l’affresco, dalla partitura cromatica lieve e luminosa. (M.@rt)



view post Posted: 4/1/2024, 22:55     +9COMPIANTO SUL CRISTO MORTO - Giambattista Tiepolo - Tiepolo



Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 - Madrid 1770)
Compianto sul Cristo morto
1767 - 1770
olio su tela - 59 x 40,5 cm.
Collezione privata, in deposito al Kunsthaus Museo, Zurigo


Tra le numerose tele di piccolo formato e di soggetto religioso prodotte da Giambattista Tiepolo spicca per l’eccezionale qualità pittorica questa splendida deposizione dalla Croce, il più drammatico dei tre brani raffigurati da Tiepolo durante il suo soggiorno madrileno di otto anni alla fine della sua vita. Lavorando al suo più ambizioso programma di decorazione commissionato dalla famiglia Pisani per la loro villa sul Brenta, Tiepolo fu costretto a rispondere all'imperiosa convocazione a Madrid di Carlo III di Spagna. Lasciò l'Italia, con i figli Giandomenico e Lorenzo, nel marzo 1762 per decorare i soffitti del Palacio Real.

Desideroso di rimanere in Spagna, Tiepolo cercò la commissione più grandiosa allora disponibile presso la Corona spagnola: le sette pale d’altare per la chiesa francescana di San Pascual ad Aranjuez; avrebbe terminato la commissione poco prima della fine della sua vita, nel 1770.Tuttavia, è nelle piccole opere raffiguranti scene della Passione di Cristo (tutte misurano circa 55 x 40 cm) che Tiepolo eccelle in questi ultimi anni. La loro tenerezza e il loro pathos dimostrano che erano destinate a una contemplazione intima, in netto contrasto con la funzione formale dei suoi grandi affreschi. Oltre alle quattro composizioni sul tema della Fuga in Egitto, si sa che Tiepolo ha dipinto solo altri due quadretti relativi alla Passione: il presente quadro e la “Deposizione di Cristo nella tomba”.



Giambattista Tiepolo
Deposizione di Cristo nella tomba
1770
olio su tela - 57 x 43,7 cm.
Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona


Di questi piccole opere il “Compianto sul Cristo morto” è probabilmente la composizione più riuscita: nel tepore della prima sera, ai piedi delle tre croci vuote, la Vergine Maria alza le braccia in segno di agonia sul corpo di Cristo steso a terra davanti a lei, con la testa appoggiata sulla sua coscia. I discepoli sono tutti usciti, tranne San Giovanni Evangelista che, disperato, si copre il volto con il mantello. Intorno al suo corpo si è posata una schiera di angeli, le cui grandi ali sembrano muoversi nella brezza serale. In primo piano, parallelamente al corpo di Cristo, si trovano la corona di spine, l’iscrizione e la lancia.

La chiesa di San Francisco el Grande traccia la silhouette di Madrid, ricordando allo spettatore l’atemporalità della scena. Le nuvole sullo sfondo riprendono il contorno del gruppo sacro; il loro grigio chiaro funge da passaggio tra il cielo azzurro e le ali più scure degli angeli. I colori forti sono distribuiti con cura: il blu acceso del mantello della Vergine è bilanciato dal rosso intenso della veste di San Giovanni, ed entrambi sono completati dal panneggio giallo dell’angelo alla sinistra della Vergine. Le pennellate vibranti e fluide sembrano far fluttuare la composizione sulla tela, ricordando lo stile personalissimo che l’artista ha sviluppato nei suoi disegni con la china.

La struttura compositiva della scena richiama il Compianto sul Cristo morto di Rembrandt, che faceva parte della collezione personale di Joseph Smith, il console britannico a Venezia, che lo possedeva certamente dal 1738 e nella cui dimora Tiepolo e il figlio Giandomenico ebbero modo di ammirare. Sebbene non ne sia rimasto alcuno, è probabile che abbiano realizzato dei disegni che lo riprendono. Giandomenico produsse una serie di varianti dipinte e una versione disegnata della composizione di Rembrandt; due di queste si trovano alla National Gallery.

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Giandomenico Tiepolo (1727 - 1804)
The Lamentation at the Foot of the Cross
1755 - 60 circa
olio su tela - 64,2 x 42,5 cm.
National Gallery, Londra (non in vista)





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Giandomenico Tiepolo (1727 - 1804)
The Lamentation at the Foot of the Cross
1750 - 60
olio su tela - 80 x 89.2 cm
National Gallery, Londra






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Da quest’opera (venduta a Giorgio II nel 1762, per coincidenza l’anno in cui Giambattista partì per la Spagna) sembrano derivare in particolare la dislocazione inusuale delle tre croci e dello sfondo di una città in lontananza. Giambattista Tiepolo però dà al soggetto una propria interpretazione: sebbene le croci siano nella stessa posizione nella tela rembrandtiana, i corpi dei due ladroni vi sono ancora appesi, mentre in quella di Tiepolo le croci svettano vuote contro il cielo, enfatizzando la solenne disperazione dei personaggi, raccolti intorno al corpo di Cristo.

Del tutto diverso rispetto al modello rembrandtiano risulta il gruppo in primo piano, con la Vergine, San Giovanni e numerosi angeli in compianto sul corpo di Cristo, ormai irrigidito dalla morte. Inoltre mentre Rembrandt sullo sfondo dipinge una veduta immaginaria di Gerusalemme, Giambattista raffigura il paesaggio urbano di Madrid.

Sorprendente per gli standard abituali di Tiepolo appare la qualità cromatica di quest’opera, dove domina una sorta di monocromia bruno-dorata, vivificata dalla presenza dei pochi tocchi di azzurro e di rosso chiarissimi dei manti di Maria e di Giovanni. La tela è stata recentemente concessa in deposito da un collezionista privato al museo di Zurigo. (M.@rt)


view post Posted: 4/1/2024, 14:46     +7Compianto sul Cristo morto - Rembrandt



Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606 - 1669)
Compianto sul Cristo morto (The Lamentation over the Dead Christ)
1635
olio su carta e parti di tela, montati su rovere - 31,9 x 26,7 cm
National Gallery, Londra


Il corpo di Gesù è stato appena deposto dalla croce: la sua famiglia e i discepoli lo piangono. Maria, sul cui grembo è appoggiato il capo del figlio, è affranta dal dolore; la Maddalena ne abbraccia i piedi martoriati: il momento è noto come il “Compianto”. Alle loro spalle si scorgono dei soldati a cavallo e sullo sfondo le torri di una città, una veduta immaginaria di Gerusalemme.

Rembrandt ha lavorato a lungo su questo piccolo quadro monocromo: iniziò con uno schizzo a olio su carta, poi ne strappò una sezione e montò il resto su tela. Continuò il disegno sulla tela in basso a destra, prima che qualcun altro ampliasse il quadro aggiungendo strisce nella parte superiore ed inferiore.


L’opera è molto probabilmente uno studio per un’incisione che Rembrandt non eseguì mai. Uno degli indizi che attesta questa ipotesi è la posizione dei due uomini che furono crocifissi accanto a Cristo, il cosiddetto Buon Ladrone e il Cattivo Ladrone. Qui il Cattivo ladrone appare alla destra di Cristo, posizione che tradizionalmente era riservata al Buon ladrone. Nella realizzazione di un’incisione, tuttavia, l’intera composizione sarebbe stata invertita. (M.@rt)




Edited by Milea - 4/1/2024, 21:52
view post Posted: 3/1/2024, 18:29     +13DANAE E GIOVE - Giambattista Tiepolo - Tiepolo

Danae_e_Giove_Tiepolo_P

Giambattista Tiepolo (1696 - 1770)
Danae e Giove (Danae and Jupiter)
1736 circa
olio su tela - 41x 53 cm.
Universitet Konsthistoriska Institutionen, Stoccolma


Questa Danae è una delle numerose opere di pittori veneziani contemporanei che vennero acquistate a Venezia dal conte Carl Gustav Tessin, ministro del re di Svezia, giunto tra le lagune nel 1736 con la vana speranza di convincere Tiepolo a trasferirsi temporaneamente a Stoccolma, per decorare il nuovo Palazzo Reale. La favola mitologica (desunta presumibilmente da Giambattista dal “De genealogia deorum gentilium” di Giovanni Boccaccio) narra la vicenda di Danae, figlia di Acrisio, re di Argo, cui un oracolo aveva predetto che sarebbe stato ucciso dal nipote. Per questa ragione il re aveva fatto rinchiudere l’unica figlia in una stanza sotterranea, vigilata dalla vecchia nutrice, ma Giove riesce ugualmente a possederla, tramutandosi in una pioggia d’oro. Dall’unione nascerà Perseo che, dopo varie vicissitudini, ucciderà accidentalmente Acrisio durante una gara di giavellotto.






E’ un tema trattato molte volte dai grandi artisti veneziani cinquecenteschi, in particolare da Tiziano; qui Tiepolo ne dà un’interpretazione più umoristica che sensuale, inserendo gustosi elementi comici, come il furioso battibecco tra l’aquila simbolo di Giove e il cagnolino della principessa, e il particolare di Cupido che solleva il lembo della veste della giovane, che a sua volta sfodera un’espressione profondamente annoiata, ben diversa da quella delle analoghe figure tizianesche di due secoli prima.



Ruolo di primaria importanza ha nel piccolo dipinto la regia luministica, che tende a esibire in tutta la sua giunonica bellezza il nudo femminile; il tocco pittorico è facile e sicuro, raggiungendo una sintesi forma-colore di altissima qualità. (M.@rt)








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