Jan Vermeer, La biografia dell'artista

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L’enigma Vermeer

Lo strano destino di un maestro ignorato



vermeer--self-portrait
Johannes Vermeer - The Procuress (La mezzana), detail (supposed self-portrait)
Oil on canvas, 143x130 cm. (1656)
Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister (Germania)





La “Sfinge di Delft” lo aveva definito nel 1866 il critico e scrittore Étienne-Joseph-Théophile Thoré, che scriveva con lo pseudonimo di Thoré-Bürger , in un suo articolo su la “Gazette des Beaux-Arts”.
Che Vermeer sia stato e sia ancora un magnifico enigma per la sua storia dell’arte è indubbio. Poche sono le opere certe, poco più di una trentina circa, altre quattro discusse, pochi i documenti personali, pubblicati da Abraham Bredius tra il 1885 e il 1916; rare e dubbie le date dei dipinti, la cui cronologia rimane ipotetica, basata su criteri stilistici e tecnici.

Poche notizie biografiche sull’artista. Negli anni settanta e ottanta del Novecento John Michael Montias aggiungeva una serie di documenti d’archivio riguardanti il contesto familiare e cittadino del pittore, facendo il punto della situazione in un bel libro (Vermeer. L’artista, la famiglia, la città, Torino, 1997). Così sappiamo che il nonno materno di Vermeer era una falsario, la nonna paterna si era resa colpevole di truffa, la suocera si era separata dal marito nel 1641 dopo una serie di liti, qualche volta degenerate in risse familiari. Veniamo a sapere ogni dettaglio della vita di Delft, i passaggi di artisti, gli incroci e gli incontri, le possibilità che un giovane pittore poteva avere in quella piccola città, fili e notizie preziosi per ulteriori ipotesi.


procuress-vermeer-dett



Ma lui, Vermeer, continua a essere misterioso. Per conoscerlo, bisogna scavare nella sua limpida pittura, che racconta interni borghesi e personaggi, stati d’animo, luci e ombre di quel secolo.

Bisogna leggere nelle pieghe di quei magnifici tessuti e tendaggi, nelle atmosfere silenziose, nei bicchieri di vino, che la dicono lunga sui significati allegorici, con cui il mondo antico ha sempre rivestito ogni oggetto sin dal Medioevo. E interpretare le poche, ma significative, testimonianze, che aprono scenari reale e realistici nel mondo chiuso e difficile del pittore.

Un maestro eccezionale, a lungo dimenticato e molto spesso mistificato, riscoperto da Thoré-Bürger e dagli studi successivi e considerato oggi uno dei più affascinanti di tutti i tempi. Un’esistenza breve, solo quarantatré anni di vita, vissuti a dipingere con lentezza piccoli capolavori, studiati notte e giorno, con ogni sfumatura di luce. Un lavoro metodico, alternato ai vari incarichi affidatigli dalla gilda dei pittori di Delft.

Undici figli da sfamare dei quindici nati (quattro piccoli), uno dietro l’altro, una suocera ricca e protettiva, brevi viaggi nei dintorni della città, molti debiti che costringeranno la vedova, Chatarina Bolnes, a dichiarare bancarotta e vendere i quadri del marito, rimasti nell’atelier, per pagare il panettiere. Nessuna committenza ufficiale, rapporti solo sporadici e indiretti con collezionisti ed estimatori.


Vermeer-Procuress-glass


Una vita semplice, di profilo modesto, ma arricchita da qualche amicizia importante come quella di Antonij van Leeuwenhoek, grande scienziato e tecnologo di Delft, perfezionatore del microscopio, che forse ha contribuito, con i suoi studi ottici, alla magia della pittura di questo geniale artista, capace di cogliere la vita nascosta nelle cose piccole.

detail_glass

Delft 1632-1656. Il padre di Vermeer, Reynier Janszoon Vos (o Vosch) apparteneva a una modesta famiglia di artigiani di Delft. Aveva conosciuto la moglie, Digna Baltens (Dina o Dimphna Balthasars) ad Amsterdam, dove era stato mandato nel 1611 come apprendista tessitore di “caffa”, una seta particolare, usata per tende e mobili. Nella città olandese i due si erano sposati il 19 aprile 1615, per trasferirsi presto a Delft, dove c’erano i parenti di Reynier e dove avevano messo al mondo la prima figlia Geertruijt.

Delft era una piccola città, contornata da solide mura medievali, con fabbriche di porcellana, birra e arazzi, le case strettamente accorpate lungo il canale, come le immortala Vermeer nella suggestiva Veduta di Delft. Situata a pochi chilometri dall’Aia, era una delle città più prospere delle Sette Province Unite olandesi, che si erano rese indipendenti dal predominio spagnolo con la guerra degli Ottant’anni, durata dal 1568 al 1648.

A capo della rivolta c’era stato Guglielmo d’Orange, statolder delle province di Olanda, Zeeland e Utrecht, che aveva scelto come sua residenza Delft, dove era stato ucciso nel 1584 da un fanatico della fazione filocattolica. E lì, nella Nieuwe Kerk (Chiesa Nuova) era stato seppellito in una sontuosa tomba progettata da Hendrick de Keyser e completata nel 1623.

Battuta da stranieri, la città era famosa per le sue torri, le sue chiese con le slanciate guglie gotiche, i canali, i mulini a vento, le case “ le più belle, eleganti e spaziose di tutte quelle dei Paesi Bassi, come sosteneva tra il 1670 e il 1680 il borgomastro Dirk van Bleiswijk.

Era famosa per la sua birra, anche se la produzione era calata, privata del mercato con le province del sud rimaste sotto la Spagna. Si continuavano a produrre ceramiche, stoffe, si commerciavano quadri, richiesti dalla borghesia conservatrice. Antica, ben organizzata era la gilda di San Luca, che comprendeva pittori, maestri vetrai, incisori, scultori, ceramisti, tappezzieri, librai, editori.

catharina_bolnes_grandparents

The grandparents of Vermeer's wife, Catharina Bolnes

Tra i circa ventitremila abitanti, negli anni trenta del Seicento, c’erano anche Reynier e Digna, futuri genitori di Vermeer. La vita non si era presentata facile per i due, indebitati con il padre di lei e con guai giudiziari, per la rissa in cui Reynier aveva ferito mortalmente un soldato.

Registrato come tessitore, Reynier verso il 1630 dà una svolta alla sua vita: decide di fare il locandiere, un mestiere redditizio, grazie all’afflusso di turisti in città. Affitta una locanda, la “De Vliegende Vos” (“La volpe volante”), posta sul Voldersgracht, il canale che scorreva a ridosso della piazza del mercato, nel centro della città.

Gli affari vanno bene, così il 13 ottobre 1631 Reynier si iscrive alla corporazione di San Luca di Delft come mercate d’arte e organizza aste e vendite di quadri nella sua locanda.

Nel 1641, arricchito, compra un’altra locanda, proprio sulla piazza del mercato, la “Mechelen”, dal nome della città d’origine della famiglia, dove continua a trattare il commercio di quadri, attività che lascerà alla morte, nel 1652, al figlio Johannes Vermeer, o più semplicemente Jan, secondogenito e primo figlio maschio, battezzato il 3 ottobre 1632 nella Nieuwe Kerk (Chiesa Nuova). Il cognome “Vermeer”, comune tra i contemporanei, derivava certamente da Renier che nel 1640 si era firmato “Vermeer”. (M.@rt)


johancatharina

A document cosigned by Johannes Vermeer
and his wife, Catharina Bolnes






Edited by Milea - 5/8/2021, 16:06
 
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suonatrice-di-chitarraD
The Guitar Player (La suonatrice di chitarra), detail
oil on canvas, 53x 46.3 cm. (1672 ca.)
Kenwood, English Heritage as Trustees of the Iveagh Bequest





L’apprendistato. Nessuna notizia e nessun biografo raccontano che cosa abbia fatto Vermeer dalla nascita a quel 5 aprile 1653, quando davanti a un notaio per le pubblicazioni relative al suo matrimonio con la ventiduenne Chatarina Bolnes, due anni più grande di lui, proveniente da una ricca famiglia di Gouda.

playing-guitar

Tra i testimoni al matrimonio c’era il cinquantottenne pittore Leonard Bramer, probabile parente di quel Pieter Bramer, che aveva assistito al battesimo di Jan nel 1632. Al matrimonio civile seguirà il 20 aprile, in forma clandestina a Schipluyden, il rito religioso di fede cattolica, cui sembra si fosse convertito anche Vermeer, prima calvinista.

Chatarina si era trasferita a Delft nel 1641 con la madre Maria Thins, separata dal marito per maltrattamenti, con due figlie affidate, e un terzo, Willem, rimasto col padre. Maria Thins, pur non firmando alcun documento di assenso alle nozze della figlia, non si era opposta alla sua convivenza con Vermeer, forse nella locanda “Mechelen”, mantenendo sempre buoni rapporti col genero. Su quei primi vent’anni di vita di Jan rimane il silenzio più assoluto riguardo alla sua formazione; è possibile immaginarlo nella locanda paterna, prima sul Voldersgracht, poi alla “Mechelen”, ad aiutare il padre e a prepararsi per il suo futuro di pittore.

I suoi genitori infatti, entrambi ultraquarantenni alla sua nascita nel 1632, si erano allora impegnati a fa frequentare una scuola ai figli, che insegnasse loro un “mestiere adeguato”. Sono state fatte diverse ipotesi sull’apprendistato di Vermeer, come quella che il giovane abbia studiato ad Amsterdam nella bottega di Rembrandt. Ma del grande pittore rimangono solo echi indiretti nella sua opera. O quella, sostenuta negli anni novanta da John Michael Montias e Arthur K. Wheelock Jr., che Vermeer abbia frequentato a Utrecht la bottega del pittore Braham Bloemaert (1566-1651), lontano parente della moglie ed esponente di un manierismo in realtà distante dal suo linguaggio.

Quest’ultima ipotesi, respinta da studiosi come Erik Larsen (1996), poggerebbe su tre dipinti la cui attribuzione negli anni trenta del Novecento alla fase giovanile del pittore, non appare convincente ed è stata a lungo discussa dagli storici. Sono la Santa Prassede ( Princeton, collezione Barbara Piasecka Johnson), il Cristo in casa di Marta e Maria (Edimburgo, National Gallery of Scotland) e la Diana e le ninfe (L’Aia, Mauritshuis), opere che, come formato, tecnica, tema e stile, non appaiono facilmente inseribili nel percorso del pittore, obbligando i sostenitori di questa tesi ad acrobazie per spiegare la “successiva svolta” nel caratteristico linguaggio delle opere certe. Si tratta infatti di tele di grande formato, con tematiche religiose e mitologiche, inusuali nella pittura di Vermeer. Non risulta infatti che egli abbia dipinto in gioventù quadri religiosi o di “storie”, tantomeno di grande formato.


Jan_Vermeer_-The-Allegory-of-PaintingDett
The Art of Painting (L’ allegoria della pittura), detail
oil on canvas, 130x 110 cm. (1666 ca.)
Vienna, Kunsthistorisches Museum




L’unica eccezione, la tela con Una visita al sepolcro di van der Meer-20 fiorini, citata nel giugno del 1657 come appartenente al mercante d’arte Johannes de Renialme: non si sa però a quale “van der Mee” appartenga, visto che in quegli anni di pittori con quel nome ce ne erano perlomeno sei, attivi tra Haarlem, Utrecht e altre città. Nessun documento o prova attesta che Vermeer abbia studiato a Utrecht. Anche le firme e la date dei tre dipinti, tra loro poi non così omogenei, appaiono dubbie.

Erick Larsen, ad esempio, che aveva avuto modo di osservare direttamente firme e dipinti nel 1948-1949 li considera decisamente spuri. Il carattere italianizzante della Prassede, di cui esiste una copia esatta del pittore italiano Felice Ficherelli, del 1645, conservata nella collezione Fergnani di Ferrara, obbligherebbe poi a immaginare un viaggio in Italia di Vermeer prima del 1652, di cui non si hanno notizie né riscontri, si sa invece che il noto Johan van der Mer di Utrecht (1630-1688) nel 1655 aveva fatto un viaggio in Italia. Ma soprattutto i tre dipinti hanno una stesura pittorica fatta di luci spezzate, contorni sbavati, sfondi abbozzati, ben diversi dalle velature ferme e le luci soffuse e immobili delle opere di Vermeer.

Più logico pensare che egli abbia affrontato lo studio della pittura nella stessa Delft, dove il padre, iscritto alla gilda cittadina, aveva un buon commercio di quadri che, alla sua morte, nel 1652, era passato in gestione al figlio ventenne. Non si può certo escludere che Vermeer facesse brevi viaggi ad Amsterdam e a Utrecht per aggiornarsi, ma nella piccola città olandese non mancavano artisti e pittori, in diretto contatto con centri più importanti. Il 29 dicembre 1653 anche Jan, veniva iscritto come “maestro pittore” alla gilda cittadina di san Luca pagando l’acconto di un fiorino e 10 stuivers, e finendo di saldare l’intera quota di sei fiorini solo tre anni dopo, il 24 luglio 1656. L’istruzione pittorica di Vermeer doveva essere cominciata da tempo, perché la gilda di Delft richiedeva sei anni di apprendistato per diventare maestro, anche se poi le regole non venivano seguite alla lettera. Il primo maestro di Vermeer può essere stato proprio il padre.


Vermeer_la-lattaia-cesta
The Milkmaid (La lattaia), detail
oil on canvas, 45,4X40,6cm (1659 ca.)
Amsterdam, Rijskmuseum


Esperto tessitore di “caffa”, e quindi anche disegnatore di tessuti, deve aver introdotto il figlio al disegno e avergli fatto apprezzare gli splendidi arabeschi di lane e sete. Basta guardare i primi dipinti certi, come la Giovane donna assopita, per capire la consistenza e lo scintillio di stoffe e tappeti non erano casuali, ma nati da una lunga abitudine a trattare i tessuti.

Jan_Vermeer_-The-Allegory-of-PaintingD

Vicino di casa, sul Voldersgracht, abitava Cornelis Daemen Rietwijch, ritrattista e membro della gilda, che teneva una specie di scuola. Secondo Montias potrebbe aver insegnato a Jan i rudimenti del disegno.

E’ possibile: del resto Reynier conosceva vari pittori, presso cui introdurre il figlio, come Leonard Bramer (1596-1674) e il concittadino Willem van Aelst (1627-1683 circa), specializzato in raffinate nature morte, rese con materiali tecnicamente eccellenti e straordinari effetti di luce riflessa sulla superfici metalliche. Vermeer ha certo visto e apprezzato i loro lavori, può aver studiato presso uno dei due per un certo periodo.

Nella locanda paterna passavano quadri, di diversi stili e tendenze, che potevano affascinare ed entusiasmare il giovane Jan, che ne avrebbe visti più tardi altri in casa della suocera, come La mezzana di Dirk Baburen, che compare sullo sfondo di due dei suoi dipinti.

Certo un vero e proprio maestro di pittura Vermeer deve averlo avuto. Forse quel Leonard Bramer di Delft testimone delle sue nozze? Niente lo conferma. Inoltre Bramer, allievo di Rembrandt ad Amsterdam, era autore di piccoli quadri scuri e di grandi affreschi, una tecnica ormai rara. Spunta però un altro nome dalle ricerche di Montias, che potrebbe essere quello giusto: Gerard ter Borch (1617 – 1681), il pittore più noto e apprezzato di scene di genere dell’alta società. Due giorni dopo il suo matrimonio, il 22 aprile 1653, Vermeer e Gerard ter Borch si trovano insieme a Delft a firmare un atto di fideiussione presso il notaio Willem de Langue. Il trentaseienne ter Borch, indicato con rispetto dal notaio “Monsier Gerrit ter Borch”, al culmine della sua carriera, dipingeva interni borghesi proprio come quelli che poco dopo, a metà anni cinquanta, dipingerà Vermeer: stanze eleganti, atmosfere rarefatte, gentildonne con abiti fruscianti di seta, conversazioni galanti.

Sottili le rese psicologiche e stessi i temi (lettere e incontri d’amore, lezioni di musica, ritratti). Quindici anni maggiore di Vermeer, ter Borch, uomo di notevole cultura artistica, aveva girato mezza Europa. Nel 1644 era tornato in patria, stabilendosi nel 1648 ad Amsterdam e nel 1652 -1653 all’Aia, distante solo un pomeriggio id viaggio da Delft, dove è presente nell’aprile 1653 e dove forse rimane sino a quando si trasferisce nel 1654 a Deventer.

E’ possibile dunque che il pittore abbia avuto nella sua bottega, all’Aia o a Delft, Vermeer, che può averlo invitato al suo matrimonio e presentato al notaio di fiducia de Langue. Per “Monsieur Gerrit” era una buona occasione per ampliare il mercato delle sue opere. Una notevole influenza deve aver avuto su Vermeer anche Carel Fabritius (1622 – 1654), brillante discepolo di Rembrandt, documentato a Delft nel 1650, prematuramente scomparso nel 1654, per lo scoppio di una polveriera.

Il gusto per le architetture è un tratto tipico della pittura di interni e di Vermeer, considerato dai contemporanei il continuatore di Carel Fabritius, la cui morte veniva così commentata da Arnold Bon nel 1667: “Così perì questa fenice, per la nostra rovina, egli lasciò questa vita al culmine della fama; ma per grande fortuna, dalle sue ceneri si levò Vermeer, che da maestro ne seguì magistralmente le orme”.
Una seconda versione sostituisce l’ultima frase con “seppe emularlo magistralmente”. I muri vuoti e luminosi presenti in opere di Fabritius, sono quelli che si ritroveranno negli interni di Vermeer, che poteva dunque trovare ottimi maestri nella stessa Delft. (M.@rt)


strada-di-delft
Street in Delft (La strada di Delft), detail
oil on canvas, 53x 43.5 cm. (1657-58 ca.)
Amsterdam, Rijksmuseum








Edited by Milea - 5/8/2021, 16:20
 
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Vermeer_-_A_Lady_Drinking_and_a_Gentleman__detail_
The Glass of Wine, (Il bicchiere di vino), detail
oil on canvas, 66.3x76.5 cm (1661 ca.)
Berlin, Gemäldegalerie


La pittura di interni a Delft e dintorni. Il genere di pittura che Vermeer aveva scelto, quella di interni borghesi e più raramente di paesaggio, era molto richiesto sul mercato olandese sin dal Cinquecento, certamente più nobile dei pittoreschi “mendicanti, bordello, tavern, fumatori di tabacco, bambini seduti sul vaso, o cose ancor peggiori e più sporche” come definiva quelle disordinate scene rustiche e burlesche Gérard de Lairesse nel 1707 nel suo Grande libro dei pittori.


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Vermeer trattava invece un genere più raffinato, che tendeva a raffigurare, in un interno, un piccolo numero di persone, che sorseggiano un bicchiere di vino, fanno musica o conversano. Un genere definite, anche se impropriamente, delle “compagnie galanti” o “quadri di conversazione”. Spesso però a dominare è la figura femminile, sola o in compagnia di un gentiluomo o di una domestica che suona, scrive lettere o si agghinda di fronte allo specchio.


Vermeer-The_Glass_of_Wine_girl



La vita quotidiana, con sottintesi allegorici, inserita in spazi ben studiati, in cui la luce aveva un ruolo fondamentale nel definire i rapporti tra le figure, sembra essere una chiara linea di tendenza tra i pittori di Delft degli anni cinquanta e sessanta, che tra loro probabilmente si conoscevano e influenzavano. Certamente in contatto, trattavano soggetti simili, ma con impostazioni diverse: Vermeer inseriva i protagonisti nell’angolo di una stanza, studiava la luce da un solo punto di vista, tendeva alla sintesi, ma riusciva a esprimere stati d’animo e psicologia dei personaggi.

Anche in altre parti del paese c’erano artistiche si dedicavano a questo tipo elevato di pittura di genere, molte volte destinato a committenti particolari, più che al mercato. (M.@rt)


Vermeer-The_Glass_of_Wine_window







Edited by Milea - 5/8/2021, 16:23
 
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Girl reading a letter at an open window
(Ragazza che legge una lettera davanti alla finestra), detail
oil on canvas, 83x 64.5 cm. (1658 ca.)
Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister




Le prime opere: 1656 - 1660 . Alla morte del padre, Vermeer aveva ereditato il commercio dei quadri e la gestione della locanda, un’attività quest’ultima esercitata non di rado dai pittori, come dimostra il caso di Jan Steen, che proprio a Delft aveva un esercizio all’insegna de “De Slange” (“Il sepente”). Il padre aveva lasciato a Vermeer anche debiti, come quello di 250 fiorini, di cui il pittore con la moglie si faceva garante il 14 dicembre 1655 di fronte al notaio Rota. Nel 1657 dovrà chiedere un prestito di 200 fiorini al ricco Borghese Pieter Claesz van Ruijven per saldare gli interessi dello stesso debito.

A quegli anni, in cui Vermeer viveva al “Mechelen”, dove nel 1654 gli era nata la prima figlia, risalgono i suoi primi dipinti, interni, paesaggi, ritratti, appartenenti con certezza allo smilzo corpus documentato da fonti antiche, omogeneo stilisticamente e accettato con unanimità dalla critica.
Tra le prime opere rimaste incontriamo La mezzana della Gemäldegalerie di Dresda, firmata e datata “1656”. Documentata da metà Settecento, la tela ha suscitato qualche perplessità tra gli storici per un certo sapore burlesco e una espressività accentuata, estranei al carattere più profondo di Vermeer e per la prospettiva appiattita.

Se si tratta di un’opera autografa, come risulta, rivelerebbe una certa acerbità, nonostante la bellezza del tappeto in primo piano, la raffinatezza di brocca, bicchieri, tessuti. Il tema, frequente nella pittura olandese e intriso di significati allegorici, potrebbe alludere ai mali in cui il Figliol Prodigo si sarebbe imbattuto: il giovane starebbe infatti dilapidando la propria eredità in un bordello dove compaiono la ragazza compiacente, la vecchia mezzana e un giovane suonatore.

E’ possibile, ma non probabile, che l’opera contenga un arguto accenno autobiografico, dato che i lineamenti della mezzana potrebbero essere quelli di Maria Thins, suocera del pittore, e il suonatore, un autoritratto dello stesso Vermeer.



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A Girl Asleep, (Giovane donna assopita), detail
oil on canvas, 87,6x76 cm. (1656 ca.)
New York, The Metropolitan Museum of Art




A questi anni appartiene la Giovane donna assopita del Metropolitan Museum di New York, identificabile con la “Ragazza ubriaca addormentata a una tavola”, un dipinto appartenuto a Jacob Dissius e venduto con altri venti di Vermeer all’asta tenuta ad Amsterdam il 16 maggio 1696.

Databile intorno al 1656, rivela già il linguaggio tipico del pittore, con gli spazi ben spartiti, pochi personaggi, vistose stoffe arabescate, atmosfere silenziose, quasi incantate, sottili e studiati giochi di luce. Un tipo di immagine vicina a quella di opere contemporanee di Nicolaes Maes o di Gabriel Metsu, con l’atmosfera malinconica della Sentinella, dipinta da Carel Fabritius nel 1654.



Vermeer_young_women_sleeping-still-life




Lo schema è quello che sarà d’ora in poi adottato da Vermeer: l’illuminazione proveniente da sinistra, filtrate da una finestra e l’ambientazione entro l’angolo raccolto di una stanza.

Il motivo del vino, tra i più poetici del pittore, diventerà ricorrente, accompagnando conversazioni, scene di musica e di seduzione, con gentiluomini e giovani donne sorridenti, che assaporano bicchierini o stringono brocche, senza mai cadere nell’eccesso, come succede invece nel Gentiluomo che porge da bere a una signora di Gerard ter Borch (collezione della regina Elisabetta II). Negli anni 1656/1657- 1660 Vermeer dipinge altri tre capolavori sul motivo del vino, in cui gli antichi significati allegorici della tradizione nordica si stemperano con grazie d eleganza nel clima “moderno”.



Vermeer-The-Milkmaid
The Milkmaid (La lattaia)
oil on canvas, 45,4X40,6cm. (1659)
Amsterdam, Rijskmuseum




Questi quadri, che indicano scambi con la pittura di quegli anni di Pieter de Hooch, che comincia a dipingere dal 1655 scene simili, riflettono una progressive evoluzione, per l’uso di una materia densa e luminosa e un trattamento più accentuate della luce. Le stanze dai limpidi pavimenti quadrettati, le eleganti seggiole in cuoio, le vetrate con intarsi, le carte geografiche e i quadri alle pareti sono forse quelli della nuova casa di Vermeer, in realtà della suocera Maria Thins, nel quartiere cattolico di Delft, noto come l’Angolo dei Papisti, sull’Oude Langedijck, vicino alla piazza del mercato, dove il pittore e la moglie, gravati dale difficoltà finanziarie, si erano trasferiti nel corso degli anni cinquanta. La data esatta del trasferimento è ignota, ma sappiamo che il 27 dicembre 1660 un figlio di Vermeer, indicato come abitante sull’”Oude Langedijck”, fu seppellito nella Chiesa Vecchia.

Maria Thins contribuiva al loro mantenimento e a quello dei suoi pargoli, offrendo una casa ampia e comoda. Descritta nell’inventario compilato nel febbraio 1676, due mesi dopo la morte di Vermeer, l’abitazione comprendeva un vestibolo, una sala, una sala da pranzo, una stanza terrena, un ampio studio per dipingere e svolgere il commercio di quadri.
Un atelier simile a quello che Vermeer ha raffigurato nell’Allegoria della pittura, con seggiole, cavalletto, tavolo, calchi, tessuti e costume e tutti gli oggetti ricordati nell’inventario citato, come tavolozze, pennelli, pietre per macinare i colori, libri.



Vermeer-The-Milkmai-dett


La Ragazza che legge una lettera davanti a una finestra , di poco successivo alla giovane donna assopita, un dipinto conservato alla Gemäldegalerie di Dresda, introduce un altro tema caro a Vermeer e ai pittori del tempo, quello della lettera d’amore, scritta o letta da una ragazza o da una giovane donna, in solitudine o alla presenza della domestica. Vermeer dipingerà perlomeno sei tele con questo soggetto nei vent’anni successivi, cogliendo diversi momenti, nella lettura o nella scrittura, come nelle sequenze di un film, in cui le protagoniste sono probabilmente ritratti di donne della sua famiglia, di qualche cameriera o parente del committente.

Il soggetto era stato trattato da Gerard ter Borch nella Donna che scrive una lettera (L’Aia, Mauritshuis, 1655 circa) e nella Signora che sigilla una lettera di collezione privata, ma Vermeer ne supera il carattere narrativo per una dimensione senza tempo. Ed è proprio questo valore atemporale e quindi universale, a caratterizzare le sue figure rispetto a quelle di altri pittori contemporanei. La lattaia, ad esempio, del Rijksmuseum di Amsterdam, datato concordemente tra il 1658 e il 1660, trasforma una tradizionale scena di cucina in un quadro eroico. La modesta e solitaria domestica, che prepara il latte per tutta la famiglia, diventa una dea pensosa, stretta in stracci grossolani.

Così la splendida natura morta, di pane vecchio e fresco, tra brocche, ceste, scaldino, colpita da una luce sottile e violenta, sembra trasformarsi, nella silenziosa cucina, in grezzi lingotti d’oro. Tutto in Vermeer è poesia del silenzio. Persino Delft e le sue case, immortalate nelle due celebri tele (Strada di Delft e Veduta di Delft), sono così mute, da far sentire lo sgocciolio dell’acqua usata nel cortiletto dalla domestica. (M.@rt)


vermeer_view_of_delft
View of Delft (Veduta di Delft)
oil on canvas, 98,5x117,5 cm (1660 -1661)
L’Aia, Mauritshuis Museum
Firmato in basso a sinistra, sulla barca “IV M”







Edited by Milea - 5/8/2021, 16:29
 
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Vermeer_Donna-con-broccadett
Young Woman with a Water Pitcher (Donna con brocca d'acqua), detail
oil on canvas, 45,7×40,6 cm (1664 ca.)
New York, Metropolitan Museum of Art




Capolavori della maturità e visite illustri: 1660-1670 . Il mondo di Vermeer è tutto in quella pittura, concentrato e silenzioso, mentre intorno a lui si agita la rumorosa e rissosa famiglia. Nel 1660 un altro guaio si aggiunge alla già complicata vita della suocera Maria Thins, l’arrivo a Delft del figlio Willem, che il padre non riusciva più a mantenere.

Vermeer_Donna-con-brocca-window

Il ragazzo che conduceva un’esistenza dissoluta, nel 1663 aveva minacciato la madre e la sorella Catharina, incinta e vicina al parto. A raccontare le burrascose vicende a un notaio, furono alcuni vicini di casa, intervenuti in soccorso delle due donne. Il ragazzo fu rinchiuso in una casa di correzione privata, da cui sarebbe fuggito con una domestica dell’istituto, creando altri problemi.

Nell’ingarbugliata scena familiare Vermeer non compare mai; dobbiamo immaginarlo nel suo atelier, a dipingere quadri per qualche committente, darsi da fare per la vendita di altri, oppure alla gilda dove era un personaggio di spicco. Della sua attività emerge poco.

Sappiamo che nel 1661 si era fatto garante per un prestito di 78 fiorini a favore di un certo Clement van Sorgen e che per due volte fu nominato sindaco della corporazione dei pittori, nel 1662 e nel 1670, fatti che rivelano la rispettabilità che l’artista si era conquistato nella comunità di Delft.

Alcune preziose testimonianza degli anni sessanta rivelano che il pittore aveva raggiunto una notevole fama anche fuori, nei circoli colti ed eleganti; soprattutto la prospettiva, la resa dello spazio, colpivano i suoi contemporanei. Gli anni 1660-1670, sono quelli dei capolavori, che Vermeer dipinge lentamente, probabilmente su richiesta di committenti privati.

I temi trattati sono tipici e ricorrenti: la musica, le perle, le lettere. I merletti, mentre un altro elemento fondamentale nella costruzione del quadro, rimane la luce, con la sua incidenza su cose e persone, i riflessi sui materiali e sui colori, il leggero contrasto con le ombre mai scure.

Gli ambienti rappresentati sono sempre gli stessi, trattati con abile prospettiva da diversi punti di vista e mai monotoni.

Sono i silenziosi interni borghesi, popolati di figure femminili, colte con sensibilità ed sottigliezza nei gesti e nel carattere, nelle quali si è voluto vedere come modella la moglie Catharina, trasformata in una delicata donna bionda, che legge documenti o lettere alla luce di un’elegante finestra quadrettata; che si osserva allo specchio con la collana di perle; pesa perle e oro; suona il liuto e ricama, spesso rivestita da una giacca con polsi e colletto di pelliccia.

Altre figure femminili compaiono nel gineceo di Vermeer: forse la suocera, le figlie con turbanti, orecchini di perle o camuffate in figure allegoriche, sull’esempio di Rembrandt. Ma per identificarle con sicurezza bisognerebbe confrontarne la data di nascita con la cronologia dei quadri, che invece è solo ipotetica.

La Donna con la brocca del Metropolitan Museum di New York, dipinta forse tra il 1664 e il 1665, è uno dei quadri più raffinati di Vermeer, giocato sui toni gialli e azzurri: pochi oggetti, una sola figura, un bel taglio prospettico e soprattutto la luce lieve, che giunge da una finestra e gioca con le ombre altrettanto leggere.




Vermeer_Donna-con-brocca-tavolo




Sarebbe anche interessante sapere chi è la Donna che legge una lettera, in una stanza in cui non si vede la finestra, che manda però la sua luce.

La lunga giaccia azzurra non riesce a nascondere la gravidanza. Ma ogni domanda perde interesse di fronte ai colori estremamente sofisticati, i pochi essenziali arredi, l’atmosfera incantata. Donne infiocchettate alla spinetta, lampadari, quadri e orecchini: Vermeer ritrae o crea un universo di armonia e bellezza, che nessun pittore del Seicento olandese era mai riuscito a realizzare.


Lady-writing-a-letter-with-her-maid
Lady writing a letter with her maid (Donna che scrive una lettera con domestica), detail
oil on canvas, 71.1x 58.4 cm. (1670-1671 ca.)
Dublino, National Gallery of Ireland



Unico è lo sguardo pensoso di quella giovane Donna che scrive una lettera, oggi alla National Gallery of Art di Washington, la mano delicatamente appoggiata sullo scrittoio, accanto a una collana di perle. Mentre la Signora che scrive una lettera con la sua domestica, della National Gallery of Ireland di Dublino, scrive con foga tale che sembra quasi di sentire lo scricchiolio della penna sul foglio nel silenzio della stanza, dove una domestica attende.

E la merlettaia?
Concentrata, lavora al suo pizzo tra i fili colorati, attraenti come calamite, mentre sospira leggermente. Vermeer dipinge anche, seppur più raramente, figure maschili: il gentiluomo, che accompagna la bevitrice di vino o la suonatrice di spinetta, ad esempio. Nella pittura di Vermeer questi signori, vestiti alla moda, mantengono un atteggiamento misurato. (M.@rt)


Vermeer_The_lacemaker
The lacemaker (La merlattaia), detail
oil on canvas, 24x21 cm. (1669-1670)
Parigi, Musée du Louvre






Edited by Milea - 5/8/2021, 16:34
 
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Vermeer-young-woman-with-a-pearl-necklace
Young Woman with a Pearl Necklace (Donna con collana di perle), detail
oil on canvas, 45x55 cm (1664 ca.)
Berlino, Gemaldegalerie




Vita difficile: 1670-1675 . Il 13 febbraio 1670 moriva la madre di Vermeer nella sua casa della Vlamingstraat e qualche mese dopo, il 13 luglio, l’artista entrava in possesso del “Mechelen” che, ipotecato, fruttava un modesto affitto. L’anno dopo ereditava dalla sorella Geertruijt 648 fiorini, il salario di due anni di un muratore, cui si aggiungeva un’altra eredità da parte di un parente della moglie.

young-woman-with-a-pearl-necklace-window

Nel 1672 dava in affitto per sei anni il “Mechelen”, a 180 fiorini l’anno, all’omonimo Johannes van der Meer, che ne prendeva possesso in maggio.

Era ormai famoso non solo come pittore, ma come mercante di quadri e proprio per quest’ ultimo ruolo era stato chiamato, nel maggio 172, all’Aja a valutare tredici dipinti, in gran parte di artisti italiani, che il mercante di Amsterdam, Gerard Uylenbourgh, aveva venduto per 30.000 fiorini al grande elettore di Brandeburgo Federico Guglielmo.
Quest’ultimo però li aveva respinti come “copie goffe e ciarpame”, appoggiato dal suo agente, il pittore Hendrick Fromantiou.

Con loro c’erano altri esperti, a sostegno delle due parti in causa. Invitato a esprimere il suo giudizio, Vermeer dichiarava che le opere non erano originali di Michelangelo, Tiziano e Tintoretto, come sosteneva il mercante, ma “croste e cattivi dipinti”, che non valevano il prezzo pagato. Si trattava infatti di lavori di bottega, che l’elettore riuscirà a restituire al mercante. Nonostante le varie eredità e il lavoro, Vermeer non navigava nell’oro e la famiglia era mantenuta dalle rendite della moglie e suocera.

Il commercio dei quadri di altri artisti, di cui rimane un inventario con relativa stima steso nel 1676, dopo la morte del pittore, non doveva rendere molto. Inoltre i drammatici avvenimenti, che sconvolsero l’Olanda nel 1672.1673, quando l’esercito francese di Luigi XIV invase i Paesi Bassi con saccheggi e devastazioni, costrinsero gli olandesi ad aprire le dighe e ad allargare le loro terre, con gravi conseguenze per l’economia del paese.

Vermeer non riuscì a vendere dipinti né suoi né di altri artisti, come lamentava la moglie Catharina. Diventava così sempre più importante il patrimonio della suocera che, rimasta vedova il 4 aprile 1674, aveva incaricato Vermeer, di occuparsi dell’eredità del marito Reynier Bolnes.
Un mese dopo il pittore si recò a Gouda per prendere le decisioni più urgenti riguardo gli affari del suocero.

Nel marzo 1675 Vermeer compariva con Maria Thins davanti ad un pubblico notaio del tribunale di Delft, per occuparsi di un’altra eredità, quella del fu Henrick Hensbeeck, parente di Reynier Bolnes, morto anche lui a Gouda, che lasciava i suoi beni a Catharina e al fratello Willem.

In quell’occasione Maria conferiva “potere al signor E.Johannes Vermeer, suo genero, noto pittore, di rappresentarla negli affari concernenti la successione del fu Henrick Hensbeeck […] agendo da buon amministratore legale”. Il documento era stato firmato da Maria e dal testimone, il vetraio Pieter Roemer.


young-woman-with-a-pearl-necklace-table



Nonostante gli aiuti della suocera, il pittore il 5 luglio 1675, era stato costretto a contrarre un debito di mille fiorini. Le forti preoccupazioni economiche nei confronti degli undici figli, di cui solo tre maggiorenni, il più piccolo non aveva ancora due anni, devono aver gravato sulla salute e sul cuore di Vermeer, che il 16 dicembre 1675 moriva improvvisamente a quarantatré anni.

Sarà sepolto nella tomba di famiglia nella Chiesa Vecchia. La moglie Catharina aveva spiegato che la guerra aveva avuto conseguenze disastrose sulla situazione economica del marito, che “anche a causa del grande peso dell’allevare i figli e non avendo mezzi propri, era caduto in una tale rovina e decadenza, da soffrirne a tal punto da cadere in delirio e nel giro di un giorno, o di un giorno e mezzo, da uomo sano era passato alla morte”. (M.@rt)







Edited by Milea - 5/8/2021, 16:39
 
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Vermeer_Lady-Standing-at-a-Virginal-
Lady Standing at a Virginal (Donna in piedi alla spinetta), detail
oil on canvas, 51.7× 45.2 cm. (1672- 1673 ca.)
Londra, National Gallery




L’eredità di Vermeer: 1675 – 1688. La scomparsa del pittore aveva lasciato la famiglia in una situazione gravissima. Per pagare i debiti Catharina fu costretta a vendere beni e quadri, conservati nella casa-atelier dell’Oude Langedijck, all’angolo del Molenpoort, il cui inventario era stato compilato il 29 febbraio 1676, dopo la morte dell’artista, insieme a quello degli oggetti rimasti in casa di Maria Thins, che dovevano essere divisi a metà tra Maria e Catharina. In tutto una sessantina di opere, qualcuna di Vermeer, tre di Carel Fabritius, tra cui due ritratti, forse un paio di Samuel van Hoogstraeten, altre di pittori il cui nome non veniva riportato.

puttino

Erano state elencate tele, tavole, pennelli, due cavalletti, colori e altro.
Catharina per pagare il debito di 617 fiorini al fornaio, nel 1676 gli cede due dipinti di Vermeer, probabilmente Donna che scrive una lettera in presenza della domestica (Dublino, National Gallery of Ireland) e La suonatrice di chitarra (Kenwood, The Iveagh Bequest), riservandosi il diritto di riscattarli a 50 fiorini l’anno.

Sappiamo che il fornaio, con tutta probabilità lo stesso presso cui il gentiluomo francese Monconys aveva visto un dipinto di Vermeer, pagato a caro prezzo, era uno degli uomini più ricchi della città e aveva un’importante collezione di dipinti che, alla sua morte, contava tre Vermeer acquistati prima del 1683: sicuramente i due avuti da Catharina e quallo visto dal francese.

Il debito contratto dalla famiglia Vermeer corrispondeva alla quantità di pane necessaria a mantenere un paio d’anni la famiglia. Il fornaio, in ricordo dell’amicizia col pittore, concesse alla vedova dodici anni di tempo per restituire a rate a somma necessaria a riscattare i dipinti.

La situazione economica continuava ad essere allarmante, per cui il 24 e il 30 aprole 1676, Catharina si rivolse all’Alta Corte per dichiarare bancarotta e chiedere una moratoria nel pagamento dei debiti lasciati dal marito alla sua morte. Fu designato come curator fallimentare il naturalista Anthonij van Leeuwenhoeck, cittadino di Delft e coetaneo dello scomparso pittore, celebre per le ricerche al microscopio.

E’ probabile che ci fossero stati rapporti di lavoro, in merito alla camera oscura, tra Vermeer e lo scienziato, che si comporta comunque in modo severo con vedova e suocera, accusandole di aver sottratto beni e denaro alla liquidazione dei creditori.
Infatti, dopo la morte del genero, Maria aveva più volte ritoccato il testamento, riducendo al minimo l’eredità destinata alla figlia e affermando che dalla somma che le sarebbe spettata, andavano sottratti i denari prestati per mantenere la famiglia; così alla morte di Maria, i suoi beni sarebbero passati direttamente ai nipoti.

Catharina aveva poi affidato alla madre gli oggetti preziosi, affinchè non le fossero tolti e il 24 febbraio, con un apposite atto, le aveva ceduto il dipinto indicato come l’ Arte della pittura (Allegoria della pittura), spiegando che si trattava di un pegno per la restituzione di un prestito.
In seguito l’esecutore testamentario inserirà il dipinto in un’asta, con le proteste di Maria, che ne rivendicava la proprietà. Catharina aveva volute salvare in questo modo un’opera del marito, ancora nell’atelier.

Ma i pagamenti in quadri non erano finiti. Anche Jannetje Stevens, che commerciava in tessuti di lana, voleva essere pagata: le toccò il ricavato di 26 dipinti, messi all’asta dal mercante Jan Coelembier di Haarlem nel 1677. Dalle cifre dei quadri messi in vendita, si suppone che fossero opera non di Vermeer, ad eccezione dell’ Allegoria della pittura che Maria Thins rivendicava.



Vermeer-The_Astronomer--
The Astronomer (L’astronomo), detail
oil on canvas, 51× 45 cm. (1668)
Parigi, Musée du Louvre




Tempi difficili per Catharina che, undici anni dopo, il 2 gennaio 1688 sarebbe morta nella casa di Vervesdijk; fu sepolta nella Chiesa Vecchia di Delft. I dipinti del marito rimanevano sparsi tra i diversi collezionisti.

Secondo calcoli attendibili, tra i superstiti e quelli perduti, il pittore nell’arco della sua vita, doveva averne realizzati tra i cinquanta e i sessanta. Alcuni erano appartenuti al fornaio van Buyten; altri a un ipotetico committente, lo scienziato Anthonij van Leeuwenhoeck, l’amministratore nella bancarotta della vedova dell’artista, di cui era stato forse amico e consulente per l’uso della “camera oscura”. A suggerirlo è il tema insolito di due quadri, l’Astronomo del 1668 e il Geografo, che pur in perfetta sintonia di linguaggio con le altre opere di Vermeer, rappresentano soggetti precisi legati alla scienza, che esorbitano dai soliti interni femminili.

Si è pensato che a ordinarli al pittore sia stato van Leeuwenhoeck che, proprio nel 1669, poco dopo la realizzazione dei dipinti, aveva sostenuto un esame di topografia. Eccezionali, concepiti forse in origine come pendants, i due scienziati sottolineano il forte collegamento tra la mente e la mano, cioè tra la scienza e i sensi.


Vermeer_the_geographer
The Geographer (Il geografo), detail
oil on canvas, 53×47 cm. (1668 - 1669)
Francoforte, Steadelsches Kunstinstitut, Germania




Altre opere erano forse appartenute al ricco possidente e collezionista di Delft, Pieter Claesz van Ruijven (1624 – 1674), di cui non sono però emersi contatti diretto con l’artista.
Sappiamo però che il 30 novembre 1657, van Ruijven, un po’ più anziano di Vermeer, gli aveva prestato 200 fiorini, registrati in un atto notarile, si è supposto che si trattasse di un anticipo per l’esecuzione di alcuni dipinti e che i rapporti di committenza fossero continuati sino alla fine.

Nel 1665 la moglie di van Ruijven aveva espresso nel suo testamento l’intenzione di asciare una somma di denaro a Vermeer e lo stesso collezionista era stato testimone nel 1670 alla stesura delle ultime volontà della sorella dell’artista.
Dopo la morte di van Ruijven nel 1674, della moglie e della figlia Magdalena, tutti i beni di famiglia, compresa un’importante collezione di dipinti, furono ereditati dal genero, Jacob Abramsz Dissius, rilegatore di libri. Un inventario del 1683, l’anno successivo alla morte della moglie Magdalena, conferma che egli possedeva, tra gli altri, venti quadri dipinti da Vermeer, di cui non sono però indicati i soggetti.

Dopo la morte di Dissius nel 1695, i dipinti della sua collezione furono messi all’asta ad Amsterdam dal mercante Gerard Houet. Tra i centotrentaquattro quadri messi in vendita il 6 maggio 1696, ventuno erano di Vermeer. L’elenco delle opere e dei relativi prezzi permette di ritrovare molti dei quadri che formano il corpus di Vermeer.

La mancanza di una documentazione precisa non permette di attribuire a van Ruijven gli acquisti dei ventuno dipinti. Sembra infatti che alcuni , come Donna con collana di perle, fossero ancora nello studio di Vermeer alla sua morte e quindi non facessero parte della raccolta del collezionista. (M.@rt)



the-love-lette-rvermeer
The Love Letter (La lettera d’amore), detail
oil on canvas, 38.5 x 44 (1669 ca.)
Amsterdam, Rijksmuseum






Edited by Milea - 5/8/2021, 16:44
 
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Vermeer
Il secolo d'oro dell'arte olandese











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per visualizzare le opere trattate in questa sezione




Vermeer-tazza-grande




Bibliografia - I geni dell’arte
Mondadoriarte




Edited by Milea - 5/8/2021, 16:45
 
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Jan Vermeer: quella pittura fatta di luce


La-ragazza-con-lorecchino-di-perla
La ragazza con l'orecchino di perla



Artisti come Gabriel Metsu o Gerard ter Borch raccontano in modo memorabile la vita del loro tempo, che si è guadagnato il titolo di secolo d' oro della pittura olandese. Inquadrano architetture e interni abitati da personaggi intenti a compiere gesti abituali: c' è chi cucina, chi ricama, chi gioca a carte, chi suona uno strumento. Non esiste gruppo che non sia accompagnato da un cane che è sì simbolo di fedeltà, ma è anche compagno di esistenza quotidiana.

vermeer_pittore_dettaglio

Nel dipinto di Hendrick van Vliet un cagnetto scodinzolante fa addirittura la pipì sulla colonna di una chiesa. È evidente che questi artisti vogliono innanzitutto narrare: virtù domestiche, rigore morale, senso della dignità di una vita "normale". E tra i più grandi affabulatori c' è Pieter de Hooch capace di rivelare attraverso piccoli espedienti come porte che si aprono, grate investite dal sole, piccole scale all'orizzonte, un'idea di spazio completamente rinnovata. Dove inserisce famiglie protestanti in posa, figure che rassettano una camera da letto o camminano in cortile. Anche lui, come gli altri, finisce per trasportarti nel suo tempo, rivelandoti i dettagli di giornate sempre uguali.

Vermeer si forma in quest' ambiente e i suoi temi sono simili a quelli dei colleghi. Tuttavia, quando incontri i suoi otto quadri disseminati tra gli altri olandesi nelle sale delle Scuderie, hai un sussulto, la differenza brilla sulla tela. Perché lì c' è la luce. E quella di Vermeer è altro da tutto il resto. Il suo modo di dar luce al mondo è ipnotico, crea e unifica lo spazio e si identifica con la struttura stessa del quadro. Ne è il vero, segreto, soggetto: finestre nascoste irradiano pareti da cui emana un silenzio luminoso, intimo ma anche quasi estraneo alla realtà. Così si crea un tempo sospeso.

È la cifra di Vermeer. Inconfondibile. Irripetibile.
Eppure, tutta questa unicità, la possiamo riconoscere come un tassello, un capitolo di una storia che ha radici profonde nel passato della pittura ed è destinata a andare lontano. Possiamo tirare un ideale, magari arbitrario ma certamente luminoso filo rosso che unisce artisti lontani tra loro per epoche e luoghi. Pittore di luce è Beato Angelico, nella Firenze del Quattrocento. Dio, per questo monaco domenicano, si esprimeva in chiarori e brillantezze che aveva imparato a conoscere miniando codici sacri. Come Vermeer anche lui risolve lo spazio in termini di luce, di bianco su bianco, come se non vi fosse bisogno d' altro. A Venezia nel Cinquecento il tempo della pittura diventa quello di mattini tersi con Paolo Veronese.


Santa-Prassede
Santa Prassede (particolare)



Nel Seicento Caravaggio e Georges de La Tour squarciano il buio illuminando particolari e interpretando come mai prima d' ora il chiaroscuro. La luce diventa protagonista della veduta con Canaletto e in maniera naturale conquista il paesaggio. Gli impressionisti cercano di restituire l'attimo di quel determinato raggio di sole, mentre Matisse immagina una luce mediterranea quasi assoluta. Se ci si lascia sedurre dagli accostamenti di azzurri e gialli di opere come la Giovane donna in piedi al virginale si sente immediatamente un'affinità con le ultime bottiglie dipinte da Giorgio Morandi, che amava moltissimo Vermeer. E basta osservare i particolari dei muri de La stradina con quel colore dai contorni che vibrano e sbavano per essere catapultati nello spazio-colore più intenso e coinvolgente del Novecento, quello di Mark Rothko. Melania Mazzucco





Ragazza-col-cappello-rosso
Ragazza col cappello rosso


Giovane-donna-seduta-al-virginale
Giovane donna seduta al virginale


Donna-in-blu-che-scrive-una-lettera
Donna in blu che legge una lettera


La-stradina-di-Delft

La stradina di Delft





Edited by Milea - 5/8/2021, 16:52
 
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