Posts written by Cappuccine

view post Posted: 11/12/2023, 21:16     +7L’ ermellino e la lepre (leggenda russa) - Favole, miti e leggende

L’ ermellino e la lepre


(leggenda russa)


Un giorno un candido ermellino, acquattato nella neve, spiava un topolino. Ma ecco arrivare di corsa una lepre bianca: essa non si avvide dell’ermellino e gli saltò sulla schiena.
L’ermellino, accorgendosi che qualcosa di bianco gli era salito sulla groppa, reagì vivacemente a morsi e per poco non staccò una zampa alla lepre.

La vicenda finì in tribunale, dove la lepre citò l’ermellino davanti all’orso. “Perché hai morsicato la lepre?” domandò severamente l’orso all’ermellino. “Io non sapevo che fosse una lepre. Chi potrebbe riconoscerla nella neve, tutta bianca com’è? Essa non avrebbe dovuto saltarmi addosso”.
“E tu, lepre, perché sei saltata addosso all’ermellino?”
“Io non sapevo che fosse l’ermellino. Chi potrebbe riconoscerlo in mezzo alla neve tutto bianco com’è?”



L’orso ci pensò su un po’, poi sentenziò: “L’ermellino è innocente e la lepre è senza colpa. Cosa volete che ci faccia io? Acchiappò la lepre per le orecchie e l’ermellino per la coda e li buttò fuori dal tribunale. Ma l’orso aveva le zampe molto sporche ed ecco perché da quel tempo la lepre bianca ha le orecchie nere e l’ermellino ha un ciuffo nero in cima alla coda. Così ora essi si possono riconoscere nella neve.




Piero di Cosimo
(1462 - 1521)
Venere, Marte e Cupido
1505 circa
olio su tavola di pioppo -72 x 182 cm.
Gemäldegalerie, Staatliche Museen, Berlino





view post Posted: 4/12/2023, 20:11     +8La magia dei bucaneve nelle leggende - Favole, miti e leggende

La magia dei bucaneve nelle leggende


La leggenda dei Bucaneve


La vita nel bosco era lenta in quei giorni; faceva freddo e soffiava un vento gelido che costringeva tutti, animali grandi e piccoli, folletti e gnomi a restarsene nascosti nelle tane, nei nidi, nelle casette scavate sotto i tronchi degli alberi. II bosco era silenzioso, i suoi abitanti un po’ tristi: sembrava che l’Inverno non volesse andarsene quell’anno. Una piccola fata prima dell’alba, scese tra i rami degli alberi, mentre attorno tutto era ancora immerso nell’oscurità; arrivò silenziosamente, senza svegliare nessuno. Senza farsi sentire cominciò a camminare sul terreno ricoperto di neve. Guardava gli alberi spogli, i cespugli secchi, sentiva il respiro degli animali nelle tane, lo scricchiolio della neve che si staccava dai rami, annusava l’aria per cercare odore di primavera. Ma il vecchio Inverno era ancora lì, immobile, nel bosco.

La piccola fata parlò: “Vecchio Inverno, perché sei ancora qui? II tuo tempo è finito”. La voce del vecchio Inverno risuonò potente nel silenzio del bosco addormentato: “Non voglio andarmene”- disse-“Sono molto vecchio, ormai, e sono stanco. Questo bosco mi piace, voglio fermarmi qui per sempre”. La fatina, con la sua voce più dolce, disse allora al vecchio Inverno: “Non puoi restare qui per sempre. Gli alberi morirebbero per il troppo freddo, gli animali dovrebbero andarsene per non soffrire la fame e il bosco diventerebbe un luogo triste e solitario”.

II vecchio pensò a lungo: “Hai ragione, piccola fata, ma allora, che debbo fare? Non potrò fermarmi mai, in nessun posto”. La piccola fata si avvicinò al vecchio Inverno e gli accarezzò la lunga mano ghiacciata.: “Fatti coraggio amico Inverno, il tuo destino è quello di spostarti di bosco in bosco, di paese in paese. Qui imbianchi i tetti per la gioia dei bambini, lì addormenti animali e piante, ma poi devi andartene, per lasciar posto alla primavera” disse la piccola fata. II vecchio Inverno si alzò, scricchiolando: “Me ne andrò allora a cercare un altro posto dove riposare”. E piano piano cominciò ed allontanarsi.




Eva Francis (1887 - 1924)
Bucaneve e violette (Snowdrops and violets)
1903
olio su tela - 15,2 cm x 20 cm.
Collezione Touchstones Rochdale, Inghilterra


La piccola fata sapeva che Inverno avrebbe impiegato molti giorni per andarsene lontano, ma presto il freddo si sarebbe fatto meno intenso, e gli animali sarebbero usciti dalle loro tane, i folletti e gli gnomi si sarebbero affacciati alle porte con i loro piccoli visi grinzosi. Intanto, la fatina decise di lasciare un segno che facesse capire agli animali che presto sarebbe tornata Primavera. Così, si alzò in volo, e lasciò cadere tra gli alberi e i cespugli una polverina d’oro. Subito, là dove la polverina sfiorava la neve, nacquero dei piccoli fiori bianchi, con il capino piegato verso terra. Erano i BUCANEVE, il primo segno del risvegliarsi della natura dopo il lungo sonno invernale, il primo apparire della primavera tra i ghiacci e la neve.

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La stella del mattino


Il bucaneve è detto “stella del mattino” perché è uno dei primi fiori a spuntare dalla terra verso la fine dell’inverno. Una leggenda racconta che Eva e Adamo, una volta cacciata dal Paradiso Terrestre, furono trasportati in un luogo gelido, buio e dove era sempre inverno. Eva ben presto fu presa dallo sconforto e dal rimpianto, non accettava l’idea di vivere in quelle condizioni. Un angelo ebbe compassione di lei; si dice, che prese un pugno di fiocchi di neve, vi soffiò e ordinò che si trasformassero in boccioli una volta toccato il suolo. Eva, alla vista dei bucaneve, prese forza e si rianimò. I bucaneve sono così divenuti il simbolo della vita e della speranza.



Beryl Fowler (1880 -1963)
Ritratto di donna con bucaneve in mano
(Portrait of a woman holding snowdrops )
1905
olio su tela - 40 x 32 cm.
The Beacon Museum, (Whitehaven, United Kingdom)



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La leggenda del Bucaneve


C’è un bel fiore che nasce quando la neve si scioglie. I contadini lo chiamano il bicchiere della Madonna, perché si dice che un giorno di febbraio Gesù aveva sete. La Madonna andò alla fontana, ma la trovò gelata e disse: “Come farò a dare l’acqua al mio bambino?”. La terra udendo le sue parole, fece spuntare dalla neve un bel fiore bianco dal quale la Madonna prese l’acqua per dissetare Gesù. Questo fiore spuntato dalla neve quasi per miracolo si chiama bucaneve.




Edited by Milea - 5/12/2023, 14:31
view post Posted: 2/12/2023, 18:04     +7La magia della pioggia nei miti - Favole, miti e leggende

La magia della pioggia nei miti

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Come venne la pioggia

(mito africano)


Quando il mondo fu creato, la pioggia non esisteva. Gli animali erano preoccupati e si riunirono a gruppi per invocare la pioggia lanciando le loro voci verso il cielo. Prima provarono gli elefanti, coi loro barriti, poi gli ippopotami e poi i leoni, ma la pioggia non arrivava. Poi venne il turno delle giraffe, e degli animali più piccoli: i fenicotteri, i conigli e i topi. Ancora niente. Per ultime toccò alle rane. Tutti gli animali le implorarono di gridare verso il cielo il loro bisogno di acqua. Le rane non aspettavano altro per mettersi a gracidare e così presero a cantare tutte insieme e il loro grido era talmente assordante e sgradevole che il cielo si stancò di sentirlo e si coprì di nubi per attutire quel suono. Ma fu inutile: il gracidio penetrava attraverso la cortina di nubi e così il cielo pensò di affogare le rane per farle smettere una volta per tutte. Mandò giù tanta di quella pioggia che le rane finalmente tacquero contente. E da allora si credono padrone dell’acqua, perché furono loro a far piovere, e vivono in ogni stagno nella melma, e continuano a gracidare per chiedere la pioggia.



Vincent van Gogh
Pioggia (Rain)
Saint-Rémy, novembre 1889
olio su tela - 73,3 x 92.4 cm.
Philadelphia Museum of Art



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La creazione della pioggia

(leggenda degli indios brasiliani)


Anticamente sulla terra non cadeva mai pioggia, sicché un giorno, nella laguna del cielo, un indio Kaxinawà gettò un pesce dorato in direzione dell’uccello pescatore. Il volatile si lanciò sull’inaspettata preda e, così facendo liberò il foro che con le zampe stava otturando. Sulla terra piovve per la prima volta. Ancor oggi, prima che la pioggia cada, il cielo è pervaso da bagliori: sono i pesci dorati lanciati dall’indio. E la fine pioggerellina che a volte scende indica che, per la concitata attesa del volo, l’uccello pescatore si sta tenendo in equilibrio su di una zampa sola.




Vincent van Gogh
Pioggia (Rain) - dettaglio



view post Posted: 23/10/2023, 19:28     +5Torta della nonna al caffè e noci - Speciale caffe'

Torta della nonna al caffè e noci






Ingredienti per l’impasto

• 1 fialetta di essenza di vaniglia
• 5 uova
• 50 gr. di pane grattugiato
• Sale q.b.
• 150 gr. di noci tritate
• 150 gr. di zucchero


Preparazione

Per prima cosa montare gli albumi a neve e riporli in frigorifero. Successivamente montare i tuorli con lo zucchero e un pizzico di sale; quando il composto sarà diventato una sorta di spuma aggiungere le noci e il pangrattato, continuando a montare. Incorporare gli albumi e amalgamare per bene, mescolando dall’alto verso il basso. Versare il composto in una tortiera imburrata, e infornare in forno statico a 180 gradi per circa 30 minuti.

Ingredienti per la crema

• 3 tazzine di caffè
• 2 tuorli d’uovo
• Sale, q.b.
• 180 gr. di zucchero a velo
• 200 gr. di burro


Preparazione

All’interno di una ciotola sbattere i tuorli, lo zucchero e il pizzico di sale, fino a raggiungere una consistenza spumosa e densa. Successivamente aggiungere il caffè e il burro, continuando a mescolare finché il composto non si sarà gonfiato. Per assemblare la torta dividerla in due dischi e farcirla con la crema preparata; cospargerla di zucchero a velo e qualche gheriglio di noce sulla superficie.


view post Posted: 20/9/2023, 12:45     +7Milano insolita e segreta [FOTO] - VIAGGI & NATURA

La Ca’ de Sass di viale Monza




In viale Monza al civico 46 (a centocinquanta metri circa dalla fermata Pasteur della linea rossa della metropolitana) sorge un castello di pietra in stile medievale e neoromanico, passato alla storia con il nome di Ca’ de Sass, da non confondere però con la più famosa Ca’ De Sass nel centro città in Via Monte di Pietà 8, sede dell’istituto Intesa Sanpaolo.



Nonostante la presenza dell’imponente torre merlata, è difficile da notare per chi ci passa davanti frettolosamente, perché chiuso ai lati da palazzi moderni.

Quando il castello venne costruito nel 1910 seguendo l’ispirazione delle dimore medievali dal ragioniere Primo Gilberti (1880- 1939), uomo di cultura e personaggio eccentrico, l’attuale zona Turro non era ancora compresa nella città di Milano, ma era aperta campagna con poche abitazioni, cascine, botteghe e qualche trattoria. Un posto perfetto dove sfoggiare il proprio potere, derivato anche dalla carica di sindaco di Greco, e dare sfogo alla propria creatività.

Costruito su quattro piani più il rialzato ed una torretta a due piani, il castello ha una facciata in pietra grigia costellata da finestre a tutto sesto e bifore nel lato della torre. L’ingresso, anch’esso ad arco a tutto sesto, sfoggia due paracarri in ferro battuto che rappresentano due draghetti ai lati del portone, mentre uno stupendo cancello separa la strada dal cortile interno, che un tempo era munito di un giardino più grande, con bellissimi platani storici e un filare di aceri.

A lato del cortile si trova ancora oggi un garage, che in origine era la rimessa per le carrozze, decorato con mascheroni scolpiti del XVI secolo e pezzi residui della collezione di Gilberti come i due busti sotto il portico. La scelta delle tapparelle per le finestre della facciata, risulta poco elegante, ma è legata alla moda dei primi anni del ‘900.

Quando il palazzo fu costruito, Gilberti decise di tener per sé l’ultimo piano con la torre, dove allestì la sua biblioteca, mentre affittò il resto del palazzo. Nel corso degli anni l’edificio passò agli eredi fin quando i singoli appartamenti non vennero venduti ai privati.










view post Posted: 2/9/2023, 15:16     +13LA CAPPELLA del BAROLO: nelle Langhe la chiesa più colorata d’Italia - VIAGGI & NATURA

La Cappella del Barolo:
nelle Langhe la chiesa più colorata d’Italia




La Cappella della Madonna delle Grazie, è un luogo unico che incarna il perfetto connubio tra arte contemporanea e mecenatismo. Una piacevole passeggiata tra i pittoreschi vigneti delle Langhe piemontesi, riconosciuti nel 2014 come Patrimonio dell'Umanità dall’UNESCO, permette di ammirare quella che è stata definita “la chiesa più colorata d'Italia”: un vero e proprio manifesto dell’arte contemporanea incastonato in una campagna rinomata per le sue particolarità storiche, culturali e gastronomiche.



Costruita nel comune di La Morra (CN) nel 1914 come ricovero in caso di maltempo per i lavoratori occupati nei vigneti circostanti, venne chiamata Cappella di SS. Madonna delle Grazie ma l’edificio non fu mai consacrato. La cappella, oggi meglio conosciuta come “Cappella del Barolo”, fu acquistata dalla famiglia Ceretto nel 1970 insieme a sei ettari del prestigioso vigneto di Brunate.



La famiglia Ceretto


La storia della famiglia, intrinsecamente legata all’amore per i vigneti e il territorio, si distingue anche per l’impegno nel sostenere l’arte contemporanea. Dopo anni di abbandono e disuso, nel 1999 fu restaurata affidandone il compito a due artisti contemporanei: Sol LeWitt e David Tremlett.


Mentre David Tremlett si dedicò alla decorazione degli interni con colori caldi e sereni, l’esterno fu realizzato da Sol LeWitt con i colori allegri e vivaci che sono divenuti il segno distintivo della cappella e che la rendono riconoscibile da lontano. Si dice che i due artisti davanti a un bicchiere di buon barolo ebbero subito l’ispirazione: un “fuoco acceso sulla collina” per Tremlett, “un oggetto, un’opera d’arte, per la quale usare il colore” per LeWitt. Sol LeWitt si occupò dell’esterno con grandi campiture geometriche di colori accesi e vivaci, mentre David Tremlett si dedicò alla decorazione degli interni con colori caldi, più tenui stesi direttamente con le mani. Oggi la Cappella di Barolo è uno degli edifici più ammirati della zona, simbolo dell'incontro tra mecenatismo e conservazione del patrimonio culturale. L’ingresso è gratuito.
















Edited by Milea - 2/9/2023, 16:23
view post Posted: 25/8/2023, 13:57     +11BRIGHTS ZOO, TENNESSEE: è nata la giraffa senza macchie - Animals

Brights Zoo,Tennessee:
è nata la giraffa senza macchie


Secondo gli esperti è una rarità: “Potrebbe essere l’unica al mondo”.



Nel Brights Zoo, una struttura a conduzione familiare a Limestone nel Tennessee nord-orientale, è nata una giraffa senza le caratteristiche macchie sul manto; è unica al mondo ed è destinata ad attrarre ancora più visitatori per la sua rarità. La cucciola, una femmina, ha aperto gli occhi nel suo recinto lo scorso 31 luglio; ha il manto marrone uniforme e si erge sulle sue zampe, lunghe come il suo collo tutto in crescita.
I responsabili dello zoo affermano che potrebbe essere “l’unica giraffa reticolata a tinta unita presente sul pianeta”. Secondo la Cbs News l’ultima giraffa senza macchie nata in cattività è stata quella nata allo zoo di Ueno a Tokyo nel 1972; la madre di quella giraffa aveva partorito un altro cucciolo senza macchie diversi anni prima, secondo quanto riferisce Bright.

Ma a che cosa servono le macchie alle giraffe? Secondo diversi studi, le macchie sono utili, soprattutto ai cuccioli, per mimetizzarsi dai predatori e a disperdere il calore corporeo. Per alcuni ricercatori rappresentano anche una sorta di mappa di riconoscimento fra un animale e l’altro, mentre per altri ancora permettono agli esemplari di una stessa mandria di non perdersi. Questo fenomeno non è mai stato osservato in natura, segno della sua rarità.


La rara colorazione dell’animale è probabilmente dovuta a una sorta di mutazione in uno o più geni, ma non c’è alcuna indicazione di problemi medici di base o che la neonata giraffa reticolata, una sottospecie originaria dell’Africa orientale, abbia uno svantaggio genetico. David Bright, direttore dello zoo di Brights, afferma che la madre del piccolo, Shenna, di nove anni, aveva già partorito altri tre esemplari, tutti macchiati. L’ultima arrivata nella famiglia delle giraffe dello zoo è nata con un peso di circa 190 chili, dice, e il team veterinario ha concluso che “è sana e normale”, anche se il suo colore è stato una sorpresa.


La genetica spesso influenza la colorazione degli animali in modi diversi. In passato sono state avvistate in natura giraffe con una colorazione completamente bianca, tra cui due in una riserva in Kenya nel 2017. Questi animali erano affetti da una condizione genetica chiamata leucismo, che impedisce alle cellule della pelle di produrre pigmenti.


Non c’è una spiegazione nota per la giraffa senza macchie del Tennessee, oltre al fatto che è quasi certamente dovuta a una o più mutazioni genetiche, afferma Fred Bercovitch, biologo della conservazione della fauna selvatica presso la Anne Innis Dagg Foundation, un’organizzazione no-profit che si occupa della salvaguardia delle giraffe.

Cosa si cela in una macchia? Uno studio del 2018 pubblicato sulla rivista PeerJ ha rilevato che alcuni aspetti delle macchie delle giraffe si tramandano da madre a cucciolo, come la rotondità delle macchie e la loro levigatezza (che tecnicamente viene definita “tortuosità”). Gli autori dello studio hanno anche notato che le macchie più grandi e più rotonde sembrano essere collegate a tassi di sopravvivenza più elevati per le giovani giraffe. Tuttavia, non è stato ancora chiarito se ciò sia dovuto a una migliore mimetizzazione o ad altri fattori sconosciuti, come una maggiore capacità di regolare la temperatura. Bercovitch, che non ha partecipato allo studio, afferma che non sarebbe preoccupato per la salute della giraffa senza macchia anche se fosse nata in natura e lontana dalle cure mediche di uno zoo.

“Tra i mammiferi la pelliccia e il pelo sono le caratteristiche principali che aiutano la termoregolazione, non il colore della pelliccia”, afferma. “Le giraffe possono aumentare regolarmente la loro temperatura corporea di qualche grado... ma non sudano. Questo è uno dei motivi per cui le giraffe si trovano sotto gli alberi: vogliono mantenere la loro temperatura corporea entro certi limiti”.


Anche la mancanza di mimetizzazione non significa necessariamente che la giraffa sarebbe svantaggiata in natura, poiché il tasso di mortalità delle giovani giraffe a causa della predazione dei leoni è già così alto. Ferguson, veterinario della fauna selvatica, afferma di essere ansiosa di saperne di più sulla giraffa negli anni a venire. “Sarebbe bello”, dice, “scattare una foto a luce infrarossa o una termografia per vedere se la macchia è ancora presente ma invisibile al nostro occhio”.

Nel frattempo lo zoo Brights, che ospita poco più di settecento animali di centoventisei specie diverse, tra cui nove giraffe, ha chiesto al pubblico di votare, sulla sua pagina Facebook, quattro potenziali nomi per la piccola giraffa e ha accumulato oltre 17.000 voti nel primo giorno. I nomi candidati sono quattro, tutti in lingua swahili: Kipekee (unica), Firyali (straordinaria o insolita), Shakiri (la più bella) e Jamelia (una di grande bellezza).





Edited by Milea - 25/8/2023, 14:59
view post Posted: 12/7/2023, 09:32     +5Neuschwanstein: storia del castello delle favole di Ludwig II - VIAGGI & NATURA


Neuschwanstein:
storia del castello delle favole di Ludwig II





Nel 1864 a soli 18 anni Ludwig II di Baviera ascese al trono senza possedere esperienze di vita e di politica; veniva tuttavia adorato entusiasticamente dalle donne. Dopo aver tentato senza successo di portare la pace tra gli stati tedeschi e aver annullato il matrimonio programmato con sua cugina, la sorella minore di Sissi, il cosiddetto “re pazzo” si ritirò, deluso, dalla vita di reggente. Retrospettivamente, nel 1873 si espresse così: “Sono diventato re davvero troppo presto. Non ho imparato abbastanza. Avevo iniziato così bene ... a studiare dottrina dello stato. Di colpo venni strappato da tutto ciò e messo sul trono. Ora, mi sforzo ancora di imparare ...”



Ferdinand von Piloty (1828-1895)
Ludwig II di Baviera in uniforme da generale e col mantello dell’incoronazione
1865
Bayerische Staatsgemaldesammlungen, Monaco di Baviera





Già nel 1866 Ludwig II subì la più grande sconfitta della sua vita: la Prussia, in fase espansiva, sconfisse l'Austria e la Baviera nella “Guerra tedesca” del 1866. Da allora la Baviera fu dipendente in politica estera dalla Prussia e il suo re solo un “vassallo” dello zio prussiano.

Nel ritratto di Ferdinand von Piloty aveva 20 anni, era alto 1,93 m, ed era ritenuto uno degli uomini più belli della Baviera. Fin da bambino aveva idealizzato epoche passate in cui i re governavano dalle loro grandi fortezze medievali, e spese gran parte della sua vita a cercare di riprodurre questa magnificenza. Fece costruire tre enormi castelli tra cui la meravigliosa fortezza di Neuschwanstein, che però non riuscì mai a vedere completata.

L’imponente castello fu commissionato dal “re delle favole” Ludwig II ed iniziò il 5 settembre 1869 su progetto dello scenografo Christian Jank come ritiro personale del Re e come omaggio al genio del musicista Richard Wagner da lui particolarmente amato. Già nel 1868 sorsero degli schizzi ideali, realizzati da scenografi teatrali, per un “Castello Nuovo di Hohenschwangau”, situato al di sopra del quieto Hohenschwangau paterno, per un “Palazzo bizantino” e per una copia di Versailles. Fin dall’inizio il suo mondo parallelo abbracciava più epoche: il “Castello Nuovo” (in seguito Neuschwanstein), trasportava nel regno cristiano del Medioevo; la nuova Versailles invece, edificata a partire dal 1878 a Herrenchiemsee, faceva rivivere l’assolutismo barocco dei Borboni di Francia.


Neuschwanstein si erge in Baviera del sud su uno stretto crinale denominato Pöllat; prima che fosse costruito, sulla collina erano presenti due castelli più piccoli chiamati Hohenschwangau e Hinterhohenschwangau. Secondo le idee del re romantico, questi due castelli erano ispirati allo stile medioevale e, essendo lui un amante di questo periodo storico, decise di costruire un nuovo castello “nello stile autentico dei vecchi cavalieri tedeschi”. L’idea di edificarlo secondo lo stile delle antiche residenze feudali tedesche sopraggiunse al monarca dopo essere rimasto affascinato da una visita, nel 1867, alla fortezza medievale Wartburg in Turingia.

Non appena iniziò la costruzione del castello di Neuschwanstein si riscontrarono i primi problemi tra i quali le continue modifiche apportate al progetto volute dallo stesso Ludwig II, vari problemi tecnici riscontrati derivati dal sito in cui è situato il castello e la mancanza di fondi necessari all’ultimazione, che protrassero la fine dei lavori 17 anni più tardi nel 1886 con solo poche stanze completamente ultimate.



Seconda Guerra Mondiale e dopoguerra
Ludwig non avrebbe mai potuto immaginare che qualche decennio dopo la Germania, sconfitta in una guerra e imbarcatasi in un'altra, avrebbe usato il suo castello dei sogni per immagazzinare le opere d’arte sequestrate agli ebrei in Francia. Nel maggio 1945 i soldati delle forze alleate portarono via dal castello delle opere delle collezioni Rothschild e Stern, che in precedenza avevano fatto parte dell’ambitissima collezione privata di Hermann Goering.


Verso la fine della Seconda guerra mondiale i nazisti nascosero nella fortezza anche dell’oro, del quale però non è mai stata trovata alcuna traccia. Si sa che i vertici nazisti avevano dato l’ordine di demolire il castello per evitare che cadesse in mani nemiche, ma miracolosamente i soldati disobbedirono e Neuschwanstein sopravvisse intatto.



Molti turisti vengono attratti dalla fantastica vista che si può godere dal Ponte di Maria (Marienbrücke) sospeso sopra la gola del Pöllat, così chiamato in onore della regina Maria, madre di Ludwig II. La Disney si è ispirata ad esso per il castello di “Cenerentola” ed è anche simile a quello della “Bella Addormentata” a Disneyland.


Oggi Neuschwanstein è una delle più popolari e famose mete turistiche in Germania; 1,2 milioni di persone lo visitano ogni anno. Per un tour al castello da Monaco basta imboccare le strade veloci A95, A96 o B17 per giungere a destinazione in 75 minuti. In alternativa si può utilizzare l’autobus in partenza ogni venerdì, sabato e domenica dall’autostazione di Monaco, oppure il treno con fermata alla stazione di Fussen dove è attivo un servizio navetta in bus o in carrozza.


Il castello è aperto tutti i giorni ad eccezione del 1° gennaio e del 24, 25 e 31 dicembre. Gli orari di apertura sono dal 16 ottobre a marzo: dalle 10 alle 16, da aprile al 15 ottobre: dalle 9 alle 18. La biglietteria si trova ai piedi della fortezza ed è aperta dalle 8 alle 17 da aprile a metà ottobre e dalle 9 alle 15 da metà ottobre a marzo. Per entrare nel castello di Neuschwanstein il costo del biglietto è variabile. Gli adulti pagano 13 euro, gli over 65 ed i gruppi di 15 individui pagano 12 euro a persona. Under 18 e scolaresche, invece, entrano gratis: il castello di Neuschwanstein per i bambini è free. Per prenotare o consultare eventuali offerte basta consultare il sito hohenschwangau.de.
Nel 2013 ne è stato completato il restauro dopo 13 anni dall’inizio dei lavori e negli ultimi anni è stato proposto per le sette meraviglie del mondo moderno.




Il castello di Neuschwanstein in autunno




Il castello di Neuschwanstein in estate




Il castello di Neuschwanstein in inverno




Il castello di Neuschwanstein innevato




Il castello di Neuschwanstein di sera



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