PEGGY GUGGENHEIM - UNA VITA VISSUTA PER L'ARTE, Gli amori, lo stile che segnò il mondo dell'arte

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view post Posted on 3/9/2023, 21:20     +11   +1   -1
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Si è sempre dato per scontato che Venezia sia la città ideale
per una luna di miele ma non solo, è un grave errore:
vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa
innamorarsene e nel cuore non resta più posto per altro.


(Peggy Guggenheim)


PEGGY GUGGENHEIM
GLI AMORI E LO STILE CHE SEGNÒ IL MONDO DELL'ARTE




L'incredibile vita di una delle collezioniste più note al mondo




Peggy Guggenheim, l'arte, gli amori e lo stile eclettico di una collezionista

È impossibile visitare Venezia - anche per l'ennesima volta - senza passare un attimo da Palazzo Venier dei Leoni, dove ha sede la collezione d'arte di Peggy Guggenheim, con quel giardino di sculture, quasi nascosto tra le calli e quelle sale piene di luce e affacciate sul Canal Grande e tutte quelle opere bellissime che ripercorrono interamente la storia dell'arte del XX secolo. Figura fondamentale nella storia dell’arte, scopritrice, amica (e a volte amante) degli artisti più famosi dell'epoca, Marguerite Guggenheim, meglio nota come Peggy nacque a New York nel 1898, proprio quel 26 agosto di centoventicinque anni fa. Fu prima di tutto una grandissima mecenate e, certamente, le risorse familiari glielo permettevano: il padre, Benjamin Guggenheim, era un magnate minerario con diverse miniere di rame - ma purtroppo morì, nell’affondamento del Titanic, nell’aprile del 1912 quando Peggy non aveva ancora compiuto quattordici anni. Quella della madre, Florette Seligman, con cui lei non andò mai d'accordo, era invece una ricca famiglia benestante di banchieri.



Peggy Guggenheim indossa un bellissimo cappello a tesa larga,
mentre è a bordo dell'Atlantic Clipper, in arrivo a New York City da Parigi.


Tutto, per Peggy, ha inizio a vent'anni quando decide di lasciare l’America e comincia a viaggiare in Europa. Conosce e sposa Laurence Vail, pittore dadaista squattrinato e padre dei suoi due figli Sindbad e Pegeen, futura pittrice. Quando arriva a Parigi, si ritrova subito, introdotta dall'amico Marcel Duchamp, nel cuore della vita bohémienne tra gli uomini di cultura più noti del secolo. È qui che tra gli altri, incontra Constantin Brancusi e Djuna Barnes. Loro diventano suoi amici e l’arte la sua grande passione, che la porta a diventare promotrice e sostenitrice dei maggiori movimenti d’avanguardia nati in quel periodo tra Europa e Nuovo Mondo: dal Cubismo all’Astrattismo, dal Surrealismo all’Espressionismo astratto americano, puntando su talenti allora sconosciuti, primo su tutti l’indiscusso genio americano Jackson Pollock. È di questi tempi il suo grande amore per lo scrittore John Holms, che morirà tragicamente durante un intervento. Parigi, comunque, non le basta. Nel 1938 si trasferisce a Londra per aprire, prima, una galleria e poi un vero e proprio museo. In quel tempo "comprare un quadro al giorno" era diventato il suo obiettivo. E qui comincia a esporre i primi capolavori della sua collezione, come le opere di Francis Picabia, Georges Braque, Salvador Dalí e Piet Mondrian.



Berenice Abbott
Peggy Guggenheim
1926 circa
Stampa alla gelatina d'argento
44.6 x 34.6 cm
Venezia, Archivio Collezione Peggy Guggenheim


Lo stile eclettico di una collezionista

A consolidare la sua immagine pubblica di donna carismatica, di abilissima musa delle arti, di personaggio un po' misterioso dalla vita sentimentale avventurosa, ci si mette anche la moda. Peggy diventò presto famosa - e i fotografi dell'epoca la ritrassero spesso anche per questo - per il suo "stile eccentrico". Nel corso della vita indossò abiti elegantissimi, creati per lei da abilissimi maestri della sartoria come Paul Poiret, Ken Scott e Mariano Fortuny, ma anche originali mise dal tocco esotico comprate nel corso dei suoi innumerevoli viaggi tra Africa, Asia e America Latina.



Man Ray
Peggy Guggenheim
1925
Stampa alla gelatina d'argento (cartolina)
11,2 x 7,9 cm
New York, Fondazione Solomon R. Guggenheim


Man Ray, emigrato dagli Stati Uniti proprio come Peggy Guggenheim, arriva in Europa nel 1921 e diventa ben presto il fotografo non ufficiale dell’élite artistica parigina. Ed è così che arriva a immortalare Guggenheim in diverse occasioni. Questa immagine appartiene alla seduta fotografica realizzata per il settimanale svedese "Bonniers Veckotidnig", per un articolo sugli stranieri più influenti che risiedono a Parigi. La fotografia diventa il simbolo della gioventù e dello status sociale di Guggenheim, che indossa un abito intessuto d’oro di Paul Poiret e un copricapo di Vera Stravinsky.

Si pensi che a metà degli anni Venti, il settimanale svedese Bonniers Veckotidnig commissionò a Man Ray una serie di ritratti di stranieri influenti che vivevano a Parigi. La Guggenheim venne ritratta con un abito di Poiret e un copricapo di Vera Stravinsky e la foto divenne la più celebre della socialite.



Peggy Guggenheim sugli scalini della terrazza prospiciente il Canal Grande,
in occasione della prima mostra da lei organizzata a Palazzo Venier dei Leoni
Mostra di scultura contemporanea, Venezia, settembre 1949.
Venezia, Fondazione Solomon R. Guggenheim.


A proposito di moda e Venezia, invece, lei scrive nella sua autobiografia Out of this century: "Non sono mai stata in una città capace di darmi lo stesso senso di libertà di Venezia. La gioia straordinaria sperimentata camminando senza essere tormentata dai pericoli del traffico è pari solo al senso di libertà che si gode vestendosi come meglio si crede: a Venezia si può indossare quasi tutto senza sentirsi ridicoli; anzi più i propri vestiti sono lontani dalla normalità, più sembrano adatti a questa città dove una volta il carnevale regnava sovrano".



Peggy Guggenheim negli anni Sessanta con gli occhiali da sole
surrealisti a forma di farfalla dello scultore inglese Edward Melcarth.
Venezia, Fondazione Solomon R. Guggenheim


Insieme agli abiti straordinari, alcuni dei quali oggi sono conservati presso la tessilteca di Palazzo Mocenigo, il look della mecenate americana è sempre stato contraddistinto da dettagli o accessori, spesso ritenuti stravaganti, che contribuirono a definire il suo stile singolare e inconfondibile, non tanto eccentrico, quanto unico ed eclettico, spesso influenzato dalla sua più forte passione per l’arte. Amava molto gli occhiali da sole surrealisti a forma di farfalla che lo scultore inglese Edward Melcarth disegnò per lei, di cui possedeva molte paia, e che sfoggiava soprattutto quando doveva essere fotografata, per non parlare della ricchissima collezione di gioielli, comprati nel corso di viaggi o realizzati appositamente per lei dagli artisti suoi amici.



Peggy Guggenheim in gondola nel 1968


In camera da letto Peggy amava esporre la sua vastissima raccolta di orecchini, da quelli che l'attrice francese Sarah Bernard indossò quando interpretò la parte di Fedra nella tragedia di Racine, a quelli risalenti all’epoca di Maria Antonietta, dagli orecchini veneziani del Settecento a forma di grappolo d'uva, a quelli persiani a forma di pendente con pietre e perle incastonate. Indimenticabili infine gli orecchini creati per lei da Yves Tanguy e Alexander Calder.



Peggy Guggenheim con gli orecchini realizzati per lei da Alexander Calder; prima metà anni Cinquanta.


Il ritorno in America

Ma torniamo alla sua biografia. Quando in Europa i venti di guerra soffiano violentissimi, Peggy abbandona la Francia occupata dai nazisti e torna negli Stati Uniti insieme a Max Ernst che, pochi mesi più tardi, diventa il suo secondo marito (i due si separano nel 1943). Qui continua ad acquistare opere per la sua collezione, e nell’ottobre del 1942 apre il museo-galleria Art of This Century sulla 57° strada, a New York, che diventa il centro d’arte contemporanea più interessante di New York. Ricordando l’opening Peggy scrisse: "Indossai un orecchino di Tanguy e uno di Calder, per dimostrare la mia imparzialità tra Surrealismo e Astrattismo". La galleria presenta la sua collezione d’arte cubista, astratta e surrealista, quella che oggi vediamo sostanzialmente esposta a Venezia.





Alexander Calder
Orecchini per Peggy Guggenheim
1938
Ottone e filo d'argento
7.6 x 15.9 cm
New York, Fondazione Solomon R. Guggenheim




Yves Tanguy
Orecchini per Peggy Guggenheim
1938
Argento, oro, perle e olio su conchiglia (dipinto su conchiglia con montature in oro e argento)
Orecchino blu/verde: 7 x 3,7 x 1,6 cm
Orecchino rosa: 7,1 x 3,7 x 1,6 cm
New York, Fondazione Solomon R. Guggenheim



Yves Tanguy regala questi orecchini, i suoi dipinti più piccoli, a Peggy Guggenheim nel 1938, quando tiene una personale nella sua galleria londinese, Guggenheim Jeune. Peggy ne indosserà uno assieme a un orecchino di Alexander Calder nella serata di inaugurazione della sua galleria-museo di New York, Art of This Century (20 ottobre 1942), sostenendo così la sua imparzialità tra astrazione e Surrealismo.

L'amore per Venezia

Sì perché è qui che ritorna quando lascia gli Stati Uniti. È qui dove la sua collezione viene esposta alla prima Biennale di Venezia del dopoguerra. Nell’estate del 1947, infatti, Peggy si trasferisce a Venezia, alloggiando temporaneamente all’Hotel Savoia & Jolanda in Riva degli Schiavoni. Spinta dalla sua insaziabile voglia di incontrare nuove personalità artistiche veneziane, Peggy si reca al ristorante All’Angelo, allora noto come "il ritrovo degli artisti", dietro Piazza San Marco, dove conosce Emilio Vedova e Giuseppe Santomaso. È proprio grazie a Santomaso, uno dei pochi che “aveva confidenza con quel che succedeva al di fuori dell’Italia” che, un anno più tardi, nel 1948, Peggy viene invitata a esporre la sua collezione. La XXIV Biennale di Venezia del 1948 rappresenta, dunque, la grande occasione per Peggy di trasferire la sua collezione dall’America all’Europa, ed è la Grecia, allora devastata dalla guerra civile, a concedere l’uso del suo padiglione per esporre gli innumerevoli capolavori provenienti da oltreoceano.



Peggy Guggenheim a Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, anni ʼ60.
Alla parete, Tancredi Parmeggiani, Composizione (1957).
Venezia, Fondazione Solomon R. Guggenheim




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Tancredi Parmeggiani
Composizione
1957
Tempera su tela
130.4 x 169.4 cm
Venezia, Collezione Peggy Guggenheim


La sua collezione rappresenta un vero e proprio avvenimento senza precedenti per la Biennale: non si era mai vista infatti, fino ad allora in Italia, una collezione così rappresentativa di "opere dell’arte non-oggettiva" raccolte a partire dal 1910, con il merito di offrire esempi di tutte la scuole artistiche nate col Cubismo e con l’Astrattismo, e continuate poi col Dadaismo e col Surrealismo. Di fatto, pur annoverando gli italiani Giacomo Balla, Gino Severini, Giorgio De Chirico e Massimo Campigli, la collezione comprendeva soprattutto i nomi più rappresentativi dell’arte astratta e surrealista, quali Costantin Brancusi, Jean Arp, Alberto Giacometti, Antoine Pevsner, Kazimir Malevich, Alexander Calder e Max Ernst, senza poi menzionare i molti artisti americani, da William Baziotes a Jackson Pollock, da Mark Rothko a Clifford Still, che non erano mai stati esposti al di fuori degli Stati Uniti.



Giorgio de Chirico
La torre rossa
(The Red Tower)
1913
Olio su tela
74 x 100 cm
Venezia, Collezione Peggy Guggenheim


Innamorata di Venezia, nel dicembre del 1948, Peggy acquista Palazzo Venier dei Leoni, un edificio incompiuto, noto come il palazzo non finito, lungo il Canal Grande, tra la Basilica di Santa Maria della Salute e l’Accademia. Il palazzo, lungo e largo, è spesso considerato un palazzo moderno, e ha uno dei più grandi giardini di Venezia. Al nome del palazzo fu poi aggiunto il termine "Leoni", per le teste di leone incorporate alla base della facciata, e per una leggenda che racconta come nel Settecento, la famiglia proprietaria tenesse un leone in giardino.



1968: Peggy Guggenheim sul letto che disegnò per lei Alexander Calder.


La sua camera da letto, dipinta di turchese, si affacciava sul Canal Grande, e negli anni Peggy vi espose la sua collezione di orecchini ai due lati della Testiera del letto in argento commissionata ad Alexander Calder a New York, alcuni specchi veneziani, i ritratti di Franz von Lenbach, e lo "Studio per scimpanzè" (marzo 1957) di Francis Bacon. È qui che Peggy vivrà per trent'anni sempre in compagnia dei suoi amatissimi cani. Li adorava e diede loro nomi particolari, come Cappuccino, Hong Kong, Gipsy, Emily e Baby. Èd è proprio la sua casa a diventare piano piano il suo museo (si racconta infatti che i suoi spazi privati erano solo la sua camera da letto e il terrazzo dove andava d'estate a prendere il sole).



Francis Bacon
Studio per scimpanzè
(Study for Chimpanzees)
Marzo 1957
Olio e pastello su tela
152,4 x 117 cm
Venezia, Collezione Peggy Guggenheim


Francis Bacon, conosciuto soprattutto per le sue figure umane alienate e spesso mostruosamente distorte, realizza almeno una dozzina di tele che hanno per soggetto animali. Dipinge raramente dal vero, preferendo lavorare da fotografie. Affascinato dalla sconcertante affinità tra la scimmia e l’uomo, li metter a confronto per la prima volta nel 1949. Come i soggetti umani, così gli animali di sono mostrati in ritratti in posa o istantanee, in cui appaiono passivi, urlanti o deformati da contorsioni. Lo scimpanzé della Collezione Peggy Guggenheim è rappresentato con relativa benevolenza, sebbene l’immagine indistinta, che testimonia l’interesse di Bacon per il movimento coltola volo, per gli effetti della fotografia e del cinema, renda difficile interpretarne la posa e l’espressione. Nel tipo e nella modalità della composizione richiama i dipinti di scimmie realizzati negli anni’50 da Graham Sutherland, con il quale Bacon stringe amicizia nel 1946. L’intelaiatura geometrica appena percettibile permette a Bacon di "vedere" meglio il soggetto, mentre la monocromia del fondo crea un contrasto deciso che aiuta a definirne la forma.

Inizia con una mostra di sculture esposte nel giardino, nel 49. L’anno dopo organizza nell’Ala Napoleonica di Museo Correr, a Venezia, la prima personale di Jackon Pollock. Intanto la sua collezione che diventava sempre più ricca gira il mondo e viene esposta a Firenze, a Milano, ad Amsterdam, Bruxelles e Zurigo. E nel 1969 al Museo Solomon R. Guggenheim di New York, la celebre struttura a spirale progettata da Frank Lloyd sulla Fifth Avenue.



Peggy Guggenheim nel 1968 in posa davanti a un'opera di Picasso "On The Beach".
Indossa una cappa blu trasparente su un abito a fiori.




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Pablo Picasso
Sulla spiaggia
(On the beach)
12 febbraio 1937
Olio, conté e gesso su tela
129.1 x 194 cm
Venezia, Collezione Peggy Guggenheim


Il dipinto, acquistato da Peggy Guggenheim a New York da Mary Callery nel 1947 e poi esposto preferibilmente nella sala d’ingresso di Palazzo Venier dei Leoni, è senza dubbio una delle icone della Collezione Peggy Guggenheim. Realizzato a Tremblay-sur-Mauldre il 12 febbraio 1937, richiama in maniera specifica alcuni dipinti a cavallo tra gli anni venti e trenta, in cui Picasso dipinge bagnanti dalle forme rigide e squadrate. Le due bagnanti, la cui attenzione è rivolta principalmente al gioco con la barchetta, sono figure aggraziate e allo stesso tempo mostruose, quasi scultoree nella loro consistenza, tridimensionali e semplificate nel loro rilievo plastico-volumetrico. Lo spazio entro il quale si stagliano è per contro un ambiente marino che si risolve in una partizione a bande cromatiche piatte e bidimensionali (spiaggia–mare–cielo). La composizione si offre come calma e rilassata, sospesa nel suo sottile lirismo, ma trasmette al tempo stesso un velato senso di minaccia per la sinistra presenza della figura che si manifesta all’orizzonte. Un senso di impotente voyeurismo, suggerito dal personaggio che osserva le bagnanti dalle forme floride ed esageratamente sessuali, richiama alla mente il mito classico di "Diana al bagno" e il racconto biblico di "Susanna e i vecchioni".

Peggy muore, sola in ospedale, il 23 dicembre del 1979, all’età di ottantun'anni. Le sue ceneri sono sepolte in un angolo del giardino di Palazzo Venier dei Leoni, accanto al luogo in cui era solita seppellire i suoi adorati cani. Alla morte di Peggy, la Fondazione Solomon R. Guggenheim diventa proprietaria del palazzo e, da allora, ha ampliato la sua casa, trasformandola in uno dei più affascinanti musei d’arte moderna del mondo.



"Non sono una collezionista. Io sono un museo"

(Peggy Guggenheim)




(Mar L8v)





Peggy Guggenheim alla Biennale di Venezia, 1948



Edited by Lottovolante - 4/9/2023, 08:15
 
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