30 GENNAIO 1933 - LA NASCITA DEL TERZO REICH, La conquista del potere di Adolf Hitler

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“Nel cinturone dei soldati del Führer c'era scritto 'Gott mit uns',
Dio è con noi. Hitler lo aveva arruolato; per fortuna disertò.”

Enzo Biagi



30 GENNAIO 1933
HITLER CONQUISTA IL POTERE




Adolf Hitler non divenne cancelliere della Repubblica di Weimar grazie
ai voti ottenuti dal suo partito, ma perché la cerchia conservatrice che
circondava il presidente tedesco Paul von Hindenburg gli offrì l’incarico
che gli avrebbe così permesso di distruggere la democrazia






Gli insegnamenti di un fallimento

Nel novembre 1923, analogamente alla marcia su Roma che aveva spianato la strada alla presa di potere di Benito Mussolini in Italia l'anno precedente, Adolf Hitler, leader del Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (NSDAP), e il generale Erich Ludendorff - che, insieme al generale Hindenburg, aveva guidato la Germania nella Grande guerra ed era diventato l'emblema del nazionalismo reazionario tedesco nel dopoguerra - orchestrarono un Putsch o colpo di stato con l'obiettivo di prendere il potere a Monaco, capitale dello stato della Baviera, per poi avanzare verso Berlino. Nell'immagine un gruppo di militanti nazisti armati si schiera per le strade di Monaco.


I capi del Putsch

Tuttavia la polizia e l'esercito repressero rapidamente la rivolta e Hitler decise che non avrebbe più tentato di prendere il potere con mezzi insurrezionali, opponendosi all'esercito. A partire da allora, insieme ai membri della leadership della NSDAP - i fratelli Otto e Gregor Strasser, Hermann Göring, Rudolf Hess e Julius Streicher -, si dedicò alla costruzione di un movimento di massa. Questa foto, scattata durante il processo conseguente al colpo di stato, mostra i principali leader dell'insurrezione, tra cui Hitler e il generale Ludendorff.


Un condottiero messianico

Il processo per il Putsch diede a Hitler quella notorietà che fino ad allora gli era mancata. Condannato a cinque anni di carcere, la giustizia (sotto forma di giudici che simpatizzavano con le sue azioni) gli aprì le porte della fortezza di Landsberg, dove era stato imprigionato, dopo appena nove mesi. Mentre si godeva un confortevole soggiorno in prigione dettò il primo volume del Mein Kampf (La mia lotta), un'autobiografia politica molto romanzata e allo stesso tempo un compendio delle sue idee, frutto di una formazione da autodidatta. Queste includevano la disuguaglianza tra razze, nazioni e individui come parte di un ordine naturale immutabile che esaltava la "razza ariana" come elemento creativo dell'umanità. L'unità naturale dell'umanità era il Volk, il popolo; di questi, il popolo tedesco, incarnazione della razza ariana, era il più grande e aveva il diritto d'imporsi sugli altri in una lotta darwiniana per l'esistenza tra razze. Frontespizio di un'edizione del Mein Kampf.


Una confortevole prigionia

Hitler nel 1924, imprigionato a Landsberg. Con lui, da sinistra a destra, il suo autista Emil Maurice; Herman Kriebel, uno dei suoi luogotenenti; Rudolf Hess, leader della NSDAP e sostenitore di Hitler; e Friedrich Weber. Tutti erano stati condannati a pene detentive per aver partecipato al Putsch di Monaco l'anno precedente.


Marxisti ed ebrei, i nemici

Secondo la weltanschauung, o visione del mondo, di Hitler, i principali nemici del popolo tedesco erano il marxismo - che per lui comprendeva sia la socialdemocrazia che il comunismo - e gli ebrei. Con la sua insistenza sull'internazionalismo e sul conflitto economico, il marxismo avrebbe sottoposto la comunità nazionale a interessi stranieri e l'avrebbe distrutta attraverso la lotta di classe. Questo manifesto di Waldheim Eberle raffigura ebrei e comunisti come una figura oscura, simile alla morte, intenta a spazzare via il mondo attraverso la guerra e la lotta operaia.


Propaganda antisemita

Oltre al marxismo, il più grande nemico di tutti erano gli ebrei, che per Hitler erano l'incarnazione del male, l'elemento corruttore della razza ariana; tuttora gli storici continuano a discutere su quale sia stato il momento in cui l'antisemitismo divenne la convinzione più profonda di Hitler. Lui e i suoi seguaci, come molti elementi conservatori, consideravano la Repubblica di Weimar un regime illegittimo, poiché sarebbe sorta dalla resa della Germania nella Grande guerra non a seguito di una sconfitta militare (che in effetti c'era stata), ma a causa della "pugnalata alle spalle" che marxisti ed ebrei avrebbero inflitto all'esercito incoraggiando disordini sociali nelle retrovie. Nell'immagine, un braccio nazista colpisce un ebreo stereotipato in un manifesto del 1928.


Gli anni venti: lontani dal potere

I dirigenti della NSDAP cercarono di espandersi aprendo alle alleanze con formazioni di destra e gruppi di veterani di guerra; il partito aveva la sua roccaforte in Baviera e la sua base era a Monaco. Per quasi un decennio il suo successo fu limitato. Le elezioni generali del maggio 1924 al Reichstag, il parlamento tedesco, diedero alla NSDAP poco più di 1.900.000 voti (il 6,6 per cento) e trentadue seggi - i primi mai ottenuti -, ma alle elezioni anticipate del dicembre dello stesso anno gli rimasero poco più di 900mila preferenze (il tre per cento) e quattordici deputati. Infatti la Repubblica di Weimar, grazie ai prestiti provenienti dagli Stati Uniti, tra il 1925 e il 1929 godette di un miglioramento dell'economia che si tradusse in una maggiore stabilità politica e nel rifiuto del radicalismo: alle elezioni del maggio 1928 la NSDAP ottenne solo 810mila voti (il 2,6 per cento) e appena dodici deputati, rimanendo il nono partito del Reichstag. Nella foto, un gruppo di nazisti distribuisce volantini da un furgone durante la campagna elettorale del 1924.


La crisi trasforma Hitler nel leader delle masse

La tendenza alla stagnazione della NSDAP fu interrotta dalla Grande depressione. In Germania la catastrofica crisi economica e sociale dei primi anni trenta favorì la crescita elettorale dei due partiti che rifiutavano la democrazia liberale per la sua incapacità di offrire soluzioni a una società devastata dalla disoccupazione e dalla rovina economica: il Partito comunista (KPD) e, soprattutto, la NSDAP, che accusava anche la Repubblica di Weimar di essere asservita agli interessi dei vincitori della Prima guerra mondiale, che stavano dissanguando la Germania con le loro richieste di riparazioni di guerra. Nella foto, Hitler tiene un discorso durante un comizio del partito al teatro Neue Welt di Berlino.


Risultati sorprendenti

Alla elezioni del 1930 la NSDAP ottuplicò i propri voti e ottenne 6,4 milioni di preferenze (il 18,25 per cento) e 107 seggi, diventando così il secondo partito in Germania dopo i socialdemocratici (SPD). Sopra, manifesto elettorale del 1930 che si rivolge ai giovani. I programmi di educazione e sostegno alla gioventù furono una delle pietre miliari dell'ascesa del nazismo.


Un governo impopolare

La costituzione permetteva al cancelliere (il capo dell’esecutivo) di governare tramite decreti legge controfirmati dal presidente della repubblica, eludendo il Reichstag, il parlamento, dove il sistema elettorale proporzionale impediva di fatto il costituirsi di maggioranze assolute. Grazie a questo modo di procedere, l’impopolare cancelliere Heinrich Brüning, del Partito di centro (Zentrum), tagliò le prestazioni sociali e aumentò le tasse, e fece pressione su Hindenburg - da cui dipendevano il suo potere e la sua continuità nella carica - affinché si candidasse alle elezioni presidenziali che si sarebbero svolte in due turni, nel marzo e nell'aprile del 1932. Sopra, un manifesto elettorale della NSDAP che allude alla crisi economica: "La nostra ultima speranza: Hitler".


Un leader di livello nazionale

Le elezioni confermarono l'ascesa di Hitler, che al secondo turno, in aprile, ottenne 13,4 milioni di voti contro i 19,3 milioni del conservatore, monarchico e anziano maresciallo Hindenburg (allora ottantaquattrenne), che aveva ricevuto il sostegno di vari partiti - tra cui i socialdemocratici - per fermare la sua scalata al potere. In questa immagine, manifesti elettorali di Hindenburg ("Votate per un uomo, non per un partito!") e di Hitler sulla Potsdamer Platz di Berlino.


Papen cancelliere

Nel maggio 1932 Brüning si vide costretto a lasciare l’incarico di fronte alle manovre del generale Kurt von Schleicher e di altri membri dell’entourage di Hindenburg. Quest’ultimo lo sostituì con Franz von Papen, anch’egli della Zentrum, un aristocratico condiscendente che formò l’inefficace “governo dei baroni”, il cui sostegno parlamentare non era superiore a quello di Brüning. Nell'immagine, Franz von Papen lascia un seggio elettorale di Berlino nel luglio 1932.


Il più votato, ma senza maggioranza

Le elezioni del luglio dello stesso anno videro la NSDAP imporsi come primo partito del Reichstag, con il 37,3 per cento dei voti (13,7 milioni) e 230 deputati, ma questo risultato non diede a Hitler la maggioranza parlamentare sperata. Papen rimase cancelliere con il sostegno dei partiti conservatori, che si erano ridotti drasticamente. Molti dei loro elettori, infatti, si erano spostati verso la NSDAP, spinti dal timore di una crisi economica e della rivoluzione comunista. Non per niente il Partito comunista era diventato il terzo partito del Reichstag, con ottantanove membri, raccogliendo parte del voto disincantato della SPD, il secondo partito della camera con 133 seggi. Nella foto Hitler consulta il piano per uno dei suoi voli durante la campagna elettorale del luglio 1932. Fu il primo politico tedesco a viaggiare in aereo per parlare ai comizi.


Una democrazia gravemente ferita

La repubblica era in agonia. Da un lato la maggioranza del Reichstag, composta dalla NSDAP di Hitler e dagli ottantanove deputati comunisti, voleva distruggerla. Dall’altro, conservatori come Papen o Schleicher – il generale che rappresentava l’esercito nell’alta politica e aveva manovrato per portare Papen al cancellierato – progettavano di sostituirla con un regime autoritario, di destra e nazionalista. Papen si era deciso per questa strada poco prima delle elezioni di luglio, mettendo in atto un vero e proprio colpo di stato: si era insediato a capo del governo della Prussia (il più grande degli stati tedeschi, nelle mani della SPD) con il pretesto di una crisi dell’ordine pubblico, dopo che una provocazione della NSDAP nella roccaforte della sinistra prussiana di Altona aveva provocato diciotto morti. Ma fu inaspettatamente estromesso dal cancellierato il 12 settembre, in seguito alla presentazione di una mozione di sfiducia da parte dei comunisti appoggiata dalla NSDAP. Hermann Göring, luogotenente di Hitler e presidente del Reichstag, impedì a Papen – che voleva annunciare lo scioglimento del parlamento (ed evitare così di essere sfiduciato) – di prendere la parola e procedette alla votazione della mozione. Papen fu sconfitto nettamente, e Hindenburg indisse nuove elezioni. Nella foto Papen, in piedi a un’estremità del banco del governo, chiede la parola a Göring, mentre questi guarda dall’altra parte.


Intrighi ai vertici dello stato

Le elezioni, tenutesi il 6 novembre, rappresentarono una battuta d’arresto per la NSDAP, che perse due milioni di voti, pari al 33 per cento dei consensi. Molti elettori erano rimasti delusi dal fatto che Hitler avesse rifiutato l’offerta fattagli da Papen e Schleicher (allora ministro della difesa) in seguito alle elezioni di luglio, ovvero entrare a far parte di un governo nazionalista di destra in qualità di vicecancelliere. Hitler si era detto disponibile a partecipare a un esecutivo di coalizione solo se fosse stato lui il cancelliere. Ma Hindenburg, che non si fidava di lui, era contrario a questa soluzione. In tale contesto di stallo politico, il 3 dicembre il presidente nominò cancelliere Schleicher, quando questi lo convinse che affidare di nuovo l’incarico all’ormai screditato e detestato Papen avrebbe potuto portare a gravi disordini e persino alla guerra civile. Al centro di questa fotografia sono visibili Papen, che indossa una bombetta, e alla sua sinistra Schleicher durante un raduno dell’influente Stahlhelm, la più grande organizzazione paramilitare tedesca, nel mese di settembre. Questa organizzazione, formata da veterani della Grande guerra, era un gruppo di pressione tenuto in gran considerazione dai partiti nazionalisti.


Gli errori di Schleicher

Le misure adottate da Schleicher per avvicinarsi ai sindacati non li convinsero e, oltretutto, gli alienarono il sostegno delle imprese, mentre Hitler e Hugenberg evitarono di appoggiarlo. In primo luogo, Schleicher riprese il progetto di Brüning d'insediare i disoccupati in grandi poderi indebitati della Germania orientale, che sarebbero stati divisi a tale scopo, un progetto che già a suo tempo era stato bollato come "bolscevismo agrario". In secondo luogo, rifiutò di aumentare le tariffe sulle importazioni agricole, come richiesto dai grandi proprietari terrieri. In terzo luogo, indagò sullo sperpero degli aiuti pubblici ricevuti dai proprietari terrieri nel bel mezzo della crisi economica, e in questo contesto emerse che un terreno donato a Hindenburg dai suoi amici industriali nel 1928 era stato registrato a nome del figlio Oskar per evitare di pagare l'imposta di successione. Nell'immagine, Schleicher il giorno della sua nomina a cancelliere. Il suo mandato sarebbe stato il più breve della Repubblica di Weimar, con soli cinquantasei giorni di permanenza in carica.


Le macchinazioni di Papen

Grazie alla benevolenza di Hindenburg, dopo le dimissioni da cancelliere Papen poté rimanere nel suo appartamento al ministero degli interni, il che gli permetteva di visitare il maresciallo con discrezione attraversando i giardini che collegavano quel ministero a quello degli esteri e alla cancelleria, dove Hindenburg risiedeva durante i lavori di ristrutturazione del palazzo presidenziale. Papen era quindi in grado d'influenzare il capo dello stato al di fuori dello scrutinio pubblico e avrebbe usato questa posizione privilegiata per scalzare Schleicher, che gli aveva sottratto il cancellierato. Per questo aveva bisogno di Hitler e fece in modo che il banchiere Kurt von Schröder ospitasse un incontro tra loro nella sua casa fuori Colonia il 4 gennaio 1933. Papen insistette con Hitler sul fatto che Hindenburg avrebbe rifiutato di nominarlo cancelliere a causa dell'opposizione di Schleicher. Che gli credesse o meno, Hitler doveva tenerselo buono, perché Papen aveva un accesso privilegiato a Hindenburg; e Papen doveva tenersi buono lui, perché il leader della NSDAP aveva l'appoggio popolare che a lui mancava. Hitler intendeva sfruttare a proprio vantaggio la determinazione di Papen di estromettere Schleicher dal potere. Nell'immagine, Papen nel suo ufficio in cancelleria.


Un partito agli sgoccioli

A dicembre la NSDAP era in piena crisi. Le campagne elettorali del 1932 avevano lasciato il partito a corto di fondi; il rifiuto di Hitler di entrare nel governo aveva portato all’abbandono di Gregor Strasser, un nazionalsocialista di vecchia data che avrebbe potuto provocare una grave scissione (suo fratello Otto era già stato espulso dal partito perché ritenuto troppo di sinistra). Inoltre le milizie del partito, le brutali SA – che avevano forse oltre 2 milioni di membri, un numero venti volte superiore a quello dell’esercito regolare previsto dal trattato di Versailles – si stavano rivoltando contro i loro dirigenti, perché questi non si decidevano a prendere un potere che sembrava a portata di mano né con la violenza né entrando nel governo. In questo momento critico l'iniziativa di Papen offrì una nuova (e ultima) opportunità a un Hitler ormai abbattuto. Nella foto, Hitler con i diplomati della Scuola imperiale per dirigenti delle SA nel 1932.


I retroscena del complotto

Papen si rivolse anche a Hugenberg affinché partecipasse a un governo di coalizione. Hugenberg - magnate dei media, furiosamente anti-sinistra e virulento nazionalista - detestava Schleicher, ma non si fidava di Hitler, che considerava privo di scrupoli. Lo conosceva bene, perché nel 1928-1929 aveva messo la propria stampa al suo servizio nella campagna congiunta del partito di cui era segretario, il Partito popolare nazionale tedesco (DNVP) e della NSDAP contro l'adozione del piano Young (una rinegoziazione delle riparazioni di guerra tedesche). Nel 1931, sperando di sfruttare il successo di Hitler alle urne per promuovere le proprie ambizioni politiche, Hugenberg aveva formato il fronte di Harzburg, un'alleanza tra elementi nazionalisti e conservatori e Hitler per rovesciare Brüning. L'obiettivo di Hitler era quello di approvare una legge di abilitazione che gli permettesse di governare senza il Reichstag e senza ricorrere a decreti presidenziali, il che lo avrebbe liberato da qualsiasi restrizione istituzionale all'esercizio del potere. Nell'immagine, caricatura di Alfred Hugenberg, leader della DNVP, con alle spalle una rotativa (la macchina usata per stampare i giornali).


Papen alla riscossa: un accordo in extremis

Schleicher era convinto che Hitler fosse sull'orlo della disperazione. Durante una cena con i giornalisti disse in via ufficiosa che sperava che avrebbe finito per rendersi conto che il suo partito stava crollando sotto la sua guida, «non vedendolo mai arrivare a una posizione di potere». Ridimensionò con un sorriso accondiscendente la minaccia dei nazisti: «Mi occuperò di loro. Presto li avrò in pugno». Nel frattempo, alcune sezioni delle SA si erano ribellate al partito, ma Hitler riuscì a contenere la situazione. Fu allora che Papen venne in soccorso del suo alleato. Il 23 gennaio s'incontrò con Hindenburg, Oskar e Otto Meißner (capo dell'ufficio della presidenza del Reich) e propose di nominare Hitler cancelliere. Di fronte alla riluttanza di Hindenburg, Meißner sottolineò che questo era il modo migliore per uscire dall'impasse, poiché Hitler si sarebbe assunto la responsabilità del governo e i conservatori del gabinetto lo avrebbero tenuto in riga. Nella foto, Papen con Konstantin von Neurath, ministro degli esteri del governo Schleicher.


Le dimissioni di Schleicher

Il 28 gennaio Hindenburg annunciò a Schleicher che non avrebbe autorizzato lo scioglimento del Reichstag. Consapevole che avrebbe dovuto affrontare un voto di sfiducia quando il parlamento si fosse riunito il 31, Schleicher si dimise. Pensava di avere l'appoggio di Hindenburg e aveva sottovalutato le capacità del suo ex protetto, ma non appena seppe degli incontri nella tenuta di Ribbentrop capì che Papen aveva ordito una cospirazione per farlo cadere. Presentò le dimissioni quella sera stessa. Il mattino seguente Papen s'incontrò con Hindenburg, che accettò la prospettiva di un governo hitleriano con Papen come vicecancelliere e sostenuto dai conservatori, dallo Stahlhelm e da altri gruppi di centro-destra. Ribbentrop apprese da Göring che Hitler si trovava ancora all'Hotel Kaiserhof di Berlino e fu organizzato un incontro tra lui e Papen per la mattina seguente, il 29 gennaio. Nella foto, Schleicher mentre lascia la sua residenza ufficiale nel febbraio 1933, dopo la proclamazione di Hitler a cancelliere da parte del maresciallo Otto von Hindenburg.


29 gennaio: una giornata frenetica

Nella riunione del 29 Papen annunciò a Hitler che Hindenburg sembrava disposto ad accettare un governo con lui come cancelliere e raggiunsero un accordo sulla composizione del gabinetto. Lo stesso giorno Papen ebbe un colloquio con Hugenberg, che rimaneva contrario alla richiesta di Hitler d'indire nuove elezioni. Quando però Papen gli offrì il ministero dell'economia, una carica che Hugenberg aveva sempre desiderato, accettò di entrare nell'esecutivo. Per allargare la base del nuovo governo Papen cercò l'appoggio dello Stahlhelm, la potente organizzazione di destra dei veterani tedeschi, e invitò i suoi leader Theodor Duesterberg e Franz Seldte a incontrarsi con lui e Hugenberg nel suo appartamento. Hitler era soddisfatto, per il momento Hugenberg era dalla loro parte e tutti i futuri ministri erano d'accordo. Hitler avrebbe prestato giuramento come cancelliere alle 11 di mattina del 30 gennaio. "Non oso ancora crederci", scrisse Paul Joseph Goebbels, il numero due del partito nazista, nel suo diario la sera del 29. Nella foto, Duesterberg si rivolge ai membri dello Stahlhelm in occasione della giornata del Soldato del 1930. Il gruppo di veterani sarebbe poi stato integrato nelle SA naziste e infine sciolto nel 1935.


Disaccordi dell'ultimo minuto

Le ore passarono tra le voci di un colpo di stato militare volto a impedire la formazione del nuovo governo, dietro ale quali ci sarebbe stato Schleicher, anche se sembra che l'intervento militare sarebbe avvenuto solo in caso della nomina di Papen a cancelliere. Quando arrivò il mattino un'atmosfera di attesa avvolgeva Berlino. Gruppi di persone si riunirono nella piazza che separava l'Hotel Kaiserhof dalla cancelleria. Verso le 10 Hitler e Hugenberg attraversarono il giardino sul retro della residenza dei Papen per parlare un'ultima volta prima di presentarsi davanti a Hindenburg. Hugenberg minacciò di fare marcia indietro e gli sforzi di Hitler per assicurargli che non ci sarebbero stati cambiamenti di gabinetto qualunque fosse stato l'esito delle elezioni non lo convinsero. Hindenburg, impaziente, attendeva il triumvirato, che s'immerse nuovamente in una discussione sulle elezioni. Hitler cercò di rassicurare Hugenberg promettendo che, a prescindere dai risultati elettorali, sarebbe stato ministro dell'economia e dell'agricoltura: sarebbe stato "lo zar dell'economia", un'espressione che soddisfaceva la vanità di Hugenberg ma che non pose fine alle sue proteste. Nella foto, i sostenitori di Hitler si riuniscono in piazza Wilhelm (in primo piano) il 30 gennaio. Sulla destra dell'immagine si trova l'Hotel Kaiserhof e dall'altra parte della strada la cancelleria del Reich, dove si svolsero i negoziati dell'ultimo minuto e la nomina di Hitler a cancelliere.


La nomina

Hugenberg depose le armi e, con l'accordo appeso a un filo, i tre si recarono da Hindenburg, che era talmente irritato da non offrire al nuovo gabinetto il discorso protocollare di benvenuto. Anche Hitler ruppe il protocollo e fece un breve discorso, promettendo a Hindenburg che avrebbe mantenuto la costituzione di Weimar, cercato una maggioranza al Reichstag in modo da non rendere più necessari i decreti d'emergenza, risolto la crisi economica in Germania e ripristinato l'unità di un popolo tedesco diviso e oppresso. Quando fnì di parlare Hindenburg replicò soltanto: "E ora, signori, avanti, e che Dio ci aiuti!". Nella foto, Hindenburg e Hitler, fotografati il 30 gennaio 1933.


Hitler cancelliere

L’immagine mostra il nuovo gabinetto di Hitler, che siede tra Göring (ministro senza portafoglio e ministro degli interni di Prussia ad interim) e Papen dopo la sua nomina a cancelliere la mattina del 30 gennaio. Sul retro, da sinistra a destra, Franz Seldte (leader dello Stahlhelm e ministro del lavoro), Günther Gereke, Johann Ludwig Schwerin von Krosigk, Wilhelm Frick (della NSDAP, ministro dell’interno), Werner von Blomberg e Alfred Hugenberg (leader della DNVP, ministro dell’economia e dell’agricoltura).


Marcia notturna: la Germania si sveglia

Quando i lampioni di Berlino iniziarono ad accendersi apparvero i primi esponenti di un vasto corteo. Le strade vicino alla cancelleria erano affollate, con ragazzi seduti sui rami degli alberi, bande che suonavano e cori improvvisati che cantavano canzoni nazionalsocialiste, come l'inno di Horst Wessel. Dall'oscurità del parco Tiergarten, tra il fragore dei tamburi, cominciarono a sfilare colonne di SA, SS, membri della Gioventù hitleriana e dello Stahlhelm, con le torce sollevate, che attraversarono la porta di Brandeburgo e percorsero il viale Unter den Linden.


Marcia trionfale

L'ambasciatore François-Poncet contemplò «le enormi colonne accompagnate da bande che suonavano arie marziali al ritmo ovattato dei grandi tamburi»; impressionato, annotò: "Le torce che brandivano formavano un fiume di fuoco, un fiume di onde costanti e inestinguibili che si propagava nel cuore stesso della città. Da questi gruppi di uomini in camicia marrone e stivali di cuoio che marciavano in perfetta disciplina e allineati, gridando canzoni di guerra con voci ben intonate, si levarono un entusiasmo e un dinamismo straordinari. Gli spettatori ai lati delle colonne in marcia scoppiarono in un grande clamore".





A capo della Germania

Per tre ore il corteo marciò sotto le finestre della cancelleria,
dove Hitler salutò coloro che sfilavano davanti a lui.

Nel suo diario Goebbels annotò che si trattava della "ascesa di una nazione. La Germania si è risvegliata".



L'anziano presidente

Poco più in là di dove si trovava Hitler, l'anziano Hindenburg stava alla finestra (illuminata da un riflettore posto dalla polizia) come «una figura eroica, imponente, maestosa, investita da un tocco di meraviglia d'altri tempi. Di tanto in tanto, scandiva il ritmo delle marce militari con il suo bastone», noterà Goebbels. Forse il presidente si trovava molto lontano da lì. Secondo un testimone, "il vecchio maresciallo li guardava dalla finestra come in un sogno, e quelli che stavano dietro di lui lo videro fare dei cenni da sopra la spalla. 'Ludendorff', disse il vecchio, usando di nuovo la sua dura voce di comando, "come marciano bene i suoi uomini e quanti prigionieri hanno catturato!""


La persecuzione della sinistra

L’ascesa al potere di Hitler non era stata inevitabile. Non erano stati i voti a portarlo al cancellierato, perché alle elezioni di novembre, le ultime libere della Repubblica di Weimar, aveva ottenuto un terzo dei suffragi. Proprio quando la sua popolarità iniziava a scemare e il suo partito attraversava una profonda crisi, fu spinto al potere dall’accordo segreto di una manciata di membri dell’élite politica conservatrice tedesca convinta, come disse Papen, che Hitler potesse essere "addomesticato". Da parte sua, Hitler persuase Hindenburg a indire nuove elezioni per il 5 marzo, sicuro di ottenere quella maggioranza che gli avrebbe permesso di governare senza ostacoli. Di fronte all’appello dei comunisti per uno sciopero generale, ottenne da Hindenburg un decreto «per proteggere il popolo tedesco» che rese possibile la persecuzione della sinistra. La repressione divenne feroce dopo l’incendio del Reichstag, avvenuto nella notte del 27 febbraio (nella foto) e attribuito ai comunisti. Ciò permise l’emanazione di un altro decreto "per la protezione del popolo e dello stato" che diede carta bianca a un’ondata di violenza criminale da parte delle SA.


Terrore rosso

Il presunto responsabile dell'incendio del Reichstag era un ex comunista olandese, Marinus van der Lubbe, che la fotografia mostra in custodia. È stato affermato che agì da solo, ma anche che era stato portato sulla scena del crimine da agenti nazisti, o che non c'erano prove di un coinvolgimento dei nazisti nel crimine, e che anzi Hitler aveva semplicemente sfruttato l'azione indipendente di van der Lubbe, che venne giustiziato nel gennaio 1934.


La morte della Repubblica

Prima delle elezioni di marzo migliaia di membri delle SA vennero nominati poliziotti ausiliari. Erano contrassegnati da una fascia bianca al braccio, come quella indossata dall’agente della foto in alto, intento a pattugliare accanto a un poliziotto in uniforme. Sebbene la NSDAP controllasse l’ordine pubblico, la stampa e la radio, Hitler non ottenne la maggioranza parlamentare: si fermò a 17,2 milioni di voti (43,9 per cento) mentre, nonostante la repressione, i socialdemocratici ne ottennero 7,1 milioni e i comunisti 4,8 milioni.


Il regime nazista

Pochi giorni dopo fu aperto il primo campo di concentramento a Dachau, e il 23 marzo il Reichstag approvò la cosiddetta Legge dei pieni poteri, che conferiva al governo il potere legislativo. Hitler non aveva più bisogno di Hindenburg per controfirmare i suoi decreti e poteva fare a meno del parlamento stesso: aveva sfruttato i meccanismi costituzionali per distruggere la costituzione e la democrazia. La repubblica era morta, come testimoniarono la creazione della Gestapo (la polizia politica controllata dalla NSDAP), l’inizio della persecuzione degli ebrei – in alto, due uomini delle SA davanti a un negozio ebraico durante il boicottaggio delle imprese giudaiche lanciato in aprile –, la destituzione dei funzionari pubblici che non sostenevano il nazionalsocialismo, la soppressione dei sindacati e lo scioglimento della SPD.

Era nato il Terzo Reich...


 
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