CASSANDRA: COLEI CHE SA, VEDE, PRESAGISCE, Il triste destino di chi non è ascoltato

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 29/11/2022, 13:46     +5   +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,195
Reputation:
+18,086

Status:




CASSANDRA E LA DIVINAZIONE:
il triste destino di chi non è ascoltato




La giovane sacerdotessa figlia di Priamo e di Ecuba soffre il destino di
non essere creduta dagli altri perché un giorno ha respinto l’approccio
del dio Apollo. Ma la sua forza sta nel continuare a esprimere profezie,
anche terribili, senza mai arrendersi






Jérôme-Martin Langlois
Cassandra implora la vendetta di Minerva contro Ajace
(Cassandra Imploring the Vengeance of Minerva against Ajax)
1810
Olio su tela
180,9 × 193 cm
Chambery, Musée des beaux-arts


Troia arde, gli achei scesi nella notte dal cavallo di legno inseguono i troiani che fuggono in ogni direzione, tra il fumo e le fiamme. Priamo, il vecchio sovrano, giace morto, ucciso da Neottolemo. Cassandra, una delle sue figlie, riesce a mettersi in salvo presso l’altare di Atena ma, minaccioso e spergiuro, le si fa vicino un condottiero nemico, Aiace figlio di Oileo. In un disperato tentativo di salvarsi, la sacerdotessa si aggrappa alla statua di Atena perché la dea la protegga, ma lui la trascina via. La statua cade e Aiace violenta la ragazza tra i frantumi del simulacro. La dea punirà l’arroganza del greco rendendo difficile il ritorno in patria a lui e ai suoi commilitoni. Quanto a Cassandra, umiliata, stuprata, sconfitta, diventerà il bottino di guerra del re dei re, Agamennone, e sarà costretta a salutare le sopravvissute della sua famiglia per salpare alla volta di Micene. Per lei le sventure non sono però finite, giacché in Grecia l’attende una sorte ancor peggiore.



Solomon Joseph Solomon
Ajace e Cassandra
(Ajax and Cassandra)
1886
Olio su tela
98 x 189 cm
Victoria, Australia, Art Gallery of Ballarat


La profetessa ignorata

La regina Clitennestra, che medita vendetta per l’uccisione della figlia Ifigenia e si è ingelosita per la presenza di questa concubina (pallake) straniera, tende il ben noto tranello al marito Agamennone. A cadere sotto i colpi della sua scure non sarà soltanto l’arrogante capo degli achei, ma anche Cassandra stessa, che aveva già previsto ogni cosa: la vasca da bagno, l’arma, il sangue, le tenebre. Perché Cassandra non è solo una delle tante figlie di Priamo, una giovane bella come Afrodite d’oro – così la descrive Omero –, bensì la sacerdotessa di Apollo. In quanto tale, ha il dono della chiaroveggenza, di poter vedere ciò che è stato, che è e che sarà. Eppure, avendo respinto le attenzioni del dio da adolescente, è condannata a non essere creduta, a non godere del dono della persuasione. Ogni sua veritiera profezia non verrà mai ascoltata: questa la terribile vendetta del dio alla mortale che gli ha opposto resistenza e non gli si è voluta concedere.

Sin da piccola Cassandra, o Alessandra – il primo nome non greco, è attestato sulle tavolette micenee di Pilo, il secondo è ellenico –, interviene nelle vicende della sua famiglia e della sua città. Individua subito il pericolo che il fratellino neonato Paride comporta per Troia. Più avanti, quando Paride, abbandonato da Priamo e salvato da un pastore, fa ritorno a Troia e viene riconosciuto e accettato, e sta per partire alla volta della Grecia, Cassandra prevede il pericolo di Elena, che incombe sul destino di tutti i troiani. E, come se non bastasse, allorché i greci abbandonano il famoso cavallo di legno dopo dieci anni di assedio, Cassandra mette in guardia i troiani sull’inganno architettato da Odisseo. Assieme a lei leva la voce Laocoonte, un altro sacerdote, che viene soffocato dalle spire di mostruosi serpenti affiorati dal mare. Cassandra non ha bisogno di essere messa a tacere dagli dèi: sanno già che verrà ignorata.



La statua di Laocoonte e dei suoi figli tra le spire del serpente. Musei Vaticani


I greci e la divinazione

Trascurata, sminuita, la giovane sacerdotessa continua a dare prova del suo talento nella mantica, o divinazione, fino all'ultimo respiro, fino a quella reggia di Micene addobbata a festa dove troverà la morte. Non si piega né desiste, pur sapendo che le sue parole cadranno nel vuoto. È una donna dalla forza titanica, dal coraggio unico, un’eroina solitaria bistrattata dalla sua stessa famiglia e dai concittadini. Tuttavia, qualcosa stride nella ragione mitica di Cassandra, e non è semplice fornire una spiegazione storicamente plausibile a questo personaggio così particolare. In primis perché i greci, come gli assiri, i babilonesi, gli egizi, sono un popolo che crede fortemente nella divinazione. Basti pensare al culto reso ad Apollo, nonché alla Pizia, la sacerdotessa che a Delfi entrava in uno stato di trance per recitare i responsi del dio e fornire così una sibillina risposta ai dubbi posti di volta in volta dai visitatori. Pure Cassandra è da ascriversi alla categoria degli indovini – coloro che conoscono «presente, futuro e passato», ricorda Omero, che però non assegna alla figlia di Priamo le doti che riconosce ad altri, come ad esempio Tiresia. Cassandra assume il ruolo e la vocazione di preveggente più tardi, a partire dall’opera frammentaria Ciprie, che risale a un periodo compreso tra la fine dell’VIII e il VI secolo a.C. Ed emerge in tutta la sua incredibile forza profetica nella tragedia classica, in particolare nell’Agamennone di Eschilo (485 a.C. ca.), che la ritrae all’arrivo in Grecia, e nei drammi di Euripide, tra cui Le troiane (415 a.C.). Qui, fatta schiava insieme ad altre donne della sua città, immagina spietata e vendicativa il tortuoso ritorno in patria dei loro aguzzini dopo la guerra di Troia.



Rappresentazione di Michelangelo della Sibilla delfica, a volte identificata con Cassandra.
Affresco della Cappella Sistina. 1509


All’interno della cultura ellenica coesistono, e si alternano, due tipologie di divinazione: una induttiva (tipica dell’epica), basata sull’interpretazione logica dei segni divini, e una intuitiva (di origine più tarda), incentrata sull’ispirazione del dio, che comunica con gli uomini tramite un intermediario medianico. Sebbene presenti maggiori tratti dell’invasamento, ovvero della mantica intuitiva, Cassandra sembra incarnarle entrambe. È perciò mantis, indovina, in quanto i suoi interventi avvengono in una sorta d’ipnosi, ma anche profetessa giacché, pur non interpretando per professione i segni divini, sa discernerli ed esprimersi con il logismos, il ragionamento.

Nella tragedia Agamennone convivono tutte e due le figure: da un lato la sacerdotessa pronuncia parole sconnesse, suoni privi di senso ispirati dal dio – «otototoi popoi da», «e e papai papai», «iu iu o o» –, dall’altro intuisce il passato sporco di sangue degli Atridi, la minaccia presente di Clitennestra e il futuro della scure che si abbatterà sul suo collo. Settant’anni dopo, nelle Troiane è ormai una menade, una baccante esaltata e insieme lucida che conosce quanto avverrà e che parla mossa dalla vendetta. In un’ulteriore trasformazione, il dono di Apollo si è fuso con quello di Dioniso, la Pizia è divenuta menade, la glossolalia (l'uso di una lingua profetica e incomprensibile) cede a un monologo deciso, sebbene ignorato dagli altri personaggi. Che sia mantis o profetes, che si affidi ad Apollo o a Dioniso, Cassandra rimane il modello di colei che sa, vede, presagisce.

La solitudine di Cassandra

Eppure il quesito rimane. Perché in una società come quella greca, che riconosce il potere mantico, appare questa sacerdotessa incapace di convincere gli altri, di farsi credere? Forse la risposta si lascia intuire nella tragedia classica, quando il coro e i personaggi fraintendono o emarginano la giovane, in preda al furore estatico e vittima di pregiudizi. L’esclusione di Cassandra si fa ancor più evidente in un’opera ellenistica, l’erudita Alessandra di Licofrone di Calcide (IV-III secolo a.C.). Segregata in un’oscura prigione dal padre, la sacerdotessa si lancia in un monologo-profezia che il servo riferirà a Priamo ma che, s’intuisce, nessuno prenderà in considerazione. Ha perciò ancora senso paragonarla a una sorta di Pizia? In parte. Cassandra possiede sì il dono della mantica, eppure nel mito è più che un’indovina. È piuttosto la donna scomoda, straniera, emarginata, la vox clamantis in deserto, il tragico e disperato monito del memento mori, ovvero dell’ineluttabile fine che attende ogni uomo. È colei che svela le nostre debolezze e le nostre fragilità, che smaschera e prevede l’intima e incerta condizione umana, che continua a emettere vaticini pur nella disillusione.



Evelyn De Morgan
Cassandra
1898
Olio su tela
96 x 178 cm
Collezione privata


La stessa sorte solitaria e incompresa le verrà riconosciuta molti secoli dopo. Nella ballata Cassandra (1802), ad esempio, il romantico Schiller le fa affermare: «L’unico errore è la vita; il sapere è la morte [...] Per una mortale è terribile essere il vaso della verità. Rendimi la felicità dell’ignoranza. Da quando hai parlato dalla mia bocca, non ho più cantato con gioia». Tuttavia, a questo fil rouge profetico di Cassandra se ne aggiunge un altro, legato al suo essere donna. In La guerra di Troia non si farà (1935) di Jean Giraudoux, è il solo personaggio sagace, illuminato, che denuncia la guerra e il maschilismo a questa connaturato. E, nel maestoso romanzo Cassandra (1983) di Christa Wolf, s’imprime nella mente del lettore come l’unica che, nel caos pre e post-bellico, riesce a vedere disincantata le ragioni del potere all’interno di un mondo maschile ipocrita e violento, che lascia alle donne ben poche vie d’uscita: l’assimilazione al modello virile o la sottomissione a questo. Cassandra sceglie invece di vivere a modo suo, autonoma, libera, anche se destinata alla schiavitù. Rifiuta la protezione e l'amore dell'eroe Enea, rifiuta i sotterfugi, rifiuta i compromessi. Si staglia perspicace e sola contro il rosso delle fiamme di Troia, prima, e contro il bronzo affilato e lucente di Clitennestra, poi. Purché, fino all’ultimo suono confuso eppure lucido, possa «parlare con la mia voce».


Fonte
 
Web  Top
0 replies since 29/11/2022, 13:46   102 views
  Share