MARIA MADDALENA NELL'ARTE, Santa "compagna e seguace di Gesù"

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MARIA MADDALENA
NELL'ARTE


Qui Mariam absolvisti / et latronem exaudisti / mihi quoque spem dedisti.


Maria Maddalena, talvolta chiamata Maria di Magdala, o semplicemente la Maddalena o la Maddalena, era una donna che, secondo i quattro vangeli canonici, viaggiò con Gesù come uno dei suoi seguaci e fu testimone della sua crocifissione e delle sue conseguenze. È menzionata per nome dodici volte nei vangeli canonici, più della maggior parte degli apostoli e più di ogni altra donna nei vangeli, diversa dalla famiglia di Gesù. L' epiteto di Maria Maddalena può significare che proveniva dalla città di Magdala, un villaggio di pescatori sulla sponda occidentale del Mar di Galilea nella Giudea romana .



Adolfo Tommasi
La Maddalena penitente
1893
Olio su tela
85 x 58 cm
Livorno, Collezione privata



Caravaggio
Maria Maddalena in estasi
1606
Olio su tela
106.5 x 91 cm
Roma, Collezione privata




Il Vangelo di Luca 8:2-3 elenca Maria Maddalena come una delle donne che viaggiarono con Gesù e aiutarono a sostenere il suo ministero "con le loro risorse", indicando che probabilmente era relativamente ricca. Lo stesso brano afferma anche che da lei erano stati scacciati sette demoni , affermazione che si ripete in Marco 16 . In tutti e quattro i vangeli canonici, Maria Maddalena fu testimone della crocifissione di Gesù e, nei Vangeli sinottici , fu anche presente alla sua sepoltura. Tutti i quattro vangeli la identificavano, da sola o come membro di un gruppo più ampio di donne che include la madre di Gesù, come la prima testimone del sepolcro vuoto, e il primo testimone della risurrezione di Gesù. Per questi motivi, Maria Maddalena è conosciuta in alcune tradizioni cristiane come "l'apostola degli apostoli". Maria Maddalena è una figura centrale nei successivi scritti gnostici cristiani, tra cui il Dialogo del Salvatore, la Pistis Sophia, il Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Filippo e il Vangelo di Maria. Questi testi ritraggono Maria Maddalena come un'apostola, come la discepola più vicina e più amata di Gesù e l'unica che ha veramente compreso i suoi insegnamenti. Nei testi gnostici, o vangeli gnostici, la vicinanza di Maria Maddalena a Gesù si traduce in tensione con un altro discepolo, Pietro, a causa del suo sesso e della gelosia di egli per gli insegnamenti speciali che le sono stati dati. Il testo del Vangelo di Filippo in cui è descritta come la compagna di Gesù, come la discepola che Gesù amava di più e quella che Gesù baciava sulla bocca, ha portato alcune persone a concludere che lei e Gesù erano in una relazione . Alcuni romanzi la ritraggono come la moglie di Gesù.



Guido Reni
Maddalena penitente
1635
Olio su tela
90.8 x 74.3 cm
Baltimora, Walters Art Museum


La rappresentazione di Maria Maddalena come una prostituta iniziò nel 591 quando papa Gregorio I la confuse, introdotta in Luca 8:2, con Maria di Betania (Luca 10:39) e l'anonima "peccatrice" che unse i piedi di Gesù in Luca 7:36-50 . Il sermone pasquale di papa Gregorio portò a una diffusa convinzione che Maria Maddalena fosse una prostituta pentita o una donna promiscua. Poi sono emerse elaborate leggende medievali dall'Europa occidentale che raccontavano storie esagerate della ricchezza e della bellezza di Maria Maddalena, nonché del suo presunto viaggio nel sud della Francia. L'identificazione di Maria Maddalena con Maria di Betania e la "peccatrice" senza nome fu ancora una grande controversia negli anni precedenti la Riforma e alcuni leader protestanti la respinsero. Durante la Controriforma , la Chiesa cattolica ha sottolineato Maria Maddalena come simbolo di penitenza . Nel 1969, Papa Paolo VI ha rimosso l'identificazione di Maria Maddalena con Maria di Betania e la "peccatrice" dal Calendario Romano Generale, ma la visione di lei come ex prostituta è rimasta nella cultura popolare. Maria Maddalena è considerata una santa dalle chiese cattolica , ortodossa orientale , anglicana e luterana . Nel 2016 papa Francesco ha innalzato il livello della memoria liturgica il 22 luglio da memoriale a festa , e per lei ad essere indicata come “l'apostola degli apostoli”. Altre chiese protestanti la onorano come un'eroina della fede. Le chiese ortodosse orientali la commemorano anche nella domenica dei portatori di mirra , l'equivalente ortodosso di una delle tradizioni delle Tre Marie occidentali.

"Non toccarmi, perché non sono ancora salito da mio padre"





Alexander Ivanov
Apparizione di Gesù Cristo a Maria Maddalena
(Appearance of Jesus Christ to Maria Magdalena)
1835
Olio su tela
242 x 251 cm
San Pietroburgo, Russian Museum


Maria Maddalena nelle arti ha avuto, nel corso della storia del cristianesimo, un'iconografia assai ricca e molto bel definita. La prima nozione della santa "compagna e seguace di Gesù" come peccatrice e adultera si rifletté nell'arte cristiana medioevale occidentale, ove rimase la figura femminile più comunemente rappresentata dopo la vergine Maria. Può essere mostrata come molto stravagante e vestita alla moda, a differenza di altre rappresentazioni di personaggi evangelici femminili i quali indossano abiti contemporanei o - in alternativa - completamente nuda, ma ricoperta interamente da lunghi e fluenti capelli biondi o di un color rosso-rossastro. Le ultime raffigurazioni rappresentano il tema artistico della Maddalena penitente, seguendo la leggenda medievale secondo cui avrebbe passato l'ultimo periodo della sua vita come eremita nel deserto dopo aver lasciato la patria poco dopo la morte del "Salvatore". La sua storia si confuse presto in Occidente con quella di Santa Maria Egiziaca, un'ex prostituta del IV secolo divenuta anch'ella eremita, i cui vestiti si consumarono fino a dissolversi nella calura sabbiosa del deserto del Sahara. Le diffuse rappresentazioni artistiche di "Maria Maddalena in lacrime" sono la fonte della moderna parola inglese maudlin, che significa "disgustosamente sentimentale o eccessivamente emotivo". (Mar L8v)





Antonio Canova
Maddalena penitente
(Penitent Magdalene)
1793
Marmo
90 × 70 × 77 cm
Genova, Palazzo Doria-Tursi


 
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Andrea Solario
Maria Maddalena
1524 circa
Olio su tavola
75.5 x 59.2 cm
Baltimora, Walters Art Museum


In quest'opera, Maria Maddalena viene mostrata mentre trasferisce l'unguento da un vaso da farmacia in maiolica a un vaso più piccolo. Il dipinto è stato attribuito alternativamente ad Andrea Solario e Bernardino Luini, entrambi artisti influenzati dalle opere di Leonardo da Vinci nella loro definizione della forma e nell'uso della sottile tecnica dello "sfumato", che fonde invisibilmente luce e ombra per far apparire morbidi i contorni. (Mar L8v)



Edited by Lottovolante - 15/11/2022, 17:12
 
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Giotto di Bondone
Resurrezione (Noli me tangere)
Persone raffigurate: Maria Maddalena e Gesù
1303
Affresco
200 x 185 cm
Padova, Cappella degli Scrovegni


La scena mostra un doppio episodio: a sinistra il sepolcro vuoto di Cristo con gli angeli seduti e le guardie addormentate testimonia la Resurrezione; a destra la Maddalena inginocchiata davanti all'apparizione di Cristo trionfante sulla morte, con tanto di vessillo crociato, e il gesto del Salvatore che le dice di non toccarlo pronunciando, nelle versioni latine dei vangeli, la frase Noli me tangere. Sul vessillo si legge l'iscrizione "VI[N]CI/TOR MOR/TIS".

Le rocce dello sfondo declinano verso sinistra, dove avviene il nucleo centrale dell'episodio. Gli alberi, a differenza di quelli nel precedente Compianto, sono secchi a sinistra (idealmente "prima" della resurrezione) mentre a destra tornati rigogliosi; gli alberi di sinistra sono comunque danneggiati dal tempo e poco leggibili. L'episodio si caratterizza per un'atmosfera rarefatta e sospesa, di "metafisica astrazione" in cui è vista un'anticipazione di Piero della Francesca. Secondo alcuni studiosi, come il giapponese Hidemichi Tanaka, l'orlo delle balze che ornano le vesti dei soldati romani, è costituito dalla scrittura p'ags-pa, antica scrittura inventata per rendere più facilmente leggibile il mongolo e poi caduta in disuso.



Giotto di Bondone
Scene della vita di Maria Maddalena: (Noli me tangere)
Persone raffigurate: Maria Maddalena e Gesù
1320
Affresco
Assisi, Basilica di San Francesco


Giotto e i suoi allievi rappresentarono la scena del Noli me tangere anche nella Cappella della Maddalena nella basilica inferiore di Assisi, con un'analoga rappresentazione del sepolcro vuoto, mentre al giovane Giotto è attribuita una Resurrezione nella basilica superiore; in quest'ultima scena si nota una straordinaria cura dei dettagli nella decorazione delle armature dei soldati che è presente anche nella scena padovana, così come un certo virtuosismo nel rappresentare in scorcio i corpi dei dormienti. (Mar L8v)
 
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Georges de La Tour
Maddalena penitente
(The Penitent Magdalen)
1640 circa
133.4 x 102.2 cm
New York, Metropolitan Museum of Art


Il dipinto fu scoperto dalla critica nel 1961, poco prima dell'acquisizione nella collezione Wrightsman poi donata al Metropolitan Museum. Oltre che come "Maddalena penitente" il è noto in letteratura anche come "Maddalena Wrightsman" oppure "Maddalena dalle due fiamme". La narrazione dell'opera si riferisce al primo momento del nuovo percorso spirituale di Maddalena, quello in cui la giovane decide di abbandonare definitivamente la sua vita nel peccato, di separarsi dai beni terreni e dedicarsi all'ascesi. È ancora vestita con una certa ricercatezza: due doppie fascette dorate ornano verticalmente il rosso cangiante della lunga e ampia gonna e si ripetono ad orlarla, l'abbondante camicia a scialle è ancora vezzosamente, e tuttavia pudicamente, aperta sul petto. Invece i suoi gioielli sono in parte sparsi sul tavolino ed in parte gettati a terra. Sono ancora assenti i voluminosi testi biblici che sono presenti nelle altre versioni.


Il volto di Maddalena è rivolto verso il vuoto, oltre gli oggetti e l'ideale muro che chiude la stanza. Il pittore ne accenna appena il profilo sotto i neri e lunghi capelli gettati all'indietro. La postura appare di una certa eleganza, con il busto ben eretto mentre le dita delle mani si intrecciano a trattenere sul grembo un teschio. Oltre al lucido cranio accuratamente ripulito, simbolo della caducità della vita, e al biancore della pelle e della camicia abbagliata, lo sguardo dello spettatore è catturato dalla candela e dal suo si riflesso nello specchio riccamente incorniciato in argento parzialmente dorato. La fiamma riflessa vuole sottolineare l'illuminazione divina e lo specchio sta a significare l'intellezione del messaggio. (Mar L8v)


 
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Georges de La Tour
Maddalena penitente (Maddalena al lume [di notte]
(The Penitent Magdalene)
1640-1645
Olio su tela
156 × 122 cm
Parigi, Musée du Louvre


Il dipinto fu il secondo della serie scoperto dalla critica nel 1937 quando fu ceduto al Louvre. Noto in letteratura oltre che come "Maddalena penitente" anche come "Maddalena Terff", dal cognome dell'ultimo proprietario, o come viene denominata al Louvre come "Maddalena al lume [di notte]". Apparentemente simile nella composizione alla Maddalena del Metropolitan, ne differisce sostanzialmente in tutti i particolari e di conseguenza ne sposta e ne precisa il diverso significato: la scelta della vita in penitenza è ormai pienamente compiuta. Effettivamente la figura della santa è collocata seduta nella medesima posizione sulla sedia e nella disposizione a sinistra nel quadro; sulla sinistra è ancora un tavolino con una luce. Sono ben diversi l'atteggiamento e l'abbigliamento della santa e le suppellettili esposte sul ripiano.


Il pittore lascia leggere appena di più del profilo di Maddalena. La giovane ha però, questa volta, il capo chino, appoggiato pensosamente alla mano sinistra. Con l'altra mano trattiene vicino al ginocchio, anche qui, il cranio ripulito. È chiaramente scalza e indossa una gonna rossa ben più ordinaria dell'altra: più corta e trattenuta alla vita da una rozza corda, una specie di cilicio o cingolo francescano. La camicia bianca appare più povera ed è nettamente più abbassata a scoprire le spalle e la schiena. Che questo non sia un vezzo lo spiega il flagello penitenziale deposto sul tavolino. Oltre ad esso sono appoggiati sul ripiano una semplice croce e, appena dietro, due ponderosi volumi delle sacre scritture. La luce è data ora un lume ad olio, più semplice e povero del massiccio candelabro del quadro newyorkese. All'interno del vetro lo stoppino tende a galleggiare e si riflettono, distorte, le pagine di un volume. (Mar L8v)

 
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Georges de La Tour
Maddalena Penitente
(Magdalen with the Smoking Flame)
1644-1645
Olio su tela
117 x 91,7 cm
Los Angeles County Museum of Art


Il dipinto del museo di Los Angeles fu l'ultimo ad essere scoperto ed attribuito dalla critica nel 1981 a Geroges de La Tour. Oltre al titolo di "Maddalena penitente" il museo ha voluto sottolineare uno dei dettagli di più facile evidenza definendolo "Maddalena con la fiamma fumante". A tutti gli effetti il dipinto riprende il senso di quello del Louvre a cui molto somiglia sia nella composizione sia nei dettagli, pur con minime variazioni negli orientamenti. E precisamente al filo di fumo che si diparte dalla fiammella della lampada, e poco dopo inizia a disperdersi, che si è voluto riferire il nome convenzionale del quadro.


Ma altri piccoli dettagli lo differenziano. L'olio della lampada appare leggermente intorbidito, nell'opalescenza si disperdono i riflessi interni al bicchiere, rimane solo la lucentezza del fondo; allo stoppino è aggiunta un'asticella che lo trattiene sopra il liquido. Gli altri oggetti sul tavolo invece appaiono disposti più disordinatamente: la croce, ruotata di 90 gradi, finisce infilata col braccio più lungo sotto la piccola pila dei libri costringendoli ad una sghemba posizione. Risulta particolare la variazione del volto della giovane: i lineamenti appaiono decisamente diversi non solo dalla Maddalena parigina ma da tutte le altre, che paiono essere basate su appunti costruiti osservando la medesima modella. Qui il profilo del viso è differente e più infantile, l'occhio sembra più spalancato, sgranato. (Mar L8v)

 
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Georges de La Tour
Maddalena Penitente
(The Repentant Magdalen)
1628-1645
Olio su tela
113 x 93 cm
Washington, National Gallery


La Maddalena penitente di Washington fu il primo quadro sul tema ad essere assegnato a Georges de La Tour nel 1936, fu acquistato dalla National Gallery of Art di Londra nel 1974. Il dipinto catalogato dal museo come "Maddalena penitente" è noto nella letteratura artistica anche col titolo di "Maddalena Fabious", dal nome del l'ultimo proprietario, inizialmente fu anche denominata "Maddalena allo specchio". Le sostanziali differenze rispetto alle tre altre composizioni più simili tra loro ci spingono ad una maggiore attenzione sull'esemplare di Washington. È il dipinto, seppur di poco, più piccolo della serie di La Tour, maggiormente immerso nell'oscurità: nella parte inferiore, sotto il tavolo, solo una timida penombra evidenzia il volume della scena. Un dettaglio peraltro ignorato dai copisti che ne riprodussero solo, in orizzontale, la parte superiore.


Il cromatismo della tavolozza è ridotto al minimo, soltanto una luce dorata risplende sulla bianca manica per attenuarsi nel profilo del volto, reclinato sulla mano, e nello specchio di fronte. Esigui sono anche gli oggetti rappresentati e minimalista la loro rappresentazione. Solo una piccola agitata punta della fiamma che illumina la scena è visibile, e non ci è dato sapere cosa la generi. Troviamo il teschio sopra un libro e oggetti appena riconoscibili in controluce assieme alla mano che li accarezza. Lo specchio, che ricompare, è ora più sobriamente incorniciato da lisci listelli di legno ornati solo da ridotti angoli metallici. L'immagine riflessa non è l'oggetto dello sguardo di Maddalena, ancora perso nel vuoto, né può esserlo, a lei basta il leggero tocco sul teschio per definire l'oggetto della sua a meditazione sulla vanità delle cose. Quello che possiamo ossservare nello specchio è un limitato scorcio del teschio ed il bordo delle pagine con il loro nastrino segnalibro. (Mar L8v)

 
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"C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano
state guarite da spiriti cattivi e da infermità:
Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni
"

Luca 8,2





Paolo Veronese
La conversione di Maria Maddalena
(The Conversion of Mary Magdalene)
1548 circa
117.5 x 163.5 cm
Londra, National Gallery


Il tema del dipinto è stato oggetto di accorate discussioni, ma l'opinione generale è che esso rappresenti la conversione di Maria Maddalena, in conformità alla descrizione di questa scena nell'opera di Pietro Aretino "L'umanità di Cristo", del 1535. Questo libro era una versione dei Vangeli che è stato largamente distribuito e letto nell'Italia settentrionale a quei tempi. La scena del dipinto raffigura un avvenimento che non è descritto nella Bibbia o nella Legenda Aurea. Marta e Maria Maddalena sono nel tempio dove Gesù sta predicando. Maria Maddalena è in ginocchio accanto a Cristo, con il volto diretto verso quest'ultimo, mentre Marta tende le sue mani verso Gesù e Maria Maddalena. Lo sfarzoso vestito che indossa la Maddalena sottolinea la sua vanità e la sua peccaminosità, le quali, nell'istante raffigurato, svaniscono a causa dell'incontro con il Cristo. Paolo Veronese era noto per raffigurare, nelle sue opere, ambientazioni lussuose e per voler adornare le scene più sacre e sante con persone vestite con abiti luccicanti foderati, prodotti con seta e broccato, più somiglianti all'alta società veneziana che agli umili soggetti delle vicende sacre. Quando l'Inquisizione chiese all'artista perché rappresentasse pomposamente i soggetti santi, egli rispose: «noi pittori prendiamo la libertà, al pari dei poeti e dei folli», confermando la sua libertà di artista nella sua scelta di rappresentare i soggetti secondo il suo gusto. (Mar L8v)

 
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Tiziano
Maddalena penitente
(Penitent Magdalene)
1533
Olio su tavola
84 x 69 cm
Firenze, Palazzo Pitti


Le notizie storiche sul dipinto sono confuse per l'esistenza di alcune copie e varianti, di cui quella fiorentina dovrebbe essere la più antica e la più sensuale. Vasari ricordò due repliche della Maddalena, una eseguita per il veneziano Silvio Badoer e una per Carlo V. Un'ipotesi più recente vuole il dipinto eseguito per Francesco Maria della Rovere a Venezia, per il comandante delle truppe veneziane. Una di queste si trovava alla sua epoca nella guardaroba del Duca di Urbino, e dovrebbe trattarsi di quella fiorentina giunta in città con la dote di Vittoria Della Rovere nel 1631. Tietze legò il dipinto a uno ricordato nel carteggio dei duchi di Mantova come eseguito nel 1531 per Vittoria Colonna su incarico di Federico II Gonzaga. Secondo E. von Rotschild l'artista si ispirò a una Venere antica, non meglio precisata. In ogni caso il dipinto è sicuramente al Pitti dalla fine del XVII secolo, quando è ricordato, ancora nel 1723, nella "sala dell'udienza privata", passando nel 1761 alla "sala di Saturno"; nel 1771 seguì un periodo nella "camera che guarda Santa Felicita", poi dal 1793 al 1799 nella "sala di Giove", nel 1819 nel "salotto del parato azzurro", nel 1828 nella "sala del'Educazione di Giove", e dal 1832 nella "sala di Apollo", dove si trova tuttora con un breve parentesi nella "sala della Giustizia" (1937). Ne esistono varie copie di bottega.



Tiziano
La Maddalena penitente
(Penitent Magdalene)
1555 circa
Olio su tela
106,7 x 93 cm
Los Angeles, Getty Center


Su uno sfondo burrascoso, che ricorda un cielo plumbeo e della boscaglia, la Maddalena è ritratta a mezza figura vicino all'ampolla degli unguenti che la fa riconoscere inequivocabilmente come la santa. Essa, dalla bellezza prorompente che è stata definita "pre-rubensiana", guarda il cielo con un fervente sguardo e si copre con i lunghissimi capelli biondi, ondulati e setosi, il corpo nudo. Ma, più che coprirla, i capelli ne esaltano la sensualità, poiché fanno emergere i due seni nudi, due piccole sfere coi capezzoli turgidi. Si tratta quindi sicuramente di un'opera per un colto committente privato, probabilmente tenuta coperta o in stanze dall'accesso selezionato. Il brano pittorico più stupefacente sono senz'altro i capelli, che hanno una consistenza reale e lucente, mai rappresentati con tanta verosimiglianza materica: non a caso c'è chi parla del "biondo Tiziano" come di un riconoscibile marchio di fabbrica. In generale si nota che la libertà del tocco prevale sulla precisione del disegno, secondo una tecnica portata avanti dai veneziani, e che, nella fase tarda della sua carriera, sarà portata da Tiziano alle conseguenze estreme. Questa la descrizione di Vasari nelle sue Vite (ed. 1568, VI, 167):



Tiziano
La Maddalena penitente
(Penitent Magdalene)
1565
Olio tu tela
119 x 98 cm
San Pietroburgo, Hermitage Museum


"Dopo fece Tiziano, per mandare al re Cattolico, una figura da mezza coscia in su d'una Santa Maria Madalena scapigliata, cioè con i capelli che le cascano sopra le spalle, intorno alla gola e sopra il petto, mentre ella, alzando la testa con gl'occhi fissi al cielo, mostra compunzione nel rossore degl'occhi, e nelle lacrime dogliezza de' peccati: onde muove questa pittura, chiunche la guarda, estremamente; e, che è più, ancorché sia bellissima, non muove a lascivia, ma a comiserazione [excusatio non petita]. Questa pittura, finita che fu, piacque tanto a Silvio [Badoer], gentiluomo viniziano, che donò a Tiziano, per averla, cento scudi, come quelli che si diletta sommamente delle pittura; là dove Tiziano fu forzato farne un'altra, che non fu men bella, per mandarla al detto re Catolico".

(Mar L8v)

 
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Guido Cagnacci
Maddalena penitente (Maddalena svenuta)
1663
Olio su tela
86 x 72 cm
Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini


Guido Cagnacci è un pittore famoso per le sue realizzazioni dal forte impatto erotico e sensuale. Un erotismo che troviamo anche in opere a soggetto religioso, come questa Maddalena penitente conservata alla Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma. Cagnacci, pittore romagnolo che non ebbe mai un vero maestro e si formò osservando la pittura di Ludovico Carracci, dei caravaggeschi e, in maturità, di Guido Reni, realizza una Maddalena a torso scoperto, in una immagine carica da un lato di grande pathos e dall'altro di grande sensualità, perché il pittore dimostra di insistere in modo particolare sul seno della ragazza che viene offerto senza filtri all'osservatore.

La Maddalena ha tutti i suoi attributi tipici: dal vaso d'unguento che troviamo in fondo a destra, agli strumenti di penitenza come il teschio che ricorda la caducità della vita, il crocifisso che invece ricorda la sofferenza di Cristo, il flagello per mortificare il corpo e le vesti grezze che ricoprono le gambe della santa, simbolo di umiltà. Probabilmente, per le sue realizzazioni, Guido Cagnacci aveva delle modelle, perché molte delle protagoniste delle sue opere hanno tratti somatici molto simili tra loro. "La Maddalena Penitente" è una delle opere più famose dell'artista nato a Santarcangelo di Romagna nonché una delle opere più belle e sorprendenti di tutta l'arte del Seicento. (Mar L8v)

 
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"Dipinse una fanciulla a sedere sopra una seggiola,
con le mani in seno in atto di asciugarsi li capelli,
a ritrasse in una camera, ed aggiungendovi in terra
un vasello di unguenti, con monili e gemme,
la finse per Maria Maddalena..."


Giovanni Pietro Bellori




Michelangelo da Merisi detto il Caravaggio
Maddalena penitente
1594-1596
Olio su tela
106 × 97 cm
Roma, Doria Pamphilj Gallery


Un pathos composto accostabile alle opere di Georges de La Tour emana dalla Maddalena penitente del giovane Caravaggio, che ritrae una ragazza seduta su una seggiola con le mani in grembo e il viso reclinato sul petto, anch’essa visitata dalla luce della grazia che entra nella stanza spoglia in penombra. Ha appena rinnegato la sua vita passata, strappandosi di dosso e abbandonando per terra i monili preziosi, e sulla sua guancia scende una lacrima di pentimento. L’utilizzo di uno specchio convesso per ritrarre la scena dall’alto dona all’immagine una prospettiva schiacciata, che risalta l’ovale del busto racchiuso dalle braccia e dal capo e sottolinea l’intimità raccolta del momento. Il vaso d’olio profumato mezzo vuoto ci testimonia il già avvenuto incontro con Gesù, che le ha instillato nel cuore il pentimento per la vita vissuta fino ad allora e il desiderio di cambiare, di cominciare una nuova esistenza. Per ciò che riguarda la luce, lo studioso Maurizio Calvesi pone in evidenza come la essa (allegoria della salvezza divina) che irrompe nel buio della stanza (cioè del peccato) simboleggi la redenzione della Maddalena.


Il dipinto, di cui non si hanno certezze circa la committenza, fu realizzato tra il 1594 e il 1595, quando Caravaggio risiedeva con Giuseppe Cesari e Fantino Petrignani. Nel 1627, l'opera fu inventariata nel Guardaroba del cardinal Pietro Aldobrandini. Il dipinto divenne poi parte della collezione Doria-Pamphilj in seguito al matrimonio (1640) di Olimpia Aldobrandini con Camillo Pamphilj. In questa circostanza, infatti, il quadro entrò nella quadreria Pamphilj in quanto parte della dote di Olimpia. Grazie all'inventario, sappiamo anche che "La Maria penitente" era corredata da una cornice dorata e decorata con le stelle araldiche Aldobrandini. Nonostante le informazioni sulla committenza siano ancora da chiarire, alcuni studiosi hanno ipotizzato che il dipinto sia nato in seno alla committenza del cardinal Francesco Maria Bourbon del Monte, che possedeva anche una copia della sensuale Maddalena penitente di Tiziano e che, nel 1598-99, Caravaggio fu incaricato di raffigurare, dal cardinale, l'altra sua amata santa, S. Caterina d'Alessandria. Anche in questo dipinto, pare che Caravaggio abbia ritratto Anna Bianchini, una delle prostitute che egli frequentava e che più di una volta utilizzò come modella per i suoi dipinti. L'ipotesi identificativa si basa sulla descrizione della prostituta che aveva all'epoca diciassette anni e con la quale Caravaggio ebbe un rapporto piuttosto turbolento; diciasssettenne, era di bassa statura e portava lunghi e bei capelli rossicci, come si può notare nel quadro. Anna Bianchini posò, forse, anche per altre opere, quali la "Morte della Vergine", "Marta e Maria Maddalena (Conversione della Maddalena)" e il "Riposo durante la fuga in Egitto" (per la figura della Vergine). (Mar L8v)

 
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Francesco Hayez
La Maddalena penitente
1833
Olio su tela
118 x 150 cm
Milano, Galleria d'Arte Moderna


L’esplicito riferimento formale per questo bellissimo e sensuale dipinto è la "Maddalena penitente" (1790) del Canova, opera molto amata in età romantica e già ripresa da Hayez in un altro quadro, con lo stesso soggetto, (Santa Maria Maddalena penitente nel deserto) eseguito nel 1825 per il barone Ciani. L’opera in questione, presentata a Brera nel 1833, fu commissionata, invece, dal conte Giuseppe Crivelli, appartenente alla nota famiglia milanese di tendenze liberali, che aveva già avuto da Hayez due quadretti con “Bagni di ninfe” esposti nel 1831. L’inconsueto realismo di questa Maddalena, evidentemente apprezzato dal committente, suscitò reazioni moralistiche da parte della critica contemporanea, che sottolineò l’impudicizia e il senso di profanazione derivante da una nudità così esplicita e conturbante.



Francesco Hayez
Santa Maria Maddalena penitente nel deserto
1825
Olio su tela
131,5 x 112,6
Collezione privata, Fontanellato (Parma)


Mentre il fondo paesistico risulta assolutamente decorativo e convenzionale, la figura nuda della Maddalena, che si offre in tutta la sua “scandalosa” sensualità, sembra palpitare di vita reale nella posa morbida e naturale, nella mirabolante cascata di capelli e nello sguardo fisso e malinconico che sembra colto dal vero. L’impostazione essenziale e diretta del soggetto diverrà una caratteristica sempre più presente nelle opere di Hayez, che fu, tra l’altro, un grande interprete della bellezza femminile. La sua consacrazione europea come capofila della scuola romantica in Italia passò, dunque, attraverso opere di questo genere, contrastate, discusse e offerte al libero giudizio del pubblico, cui seguivano, poi, vere e proprie gare tra i collezionisti per averle. (Mar L8v)

 
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Carlo Dolci
Santa Maria Maddalena
1660-1670 circa
64 x 48 cm
Firenze, Palazzo Pitti


Realizzata da Carlo Dolci, uno dei maggiori esponenti del Seicento fiorentino, questa Maddalena risale probabilmente a un periodo compreso tra il 1660 e il 1670 ed è conservata presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze. La Maddalena è raffigurata in atto di pregare: lo sguardo è rivolto verso il cielo, la bocca è socchiusa, proprio come se stesse pronunciando la sua preghiera, le mani sono incrociate sul petto e una delle due tiene uno dei classici attributi di santa Maria Maddalena, il vaso di unguento, con il quale, secondo la tradizione evangelica, avrebbe lavato Gesù.

Troviamo spesso la Maddalena vestita con abiti logori, simbolo della sua penitenza. Qua invece è riccamente abbigliata con un vestito confezionato secondo la moda del tempo, e decorato con ricami a motivo floreale. L'arte del Seicento fiorentino fu infatti una delle più lussuose di tutti i tempi, e la sontuosità era del tutto normale perché doveva soddisfare i gusti di una delle committenze più ricche (nonché la più raffinata) d'Europa, quella della Firenze medicea. Il volto aggraziato, l'atteggiamento devoto, il senso quasi mistico del dipinto sono caratteristiche tipiche della pittura religiosa di Carlo Dolci, particolarmente portato a dipinti connotati da una religiosità intima e devota, soprattutto quando si trattava di realizzare opere per la devozione privata come nel caso di questa Maddalena. (Mar L8v)
 
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Domenico Tintoretto
La Maddalena penitente
(Penitent Magdalene)
1598 -1602
Olio su tela
108 x 96 cm
Roma, Musei Capitolini


"La Maddalena penitente" è un dipinto realizzato tra il 1598 e il 1602 dal pittore veneziano Domenico Tintoretto, figlio del più celebre pittore Jacopo Robusti, noto come il Tintoretto. L’opera è attualmente conservata nei Musei Capitolin, di Roma. Domenico Robusti detto Domenico Tintoretto (Venezia, 1560 – Venezia, 17 Maggio 1635) fu un pittore veneziano, figlio ed erede artistico del più celebre e rinomato pittore Jacopo Robusti, noto come il Tintoretto. Formatosi presso la bottega del padre Jacopo, il giovane Domenico lo affiancò soprattutto negli ultimi anni di vita del genitore specializzandosi nella ritrattistica, ma non riuscendo ad acquisire interamente la genialità dell talento paterno. Alla morte del Tintoretto avvenuta nel 1594, il giovane Domenico portò avanti la bottega paterna, senza ottenere le stessa fama e la stessa notorietà del genitore.


La tela "Maddalena penitente" venne dipinta intorno al 1598 nella città di Mantova durante un soggiorno del pittore veneziano, e, in origine, entrò a far parte della ricca Collezione di opere d’arte della famiglia dei Gonzaga, oggi distribuita nei principali musei del mondo. L’opera venne esposta al Palazzo Ducale a Mantova, unitamente ad altra opera, “Tancredi battezza Clorinda“, sempre di Domenico Tintoretto, realizzata nel 1585 e attualmente conservata presso il Museum of Fine Arts di Houston, in Texas. Il dipinto "Maddalena penitente" raffigura in primo piano la santa con le mani giunte in preghiera, lo sguardo rivolto in alto, verso il cielo buio, in palese meditazione. L’immagine assorta e delicatamente sensuale si presenta con le spalle e il corpo nudo, coperta soltanto da una stuoia. Accanto a lei troviamo i tradizionali strumenti di penitenza in particolare il teschio, un crocifisso e un libro aperto. Nello sfondo scuro e cupo della notte sorge una luce celeste (in alto a sinistra), diretta a centralizzare la figura femminile, esaltando e illuminando il volto della Maddalena, che appare assopita nei suoi pensieri, ignara dello sguardo esterno dello spettatore. (Mar L8v)

 
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"Martha, Martha solicita es et turbaris erga plurima.
Porro unum est necessarium.
Maria optimam partem elegit quae non auferetur ab ea"


Luca 10, 42




Artemisia Gentileschi
Conversione della Maddalena
(Conversion of the Magdalena)
1620 circa
Olio su tela
146.5 x 108 cm
Firenze, Palazzo Pitti


La rappresentazione pittorica della Maddalena penitente e quella della conversione della Maddalena coprono uno spettro iconografico molto vasto, potendo l'artista cercare in molti modi diversi il necessario equilibrio tra la sensualità della peccatrice e la sua ascesi spirituale nel pentimento. Tiziano, nella famosa tela conservata anch'essa a Palazzo Pitti, aveva dipinto una Maddalena decisamente sensuale, con un procace seno scoperto, solo in piccola parte celato dai lunghissimi capelli biondi, che reclamava la verità del suo pentimento con gli occhi pieni di lacrime rivolti al cielo.

In questa Maddalena di Artemisia Gentileschi, il contrasto tra sensualità e fede è risolto in modo assai meno provocatorio. Vero è che la santa ha l'aspetto di una donna avvenente, elegante come poteva essere una dama di alto rango, con un sontuoso abito di seta gialla (opera inconfondibile di quello che Roberto Longhi chiamava il "guardaroba dei Gentileschi"!); un abito dagli amplissimi panneggi, con una generosa scollatura che, con noncuranza, mostra appena la nudità di una spalla e la piega del seno. Non c'è nulla di specialmente provocatorio, tanto più che dalla veste lussuosa spunta un piede nudo, simbolo di un proposito di rinuncia; proposito che viene confermato dalla postura delle mani, l'una sul petto, come in atto di riconoscere i suoi peccati, e l'altra protesa a schivare qualcosa che a mala pena si intravede nell'ombra. Si tratta di uno specchio, simbolo per antonomasia della vanitas. Sulla sua cornice si leggono le parole del Vangelo secondo Luca "OPTIMAM PARTEM ELEGIT", ha scelto la parte migliore, quella della ricerca del Signore.


Il viso, incorniciato dai boccoli un po' disordinati dei capelli, appare più mesto che affranto, e lo sguardo sembra ancora esitare prima di rivolgersi verso l'alto. La impaginazione del quadro, con la figura che esce dal buio dello sfondo di una stanza, è decisamente caravaggesca. Ma se Caravaggio, con la sua Maddalena conservata nella Galleria Doria Pamphilj, aveva messo in scena una prostituta, col viso abbassato, le mani in grembo, assisa su una sedia modesta ed i gioielli abbandonati sul nudo pavimento, il verismo di Artemisia non arriva qui a tanto. A conferire un'aria aristocratica alla figura contribuisce anche la poltrona finemente lavorata sulla quale la santa sta assisa. Proprio su un lato dello schienale la pittrice ha posto la sua firma, "ARTIMISIA LOMI". La tela appartiene – secondo l'opinione pressoché concorde dei critici – al periodo fiorentino ed è verosimile che l'aspetto elegante ed aristocratico della santa risenta dei gusti artistici di una Firenze che, in quegli anni, apprezzava particolarmente i modi pittorici di Cristofano Allori. (Mar L8v)

 
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