Milano insolita e segreta [FOTO], Collezioni private, sculture e simboli misteriosi

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view post Posted on 22/10/2016, 10:50     +2   +1   -1
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Il museo delle macchine per scrivere





Ospitato dal 2007 in uno stabile privato, il museo dedicato alle macchine da scrivere, unico nel suo genere, è la creazione del suo proprietario, Umberto Di Donato, ex-finanziere, direttore di banca, ma soprattutto grande appassionato di macchine da scrivere, al punto da averne collezionate ed esposte qui quasi 1400. Ce ne sono di tutti i tipi: di portatili e monumentali, da studio e da viaggio, carrozzate e scoperte, lucide e opache, rare e comuni.

Tra i pezzi più rari, collezionati da Di Donato dal 1952: una Underwood del 1898 appartenuta all’imperatore austro-ungarico Francesco Giuseppe e realizzata in occasione del suo Giubileo, la Olympia appartenuta a Matilde Serao, una Odell del 1887, una Williams 1 Curved del 1891, la Blickensderfer 1885, la Optima con scrittura in arabo e poi la più comune ma mitica M40 Olivetti, la bellissima portatile Tippa-B, fino alla celebre Lettera 22, resa famosa da Indro Montanelli e da tanti altri giornalisti che la usarono fino a quando venne inventato il computer portatile. Oltre alle macchine per scrivere, sono conservate nel museo anche alcune calcolatrici meccaniche risalenti alla prima metà del secolo scorso, dal funzionamento macchinoso ma molto preciso. Per ogni pezzo, Di Donato ha un aneddoto, una storia nascosta e affascinante da raccontare, per cui è raccomandabile per il visitatore la visita guidata.









 
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La casa del mostro di via Bagnera





Nascosta in pieno centro, tra Via Santa Marta e Via Nerino, c’è una stradina corta e stretta. Anzi, si tratta proprio della via più stretta di Milano, un budello a forma di "L" dove un’auto passa a malapena. Non a caso un tempo era nota proprio come “Stretta”, mentre il nome Bagnera sembra derivi dal fatto che ai tempi dei romani, lì vicino si trovavano i bagni pubblici. Ma percorrere questa strada, specie di notte, può dare ancora qualche brivido. Soprattutto quando si scopre che proprio lì, in un piccolo magazzino che usava come casa e ufficio, viveva il famigerato “Mostro di Milano”. Si chiamava Antonio Boggia e, nella prima metà dell’800, uccideva a colpi di scure i malcapitati che avevano la sventura di conoscerlo e di andarlo a trovare in Via Bagnera. A muovere il suo istinto omicida era soprattutto il denaro. Quando Boggia scopriva che i suoi conoscenti possedevano case o crediti li uccideva e poi, con l’aiuto di un calligrafo, si faceva scrivere lettere in cui i defunti (che lui sosteneva essere partiti per lunghi viaggi, ma che in realtà si trovavano sepolti proprio sotto casa) gli assegnavano procure o deleghe per l’incasso.

La scelta di Via Bagnera quale nascondiglio non fu casuale: la sua forma e le sue dimensioni rendevano impossibile il passaggio dei carri e anche i passanti erano scarsi. Dunque era ridotto al minimo il rischio di testimoni involontari o il passaggio di guardie. Nel suo magazzino, inoltre, Boggia disponeva di una cantina cui si accedeva solo attraverso una scala interna ed era proprio lì che seppelliva le sue vittime. L’assassino finì impiccato dalle parti di Porta Ludovica e la sua testa, oggi andata perduta, fu affidata in custodia al Gabinetto anatomico dell’Ospedale Maggiore. L’accetta con cui uccideva, invece, è misteriosamente ricomparsa nell’ottobre 2009 nel mercato dei collezionisti.







Edited by Milea - 5/6/2022, 20:17
 
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Il trompe-l'oeil di una villa





Se il portone al numero 7 di Via Carlo Pisacane è aperto, è possibile scorgere al suo interno quello che sembra un colonnato, oltre il quale un lungo viale alberato conduce a una villa in collina. Si tratta in realtà di un colorato e gradevole esempio di trompe-l’oeil, che ricopre per intero la parete su cui si affaccia il portone.



 
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Una “sconcia fanciulla”






Quella di una ragazza che si rade il pube non è certamente un’immagine comune nell’arte antica. Eppure, un bassorilievo del XII secolo con questo soggetto, oggi conservato nella sala VI del Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco, faceva bella mostra di sé sul fronte esterno dell’antica Porta Vittoria. In realtà, la porta in origine era nota per l’appunto come “Porta Tosa” (cioè “ragazza” in milanese) o “Porta Tonsa” (da “tondersi”, cioè radersi) per via di questa effigie e il nome rimase anche dopo che, nel XVI secolo, San Carlo Borromeo chiese poi che il rilievo fosse staccato (il nome Porta Vittoria arrivò solo dopo la cacciata degli austriaci da Milano).

La donna, rappresentata in un’edicola di forme classiche, è vestita di una lunga tunica e ha i capelli raccolti da una corona: per questo veniva identificata come la moglie di Federico Barbarossa, condannata alla derisione dei milanesi per colpa del marito. Tuttavia, poteva anche trattarsi di una meretrice. Il Comune imponeva infatti alle prostitute di radersi tra le cosce per questioni igieniche. Secondo altri la raffigurazione aveva solamente una funzione apotropaica, cioè di protezione dalla sventura, e sarebbe da identificare con la dea Flora intenta a mostrare il suo ventre gravido, simbolo di fertilità. Un’altra ipotesi ancora, però, lega questa immagine alla leggenda della “sconcia fanciulla”. Si racconta che nel 1162, nel corso dell’assedio di Federico Barbarossa alla città, una ragazza salì sugli spalti, si spogliò per mostrarsi ai tedeschi e cominciò a radersi con un paio di forbici ignorando le frecce che le sibilavano accanto. Un tentativo coraggioso quanto inutile, di umiliare Barbarossa e il suo esercito che di lì a poco sarebbe comunque riuscito a entrare in città e a raderla al suolo.







Edited by Milea - 4/7/2021, 14:00
 
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Un santo di fantasia





Nella selva di statue che abbraccia il Duomo di Milano, una di queste fa capolino sul lato che dà verso Palazzo Reale, sul terzo contrafforte partendo dalla facciata principale, ben visibile anche da terra. Il ragazzo vestito all’antica, con ai piedi le catene della prigione ma le braccia conserte in aria di sfida, non è nient’altro che San Napoleone, un santo moderno di fantasia, apparso in quella breve stagione in cui Milano fu retta da Napoleone Bonaparte, il piccolo còrso che nel 1805 osò incoronarsi davanti al Duomo ponendosi in capo la Corona Ferrea e pronunciando la celebre frase “Dio me l’ha data, guai a chi la tocca!”.

La leggenda racconta che la storia sia stata inventata di proposito per rendere omaggio all’Imperatore anche nella cattedrale di Milano dove era raffigurata nel marmo già tutta la Chiesa, sotto il gesto protettivo della Madonnina. Il cardinal Caprara rintracciò quindi un misterioso San Neapolis, martire cristiano del IV secolo, che per assonanza fu ricollegato all’Imperatore e rinominato San Napoleone. Traendo spunto anche dalle vite di altri santi, si ricostruì la storia del giovane, torturato e poi morto in prigionia.


 
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Anche i muri hanno le orecchie




Questa scultura si trova al numero 10 di Via Serbelloni, in un palazzo chiamato Ca’ de l’Oreggia (Casa dell’Orecchio, appunto), proprio accanto alla porta d’ingresso. Realizzato in bronzo e arricchito di alcuni ciuffi di capelli ricci, è stato installato a metà degli anni Venti con la funzione di citofono: un tubo collegava la statua all’ufficio del portiere, in modo che i visitatori potessero annunciarsi in questo orecchio gigante, alto 70 centimetri. Nonostante questo citofono wireless non sia più in uso, è stato mantenuto sulla facciata, anche perché è stato creato dal celebre scultore Adolfo Wildt.


 
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view post Posted on 22/10/2016, 16:59     +2   +1   -1
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L’ascensore per il settimo cielo





L’ascensore della nivola è stato costruito nel 1600: è costituito di legno e vimini e fu decorato per assomigliare a una nuvola. Due volte all’anno viene ancora utilizzato: la prima è il 3 maggio, quando il vescovo vi sale e viene fatto alzare a 40 metri sopra l’altare, dove è possibile recuperare uno dei beni più preziosi della cattedrale, un Chiodo della Crocifissione. Tre giorni dopo, si sale di nuovo per riposizionare la reliquia al proprio posto. La tradizione è iniziata perché la devozione dei pellegrini per il Chiodo sembrava diminuire solo perché era posto così in alto; quindi, nel 1576, l’Arcivescovo di Milano lo ha portato giù per la prima volta.



















Edited by Milea - 5/6/2022, 20:13
 
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Il volto di Mussolini
su una guglia del Duomo






Il volto di Mussolini è scolpito su una delle guglie della cattedrale insieme al re Vittorio Emanuele II. Gli scultori hanno lavorato alle statue del Duomo dalla fine del Trecento fino al ventesimo secolo, e dopo tremila figure tra apostoli, santi, martiri, vergini, papi e vescovi forse erano a corto di idee. Ecco perché Mussolini vinse l’immortalità nel luogo più prestigioso della città: per vederlo dovete salire sul tetto e quando arrivate all’esterno girate a sinistra, guardate verso nord-ovest e cercate in basso il pinnacolo a due punte.



 
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Una palla di cannone nel muro





La prima metà dell’Ottocento è stata un periodo frenetico per Milano, che allora faceva parte dell’impero austriaco. Nel marzo del 1848, la tensione tra la popolazione e la guarnigione austriaca esplose in una rivolta durata cinque giorni e per questo ricordata come le cinque giornate di Milano. I civili si inventarono ogni sorta di sistema per ingannare l’esercito, come la costruzione di mongolfiere per portare messaggi fuori dalla città, o arruolare gli astronomi che dalla cima dei loro osservatori potevano controllare i movimenti degli austriaci, o la costruzione di barricate mobili che potevano rotolare lungo la strada contro i nemici e prevenire i loro colpi. Al numero 3 di Corso di Porta Romana ancora oggi è possibile vedere una palla di cannone conficcata nel muro.



 
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Il toro della
Galleria Vittorio Emanuele






Questo non è davvero un segreto: tutti sanno che la raffigurazione dei testicoli del toro, sul pavimento a mosaico della Galleria Vittorio Emanuele porta fortuna a chiunque la calpesti. Quindi, ecco le istruzioni: trovate l’emblema di Torino sotto la cupola centrale, poggiate il vostro tallone destro nel punto descritto e fate un giro in senso orario. I mosaici sotto la cupola di vetro hanno anche un’altra caratteristica curiosa: l’abbreviazione F.E.R.T. che accompagna lo stemma dei Savoia. La famiglia ha origini lontane (bisogna tornare indietro nel tempo almeno fino al decimo secolo), così lontane che non si sa con certezza cosa possa significare la sigla. Una congettura è che stia per Frappez, Entrez, Rompez Tout (“bussare, entrare, distruggere tutto”).





Edited by Milea - 4/7/2021, 14:03
 
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Una meridiana nel Duomo





Il Duomo di Milano è così bello che merita una seconda visita: tornate dentro, e subito dopo l’ingresso dal portone principale girate a destra, e guardate in alto, tra le volte della navata di destra: vedrete un piccolo foro nella parete rivolta a sud, da cui, al mezzogiorno astronomico, filtra un raggio di luce che si proietta sul pavimento, dove intercetta una linea di marmo e ottone con i segni zodiacali lungo di essa. È una meridiana, di cui oggi non è possibile apprezzare il funzionamento a causa delle luci accese, ma nel diciannovesimo secolo era usata per regolare gli orologi meccanici della città.



 
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Nove metri in novanta centimetri





Nella Chiesa di San Satiro, nascosta in Via Torino (a circa 80 metri da Piazza Duomo, subito dopo Via Sperorari) scoprirete un’illusione ottica rinascimentale che fa sembrare profondo 9 metri uno spazio che in realtà misura 95 centimetri. A progettarlo è stato l’architetto Donato Bramante nel 1480, che ha risolto diversi problemi in una volta: innanzitutto non c’era abbastanza spazio per costruire una vera e propria abside a causa di una strada ( via Falcone) dietro la Chiesa. Inoltre il clero voleva l’altare nella solita posizione sul lato est. Bramante costruì la chiesa a pianta centrale con l’altare al centro di quattro transetti identici.

La basilichetta o sacello di S. Satiro, accanto alla quale nel XV secolo è stata costruita la grandiosa chiesa di S. Maria, sorse poco prima dell’879 per volere dell’arcivescovo Ansperto da Biassono (869-881) su un’area di proprietà della sua famiglia nell’ambito dell’Insula Asperti - che appunto da lui prese il nome - quasi come cappella domestica. La sua funzione spiega la ridotta dimensione e la scelta della pianta a croce greca.



Nel suo testamento fatto il 10 settembre 879 l’arcivescovo Ansperto dispose che il sacello da lui dedicato ai santi fratelli Satiro e Ambrogio e a S. Silvestro, e le sue proprietà - di cui una parte proveniva da una permuta fatta col monastero di S. Silvestro di Nonantola - formassero un corpo unico e divenissero uno xenodochium (ospizio) affidato a otto monaci che vi sarebbero stati mandati dall’abate di S. Ambrogio, costituendovi una "cella".

I restauri ottocenteschi. Attorno al 1819 venne costruito in marmo anche un nuovo altar maggiore, in sostituzione del precedente in legno, sotto la guida dell’architetto Felice Pizzagalli. All’architetto Giuseppe Vandoni fu invece commissionata la direzione dei lavori, che fra il 1856 e il 1871 trasformarono in battistero la sagrestia bramantesca e dotarono la chiesa di una nuova facciata prospiciente la piazza, ampliata e aperta sulla via Torino, che in quegli anni incorporò l’antica contrada della Lupa. L’ultimo ciclo di restauri che ha dato al complesso di S. Satiro-S. Maria l’aspetto e lo splendore attuali è terminato nel 1992, in occasione del 750º anniversario del miracolo del 1242. Nel 1996 fu inaugurato il rinnovato organo, ultimo episodio di una storia che inizia con la chiesa stessa. Del 7 luglio 1490 è il contratto d’acquisto di un organo presso il veneziano Iohannes de Turriano. Nel 1563 venne collocato nella controfacciata un nuovo organo fatto da Giacomo e Benedetto Antegnati. Vi lavorarono poi dal 1794 al 1929 Guglielmo Schieppati, Eugenio Biroldi, i fratelli Carrera di Legnano, il Bemasconi e Vincenzo Mascioni. Pur con tutte le modifiche subite tra il IX secolo e il XX, il sacello di S. Satiro rimane "il più importante monumento di epoca carolingia superstite a Milano"








 
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Il danno di una bomba





In Piazza della Repubblica è ancora possibile vedere le conseguenze dei tre bombardamenti dell’agosto 1943, che hanno convinto l’Italia a firmare l’armistizio con gli Alleati. Le schegge delle bombe hanno perforato un lampione, rimasto in quella posizione da allora. Probabilmente il monumento ai caduti meno celebrato del mondo.



 
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La chiesa dei teschi



Ossa, migliaia di ossa, ricoprono le pareti di una piccola cappella nella Chiesa di San Bernardino alle Ossa, in Piazza Santo Stefano. Quando il campanile della Chiesa di Santo Stefano è crollato, nel 1642, sono state rinvenute innumerevoli ossa nelle fondamenta scavate per costruire il nuovo campanile. La cappella è raggiungibile attraverso uno stretto corridoio sulla destra dell’ingresso, e si possono vedere i teschi incorporati tra le decorazioni rococò. Secondo la tradizione, le ossa appartengono a santi e a martiri, ma è più probabile che siano di persone morte nell’ospedale che nel Medioevo si trovava nelle vicinanze.



















Edited by Milea - 4/7/2021, 14:10
 
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I chiostri nascosti di San Simpliciano





Dietro l' abside romanico della Basilica di San Simpliciano, si trova uno dei più eleganti chiostri della città, purissimo Quattrocento di gusto brunelleschiano. Più oltre si trova un altro chiostro più piccolo, questa volta cinquecentesco e di aspetto più lombardo, detto «delle due colonne» perché due sono quelle che reggono ciascun capitello. Due gioielli che la Basilica di San Simpliciano conserva gelosamente dietro la severa facciata su via Cavalieri del Santo Sepolcro. Francesco Petrarca quando veniva a Milano dimorava e studiava proprio qui.
San Simpliciano fu fondata alla fine del IV secolo dal vescovo Ambrogio; nei secoli si è arricchita di importanti testimonianze artistiche: dall’abside affrescato dal Bergognone, al coro ligneo, alle reliquie di San Simpliciano e dei Martiri dell’Anaunia, al sacello ad essi dedicato ( nella piccola cappella laterale del IV secolo), alla sacrestia.



Entrare nei Chiostri di San Simpliciano e passeggiare tra le aiuole e i vialetti acciottolati dà l’impressione di trovarsi in aperta campagna, in un luogo molto distante dal centro della città. Dall’esterno i chiostri non sono visibili e non ci sono indicazioni che li segnalino, dato che l’edificio ora ospita la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. La visita però è possibile in occasione di convegni, concerti di musica barocca e anche di meditazione musicale organizzati periodicamente (e segnalati sui siti www.sansimpliciano.it e www.teologiamilano.it). Al primo piano si trovano le gallerie interne su cui si affacciavano le celle, ora trasformate in aule. Al piano interrato, sottoposto a delicate e imponenti opere di sottomurazione, sono stati realizzati gli archivi e un deposito per i 170.000 volumi della biblioteca accademica. Da segnalare il ripristino estetico delle facciate. Le pareti del grande chiostro cinquecentesco sono state riportate alle tonalità originarie, paglierino e grigio. Nel piccolo chiostro del '400 (un tempo decorato da un ciclo pittorico del Borgognone, ora perduto), sono stati restaurati gli intonaci e le decorazioni floreali delle volte, conservando accuratamente la pavimentazione originale in cotto e il pozzo centrale.











Edited by Milea - 4/7/2021, 14:19
 
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