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Giotto, l'Italia: la cultura e il senso del moderno
Expo chiude la stagione espositiva e porta a Palazzo Reale a Milano quattordici capolavori di un altro dei simboli della storia dell'arte dell'arte italiana, con una mostra che visualizza il tragitto compiuto dall'artista fiorentino attraverso l'Italia del suo tempo in circa quaranta anni di attività
POLITTICO BARONCELLI tempera e oro su tavola (185x323 cm) di Giotto e aiuti di bottega, databile al 1328 circa Cappella Baroncelli della basilica di Santa Croce a Firenze (fotogramma)
Credette Cimabue nella pintura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, si che la fama di colui è scura.
(Dante)
Il nostro poeta definiva così la grande ventata di novità rappresentata da Giotto, comprendendone la modernità e la rivoluzione pittorica innescata, e non è mai scontato ricordarla perché si deve a questo immenso artista e alla sua opera la germinazione di quei valori che aprirono le porte al Rinascimento. In questa chiave è stata pensata la mostra "Giotto, l’Italia", grande evento espositivo che concluderà il semestre di Expo 2015, a Palazzo Reale di Milano. Indagare le origini dell'arte permette di esplorare anche la civiltà italiana, aprire una prospettiva che sappia guardare al passato per comprendere il presente, e Serena Romano e Pietro Petraroia, che hanno curato l'esposizione, sono riusciti ad allargare i confini dell'esperienza.
"E' una mostra - ha spiegato Petraroia durante la conferenza stampa di presentazione - che vuole rivolgersi anzitutto agli italiani, che sono i custodi delle opere di Giotto, che in questa mostra vengono poste accanto a noi come mai era avvenuto. Circa la metà della produzione di dipinti su tavola di Giotto è presente in questa mostra. E' dedicata agli italiani che vivono sul territorio a contatto con opere di Giotto".
Posta sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dal Comune di Milano – Cultura, con il patrocinio della Regione Lombardia, è prodotta e organizzata da Palazzo Reale e dalla casa editrice Electa, "Giotto, l’Italia" resterà aperta al pubblico fino al 10 gennaio 2016. L'esposizione è stata realizzata per un motivo particolare a Palazzo Reale: esso infatti ingloba strutture del palazzo di Azzone Visconti, dove, negli ultimi anni della sua vita, Giotto realizzò due cicli di dipinti murali, oggi purtroppo perduti.
“La mostra rappresenta uno dei capitoli essenziali di ExpoinCittà, il palinsesto di appuntamenti che accompagna la vita culturale della città durante il semestre di Expo 2015 – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno – In realtà ExpoinCittà si estende ben oltre il tempo dell’esposizione Universale dal momento che il programma espositivo di Palazzo Reale, iniziato a marzo con la mostra dedicata alla Milano di Visconti e Sforza e proseguito con la mostra di Leonardo che ha già superato i 150mila visitatori, si estenderà grazie a questa mostra fino a gennaio 2016, con una coerenza progettuale concepita per rappresentare al meglio l’identità culturale e artistica di Milano.
Di Leonardo e Giotto sono infatti raccontati non solo il percorso artistico che li ha trasformati in capisaldi della storia del pensiero creativo di tutti i tempi, ma anche il loro legame speciale con la nostra città: più evidente per Leonardo, che ha lasciato molte tracce del suo ingegno, ma significativo anche per Giotto, chiamato dai Visconti per contribuire con il proprio genio a testimoniare a Milano quell’innovazione del linguaggio artistico che aveva saputo apportare alla storia dell’arte a lui contemporanea”.
Le sale di Palazzo Reale, allestite in modo particolarmente suggestivo da Mario Bellini, accolgono la pittura di Giotto e presentano quattordici capolavori mai esposti a Milano. Una sequenza di lavori mai riuniti tutti insieme, che illustrano il tragitto compiuto da Giotto attraverso l'Italia del suo tempo, in circa quarant'anni di straordinaria attività. L'esibizione esalta la forza della sua rappresentazione, capace di travalicare il tempo e i confini geografici, mettendo in luce l'adesione alla storia del suo tempo, atteggiamento questo in grado mantenere vivo e sempre attuale il linguaggio artistico.
Dopo le sale dedicate alle opere giovanili con il frammento della Maestà della Vergine da Borgo San Lorenzo e la Madonna da San Giorgio alla Costa, e l'evento straordinario del polittico affrescato con due teste di apostoli e Santi, provenienti dalla basilica di San Pietro, il percorso espositivo si conclude con i dipinti della fase finale della carriera del maestro, che precedono di poco le opere milanesi nel palazzo di Azzone Visconti: il polittico Baroncelli dall'omonima cappella della basilica di Santa Croce a Firenze, grazie a questa mostra verrà temporaneamente ricongiunto con la sua cuspide, raffigurante il Padre Eterno, conservata nel museo di San Diego in California e il polittico di Bologna, che Giotto dipinse nel contesto del progetto di ritorno in Italia, a Bologna, della corte pontificia allora ad Avignone.
Prima di uscire colpisce la raccolta di frasi dei grandi artisti del Novecento che riconoscono il proprio debito verso il pittore fiorentino. "La parola, moderno - ha sottolineato Petraroia - è scritta nella legenda, se vogliamo anche in tutta l'opera di Giotto e non retoricamente, ma come testimoniano le citazioni degli artisti del Novecento, anima la pittura del XXI secolo e pensiamo anche oltre".
POLITTICO STEFANESCHI secondo decennio del Trecento, Tempera e oro su tavola, dalla Basilica di San Pietro (Roma) Città del Vaticano, Musei Vaticani
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