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| La storia della Madonna Esterházy
Il dipinto, raffinatissimo e solare, raffigura la Madonna col Bambino e San Giovannino e segna esattamente la conclusione del fondamentale periodo trascorso da Raffaello a Firenze, prima di essere chiamato a Roma da Papa Giulio II. La composizione di quest’opera si ispira in modo esplicito a Leonardo, conosciuto e attentamente studiato da Raffaello, che porta con sé la tavola nel trasferimento a Roma, luogo dove aggiunge, sullo sfondo, i ruderi del Foro Romano, dipinti con precisione topografica, a riprova di una conoscenza diretta e di una serena e convinta “immersione” nella classicità.
La storia della Madonna Esterházy si affaccia nella storia e nella cronaca all’inizio del XVIII secolo, quando viene donata da Papa Clemente XI Albani a Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel, futura moglie dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Elisabetta Cristina era la madre dell’imperatrice Maria Teresa, che a sua volta donò la tavola di Raffaello al conte Wenzel Anton von Kaunitz, figura di spicco nella politica imperiale. Alla morte di Kaunitz (1794) il dipinto passò infine agli Esterházy e da qui al Museo delle Belle Arti di Budapest.
Il dipinto fu anche protagonista di una vicenda drammatiche, ma anche il “lieto fine”: fu infatti rubato dal Museo di Budapest nel 1983, nel più clamoroso furto d’arte dai musei che il XX secolo ricordi. Approfittando dei lavori di restauro della sede museale, un gruppo di malviventi italiani, su commissione di una magnate greco, trafugò infatti sei opere d’arte italiana, fra cui appunto la Madonna Esterházy. I capolavori furono successivamente ritrovati dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale in un convento dismesso in Grecia, e i ladri furono identificati e arrestati. Non essendo possibile venderli per il clamore che il furto aveva sollevato a livello internzionale, le opere erano state sotterrate, riportando seri danni, e in particolare la Madonna Esterházy, che fu poi restaurata con successo. La tavola appare arcuata e non piana, poichè nel corso del tempo e per le traversie subite, si è irreversibilmente imbarcata.
Il dialogo in mostra con altre due opere milanesi.La Madonna Esterházy viene “accolta” in Sala Alessi da altri due dipinti milanesi, simili per soggetto e per epoca: la Vergine del Borghetto, senza dubbio la migliore copia antica della Vergine delle rocce di Leonardo rimasta a Milano, concessa dall’Istituto delle Suore Orsoline e attribuita a Francesco Melzi; e la Madonna della rosa di Giovanni Antonio Boltraffio, prestito del Museo Poldi Pezzoli: sarà così possibile osservare le evidenti affinità nelle espressioni dei volti e nelle pose dei personaggi, ma anche le profonde differenze nella concezione del paesaggio e delle luci, mettendo direttamente a confronto l’interpretazione di Raffaello e quella dei seguaci milanesi di Leonardo.
Secondo il curatore Stefanio Zuffi: "L’arrivo a Milano di questo capolavoro, in cui Raffaello elabora in modo geniale gli spunti ricavati da Leonardo, sollecita necessariamente una riflessione sulla diversa interpretazione degli stessi riferimenti in ambito lombardo".
Attribuito a Francesco Melzi Madonna col Bambino, San Giovannino e un angelo (la Vergine delle Rocce del Borghetto) 1510 - 1520 Tempera e olio su tela, 198 x 122 cm Milano, Congregazione Orsoline di San Carlo
Giovanni Antonio Boltraffio Madonna con il Bambino 1495 ca. Tempera su tavola, 45 x 36 cm Milano, Museo Poldi Pezzoli Fonte
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