Il PALAZZO dei PAPI - Avignone , La storia e i papi costruttori

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Il Palazzo dei Papi

Avignone


Aerial_View_Avignone





Quando nel 1305, l’arcivescovo di Bordeaux fu eletto papa col nome di Clemente V, nessuno si stupì che dimorasse fino alla sua morte nella valle del Rodano. Già da mezzo secolo i concili generali si tenevano là, sulla frontiera tra l’impero e il reame di Francia. Nessuno si stupì nemmeno di vedere il suo successore, Giovanni XXII, ex-vescovo di Avignone, stabilirsi nel 1316 in questa città, ma tutti e lui per primo, pensavano che questo soggiorno sarebbe stato temporaneo.
Decise di dotare lo stato pontificio di un’amministrazione moderna e fu il peso di questa amministrazione a fissare la Santa sede ad Avignone, come duecento anni prima aveva fissato i Capetingi a Parigi.

scudo-papale

Scudo con armi di Clemente VI
(sopra la porta des Chapeaux)



Il più gravoso di questi organi amministrativi era il servizio finanziario, la Camera, verso il quale affluivano l’oro e i denari delle tasse sugli stabilimenti religiosi: questo immenso tesoro doveva essere protetto.
Benedetto XII, nel 1335, iniziò la costruzione della cassaforte indispensabile: la Tour des anges, embrione di un nuovo palazzo, la solidità del quale e poco più tardi il fasto, finirono col radicare il collegio dei cardinali, la maggior parte dei quali, come Clemente V, Giovanni XXII e Benedetto XII, erano originari della Francia del sud e temevano Roma, le sue influenze nefaste e le turbolenze della sua nobiltà.

In tal modo, senza che lo avessero previsto, il vescovo di Roma rimase per sessant’anni lontano dalla tomba di san Pietro. Un esilio così lungo è unico nella storia del papato; contribuì fortemente a screditarlo agli occhi di quelli, sempre più numerosi, che si scandalizzavano della vita temporale e delle compiacenze nei confronti del re di Francia, presente dall’altro lato del ponte.

La prigionia di Babilonia precipitò la crisi dell’istituzione ecclesiastica che avrebbe condotto verso la Riforma. Ma Avignone, mentre Roma deperiva, era diventata improvvisamente il principale crocevia di tutta la cristianità, un centro d’affari di prima importanza, grazie alle compagnie bancarie italiane direttamente associate al funzionamento della fiscalità pontificale, infine la residenza del più ricco e prodigo tra i sovrani d’Occidente.

Quasi tutti i papi d’Avignone furono uomini di grande austerità; tuttavia, coscienti del prestigio della loro funzione, spesero senza riserve per attrarre scienziati e letterati (Petrarca fece presso di loro le sue prime esperienze di umanista) e abbellire la loro dimora. I più celebri artisti del tempo lavorarono per loro e per altri mecenati, cardinali o finanzieri arricchiti. Gli architetti e i decoratori venivano dalla Francia, dall’Italia e da altri paesi: Avignone fu così, con Parigi, Praga e Napoli, il grande atelier di un’estetica d’avanguardia, l’ ars nova in musica e nelle arti plastiche, quello che chiamiamo il gotico internazionale.(M.@rt)


palazzo-dei-papi






Edited by Milea - 6/10/2021, 10:22
 
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La Storia


avignon-Robert-Bonnart-
Vue generale d'Avignon - 1700
Peinture (détail) de Robert Bonnart (1652-1729) - Musée Calvet




Un giorno di marzo del 1309, dopo quattro anni di peregrinazioni nel sud della Francia, il papa Clemente V entrò in Avignone, Non immaginava certo che la corte pontificale vi sarebbe rimasta quasi cent’anni. La città dipendeva allora in teoria dall’impero germanico, ma più strettamente anche dai conti di Provenza. Si trovava accanto al Comtat Venaissin, piccolo territorio compreso tra Aigues e Durance, del quale il papato si era impossessato un secolo prima, durante la lotta contro gli eretici.

Partenza-di-Urbano-V

Partenza di Urbano V per Roma (1367)
Manoscritto della Biblioteca municipale di Avignone


Ad Avignone il papa si trovava quindi a casa, anche se le terre del re di Francia iniziavano dall’altro lato del ponte (nel 1348, Clemente VI riacquisterà la città ai principi provenzali per ricongiungerla alle sue possessioni). Otto pontefici si succederono sulle rive del Rodano, accreditando l’idea di un esilio definitivo.
Si dovrà aspettare un notte di marzo del 1403 perché l’ultimo papa lasci finalmente Avignone. Già nel Trecento, le polemiche si scatenarono sulle ragioni profonde di questo lungo soggiorno, eccezionale nella storia del papato.

Gli italiani, con Petrarca e più tardi con Caterina da Siena, evocavano la vergogna di questa prigionia babilonica imposta ai pontefici di Avignone. Ricordavano le lotte feroci degli anni precedenti tra Bonifacio VIII e Filippo il Bello, l’attentato di Anagni e immaginavano un ratto del terribile capetingio. Non sopportavano che ” Roma non sia più in Roma”, che la corte di Roma nei documenti ufficiali sia ormai ad Avignone. Dimenticavano che per il papa, come per gli imperatori dell’antichità, ”Roma si trova sempre dove si trova il Papa”.

I francesi insistevano sui loro legami antichi e privilegiati con i pontefici, sul loro ruolo tradizionale di difensori della Chiesa, minacciata senza tregua dai disordini della penisola e dalle ambizioni imperiali.
Esaltando l’autonomia del sovrano, erano felici di rifiutare così le esagerate pretese di alcuni prelati italiani, difensori delle idee teocratiche, cioè di quel concetto teologico-politico che conferiva al Papa un ruolo di capo assoluto della cristianità ed ai re una posizione necessariamente subordinata.

Durante lunghi secoli, gli storici si contentarono di ripetere queste furiose polemiche. Gli uni, ultramontani, affermavano che Filippo il Bello aveva commesso un ratto; gli altri ossessionati dallo sviluppo dello stato capetingio, considerarono questa sistemazione solo come un segno della preminenza normale dei re di Francia nell’Europa della fine del Medio Evo. La fama dei papi di Avignone non ne uscì ingrandita e fu spesso accostata alla reputazione mefistofelica dei pontefici romani del Rinascimento.

Oggi l’enorme massa del palazzo di Avignone ricorda che i loro proprietari del Quattrocento furono ricchi e potenti e che i progressi della storia politica e religiosa, ci consentono di valutare con calma il lungo episodio dell’esilio avignonese, che in un certo modo apre la storia dell’Europa moderna. (M.@rt)


9369-palais-des-papes-avignon-west-facade






Edited by Milea - 6/10/2021, 10:25
 
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Affresco-sala-delle-guardie
Affresco della sala delle Guardie (l’attuale biglietteria)
1625 – 1630




Papa-allegorie
Rappresenta un papa circondato da due figure allegoriche
che personificano la Giustizia (a sinistra) e la Prudenza (a destra)





Grande-Audience-fondello1
I quattro fondelli di nervature della Grande Audience


Grande-Audience-fondello2


Grande-Audience-fondello3


Grande-Audience-fondello4




Edited by Milea - 6/10/2021, 10:28
 
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Gordot-piazza-del-palazzo
Vue generale d'Avignon - 1700
(1652-1729) - Musée Calvet




Non vi è dubbio che i papi, da lungo tempo, intrattenessero relazioni difficili con i loro sudditi romani; tra il 1198 e il 1305 passarono meno di quarant’anni nella città eterna. Le lotte endemiche tra le grandi famiglie, le guerre tra guelfi e ghibellini, le forti tensioni con l’impero, li avevano costretti continuamente a chiedere l’aiuto del re di Francia. Ciò non significa che il papato fosse legato agli interessi francesi. Appena eletti, i nuovi pontefici (anche francesi, questo successe più di una volta nel Trecento) si impadronivano degli ideali dei loro predecessori. I papi di Avignone non sfuggirono a questa regola. Benchè servissero talvolta il re di Francia prima di accedere al pontificato, avendo cariche episcopali nel nord del reame, erano quasi tutti originari delle province meridionali e rimanevano uomini del sud, prossimi alla cultura italiana o spagnola (Giovanni XXII ad esempio, capiva il francese con difficoltà).


monete
Monete d'argento di Clemente V e Clemente VI
( testa e croce )



Benché intrattenessero relazioni amicali con tale o tal altro principe e fossero talvolta sottomessi a forti pressioni, serbavano sempre una certa distanza nei confronti delle esigenze della corte di Francia, coscienti di continuare l’opera di Gregorio VII e di Innocenzo III. Non si deve quindi esagerare la dipendenza politica e culturale dei papi di Avignone nei confronti dei re francesi. Lo spostamento sulle rive del Rodano rivela senz’altro il peso essenziale della monarchia francese nella cristianità francese, ma dipende anche molto da un contesto politico-religioso assai più vasto.

Già da lungo tempo le terre del sud ed in special modo quelle della bassa valle del Rodano e più ancora quelle del Venaissin, rappresentavano una posta e un campo di battaglia essenziali per il papa, alla stessa maniera delle città e dei paesi dell’Italia centrale.


israel-silvestre-incisione_Avignone_1654
Vista del palazzo e di Avignone
Incisione di Israel Sylvestre (1654)
Museo del Vieil, Avignon


Questa terra dell’Impero, era anche terra romana. L’arte romanica in questa regione, che fiorì negli ultimi decenni del Dodicesimo secolo, fu all’inizio arte romana, che imitava continuamente i monumenti antichi di Arles, Oranges e Vaison. All’inizio del secolo i giuristi locali tradussero in provenzale il Codice di Giustiniano.

Inoltre l’imperatore Federico Barbarossa si fece incoronare ad Arles. Tuttavia all’inizio del Trecento, questa terra si rivela ribelle al potere della Chiesa: i comuni resistono ai vescovi, la piccola nobiltà ed i cittadini vi sviluppano, come in alcune città dell’Italia centrale, un anticlericalismo violento, che susciterà presto nei rappresentanti della Chiesa, il sospetto di depravazione eretica.
I papi non potevano rimanere insensibili alla sorte di questa fragile regione, nella quale i principi si affrontavano senza tregua e nella quale il loro potere sovrano veniva in permanenza contestato, con la stessa forza che ad Orvieto o a Perugia.


petit-audience
La Petit-Audience
(sul soffitto affreschi del Seicento)


Intervennero: uno dei legati, per giustificare nel 1226 l’assedio di Avignone dai crociati di Luigi VIII in partenza per castigare gli Albigesi, invocò persino le presunta presenza di Valdesi. In questo modo si impossessarono del Venaissin; nel 1229, Raymond VII di Tolosa, vinto, fu costretto a firmare il trattato di Meauz, che segnava la fine dell’autonomia del suo principato.

Questo violento ghibellismo, l’adesione alle tesi imperiali di alcuni provenzali, spiega l’interesse eccezionali del papato per questa regione, prima che vi si stabilissero. La venuta di Clemente V nel 1309 non può essere interpretata come il segno di una totale dipendenza nei confronti dei francesi, ma deve molto all’antico interesse strategico dei papi per la valle del Rodano e per le terre romane, ghibelline, che furono a lungo anticlericali, ribelli, del Venaissin e della Bassa Provenza. (M.@rt)

Robert-corte-delle-prigioni

Hubert Robert, La corte delle Prigioni al palazzo del vice-legato ad Avignone
disegno al nero di seppia - Museo del Vieil, Avignon







Edited by Milea - 6/10/2021, 10:32
 
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Henry Serrur - Ritratti dei papi

(eseguiti tra il 1839 e il 1840)


Serrur-BenedettoXII
Benedetto XII



Serrur-Clemente-VII
Clemente VII



Serrur-Gregorio-XI
Gregorio XI



Serrur-Urbano-V
Urbano V



Clemente-VI
Clemente VI giacente, calco






Edited by Milea - 6/10/2021, 10:34
 
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palazzo-dal-fiume
Vista del palazzo con il ponte Saint-Bénézet




Avignone non fu una prigione, ma neanche il luogo della decadenza dell’istituzione ecclesiastica.
Al contrario, fu senza dubbio sulle rive del Rodano che la monarchia pontificale portò a termine la sua evoluzione verso una monarchia amministrativa centralizzata. E la situazione geografica della città, più favorevole di quella di Roma in una cristianità nella quale l’Oriente contava sempre meno, ebbe senz’altro un ruolo considerevole. Al contempo, la completa stabilità della Curia durante un secolo, permisero ad Avignone, grazie al mecenatismo dei principi della Chiesa, papi e cardinali, un notevole sviluppo culturale.

Torre2

Torre d’angolo della facciata del palazzo di Clemente VI.
ala dei Grands Dignitaires



Il ruolo degli uomini, in maggioranza giuristi, fu molto importante: seppero far funzionare far funzionare gli organismi molto sofisticati che gestivano la nomina al beneficio ecclesiastico in tutto il mondo cristiano. Michelet paragonava il papato di Avignone a una grande casa commerciale, impressionato dall’importanza degli archivi contabili.

Siamo molto lontani in effetti dalla Chiesa spirituale che i francescani più intransigenti e alcuni teorici politici avrebbero desiderato. Uno degli effetti storici più importanti della presenza dei papi ad Avignone è legato a questo ruolo di modello, che la loro amministrazione, le loro tecniche di governo, il loro stesso concetto di potere ebbero in tutta Europa. Nel campo della giustizia ad esempio, è certo che il modello dell’inchiesta elaborato dai chierici alla fine del Dodicesimo sec. fece progressi decisive durante tutto questo periodo.

La presenza del papato ad Avignone contribuì a modellare le abitudini della monarchia francese, trasformando un poco la Francia in terra santa. Il versamento, ad esempio, di una parte delle decime che il papa prelevava su tutti i benefici ecclesiastici, destinate (teoricamente) alla crociata, non era soltanto un buon affare per il re. Sacralizzava il fisco, con il sottinteso che anche la Guerra condotta grazie al denaro dei chierici contro gli Inglesi e non più contro gli Infedeli, era in un certo modo una Guerra santa.

E così, se almeno fino al 1378, gli scambi fruttuosi durante l’intero Trecento tra il papato avignonese e la monarchia francese conferirono una certa stabilità all’istituzione pontificale, contribuirono anche all’intenso movimento di sacralizzazione del potere reale, indispensabile alla monarchia assoluta.

E’ difficile scrivere la storia politica della fine del Medio Evo senza riferirsi continuamente ad Avignone
, senza tenere conto dei molteplici scambi di uomini, idee e di esperienze che vi si svolsero durante un secolo. I francesi in effetti non furono i soli a frequentare la città durante il Trecento. Fu quell’epoca un vero formicaio di costruzioni in corso, in espansione demografica, una torre di Babele nella quale si mescolavano tutto le lingue d’Europa. Già alla fine del Quattrocento, più del 60% degli Avignonesi, immigrati di recente, non erano nati nella regione; questa situazione fu all’origine di un favoloso sviluppo economico e culturale. (M.@rt)


Palazzo-Avignone-dal-cielo





Edited by Milea - 6/10/2021, 10:36
 
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palazzo-dei-papi-piazza
Panoramica del palazzo dal sagrato


Avignone non fu una prigione, ma neanche il luogo della decadenza dell’istituzione ecclesiastica. Al contrario, fu senza dubbio sulle rive del Rodano che la monarchia pontificale portò a termine la sua evoluzione verso una monarchia amministrativa centralizzata. E la situazione geografica della città, più favorevole di quella di Roma in una cristianità nella quale l’Oriente contava sempre meno, ebbe senz’altro un ruolo considerevole. Al contempo, la completa stabilità della Curia durante un secolo, permisero ad Avignone, grazie al mecenatismo dei principi della Chiesa, papi e cardinali, un notevole sviluppo culturale.

palazzo-ingresso

La porta dei Champeaux

La curia pontificale, già nel Trecento, era uno dei luoghi più sorprendenti di ricerche scientifiche, teologiche e giuridiche. Ad Avignone, questa tradizione fu proseguita e rinforzata e riunì uomini di provenienze geografiche molto diverse: I più grandi medici vennero chiamati accanto ai papi , una biblioteca considerevole per l’epoca fu progressivamente costituita (è all’origine della Biblioteca vaticana), le discussioni filosofiche si moltiplicarono, mentre la giovane università, fondata nel 1306, contribuì alla formazione degli innumerevoli giuristi dei quali i principi avevano bisogno.
Intorno ai pontefici e ad ogni cardinale si formarono piccolo circoli di sapienti, amanti dei testi antichi, affascinati da Cicerone e Virgilio: era l’origine del primo umanesimo e ci ricorda che il Rinascimento, da questo punto di vista, inizia ad Avignone.

Non solo innumerevoli mercanti e banchieri furono attratti dai fruttuosi affari che facevano allora di Avignone una vera e propria capitale europea, ma anche pittori, soprattutto italiani, musicisti per la maggior parte fiamminghi, architetti, scultori, gioiellieri, che si scambiarono tecniche, esperienze e modelli. Avignone fu anche una vasta piazza di scambi culturali ed artistici.

Tuttavia il papato di Avignone era minato in profondità, da una doppia contraddizione. Benchè si trovasse nel cuore geografico del mondo cristiano, non poteva pretendere di esserne il cuore simbolico. Già da questo punto di vista, segnava la fine di un certo concetto dell’antica cristianità latina, della quale il papa era il capo incontestato e la crociata la manifestazione più ovvia.

I papi di Avignone avrebbero amato dedicarsi alle crociate, ma la presa di Saint Iean d’Are (1291) e la sconfitta di Nicopolis (1396) confermarono che questo tempo era passato. I mutamenti religiosi fondamentali, che nacquero nel momento stesso in cui la peste nera del 1348 arrivava in Europa, rivelano anche le profonde trasformazioni delle abitudini, delle fedi, dei riferimenti del passato.

Roma, dove riposavano le reliquie di san Pietro e dove Petrarca celebrava l’antico splendore della città, rimaneva il centro simbolico essenziale e gli inizi dell’umanesimo ne rinforzavano l’importanza.
Nel 1367, Urbano V tentò di ritornarvi ma la situazione politica era tale che dovette ritornare sulle rive del Rodano. Gregorio XI tentò lo stesso ritorno nel 1376; alcuni mesi più tardi, dopo la sua morte, vi sarà una doppia elezione che provocherà uno scisma e uno dei due concorrenti (Clemente VII, poi Benedetto XII) occuperà di nuovo il palazzo di Avignone.


cortile
L’angolo sud-ovest del chiostro di Benedetto XII ed il campanile della Cloche D’Argent


Stato monarchico di giustizia e finanza, stato centralizzato con pretese universalistiche estese a tutto il cristianesimo, il papato avignonese doveva entrare in conflitto con tutti gli stati territoriali, in primis con il Reame di Francia. Nello stesso tempo, questi stati pretendevano di imporsi nella stessa maniera, esercitando una giustizia ordinaria e prelevando tasse. Già all’inizio del secolo, il conflitto tra Bonifacio VIII aveva fornito l’occasione agli ufficiali del re, di affermare le loro pretese e a numerosi intellettuali di riflettere sui nuovi rapporti che parevano allora stabilirsi tra lo spirituale e il temporale.

Dopo la bufera di Bonifacio, furono piuttosto i maneggi dei pretendenti all’impero a suscitare le prese di posizione e le riflessioni dei polemisti e dei filosofi. Lo scisma spinse alcuni teologi a proporre un’immagine nuova della Chiesa, nella quale l’insieme dei fedeli ed il concilio avevano il ruolo centrale e non più il papa e la gerarchia, ma costrinse I principi ed I loro consiglieri a ridefinire il loro atteggiamento nei confronti del papato, a rivendicare l’autonomia completa di fronte al potere teocratico.

Lo scoppio del ”grande scisma” e la sua lunga durata (quarant’anni) non manifestarono il “fallimento” del papato avignonese; rivelarono piuttosto la fine della cristianità teocratica, la nascita di nuovi rapporti di potere e la trasformazione di tutti gli antichi legami con il tempo, con il mondo e forse anche con Dio.


Volta
Il Grand Tinel (o sala delle feste)


Lo splendore della corte di Avignone, malgrado le epidemie di peste, le guerre, le miserie dell’epoca, era riuscito a nascondere fino ad allora questa profonda evoluzione. Tuttavia, coloro che vivevano la vita intensa della capitale provvisoria della cristianità, non ignoravano alcuna delle novità del secolo.
Dopo molte delusioni, una notte di marzo del 1403, Benedetto XIII lasciò di nascosto la città delle rive del Rodano che aveva accolto il suo lontano predecessore, novantaquattro anni prima.
Fino al settembre 1791, col ricongiungimento del Comtat Venaissin alla Francia, nella regione si sognò ancora il ritorno dei papi. Benché la questione dello scisma non sarebbe stata risolta prima del 1417, quella notte segnò la fine della storia del papato medioevale. (M.@rt)


Facciata-orientale-e-cucina

Facciata orientale del palazzo
La torre del Papa, l’ala del Concistoro con la torre Saint-Jean,
la cucina alta e il camino piramidale, la torre di Trouillas






Edited by Milea - 6/10/2021, 10:38
 
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I Papi costruttori



papi-costruttori


Nell'agosto 1308, il papa Clemente V, allora a Poitiers diede appuntamento per l'anno seguente ad Avignone, ai cardinale e alla sua corte. Aveva convocato il concilio generale della Chiesa a Vienna per il 1 ottobre 1310. La futura città conciliare offriva poche possibilità di alloggio ma Avignone soprattutto, apparteneva a quell'epoca agli Angiò di Napoli, vassalli della Santa Sede e si trovava al confine della Comtat Venaissin, proprietà pontificale dal 1274.
I commissari incaricati di requisire e di attribuire gli alloggi, riservarono al Papa il più grande convento della città, quello dei dominicani, nel quale arrivò il 9 marzo 1309. da metà settembre 1311 a metà maggio 1312, soggiornò a Vienna, poi alla fine del concilio, si attardò spesso al priorato di Groseau, su fianchi del Mont Ventoux.

La sua salute peggiorò e nella primavera del 1314, volle ritornare nella Guyenne natale, ma la morte lo colse all'inizio del viaggio, a Roquemaure il 20 aprile 1314.


interieure_du_palais_des_papes

I disordini che agitarono il concilio riunitosi a Carpentras rimandarono fino al 7 agosto 1316 l'elezione a Lyon del suo successore, Jacques Duèse, che prese il nome di Giovanni XXII.
Già prima dell'incoronazione, il nuovo papa annunciò la sua intenzione di sistemarsi ad Avignone, città della quale era stato vescovo dal 1310 al 1313, e si fece riservare, oltre al convento dei Dominicani, il castello episcopale nel quale aveva già abitato e alcuni palazzi attigui che dipendevano dal capitolo cattedrale. Arrivò il 2 ottobre 1316 ed intraprese immediatamente di adattare queste costruzioni alle necessità della corte pontificale, il primo conto di lavori porta la data del 10 ottobre.

Il palazzo era antico, alcune parti vetuste erano state demolite. Durante diciotto anni, fino alla sua morte nel 13334, il papa si dedicherà ad ingrandirlo, abbellirlo e fortificarlo a poco a poco secondo le necessità e senza progetto definito. Di questo palazzo quasi tutto è scomparso. Solo la pianta è rimasta, origine di tutte le costruzioni future.

Era formata da due cortili o piuttosto da un cortile affiancato da una piazza che si estendeva dal nord al sud. Il cortile del nord disegnava un trapezio, imposto dalla configurazione accidentata e fortemente in declivio del Rocher des Doms, sul quale era costruito tutto il palazzo. Era un chiostro, formato da gallerie a due livelli, limitato dalla chiesa Saint Etienne al nord, parallela alla cattedrale, i consistori (sale riservate alle assemblee dei cardinali) all'est, gli appartamenti di ricevimento al sud con e finestre affacciate sulla piazza e quelli del papa all'ovest.

Sulla piazza all'est, si trovavano, nel prolungamento dei consistori, gli appartamenti e gli uffici del Cameriere e del Tesoriere. La Grande Tesoreria, al sud, la scuola di teologia e le due sale di giustizia,”l'Audience” o tribunale della Rota e “l'Audience des Lettres Contredites”.
L'ultimo lato, all'ovest, era aperto e si affacciava su case private, protetto da barriere chiamate “Les Cancels”. Già all'inizio si manifestò il triplice carattere apostolico: palazzo di un sovrano temporale, sede del capo della cristianità e fortezza possente imposta dalla rudezza dei tempi.
Eletto il 20 dicembre 1334, Benedetto XII, originario di Saverdun, nel contado di Foix, era un uomo semplice, austero, amante della giustizia, ex-monaco cistercense.


Palazzo_Avignone


Nel luglio 1335, assicurò gli ambasciatori romani del suo desiderio di stabilirsi in Italia. Nell'attesa di realizzare questo progetto, decise di rimanere ad Avignone con la corte pontificale e di costruire un palazzo nuovo. Incaricò di questo lavoro un suo compatriota, Pierre Poisson, originario di Mirepoix, che cumulò le funzioni di architetto e di direttore dei lavori.
Maestro delle opere e degli edifici del papa, ammesso nel “Corps des Ecuyers”, edificò in sette anni “un palazzo grandioso, di una meravigliosa bellezza, di potenza straordinaria, con muraglie e torri”.

I lavori iniziarono nell'aprile 1335 con la costruzione di una grande torre, la torre del Papa, attualmente “tour des Anges, che prolunga la “grande Trésorerie” di Giovanni XXII, sull'area delle dipendenze e delle case acquistate e poi demolite. Fu concepita come un torrione vero e proprio: la sala del Tesoro a metà seppellita nel suolo, sul secondo livello la camera del Papa, sotto, quella de Cameriere, capo della camera apostolica e primo personaggio della curia, il tutto sovrastato dalla biblioteca; mura spesse di tre metri, ricoperte da contrafforti possenti, sala d'armi per le guardie che ne garantivano la perfetta sicurezza. Intorno a questo torrione, l'architetto riunì gli appartamenti privati.



p8290550


Nel 1336, due grandi anticamere sovrapposte furono costruite sopra la Tesoreria: la sala di Gesù sul livello dell'appartamento del Cameriere e la “Chambre du Parement” attigua alla camera del Papa. Nel 1337, in una costruzione fortificata attaccata a questo edificio a ovest, furono sistemati “le Petit Tinel”, la sala da pranzo privata del sovrano pontefice, le cucine, la cappella segreta e il guardaroba.

Al lato opposto, nei giardini, fu edificata la piccola torre dello “studium” in un angolo della “Tour des Anges”, che permise al papa di disporre di uno studio personale. Un bastione infine, protesse i giardini e tutte le nuove costruzioni. Sistematosi così in completa sicurezza al di fuori delle antiche costruzioni antiche del chiostro, il papa poté ordinare a Pierre Poisson di continuare i lavori.
Già la cappella del suo predecessore, l'antica chiesa di Saint-Etienne, era stata trasformata e consacrata nel mese di giugno del 1336, nel 1337, l'ala degli appartamenti di ricevimento fu demolita e subito ricostruita.


p8290549


Il primo accenno alla “aula nova” la sala nuova, porta la data del maggio 1337. al di sopra di una grande cantina e della doppia porta principale che conduceva al chiostro, un piano ammezzato fu destinato ai bottiglieri ed ai panettieri del papa. Il primo piano fu riservato agli ospiti. Oggi è la sala del conclave e serve alle assemblee plenarie del centro dei Congressi dal 1976. nel 1338, iniziarono i lavori di rinnovamento dell'ala orientale, quella dei consistori.
Una costruzione nuova, lunga circa cinquanta metri, accolse il consistoro pubblico al pianterreno e il “Grand Tinel” (sala dei festini) al primo piano; fu costruita nei giardini sulla facciata est, una piccola torre contenente alcune cappelle sovrapposte. La maggior parte dei lavori durò un anno. La costruzione delle latrine, della cucina e delle sue dipendenze durò più a lungo. Si passò poi all'ala occidentale, quella degli antichi appartamenti pontificali di Giovanni XXII.

Nel 1340, l'ala dei “Familiers” e la “tour del la Campane” erano già completamente ricostruite. Non rimaneva più che portare a termine il chiostro. Le gallerie doppie furono ricostruite e una vasta scala di pietra permise l'accesso solenne alla “Grande Chapelle” e alle altre grandi sale. Il palazzo era quasi terminato. Si doveva ormai soltanto rinforzare la sicurezza su due punti che sembravano deboli: l'entrata principale sulla piazza, davanti alla quale fu costruito un bastione merlato nel 1341 con una porta fortificata, la “porte Majeure” verso il nord-est, vicino alla “Grande Chapelle” e alle “Latrines”, dove nel 1341, iniziò la costruzione di una possente torre, la “tour de Trouillas”. Quando i lavori furono giunti alla volta del terzo piano, il 25 aprile 1342, morì il papa. (M.@rt)


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Edited by Milea - 6/10/2021, 10:44
 
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Palazzo


L'opera di Benedetto XII fu immensa. Lasciò alla Santa Sede una fortezza sicura, un palazzo vasto e abbastanza pratico. Alla verticalità esterna, espressa dalle torri e dai contrafforti che scandiscono le facciate, risponde una quasi regolarità orizzontale. Tutto il primo piano è quasi allo stesso livello. Le travature abbondano nelle sale del pianterreno; al piano superiore invece, quattro delle cinque “aulae” e le gallerie superiori del chiostro erano sprovviste di grandi rivestimenti in legno, a volta spezzata. Le crociere a ogiva sono rare e in genere riservate alle torri. Tutte le scale, senza eccezione, sono a rampe diritte, alcune costruite nello spessore dei muri. Il suolo dei pianterreni e quello che reggeva le volte gotiche era coperto di pavimenti in terracotta verniciata. Tutti gli ornamenti dipinti sono scomparsi, come naturalmente anche gli elementi ornamentali che temperavano un poco questa forte impressione di austerità.

Le decorazioni scolpite si limitavano alla rappresentazione delle armi e questo rigore era senza dubbio dovuto alle origini cistercensi del Papa. Il chiostro, benché classico luogo di brillanti esercizi di architettura, si accontentò di riflettere i gusti severi e la robustezza montanara del pontefice. Regnava in questo palazzo una maestà semplice, un tono leggermente arcaico del quale Clemente VI non poté accontentarsi. Eletto il 7 maggio 1742, Pierre Roger, figlio di una famiglia nobile della diocesi di Limoges, era molto diverso dal suo predecessore.


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Al plebeo rigorista succedeva un gran signore, generoso, di abitudini raffinate, amante dei fasti e protettore delle arti. Costretto dalle circostanze politiche, ma senza dubbio anche per inclinazione personale, a prolungare il soggiorno del papato ad Avignone, Clemente VI riprese i lavori.

Nel luglio 1342, con la costruzione di una piccola torre attaccata al fianco sud della “tour des Anges”, fu creata anche una cucina nuova, accanto a quella di Benedetto XII e delle latrine. Terminata a metà maggio 1343, fu provvista come le altre di un grande camino, specie di piramide ottagonale, tutt'oggi conservata.


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Il grande camino ottagonale della cucina


La nuova torre prese il nome di “tour de la Garde-Robe” e riunì le stufe, i due piani sovrapposti dei guardaroba, uno “studium” al livello della camera del papa, più accogliente e meglio illuminato, la celebre “Chambre du Cherf” e in cima, la cappella privata dedicata a San Michele.


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“Chambre du Cherf” , scena di caccia


I conti rivelano in quell'occasione i nomi dei due grandi artigiani del palazzo di Clemente VI: Jean de Louvres, maestro muratore originario di Louvres-en-Parisis, architetto dell'”opus novum”. L'opera nuova e il 2 settembre 1343, Matteo Giovannetti da Viterbo, pittore del papa, al quale venne affidata la decorazione di una gran parte del palazzo di Benedetto XII, nell'attesa della fine delle nuove costruzioni. Il cantiere di Trouillas era naturalmente stato riaperto ed i lavori durarono fino al 1346.

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Tour de la Garde-Robe

Tre piani supplementari, sovrastati da uno “châtelet” fecero di questa torre a uso esclusivamente militare, alta cinquanta metri, la torre più alta del palazzo. Poi un progetto grandioso nacque nella mente del papa, a proposito della piazza dei Cancels. La costruzione del bastione “Porte majeure” e gli appartamenti privati l'avevano rimpicciolita. Questo intrico di costruzioni eteroclite, spesso assai vetuste, non era degno della vicinanza del grande palazzo apostolico di un bianco immacolato e splendente, ed era poco propizio alle cavalcate della corte e alle lente processioni.
Il progetto sembrò all'inizio soltanto voler elevare a una ventina di metri più a sud una grande costruzione bassa per sistemarvi “la salle de l'Audience”. Al di sopra di questa, in una sala quasi sotterranea, tanto in quel punto la declività della roccia si accentuava, il progetto prevedeva di collocare la scuola di teologia. Nel maggio 1334, la camera apostolica acquistò le case delle quali era necessaria l'ubicazione. In agosto, i conti segnalavano per la prima volta “l'opera nuova”, in ottobre “la nouvelle audience”.

Poi il progetto si trasformò: il papa chiese a Jean de Louvres di progettare una grande cappella sopra “l'Audience” con una grande scala d'entrata. Infine si pensò a chiudere la piazza con un'ala perpendicolare, “le nouveau bâtiment de la trésorerie”, attualmente chiamata ala dei “Grands Dignitaires”, delimitando così un vasto cortile nuovo. I lavori durarono dal maggio 1345 alla fine del 1347. Jean de Louvres aveva previsto di sistemarvi grandi appartamenti per il Cameriere ed il Tesoriere, nuovi uffici per la camera apostolica, una sala per “l'Audience des lettres contredites” e sale di guardia a ciascun lato dell'entrata principale del palazzo nuovo (porte de Campeaux).
Nella sala dell'Audience, i lavori della scalinata iniziarono nell'autunno 1346; la roccia fu livellata per ricevere le fondamenta della “scala per salire alla cappella edificata davanti al palazzo”. Doveva essere affiancata dalle camere fino a una loggia sita davanti al portale della Cappella, dove fu collocata una finestra dell'Indulgenza, necessaria alle benedizioni pontificali.


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La Grande Audience


Poi fu costruita l'immensa cappella, lunga cinquantadue, larga quindici e alta venti metri. La costruzione ebbe luogo in due tempi: i muri della cappella sono più spessi di quelli dell'audience, che prolungano al piano superiore. Per contraffortare le spinte enormi delle crociere a ogiva, l'architetto concepì una vasta galleria a volta sul lato nord della cappella, il “Grand Promenoir” e due grandi torri al sud, alle due estremità dell'edificio.
I lavori, rallentati dalla grande peste che devastò la città nel 1348, non erano terminati alla morte del papa il 6 dicembre 1352 e rimanevano da costruire ancora due torri.
Nel frattempo, il palazzo nuovo era stato collegato al palazzo di Benedetto XII, con piccole costruzioni nelle quali furono praticate le aperture delle porte, quella di Notre-Dame verso la cattedrale, quella della Peyrolerie verso il sud.
Clemente VI aveva anche ingrandito i giardini pontificali. Questo suntuoso palazzo suscitò la meraviglia e i commenti elogiativi dei contemporanei.


Scaloni


Il papa aveva voluto un palazzo secondo i gusti dell'epoca, in puro stile gotico, per questo motivo le crociere a ogiva sono quasi onnipresenti, una rete di scale serve le sale e conduce fino ai tetti, una parte dei quali era composta di terrazze.
Gli innovamenti sono numerosi: le vaste proporzioni della scala della Cappella sono impressionati, la chiave di volta pendente alla porta di Champeaux è attraente, la novità del “Grand Promenoir” primo esempio di questa galleria, è sorprendente.


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Dappertutto, la scultura, arte nuova nel palazzo, si sparge a profusione. Le chiavi di volta e i fondelli delle nervature vengono affidati agli scalpelli degli scultori, anonimi e senza identità precisa, che arricchiscono il monumento di un bestiario fantastico, di personaggi, di scene bibliche. All'esterno i sistemi difensivi vengono alleggeriti. I grandi contrafforti della facciata si fermano a metà altezza delle mura. Le due eleganti torrette che inquadrano e sovrastano la porta di Champeaux hanno più valore ornamentale che difensivo. Una zigrinatura semplice si sviluppa in cima alle mura. Le porte ben fortificate, sovrastate da una sala di manovra delle saracinesche, sono abbondantemente decorate di modanature e di sculture.

Nel cortile d'onore, sull'ala dell'Audience, i contrafforti sono completamente scomparsi. Nulla può allora ostacolare l'apertura delle numerose finestre. Questa fantasia apparente, i due grandi portici sovrapposti dell'Audience e della Cappella, conferiscono alla facciata di grandi dimensioni una leggerezza che contrasta con il palazzo di Benedetto XII. Eletto il 18 dicembre 1352, Innocenzo VI incaricò Jean de Louvres fino alla sua morte nel 1357, di terminare la costruzione del Palazzo Nuovo.


Grand-Chapelle
Le Grand Chapelle


Delle due torri progettate a sud della Cappella, venne edificata solo la torre Saint Laurent. Al posto della seconda, venne adottata nel 1357, la soluzione più semplice e certamente meno onerosa di un enorme arco rampante. A nord invece, si decise di rialzare una parte dell'ala dei “Grands Dignitaires” per alleggerire il “Promenoir”.
Come quelle dell'ala dell'Audience, le mura della torre della Gâche sono più spesse nella parte superiore. Infine, nel 1359, Innocenzo VI fece abbellire lo stretto corridoio che attraversava tutta l'ala dei “Grands Dignitaires”.

Allargata grazie a uno sbalzo, la volta fu coperta da una successione di diciassette piccole crociere a ogiva, dai fondelli ben decorati.
Questa graziosa galleria del Conclave divenne allora uno dei gioielli architettonici del palazzo. La costruzione del monumento quale si presenta oggi, era quasi terminata. Il papa Urbano V che regnò dal 1362 al 1370, si interessò soltanto ai giardini, che fece ingrandire e dove fece costruire una galleria ornamentale che porta il nome evocatore di “Roma”.


Le_Grand_Tinel
“Le grand Tinel” - Il refettorio



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Il camino del refettorio



Gregorio XI, infine, si preoccupò soprattutto di ristabilire la sede del papato in Italia. Ma ben presto il grande scisma di Occidente riportò ad Avignone una presenza pontificia. Clemente VII (1378-1394) e Benedetto XIII (1394-1409) vissero nel palazzo che si limitarono a curare e che soffrì molto dei due assedi subiti all'inizio del Quattrocento.
I primi restauri dovettero iniziare nel 1414. Nuovi abbellimenti vennero eseguiti nel Cinquecento: un appartamento d'inverno e una sala delle feste, la Mirande. Ma nel Settecento, parti importanti del Palazzo furono abbandonate e la corte ridotta dei vice-legati si rifugiò negli antichi appartamenti privati.
Saccheggiato durante la Rivoluzione francese, minacciato di demolizione, il palazzo fu trasformato in caserma all'inizio dell'Ottocento. Alcune costruzioni, come l'ala occidentale degli appartamenti pontifici, il ponte d'Innocenzo VI, la “Roma, la “Glacière” dei vice-legati e una parte dei giardini furono demoliti.


Grande-audience


Il resto fu trattato con durezza, la sale suddivise da pavimenti intermediari, il timpano del portale della Cappella fu sventrato, gli affreschi rovinati o ricoperti, e così salvati, di tinta. Nel Palazzo Vecchio, l'ala dei “Familiers”, la cappella Benedettina ed il chiostro furono trasformati in prigione, poi in deposito di archivi dipartimentali. L'esercito liberò il palazzo solamente nel 1906. (M.@rt)


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Edited by Milea - 6/10/2021, 10:53
 
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Il Palazzo dei Papi e le sue torri - lato est


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1 - "tour de Trouillas"
2 - "tour des Latrines" or "de la Glacière"
3 - "tour des Cuisines" (kitchen tower)
4 - "tour Saint-Jean"
5 - "tour de l'Étude"
6 - "tour des Anges" or "tour du pape"
7 - "tour du Jardin" (garden tower)
8 - "tour de la Garde-Robe"
9 - "tour Saint-Laurent"
10 - "tour de la Gache" (derrière)
11 - "tour d'angle" or "tour des Grands Dignitaires" (under)
12 - "tour de la Campane"






Edited by Milea - 6/10/2021, 10:55
 
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CRONOLOGIA




Papi1

1309. Il 9 marzo Clemente V († nel 1314) arriva ad Avignone.

1316.Il 7 agosto, elezione di Giovanni XXII († nel 1342) che stabilisce il papato nel palazzo episcopale della città della quale fu vescovo.

1334.Il 20 dicembre elezione di Benedetto XII. Fissa la sede apostolica ad Avignone e fa trasformare il palazzo.

1348. Clemente VI acquista la città di Avignone dalla regina Jeanne.

1352. L'8 dicembre elezione di Innocenzo VI. Il tribuno romano Cola di Rienzo fu sequestrato per 13 mesi nella torre di Trouillas.

1362. Eletto papa il 28 settembre, Urbano V tenta invano di ristabilire la Santa sede a Roma.

1376. Papa dal 30 settembre 1370, Gregorio XI riporta il papato a Roma, cedendo così ai ripetuti richiami di Santa Caterina da Siena.

1378 – 1417. Il Grande Scisma

1378. Clemente VII viene eletto papa il 21 settembre e rimarrà nel palazzo fino alla sua morte nel 1394.

1409. Benedetto XIII, l'aragonese Pedro de Luna, papa dal 28 settembre 1394, viene deposto.



Papi2

1409 - 1791. Il palazzo è collocato sotto l'autorità dei rappresentanti della Santa Sede, legati e vice-legati.

1791. Il 14 settembre, Avignone e Il Comtat-Venaissin sono ricollegati al territorio francese. Massacro della Glacière.

1801 - 1906. Diventa un museo nazionale. I restauri iniziano sotto la direzione di Henri Nodet, architetto dei Monumenti storici. Da allora è praticamente sotto costante restauro.

1921. Il restauro del palazzo di Clemente VI è terminato; inizia quello di Palazzo Vecchio.

1946. La fine della guerra permette di riprendere i lavori di restauro.

1947. Jean Vilar prende possesso della Cour d'Honneur per il suo festival del teatro.

1970 - 1976. Restauro dell'ala del Conclave, trasformata in palazzo dei Congressi.

1978 - 1979. Restauro della volta del Grand Tinel.

1982 - 1983. Restauro della Grande Trésorerie

1983 a oggi.La maggior parte del Palazzo è oggi aperta al pubblico e visitabile; ospita anche un grande centro congressi e gli archivi del dipartimento della Vaucluse.



Edited by Milea - 6/10/2021, 10:57
 
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I pittori del Palazzo dei Papi


Di origini diverse, i pittori del Palazzo, tra i quali il più grande, Matteo Giovannetti, introducono progressivamente nelle loro scene profane e religiose, le allusioni della prospettiva ed i principi narrativi della pittura italiana


Simone Martini, Cristo in Maestà


La venuta della corte pontificale ad Avignone nel Trecento avrebbe creato uno dei principali focolai della cultura europea che durante alcuni decenni meritò di rivaleggiare con Praga o Parigi. Luogo di potere e d’orgoglio, il palazzo dei papi doveva essere degno di proteggere e di ricevere. Già durante il pontificato di Giovanni XXII, la residenza diventata meno provvisoria, la scena potè trovare il suo posto. Durante questo periodo, nel quale le testimonianze pittoriche sono rare, gli archivi svelano i nomi dei pittori tolosani o meridionali.

L’arrivo dei pittori italiani coincise con il legame che si pensava definitivo del potere pontificale a queste terre. La lunga lista dei nomi di pittori rivelata dagli archivi non è più purtroppo che un museo immaginario, privo in maggior parte della realtà delle opere. Eccetto due grandi nomi, quello di Simone Martini, invitato dal mecenate di un cardinale e quello del “pittore del papa”, Matteo Giovannetti, che sappiamo dei senesi Danato, fratello di Simone Martini, di Lippo e di Teodoro Memmi, di Pietro Ceccarelli, di Duccio, Filippo e Pietro di Lippo che lavorarono per Benedetto XII, di maestro Giovanni di Luca, al servizio di Clemente VI? Anche italiani del nord sono presenti nell’immenso cantiere del palazzo: i piemontesi Giacomino de Ferro, Cruco d’Asti, Jacopo da Vercelli; la lista potrebbe essere ancora più lunga.



Gli angeli dell'affresco del Cristo in Maestà


La storia della pittura avignonese non si iscrisse solamente nelle mura del palazzo. Altre forze catalizzarono la produzione artistica; dappertutto ad Avignone si costruivano e si decoravano dimore e livree cardinalizie.
Il cardinale Jacopo Stefaneschi, spirito illuminato, invitò al suo seguito una delle personalità più in vista in Italia, Simone Martini che, alla fine della sua brillante carriera, dimorò ad Avignone dal 1336 al 1344.
Non è certo se fu incaricato dei lavori del palazzo durante questo periodo, ma durante la sua presenza Avignone fu capitale per “la scuola del Palazzo”.

Partecipò alla decorazione del portico dell’entrata di Notre-Dame-des-Doms e ricevette certamente altri ordini privati. Solo antiche descrizioni e un disegno del Seicento conservano la memoria del dipinto globale che figurava sulle mura, “San Giorgio combatte il drago e libera la principessa” e “ il Miracolo” di Andrè Corsini nel 1334.


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Vergine dell'Umiltà, Sinopia dalla Cattedrale di Notres-Dames-des-Domes ùAvignone, Palazzo dei Papi



La perdita non è totale: il frontone triangolare che ospita “ il Cristo redentore in gloria adorato dagli angeli” e il timpano a tutto sesto raffigurante “la Vergine e il Bambino venerati dagli angeli e da un donatore” hanno trovato rifugio nella sala del Concistoro del palazzo dei Papi.

Il delicato restauro di queste due opere ha svelato, strato dopo strato, diversi bozzetti e sinopie, vera archeologia della creazione del pittore, Simone Martini, abituato alle opere monumentali, domina perfettamente la composizione: la rigorosa simmetria del campo triangolare è mitigata dal gioco delle curve creato dal volo degli angeli intorno alla Vergine dell' Umiltà nella lunetta, novità iconografica che merita di essere notata.


Simone_martini_madonna_umilta_cattedrale_avignone_bambinoP





L’usura dell’intonaco ha toccato soprattutto il viso di Cristo dalla mano alzata, che porta un mondo nel quale il cielo, la terra e il mare illustrano i tre elementi. L’artista aveva esitato tra il libro e il globo, come dimostra il bozzetto sommario ancora in situ. Tutti gli autori riconoscono qui un capolavoro di Simone Martini, che unisce la dolcezza senese del ritmo gotico e del colore, la fermezza del disegno all’audacia della prospettiva visibile soprattutto nella creazione di diversi piani sulla sinopia (bozzetto e ocra rossa) della lunetta.

Il rigore del ritratto del cardinale Stefaneschi, raffigurato ai piedi della Vergine, fu senza dubbio una bella lezione per gli artisti del palazzo e anche l’ultima opera di Simone Martini che morì in curia nel 1344, poco dopo aver terminato gli affreschi. (M.@rt)


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Affresco dei Profeti




Matteo Giovannetti (pictor pape) - Affresco dei profeti
Volta della Grande Audience


Eseguito da Matteo Giovannetti nel 1353 orna lo spicchio dell’ultima campata della sala della Grande Udienza. I venti profeti, re e patriarchi del Vecchio Testamento che animano la scena, mostrano ognuno un cartiglio con un passo delle Sacre Scritture. La diversità del loro comportamento e delle loro espressioni, al contempo nobili e umane, esprimono con virtuosità il talento di ritrattista di Matteo Giovannetti, che qui raggiunge l’apice della sua arte.

Nato a Viterbo intorno al 1300, diventa priore della chiesa San Martino nel 1336. Arriva ad Avignone nel 1343 circa. Ottiene il titolo prestigioso di pittore del papa nel 1346 e dirige i grandi cantieri di decorazione del palazzo. Muore probabilmente a Roma nel 1369 dove lavorava alla decorazione del Palazzo del Vaticano. Trascorse tutta la sua carriera fuori dall’Italia, al servizio esclusivo del principe della Chiesa.

Lo stile. Riscoperto tardivamente dagli storici dell’arte, questo artista si fa interprete ad Avignone delle grandi innovazioni pittoriche toscane. Si distingue per le grandi qualità di ritrattista, per il gusto per il naturalismo e per la sua scienza della disposizione nello spazio, di cui si avvale con brio moltiplicando gli effetti prospettici e di trompe-l’œil. (M.@rt)


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La camera del Papa




La costruzione della Grande Tour o Tour des Anges fu iniziata a partire dal 1333, fortificata a causa della sua funzione, ospitava oltre alla sala del Tesoro, la camera del Cameriere e la camera del Papa. Somigliante a quella del cameriere per il volume semplice e le travi del soffitto decorate, le pareti sono ornate da racemi di fogliame di vigna e di quercia, con larghe volute dorate, richiamando una decorazione tessile.






Su uno sfondo azzurro come il cielo, lo spazio vegetale a due dimensioni simile a degli arazzi medievali, è puntellato di uccelli e scoiattoli, placide figure araldiche. Nella parte superiore dei muri una successione di quadrilobi è purtroppo molto deteriorata.
Queste pitture datano probabilmente degli anni 1337-1338. I vani delle finestre offrono una sorprendente scena in prospettiva: una serie di delicate arcatelle gotiche porta gabbie di forma varia; alcune contengono degli uccelli, ma la maggior parte di esse è vuota.



Il mobilio era ridotto a pochi e semplici mobili: armadi, tavole fatte di vassoi appoggiati su cavalletti, di cattedre a braccioli e a schienale altro, di cofani, di sgabelli, di panche, di letti chiusi da tende e cortine.






Durante il regno di Clemente VI, secondo un inventario del 1379, il letto del papa era in velluto cremisi con cortine in taffetà verde. Attaccato alla torre del Papa, lo “studium” di Benedetto XII mostra dal 1963, da quando lo scoprì Sylvain Gagnièr, il suo pavimento del Trecento, composto di piastrelle gialle, verdi o istoriate, cioè ornate di figure geometriche o di personaggi.(M.@rt)











 
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LE CAMERE DIPINTE


Le camere dipinte sono alla giunzione del palazzo vecchio
e del palazzo nuovo e costituiscono
il cuore degli appartamenti privati del papa.





Qualche anno più tardi, nel palazzo che Benedetto XII faceva ingrandire, le impalcature dei pittori si innalzavano dappertutto: nella camera del Cameriere, nella “Salle des chevaux-légers”, nello studium. Di tutte queste decorazioni, spesso ridotte allo stato di tracce, rimane solo la camera del papa, pesantemente ridipinta. La meravigliosa invenzione della pergola sviluppa all’infinito larghi racemi di vigna e di quercia nei quali giocano uccelli e scoiattoli.



L’invenzione più sorprendente si scopre dirigendosi verso la luce: negli strombi delle finestre le fughe di archi sostengono strane gabbie abitate o silenziose. Tutto è stato detto sulla bellezza di queste nature morte, sul desiderio illusionista di questa decorazione, ma il geniale inventore resta anonimo. Diverse sono le ipotesi: si è immaginato per questi dipinti nella camera del papa, la mano di Robin des Romans, quella di Jean Dalbon o ancora, in modo più plausibile di un certo pittore Hugo, citato nei conti del marzo 1337. Seducente l’ipotesi che sono dovuti all’Italia i giochi di prospettiva e forse a Matteo Giovannetti l’invenzione così audace delle gabbie.


LA CAMERA DEL CERVO




Uno stretto corridoio conduce dalla Camera del Papa all’ incantevole Camera del Cervo, studio di Clemente VI. La scena della caccia al cervo, svago aristocratico per eccellenza, ha dato il nome alla sala.

Nel settembre 1343 la torre della Garde-Robe è terminata, i muratori lasciano il posto ai pittori: Matteo Giovannetti, che appare per la prima volta nei Conti, dirige la decorazione della camera del cervo, lo “studium” di Clemente VI. Travi e correnti vengono coperti da una successione colorata di stelle, di rosoni di foglie schematizzate. Al di sotto si staccano su sfondo rosso animali e uccelli.

Questo cornicione appare sorretto da un fregio di quadrilobi che ricordano la camera attigua del papa. Infine un paesaggio boscoso ricopre quasi interamente le quattro mura, attraversato da cacciatori e pescatori, i ritratti dei quali illustrano perfettamente le rispettive tecniche.





Profilo dell’uomo con il falco, circondato dai compagni di agguato tra gli alberi




Il visitatore si trova in mezzo a una finta foresta oscura che offre un rigoglìo di alberi, di frutta, d’erbe e di fiori, nel quale la luce penetra a malapena. Le scene corrono sulle pareti, interrotte solamente dalle aperture indispensabili all’architettura. La natura è viva, animata, un libro di caccia nel quale vengono esposte le diverse tecniche: caccia al falco, con furetto, con uccello di richiamo, pesca nel vivaio. Altrove allegri bambini vanno verso il fiume. Negli alberi, alcuni personaggi raccolgono la frutta e scovano gli uccelli.


bambini-al-fiume


caccia-coi-cani


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L'eleganza ieratica dei corpi ancheggianti domina la scena. La pesca infine, si organizza intorno a un vivaio, in prospettiva credibile.




I pittori hanno moltiplicato gli artifici necessari all’illusione: lo spigolo dei tronchi di albero poggia sui contrafforti, lo spiedo del cacciatore è rappresentato su due mura. Se l’opera fu collettiva, lo spirito dei personaggi e della natura pare italiano ed è seducente immaginare Matteo Giovannetti capomastro, forse assistito da Riccone d’Arezzo e da Pietro di Viterbo. (M.@rt)











 
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