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René Magritte
Il ritratto
( Le Portrait )
1935
Olio su tela
73 x 50 cm.
MoMa - New York
Il pensiero che le opere di Magritte rendono visibile è normalmente dotato di una certa raffinatezza, ma a volte produce immagini la cui apparente facilità sembra seriamente intenzionata a offendere l’intelligenza dello spettatore. Umanizzare oggetti inanimati, dotandoli di occhi, labbra o altri attributi tipici dell’uomo è un espediente classico di tutta l’arte fantastica, da Hyeronymus Bosch in poi.
Ma l’arte di Magritte non ha mai desiderato proporsi come fantastica, e l’occhio si apre in questa banale fetta di prosciutto, al centro di un’altrettanto banale natura morta, sembra solo uno scherzo di cattivo gusto, e, peraltro, molto elementare. Del resto, una volta superato lo shock iniziale, quello che rimane è una denuncia della fondamentale mostruosità dell’atto quotidiano da mangiare, realizzata, come la boutade più riuscite, nella più grande economia di mezzi.
L’occhio che ci scruta dalla tavola imbandita con sguardo bovino accusa la nostra animalità di esseri umani, e trasforma le posate che affiancano il piatto in armi vagamente minacciose, strumenti di un rituale che anche nella sua versione più formalizzata ed educatamente “borghese” rimane comunque sanguinario e violento.
E dato che si tratta di un rito che tutti consumano quotidianamente, il “Ritratto”, come “L'uomo con la bombetta”, non rappresenta più, come accade di solito, un singolo uomo, ma ogni uomo.
E quasi a dimostrarlo, negli anni Sessanta Magritte ritrarrà se stesso, dietro una tavola imbandita in modo molto simile, intento a officiare lo stesso rito, non con due ma con quattro braccia che afferrano con voracità qualsiasi alimento alla loro portata: il tutto sotto un titolo quanto mai emblematico, “Lo stregone”. ( Mar L8v )
Edited by Milea - 19/1/2023, 20:15 |
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