I file di Wikileaks: IL MONDO TREMA !

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 22/12/2010, 13:17     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




Pio XII, il Vaticano temeva tensioni.




image
Nuove rivelazioni da Wikileaks: «Cancellato l'accordo per aderire a una associazione che rafforzava progetti educativi sulla Shoah».

Il Vaticano, scrive il britannico Guardian, cancellò un accordo scritto per aderire a una associazione nata per promuovere e rafforzare i programmi educativi sulla Shoah a causa delle «tensioni» sul ruolo di Pio XII nel corso della Seconda guerra mondiale. Il Vaticano, secondo il quotidiano britannico che pubblica un cable siglato nell’ottobre 2009 dal numero uno dell’ambasciata Usa presso la Santa Sede, Miguel Diaz, avrebbe stracciato «un accordo scritto» per entrare come «osservatore» nella «Task force for international cooperation on holocaust education», nata nel 1998 per promuovere e rafforzare i programmi educativi sulla Shoah, e alla quale il governo italiano ha aderito nel 1999.

«Tre membri della Task Force (ITF) si sono recati a Roma questa settimana per finalizzare gli accordi con la Santa Sede per l’ingresso con lo status di osservatore - si legge nel cable -. Però, i rappresentanti della ITF hanno riferito all’ambasciatore austriaco, quello britannico e americano che il progetto era completamente andato in pezzi dopo la marcia indietro del Vaticano». I membri della ITF, «hanno espresso un considerevole disappunto»: l’intesa «speciale» era stata offerta dalla stessa Santa Sede «da mons. Pietro Parolin». Ma in un incontro definito «sorprendente» del 13 ottobre «il mons. Ettore Balestrero, sostituto dopo la nomina del prelato a nunzio in Venezuela, un rappresentante degli Archivi Vaticani, mons. Chappin, e padre David Jaeger, hanno espresso «disagio» all’idea dell’adesione del Vaticano come osservatore.

Secondo i rappresentanti della ITF, scrive l’ambasciata americana, il disagio era dovuto alla «pubblicazione dei documenti degli archivi vaticani sul periodo di Pio XII» che l’associazione avrebbe cercato di anticipare. La pubblicazione che - si legge in un altro cable - Giovanni Paolo II aveva «ordinato» nel febbraio 2002 per «mettere a tacere le accuse di antisemitismo» nei confronti di Pio XII («e che potevano dare nuovo interesse alla beatificazione»), è prevista, avrebbe detto ai tre «padre Norbert Hofmann, della commissione per i rapporti religiosi con gli ebrei», entro «i prossimi 5 anni», nel 2014.
 
Web  Top
view post Posted on 22/12/2010, 17:37     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




Apple ritira l'app coi file di Wikileaks.




image
Il programmatore si era impegnato a devolvere una parte dei soldi a non meglio precisati organismi presenti sul web per la difesa della libertà di espressione.

La Apple ha ritirato dal suo App Store, il negozio virtuale della casa di Cupertino, il programmino a pagamento che permetteva di fruire dei contenuti aggiornati di Wikileaks, il sito creato da Julian Assange. Non è chiaro se la decisione del gruppo guidato da Steve Jobs, che non di rado ha ritirato in passato programmi non graditi dal suo App Store, sia un nuovo caso di censura sui contenuti (e già successo con le App erotiche per esempio) o se sia da legare al no generico della Apple a qualsiasi tipo di raccolta fondi, con l’eccezione delle organizzazioni caritatevoli.

La App Wikileaks, messa a punto da un programmatore indipendente non collegato al sito sulle fughe di notizie nè alla casa di Cupertino, costava 1,79 dollari negli Usa, 1,59 euro in Europa. Il programmatore si era impegnato a devolvere un dollaro per App venduta a non meglio precisati organismi presenti sul web per la difesa della libertà di espressione. Al New York Times una portavoce della Apple, Trudy Muller, ha spiegato che la App è stata ritirata perchè «ha violato le nostre regole-guida per gli sviluppatori». «Le App - ha aggiunto la portavoce - devono rispettare tutte le leggi locali e non possono mettere i pericolo individui o gruppi di persone».

In tutto la App Wikileaks, che sarebbe ancora disponibile invece sul negozio virtuale di Google per i dispositivi Android, è rimasta circa tre giorni sull’App Store, e secondo il Washington Post ne sarebbero state vendute un migliaio. La Apple è il sesto grande gruppo internazionale ad avere in qualche modo tolto il proprio appoggio a Wikileaks, dopo Amazon, PayPal, Visa, Mastercard e Bank of America.
 
Web  Top
view post Posted on 23/12/2010, 13:33     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




Wikileaks, ora indaga la Cia.




image
Rivincita degli 007 di Langley che non volevano condividere i loro rapporti in rete.

Tocca alla Cia il compito di verificare i danni causati dalla fuga di documenti segreti attraverso Wikileaks e per Langley si tratta di un vittoria di non poco conto nel mondo dell’intelligence Usa, perché era stata l’unica agenzia a opporsi alla decisione di condividere in un’apposita rete di Internet le informazioni classificate. Ad alzare il velo sulla rivincita della Cia nei confronti della Casa Bianca e delle altre 15 agenzie di intelligence sono le indiscrezioni affidate al Washington Post, che consentono di ricostruire quanto avvenne dopo l’ultimo blitz di Wikileaks, che era riuscito a mettere le mani su oltre 250 mila dispacci del Dipartimento di Stato.

Il presidente Obama e il nuovo direttore nazionale dell’intelligence James Clapper hanno concordato di affidare a Leon Panetta, capo della Cia, il compito di creare nel quartier generale di Lanlgey una «Wikileaks Task Force», costituita da almeno due dozzine di agenti della sezione controterrorismo. La task force ha il compito di «esaminare i documenti segreti rivelati» e il «loro impatto» al fine di valutare i «danni subiti dagli Stati Uniti». In concreto ciò significa non solo comprendere le conseguenze politiche nei rapporti con Paesi alleati o partner investiti dalle rivelazioni ma anche appurare quali singoli individui - in Paesi come la Cina, la Birmania, la Russia o le monarchie del Golfo - possano trovarsi in situazione di rischio a seguito della pubblicazione dei loro nomi come interlocutori dei diplomatici americani.

Il risultato è che gli agenti di Leon Panetta sono chiamati a rimettere ordine nelle molteplici conseguenze della fuga di documenti e ciò costituisce per Langley una sensibile vittoria perché, dall’indomani degli attacchi dell’11 settembre 2001, la Cia era stata l’unica delle 16 agenzie di intelligence a rifiutarsi di condividere le proprie informazioni top secret. I «niet» sono arrivati in due occasioni: nel 2002, quando l’Amministrazione Bush per la prima volta propose di «abbattere ogni muro nelle comunicazioni di intelligence», e nel 2008, allorché, durante la transizione fra i presidente Bush e Obama, il Pentagono attivò la rete internet segreta «Sipranet» come strumento di consultazione comune delle informazioni top secret. «Ci siamo rifiutati di far condividere agli esterni le nostre informazioni perché non le condividiamo neanche con gli interni», spiega un’anonima fonte al Washington Post.

In attesa delle prime iniziativa della «Wikileaks Task Force», come anche della possibile incriminazione di Assange da parte del Ministero della Giustizia Usa, c’è da registrare la decisione di Apple di depennare l’application di Wikileaks dall’offerta del proprio negozio online (ma sul sistema rivale Android, di Google, le applicazioni si possono ancora scaricare) seguendo l’esempio di altre aziende americane - a cominciare da Amazon . Sul fronte delle rivelazioni invece la notizia arriva da Oslo, dove il quotidiano Atfenposten sostiene di essere il primo giornale a entrare in possesso dell’intero archivio di dispacci del Dipartimento di Stato nelle mani di Wikileaks. Ole Erik Almind, capo cronista del quotidiano, si è trincerato dietro un «no comment».
 
Web  Top
view post Posted on 26/12/2010, 10:43     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




Assange, autobiografia da 1,2 milioni !




image
Nuovi cablo di Wikileaks: l'agenzia anti-droga Usa ha poteri di intelligence.

Il fondatore di Wikileaks Julian Assange ha annunciato stamani in una intervista al giornale britannico Sunday Times di aver firmato un contratto da più di un milione di sterline (1,2 milioni di euro) per la sua autobiografia. Assange ha spiegato che la somma lo aiuterà a difendersi dalla accuse di aggressione sessuale lanciate contro di lui da due donne in Svezia. «Non voglio scrivere questo libro, ma devo farlo - ha spiegato -. Ho già speso 200.000 sterline in spese legali e devo difendermi e proteggere Wikileaks». L’australiano, che è attualmente in libertà condizionata in Gran Bretagna, riceverà 8000.000 dollari (600.000 euro) dal suo editore americano Alfred A. Knopf e 325.000 sterline (380.000 euro) dal britannico Canongate. Altri contratti porteranno i suoi proventi complessivamente a 1,1 milioni di sterline.

Intanto i cablo di Wikileaks continuano ad uscire. L'ultima riguarda la Spagna. Il governo spagnolo chiese aiuto agli Usa, con l’intervento della Cia, per fermare la costruzione di una fabbrica spagnola in Libia per la produzione di acido nitrico. Lo afferma il quotidiano El Pais citando file diffusi da Wikileaks. Secondo fonti dell’azienda interessata, la Espindesa filiale del gruppo Tecnicas Reunidas, all’origine della negata autorizzazione ci furono gli attentati dell’11 settembre 2001 e con la motivazione che la fabbrica potesse essere utilizzata dai libici per produrre combustibile destinato ai missili Scud. La vicenda ebbe inizio nel 2000 quando Tecnicas Reunidas ottenne un contratto per la costruzione della fabbrica in Libia.

Tutti i componenti della struttura, come i pezzi di un enorme puzzle, erano già a bordo di una nave pronta a salpare per la Libia il 23 settembre 2001, ma gli attentati di pochi giorni prima cambiarono tutto e il timore che la tecnologia destinata alla fabbrica spagnola venisse utilizzata a scopi militari bloccò il progetto: il governo spagnolo negò la costruzione degli impianti per i successivi tre anni e i macchinari in partenza per la Libia rimasero in deposito a Valencia. Nel 2005, però, la Espindesa tornò a spingere per impiantare la fabbrica in Libia con la motivazione che il periodo di blocco imposto dal governo era scaduto e che nel frattempo la Libia era tornata ad essere considerato un paese «normale». Così, secondo i cable diffusi da Wikileaks e citati da El Pais, nel 2005 l’incaricato per il Disarmo del ministero degli Esteri spagnolo, l’ambasciatore Tomas Rodriguez-Pantoja, durante un incontro bilaterale Usa-Spagna avanzò la richiesta di aiuto per impedire all’azienda spagnola di portare avanti il progetto. Rodriguez-Pantoja affermò che se gli Stati Uniti avessero ufficialmente appoggiato la posizione di Madrid il ministero degli Esteri sarebbe stato in grado di prorogare il divieto al 2008. Il diplomatico spagnolo comunicò inoltre al suo interlocutore che avrebbe potuto far pervenire la sua risposta attraverso gli abituali contatti tra Cia e Cni (intelligence spagnola).

Rivleazioni anche per quanto riguarda il versante Usa. L’agenzia americana specializzata nella lotta al narcotraffico, DEA (Drug Enforcement Administration), ha assunto caratteristiche che vanno oltre la lotta alla droga con ruoli pari a quelli di un’organizzazione di intelligence che si avvale di una rete di intercettazioni tale da portare leader stranieri a chiederne l’intervento contro avversari politici. Lo afferma il New York Times facendo riferimento a documenti diffusi da Wikileaks. In particolare il giornale fa riferimento ad uno dei cable diffusi da Wikileaks e oggi pubblicato anche sul sito del quotidiano spagnolo El Pais, in cui si rivela che il presidente panamense Ricardo Martinelli (magnate dei supermercati e uno degli uomini più ricchi di Panama, eletto lo scorso anno) nell’agosto 2009 inviò attraverso il suo BlackBerry un messaggio urgente all’ambasciatore americano a Panama con il testo «Ho bisogno di aiuto per intercettazioni telefoniche» e con cui chiedeva l’intervento della Dea contro suoi avversari politici.
 
Web  Top
view post Posted on 8/1/2011, 13:26     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




Wikileaks, corte Usa ordina a Twitter
di fornire dati su Assange e Manning !




image
Al colosso californiano sono stati richiesti tutti i loro tweets privati dal 1° novembre 2009. E inizia la revisione delle procedure di sicurezza dell'amministrazione.

Pressing americano su Twitter per ottenere informazioni utili all’incriminazione di Julian Assange. Una Corte federale della Virginia ha ordinato al colosso di San Francisco di fornire al ministero della Giustizia Usa informazioni personali, indirizzi di posta e messaggi privati di alcune utenze collegate al profilo di Wikileaks, tra cui quella del suo fondatore australiano.

A rivelare questa ordinanza è stata Birgitta Jonsdottir, ex volontaria del sito di Assange e oggi parlamentare islandese, che ha fatto sapere di aver ricevuto una notifica da parte di Twitter. La parlamentare ha 10 giorni di tempo per ottenere una sospensiva dell’ordinanza prima che Twitter consegni le informazioni richieste. Tra queste, ha riferito la Cnn, ci sono «i nomi, gli indirizzi email e IP e i recapiti» di alcuni utenti, ex collaboratori o fonti del sito che ha provocato una bufera nella diplomazia americana con la pubblicazione di cablogrammi riservati.

Secondo la Abc News, il giudice ha chiesto al colosso di San Francisco di fornire messaggi privati e informazioni in particolare su Julian Assange e altre tre persone. Wikileaks ha spiegato di sospettare che altre aziende «web-based» americane siano state contattate da funzionari Usa per fornire informazioni.

Il ministero della Giustizia Usa ha chiesto «tutti i miei tweets (messaggi inviati su Twitter della lunghezza massima di 140 battute; ndr) e altre informazioni, dal primo novembre 2009», ha denunciato indignata la Jonsdottir in un messaggio in cui ha promesso battaglia legale, «si rendono conto che sono una parlamentare?». In un altro messaggio, ha invece invitato a sostenere Bradley Manning, il soldato americano 23enne in carcere per aver fornito a Wikileaks i dispacci riservati della diplomazia americana.

Intanto l'amministrazione degli Stati Uniti - riporta il quotidiano spagnolo El Pais - ha iniziato una revisione delle procedure di sicurezza con cui operano tutti gli organismi coinvolti nella gestione delle informazioni riservate, al fine di evitare il ripetersi degli errori che hanno permesso a WikiLeaks di entrare in possesso di migliaia di documenti riservati del Dipartimento di Stato Usa.
 
Web  Top
view post Posted on 11/1/2011, 20:02     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




Assange: se estradato rischio
pena di morte o Guantanamo !




image
''Wikileaks potrebbe non farcela''.

L’uomo che ha svelato al mondo i segreti di Guantanamo ora ha paura di finirci. Julian Assange teme insomma legge del contrappasso, incarnata in questo frangente dai falchi dell’establishment USA. Che, a scanso d’equivoci, in più occasioni hanno augurato al capo di WikiLeaks una tragica fine.

Ecco perchè, tra le varie cose, l’ex hacker australiano si sta battendo per non essere estradato in Svezia: lì il governo è «ingenuo», si fida troppo delle garanzie dei diplomatici americani - vedi il caso dell’egiziano Mohammed Alzery. Come dire. Magari la Svezia è anche in buona fede, ma finire negli Stati Uniti con un capo d’imputazione che prevede la pena di morte è un «rischio reale» che Assange non si sente di correre. E dunque lotta. Questa, in soldoni, è una delle linee perseguite dal team legale del capo di WikiLeaks per neutralizzare il mandato di arresto europeo emesso dalle autorità svedesi.

La bozza di difesa - su richiesta dello stesso Assange - è stata oggi messa a disposizione dei giornalisti e punta a chiarire alcuni punti rimasti sino ad oggi oscuri. Ed è l’unica vera notizia della giornata visto che l’udienza di questa mattina, tenutasi nell’aula due della Belmarsh Magistrates’ Court, Londra sud, è durata poco più di 10 minuti e si è concentrata sugli aspetti tecnici del processo. L’avvocato Geoff Robertson ha ad esempio chiesto la modifica dei termini della cauzione per permettere ad Assange di dormire a Londra la sera prima dell’inizio del processo vero e proprio - ovvero il 7-8 febbraio. «Per arrivare qui - ha detto Robertson - ci siamo dovuti alzare alle tre del mattino». Il giudice distrettuale Nicholas Evans ha acconsentito: Assange potrà in quei giorni pernottare al Frontline Club.

«Siamo contenti per come è andata l’udienza», ha detto Assange al termine del procedimento. «WikiLeaks - ha proseguito - continua a operare e nei prossimi giorni accelererà la pubblicazione di materiali relativi al Cablegate e ad altre vicende». L’uomo antisegreti si è dunque mostrato ottimista, benchè alla vigilia dell’udienza non abbia nascosto che le difficoltà per la sua organizzazione ci sono e sono grosse. «Non potremo sopravvivere per come vanno le cose», ha infatti confessato alla francese Europe1. «Il denaro dei donatori stenta ad arrivare, perchè tutti i nostri conti sono bloccati: valuto che perdiamo 500.000 euro alla settimana». «Ma», ha poi aggiunto, «cercheremo di controbattere». «Gli attacchi contro di noi non sono mai stati così forti eppure, al tempo stesso, il sostegno che riceviamo non è mai stato così intenso». Nel documento diffuso dai suoi legali non si punta comunque solo sul capitolo «diritti umani» o distorsioni politiche di varia natura.

Una lettera datata 20 dicembre 2010 proveniente dalla rappresentanza consolare australiana di Londra mostra ad esempio che Assange non è stato ancora incriminato ufficialmente dal PM Marianne Ny. L’aver spiccato un mandato di arresto europeo è dunque misura impropria, sostengono i suoi avvocati. Detto questo, la memo si chiude ricordando le invettive lanciate dall’ex candidato alle primarie repubblicane del 2008 Mike Huckabee (che ha chiesto la testa di Assange per il Cablegate) nonchè quelle di Sarah Palin, la quale lo vorrebbe vedere braccato «come un capo talebano o di Al Qaida». Per i suoi avvocati allora è «molto reale» il rischio che Assange finisca a Guantanamo, la base prigione aperta a Cuba nove anni fa oggi da George W Bush e che Barack Obama non riesce a chiudere.
 
Web  Top
view post Posted on 13/1/2011, 06:57     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




Da Wikileaks le accuse Usa all'Italia:
''La politica non combatte la mafia''.




image
Nei file i dubbi dell'ambasciatore americano sul ponte di Messina.

La mafia, i rapporti tra i politici e la criminalità organizzata, le infiltrazioni nel Sud Italia. Wikileaks mette on line nuovi cablo, e questa volta a finire sotto i riflettori è il lato oscuro della politica. «Anche se le associazioni imprenditoriali, i gruppi di cittadini e la Chiesa- scrive J. Patrick Truhn, console generale Usa a Napoli, in un dispaccio del giugno 2008- almeno in alcune aree, stanno dimostrando promettente impegno nella lotta alla criminalità organizzata, lo stesso non si può dire dei politici italiani, in particolare a livello nazionale».

E ancora: «Come ci ha ricordato Roberto Saviano, il tema (della lotta alla criminalità organizzata, ndr) è stato virtualmente assente dalla campagna elettorale di marzo-aprile», scrive Truhn in un dispaccio in cui suggerisce a Washington di «lavorare per fare presente al nuovo governo che la lotta al crimine organizzato è una seria priorità del governo Usa, e che i drammatici costi economici della criminalità sono un argomento convincente per una azione immediata».

«Quelli che lottano contro la mafia - evidenzia il console- hanno bisogno di essere considerati come dei modelli reali. E Saviano può ben essere su questa strada». Lo scrittore infatti «appare regolarmente sulla stampa e sui media radiotelevisivi non come un’autorità per la gente, ma - ed è più importante - come una bussola per coloro che sono disposti ad ascoltare». Poi il dispaccio riporta un incontro tra il diplomatico e lo scrittore. «Quando gli abbiamo chiesto come il governo degli Usa, al di là della cooperazione giudiziaria, potrebbe supportare al meglio la lotta al crimine organizzato, Saviano, in aprile, ha risposto: “Solo parlando della questione, le date una credibilità che il resto del mondo, italiani inclusi, non può ignorare”».

Nei file si parla anche del ponte sullo Stretto, un’opera che «servirà a poco senza massicci investimenti in strade e infrastrutture in Sicilia e Calabria» e che porterà benefici soprattutto alla criminalità organizzata, visto che in Sicilia «la maggiore sfida allo sviluppo economico rimane la mafia, che potrebbe ben essere il principale beneficiario se il ponte sullo Stretto di Messina, di cui si parla da secoli, venisse eventualmente costruito»

Truhn cita anche la Chiesa cattolica, che viene criticata per «non assumere una forte posizione pubblica contro il crimine organizzato. Uno dei pochi preti che lo ha fatto, padre Luigi Merola, è ora sotto scorta, così come il vescovo di Piazza Armerina Michele Pennisi».
 
Web  Top
view post Posted on 18/1/2011, 10:48     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




''Ecco la lista di 2000 grandi evasori''.
Wikileaks mette il naso nelle banche !




image
L'elenco sottratto dal direttore di un istituto svizzero alle isole Cayman e ceduto ad Assange: «Il sito è la mia ultima speranza».

«Wikileaks è la mia ultima speranza»: lo ha detto Rudolf Elmer, il banchiere svizzero che oggi ha consegnato al sito di Julian Assange i nomi di migliaia di potenziali grandi evasori. «Ho provato ad avvicinare autorità e media nella mia battaglia contro le banche. Non c’è stato nulla da fare. Wikileaks è la mia ultima speranza», ha detto Elmer, che dopodomani si deve presentare davanti alla magistratura elvetica per rispondere ad accuse di violazione del segreto bancario, oggi in una conferenza stampa al Frontline Club di Londra.

Alla conferenza stampa, a cui è atteso anche Assange, ha partecipato anche John Christianson dell’organizzazione Tax Justice Network secondo cui 20 mila miliardi di dollari sono nascosti offshore. «Il segreto bancario svizzero deve sparire ma gli svizzeri fanno del loro meglio per proteggerlo», ha detto Christianson. I nomi andranno alle autorità competenti. La lista precedente non ha riscosso molta attenzione. Se falliscono si vedrà, è stato detto in conferenza stampa.

Dai cablogrammi della diplomazia americana, agli evasori fiscali che hanno conti in Svizzera. Wikileaks si appresta così a pubblicare i dati di 2mila clienti di banche elvetiche, tra cui 40 politici, grazie all'ex banchiere "infedele", Rudolf Elmer. Le informazioni tuttavia non saranno messe online immediatamente: «Wikileaks valuterà i dati e se veramente ci sarà traccia di evasione fiscale, saranno diffusi», ha spiegato Elmer. Secondo quanto riferito dall’ex banchiere, tra i clienti presenti sui due hard disc ci sono multi-milionari di diverse nazionalità e hedge funds di numerosi Paesi, tra cui Svizzera, Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna.

I dati provengono da almeno tre istituzioni finanziarie e coprono il periodo tra il 1990 e il 2009. Elmer, ex direttore della Banca Julius Baer alle isole Cayman, comparirà davanti alla Corte di Zurigo mercoledì per rispondere delle accuse di violazione del segreto bancario, dopo aver tramesso già nel 2007 a Wikileaks i dati di alcuni clienti.
 
Web  Top
view post Posted on 19/1/2011, 22:29     +1   -1
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
34,025
Reputation:
+25,058
Location:
Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

Status:


Wikileaks: Elmer arrestato

Per i cd dati ad Assange lunedi' a Londra



image




(ANSA) -GINEVRA, 19 GEN - La polizia svizzera ha arrestato Rudolf Elmer in relazione a nuove accuse collegate ai cd su presunti grandi evasori fiscali consegnati lunedì a Julian Assange. Oggi l'ex dirigente della filiale alle isole Cayman dell'istituto svizzero Julius Baer, era anche stato giudicato colpevole dal tribunale di Zurigo di 'violazione del segreto bancario' e di 'minacce' a un impiegato della banca. La corte lo ha però condannato al pagamento di 7.200 franchi svizzeri (5.500 euro) con la condizionale.


 
Web  Top
view post Posted on 2/2/2011, 18:02     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




Nuovi cablo Wikileaks sul Telegraph:
''Una bomba radioattiva per Al Qaida''.




image
Il sito fondato da Assange candidato al Nobel per la pace: ''Usa sulle tracce di 3 terroristi
del Qatar coinvolti nel 9/11''.


Neanche un giorno dopo le rivelazioni di Julian Assange all’emittente americana Cbs dell’imminente «diluvio» di informazioni riservate se il sito verrà chiuso, nuovi cablo Wikileaks tornano ad occupare un posto in primo piano sui quotidiani di tutto il mondo. Secondo quanto emerso da dispacci diplomatici americani pubblicati questa mattina sul Telegraph, Al Qaida starebbe cercando di procurarsi materiale radioattivo e di reclutare scienziati per fabbricare un’artigianale «bomba sporca», il cui uso contaminerebbe per anni le zone colpite.

Sempre il giornale britannico annuncia che gli Stati Uniti sarebbero sulle tracce di tre cittadini del Qatar sospettati di aver preso parte agli attentati dell’11 settembre e finora trascurati. Nella comunicazione intercettata nel febbraio 2010 tra un responsabile americano in Qatar informa il dipartimento della Sicurezza interna a Washington si segnala la possibilità che i presunti colpevoli abbiano condotto delle operazioni di sorveglianza e di identificazione sui siti colpiti a New York e nella capitale. A rafforzare la tesi, la conferma della partenza dei tre alla volta di Londra il giorno prima degli attacchi e i sospetti del personale di un albergo di Los Angeles dove avevano risieduto, impedendo alle donne di servizio l’accesso alla loro camera. Gli inservienti avevano notato in precedenza nella stanza «diverse uniformi simili a quelle dei piloti» d’aereo, computer portatili, orari di voli, liste di nomi di piloti e di compagnie aeree, pacchi destinati a paesi arabi.

Il gruppo «ha visitato il World Trade Center, la Statua della Libertà, la Casa Bianca e numerosi luoghi in Virginia» qualche settimana prima degli attentati, precisa il dispaccio, redatto dal vicecapo della missione diplomatica americana a Doha, Mirembe Nantongo. Meshal Alhajiri, Fahad Abdulla e Ali Alfehaid avevano dei biglietti per un volo American Airlines da Los Angeles a Washington il 10 settembre 2001, sul Boeing 757 che si è schiantato sul Pentagono. Gli arabi non si erano presentati all’imbarco ed erano invece partiti lo stesso giorno da Los Angeles per Londra: l’Fbi aveva accertato in seguito che i biglietti d’aereo dei tre e il conto dell’albergo erano stati pagati da un terrorista riconosciuto. Inoltre, i presunti terroristi erano stati aiutati negli Stati Uniti da Mohamed al Mansuri, una persona sospettata dall’Fbi di essere coinvolta negli attentati dell’11 settembre, ma mai formalmente indagata.

È anche di oggi la notizia che Wikileaks figura tra le istituzioni nominate per il Premio Nobel per la pace 2011 per il suo ruolo svolto a favore della libertà di espressione, come citato dal parlamentare norvegese Snorre Valen che ha indicato il sito e l’organizzazione per il prestigioso riconoscimento. «Wilikeaks ha fornito uno dei maggiori contributi alla libertà di espressione ed alla trasparenza in questo secolo», ha dichiarato all’agenzia di stampa NTB, citando ad esempio il ruolo avuto dal sito nel dare notizie sulla corruzione ai vertici del potere in Tunisia. L’esponente del Partito socialista che fa parte della coalizione di governo rosso verde in Norvegia ha anche sottolineato l’importanza della pubblicazione da parte di Wikileaks di documenti che denunciano atti di corruzione da parte di governi e corporazioni.
 
Web  Top
view post Posted on 7/2/2011, 20:55     +1   -1
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
34,025
Reputation:
+25,058
Location:
Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

Status:


Intervista ad ASSANGE:
"CABLE SU ITALIA E PREMIER"



image

BUNGAY - Davanti al camino con Julian Assange per due ore. Una lunga chiacchierata nella casa di campagna del suo amico giornalista Vaughan Smith. A Ellingham, Bungay, 230 km a est di Londra, nella campagna inglese, è agli arresti domiciliari in vista del processo che domani deciderà sulla richiesta di estradizione da parte della Svezia sulla base di un’accusa per stupro. È la prima volta che incontra giornalisti italiani, con noi Francesco Piccinini di Agoravox (qui l'intervista). Assange ci perquisisce personalmente. Poi accende il fuoco e si siede in poltrona. Indossa un completo blu e una camicia bianca. Scapigliato e pallido come sempre. Magrissimo.

Da quale parte dell'Australia viene?

«Da molti posti. I miei genitori lavoravano nel teatro, quindi ho vissuto ovunque, come un nomade, da Darwin fino a Merlbourne».

Preoccupato per il processo?

«No. Qualsiasi sarà la sentenza, faremo appello sia noi sia l'accusa. Quindi ricomincerà tutto daccapo».

La lasceranno stare qua?

«Dipende. Se perdiamo resterò in Inghilterra. Ma in prigione».

Meglio Ellingham Hall...

«In realtà penso che al massimo andrò in carcere per qualche giorno, poi mi daranno gli arresti domiciliari. Del resto, non sono mica pericoloso».

Come ti trovi qui a Beccles?

«Un posto molto tranquillo. Sono persone molto accoglienti, anche se sono responsabile dell’aumento della "criminalità" in questo luogo».

Wikileaks andrà avanti anche senza Assange?

«Il problema è economico. Ci sono state bloccate le donazioni, avremmo potuto usare questa popolarità per finanziarci e migliorarci. Ci hanno bloccato i conti».

Una banca può arrivare fino a questo?

«Sì, sono molto potenti. Tracciano tutte le operazioni delle persone. Visa, Bankamericard, registrano tutto ciò che facciamo ed è la ragione per la quale in Russia hanno la loro carta di credito interna nazionale. Non vogliono che gli Stati Uniti, attraverso i database delle carte di credito, possano monitorare i cittadini. Le banche inoltre monitorano chi fa commercio con chi».

I prossimi cable che pubblicherete riguarderanno l'universo bancario?

«Sì, ma non posso dire di più, potrei essere denunciato per insider trading».

Berlusconi?

«Non mi piace, ma agli italiani sì. Il problema Berlusconi non è tanto il suo potere politico ed economico, ma come l'ha usato per fare i propri interessi, corrompendo il sistema».

Cosa pensa del sistema dell'informazione italiana?

«Da voi i grandi giornali non parlano delle storie di corruzione, soprattutto se riguardano le grandi compagnie. Nei cables sono uscite e usciranno molte cose che non useranno. Anche di interazioni delle grandi compagnie pubbliche con alcuni paesi stranieri. I giornali italiani si occupano solo di persone che sono già in carcere o sotto processo, ma non si occuperebbero mai di persone che non sono mai state indagate, anche se citate nei cable».

Secondo il ministro degli Esteri italiano lei è un terrorista che vorrebbe distruggere il mondo.

«Il vostro ministro degli esteri? E come si chiama?».

Franco Frattini.

«Mai sentito, non lo conosco».

Ci sono altri cable interessanti, per esempio sul rapporto tra Italia e Russia?

«Ci sono riguardo i rapporti tra le compagnie petrolifere e gli Stati. Per esempio la British Petrolium fa affari con l'Iran. Questa è la grande ipocrisia: gli Stati si lamentano dell'Iran e poi ci fanno affari».

Avete chiesto finanziamenti a enti o fondazioni?

"Sì, abbiamo bussato a varie porte. Ma le fondazioni non vogliono finanziare progetti che possono portare problemi. E questo è l’antitesi di quello che dovrebbe essere il lavoro di una fondazione».

Oltre le fondazioni, quali sono secondo lei gli altri problemi che crea questo sistema di tipo lobbistico?

«I finanziamenti alla ricerca scientifica. Prendiamo l’esempio della malaria. Ogni giorno ci sono circa 15mila morti. Ogni giorno. Questo si potrebbe risolvere perché esiste una possibilità di modificare geneticamente la zanzara portatrice della malaria in modo che non trasporti il virus».

Perché non si fa nulla?

«Dicono che il rischio è troppo alto, che ci possano essere delle modificazioni genetiche. Ma io credo che si possa fare almeno un periodo di test, si potrebbero salvare 15mila persone al giorno, la maggior parte bambini. E poi perché non sono vite importanti: a chi cerca di salvarle non viene dato sostegno».

Perché ha iniziato il progetto Wikileaks?

«La mia storia viene da lontano. Non è che un giorno mi sono svegliato e ho fatto Wikileaks. Avevo iniziato in Australia una pubblicazione online contro Scientology. Ho scritto vari programmi di elaborazione di immagini, e ho iniziato a interessarmi alla matematica e alla fisica meccanica: per capire le tecnologie bisogna essere capaci di guardare in molte direzioni».

Quindi è stato anche hacker.

«Per un periodo, in Australia, con uno pseudonimo che neanche ricordo più».

Poi ha deciso di dedicarsi alla diffusione delle informazioni.

«Ho iniziato perché troppo spesso i giornalisti hanno rinunciato al loro ruolo di guidare il dibattito pubblico, sollevare delle tematiche, diventando semplicemente delle persone che lo seguono, piuttosto che guidarlo».

È vero che teme Israele?

«Sì, mi sembra ovvio perché».

Non è ovvio.

«All'inizio non avevamo tanti file su Israele (presupponendo che altri file siano arrivati dopo l'inizio della pubblicazione dei cable, ndr) e avevamo paura di attacchi che venivano dall'Est Coast degli Usa (il grande bacino del Giudaismo americano, ndr). Se fossimo partiti subito con cable su Paesi più caldi sarebbe stato più facile affondarci. Quello che temevamo di più è che durante il primo periodo potesse accadere qualcosa di brutto a qualcuno di noi o alle nostre fonti. Fortunatamente non è successo. Anche se abbiamo ancora questo timore».

La spaventano di più gli Stati Uniti o Israele?

«È la combinazione di questi due a spaventarci. Anche perché c'è stata una convergenza dei loro interessi sulla guerra in Iraq, sulla vendita di armi, e Bush ha supportato le posizioni di Israele assieme a tutti i suoi amici petrolieri, facendo guadagnare loro più soldi».

Poi perché ha deciso di dedicarsi alla diffusione delle informazioni?

«Ho iniziato anche perché troppo spesso i giornalisti hanno rinunciato al loro ruolo di guidare il dibattito pubblico, sollevare delle tematiche, diventando semplicemente delle persone che lo seguono, piuttosto che guidarlo. Quello che abbiamo fatto noi e di Wikileaks invece è probabilmente una cosa che nessun altro avrebbe mai fatto. I giornalisti non capiscono il potere che poche persone hanno, il poter guidare un dibattito».

image

Insomma ce l'ha con i giornalisti.

«Non tutti, ce ne sono molti in gamba, ma raramente occupano posti di comando. Altri sono proprio disgustosi. Prendi per esempio di Bill Keller del New York Times. Ha scritto un articolo su di me dicendo che quando mi ha incontrato avevo la maglietta sporca, le scarpe da ginnastica, che ero una persona trasandata, che puzzavo. Era il momento in cui ero ricercato, scappavo da un posto all’altro, non dormivo da giorni. Ha raccontato solo questo te di tutto quello che gli ho raccontato. Stessa ha fatto Eric Smith, sempre del New York Times. Tutto questo è indegno, hanno voluto solo screditarmi.

Perché giornalisti del più grande giornale del mondo dovrebbero comportarsi così?

«Lo fanno per giustificarsi agli occhi di Washinghton, quasi per riparare al fatto che il New York Times ha collaborato con Wikileaks. E' come se volessero dire alla Casa Bianca: non ci stiamo esponendo contro di voi, ma stiamo lavorando per voi».

Ma allora perché lei si è rivolto a loro?

«Avevamo bisogno di un giornale americano perché le nostre fonti (usa il plurale, ndr) erano americane, per un aspetto legale. Avendo un giornale americano, avremmo potuto tutelarle. Nel caso fossero state incriminate, avrebbero avuto un editore che le tutelasse in tribunale».

Quindi avete proposto a loro i cable per primi?

«Sì. All'inizio hanno accettato ma poi incredibilmente hanno detto no. Hanno detto: pubblicate voi prima. Come diavolo è possibile, il New York Times rinuncia alla più grossa serie di scoop per farli pubblicare a un piccolo sito Internet? E' successo qualcosa di paradossale che ha capovolto i loro istinti di concorrenza, perché avevano talmente tanta paura del governo Usa che se noi non avessimo pubblicato, loro non avrebbero mai dato alle stampe nulla».

Come fa a dire una cosa del genere?

«Abbiamo saputo che appena abbiamo consegnato loro l'intero archivio dei cable, hanno incontrato la Cia e l'Nsa e hanno detto loro: questo è quanto ci hanno dato».

Qual è la storia più scioccante pubblicata da Wikileaks secono lei?

«Quella sull'Unità militare 373, che operava in Afghanistan, dove ha ucciso circa 2mila persone messe su una lista. Un'unità talmente potente che addirittura quando il fratello di Karzai è uscito dal seminato (fa riferimento al cable che parla di un coinvolgimento del fratello di Karzai in traffici di droga ndr), il generale Usa ha detto: Sbaglia ancora e ti metto sulla lista. Il governo afghano si è lamentato di questa cosa perché anche se sei uno spacciatore, anche se aiuti i talebani, certamente non possono esistere operazioni, come quella dell'Unit 373, che vanno al di fuori della legge. Quando abbiamo raccontato questa storia a Keller e Smith non hanno voluto pubblicarla. L'informazione non fa il proprio dovere».

In che rapporto siete col Guardian?

«Problematico. Quando tu dai le informazioni al Guardian, a chi le stai dando? Alla redazione o alla The Guardian Corporation, che è collegata a tutta una serie di interessi economici? E qui non voglio dire che tutti quelli che lavorano là siano cattive persone o cattivi giornalisti, ci sono anche buone persone, allora d'ora in poi preferiamo parlare direttamente con queste buone persone».

Perché avete deciso di dare le informazioni a cinque giornali (Nyt, Der Spiegel, Le Monde, The Guardian, El Pais)?

«Perché se un giornale non la dà, come successo, ce ne può essere un altro che ne fa una storia di copertina».

Siete soddisfatti di questa sinergia con i giornali che avete scelto come partner?

«Assolutamente no. Cambieremo strategia. Prima non potevamo fare uno sforzo a livello redazionale, ora invece sì. Abbiamo un network di persone che ci sostiene. Anche perché se i bravi giornalisti diventaranno più importanti diventeranno un argine a quelli che fanno male il proprio lavoro. Siamo stati obbligati a chiamare in causa i giornali perché dovevamo fare le cose in maniera molto più veloce di quanto avremmo voluto».

Perchè?

«Avevamo scelto The Guardian come unico partner, ma hanno rotto gli accordi. Gli abbiamo dato tutti i file, gli unici a cui abbiamo dato l'archivio completo, non potevano pubblicarli, né metterli su un pc collegato a Internet. Potevano solo leggerli. E loro hanno rotto ogni singolo punto di questo contratto. Volevano pubblicarli, li hanno messi anche su un pc collegato al Web: chi lo sa se ora per esempio la Cina non abbia trafugato tutti i 250mila cable?».

Poi cosa è successo?

«Siamo andati dagli avvocati per cercare di avere un mese di tempo in più per evitare la pubblicazione, perché saremmo stati sotto attacco nel momento in cui sarebbero stati pubblicati. E l'abbiamo ottenuto. Abbiamo poi scelto di non pubblicare nulla su Israele la prima settimana, perché questo ci avrebbe creato grossi problemi».

image

Qual è il rapporto che hai con gli altri media inglesi?

«Non dei migliori. La Bbc è uno dei più grandi nostri oppositori, accusandoci anche di collaborare con gli antisemiti come Israel Shamir (un giornalista scrittore che ha rinnegato il giudaismo israeliano, diventando pro palestinese, ndr). La Bbc è andata da ogni singola persona che ce l’aveva con noi per intervistarla».

Perché la Bbc ce l’avrebbe con voi?

«Vogliono metterci in cattiva luce davanti all’opinione pubblica proprio in questi giorni in cui ci sarà il processo. Siamo venuti a conoscenza che la moglie del produttore di uno dei programmi che più ci attacca, Panorama di John Sweeney, è uno degli elementi di maggior spicco del movimento sionista a Londra».

Cosa pensa degli attacchi hacker che si sono scatenati in vostra difesa? Secondo alcuni stiamo per vivere la Terza Guerra Mondiale online?

«Lo spero».

Come lo spera: è impazzito?

«Al contrario. Intendo dire: auspico una rivoluzione non violenta, senza vittime. Il supporto che abbiamo avuto mi ha colpito. E stiamo diventando sempre più forti. Per esempio, nei giorni più caldi della rivolta in Egitto, siamo riusciti a tenere collegato il 6% della popolazione attraverso un satellite di una grande multinazionale, a loro insaputa ovviamente».

A proposito di Egitto: che idea si è fatto di quello che sta accadendo?

«Soltanto recentemente Mubarak è stato definito un dittatore e ancora oggi Blair se ne è uscito dicendo: è un grande uomo. Servono commenti?».

Volete fomentare la rivolta nei Paesi del Nord Africa?

«Quello che stiamo cercando di fare è un approccio macroregionale, per cui se anche al posto di Mubarak verrà messo un pupazzo dall’Occidente, questo dovrà necessariamente migliorare le condizioni di vita della popolazione per governare e questo spingerà ad esempio la Tunisia a chiedere di migliorare anche le proprie condizioni di vita. Questo in una spirale positiva».

E’ convinto che sia davvero spirale positiva?

«I regimi si supportano l’un l’altro, così anche i dimostranti si supportano l’un l’altro. Io non so come finirà la vicenda di Ben Ali in Tunisia, ma lo stesso problema si presenterà alla sostituzione di Gheddafi. Chi arriverà dopo di lui dovrà ricostruire il Paese. Ma se arriviamo a coinvolgere una macro regione intera, certamente non si potrà andare indietro».

Lei vuole scatenare la rivoluzione.

«Noi vogliamo che migliorino le condizioni di vita delle persone. Il problema del Nord Africa è un problema tutto israeliano, anzi è un problema che riguarda Gaza».

Allora è vero, lei ce l’ha con Israele.

«No, semplicemente se un domani sarà qualcun’altro a governare in Egitto, potrà aprire il confine con Gaza. Questo potrebbe rappresentare un pericolo per Israele perché da quel varco potrebbe passare di tutto e questo è qualcosa che Israele non vuole assolutamente. Inoltre se viene aperta una frontiera, Gaza diventa un vero Stato e un vero Stato, ha armi e un esercito per difendersi e Israele non vuole neanche questo».

L’Occidente chi sostiene?

«Preferiscono Suleiman».

Per quale motivo?

«El Baradei è una brava persona e ha lavorato con l’Ovest, ha studiato e lavorato nelle istituzioni occidentali. Certamente può essere d’aiuto, ma non quanto Suleiman».


image

La accusano dicendo che il vostro lavoro mette a rischio le persone, che cosa risponde?

«Il rischio che qualcuno possa perdere la vita in relazione alla pubblicazione di questi file c’è. Un giorno non saremo gli unici proprietari di questi dati, ma fino a quel giorno dobbiamo essere cauti nella diffusione di quanto in nostro possesso».

Come decidete i tempi delle pubblicazioni dei cable?

«Dobbiamo prima tutelarci da problemi politici, ogni volta potremmo essere incolpati della morte di qualcuno e quindi questa cosa sarebbe stata usata in maniera molto aggressiva contro di noi dicendo che abbiamo messo le nostre fonti o le persone citate nei cable in pericolo. Dobbiamo essere molto cauti, per questo abbiamo rallentato la pubblicazione di cable».

Per i regimi chi è il vero nemico: Julian Assange, Wikileaks, i nuovi cable?

«Per gli Stati Uniti sono io il vero nemico».

Ha paura?

«Molta, moltissima. Io sono a rischio, perché se non verrò punito diventerò un simbolo per tutte le persone che hanno detto no al regime degli Stati Uniti».

Il sospetto è che ci sia qualcuno dietro di lei, dietro Wikileaks: perché fate tutto questo?

«Si vive una sola volta, e se stai lì a guardare la televisione la tua vita scivola via. Quindi è meglio muoversi».

Si sente minacciato dagli Usa?

«Certamente, io sono a rischio, perché se non verrò punito io diventerò un simbolo per tutte le persone che hanno detto no al regime degli Stati Uniti. E allora tantissime persone potranno dire no, e non solo per le persone che vivono fuori dagli Stati Uniti, ma anche chi vive dentro gli Usa, che magari fanno parte dell’apparato governativo o militare. Mentre se verrò punito la cosa sarà: guarda Julian Assange è stato punito, se lui non ce l’ha fatta, perchè dovrei farcela io?».

Come resiste a tutta questa pressione?

«Non è così difficile, non sto dicendo che sia facile, ma penso che sarebbe stato molto peggio se tutto fosse accaduto di colpo invece è una cosa che è cresciuta gradualmente. Ho imparato a resistere a questo tipo di pressioni. Ad esempio, la prima cosa che pubblicammo su Scientology c’è costata 4 anni e circa 100 cause, con un esercito di 22 avvocati».

La cosa che più spesso le rimproverano?

«Quella di lavorare contro qualcuno. Invece noi non siamo contro nessuno. Se ci arriva qualcosa contro i talebani, pubblichiamo contro i talebani, se arriva qualcosa contro gli americani pubblichiamo contro gli americani. L’unica cosa di cui ci preoccupiamo è l’autorevolezza della fonte. In questo caso, trattandosi di documenti ufficiali, l’autorevolezza è garantita».

Assange gentilmente si congeda, ma prima mostra un quadro, poggiato sopra il camino. Raffigura una mongolfiera a forma di volto che gli assomiglia, c’è una dedica: "Noi, la gente di Ellingam, siamo con te". Seguono quattro firme.
di Giorgio Scura, inviato ad Ellingham Fonte
 
Web  Top
view post Posted on 10/2/2011, 18:43     +1   -1
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
34,025
Reputation:
+25,058
Location:
Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

Status:


"Assange? Un donnaiolo megalomane
Wikileaks ormai non fa più paura"


Daniel Domscheit-Berg racconta i retroscena dell'addio all'hacker:
" Pensa ai soldi e non ai contenuti il sito non è morto ma bloccato"



image

BERLINO - Wikileaks «non è morta», ma è come paralizzata: al momento il sito di Julian Assange «non è in grado di funzionare», visto che non ha neanche un server sicuro per la posta elettronica ed è costretto a usare gmail. A rivelarlo è stato l'ex portavoce del progetto, Daniel Domscheit-Berg, che stamattina a Berlino ha presentato durante un'affollata conferenza stampa il suo libro “Inside Wikileaks”, che uscirà domani in Germania (in Italia sarà pubblicato il 16 febbraio da Marsilio).

Domscheit-Berg ha lasciato l'organizzazione lo scorso settembre, in aperta polemica con Assange, e ha deciso di portarsi dietro circa 300.000 documenti non ancora pubblicati. Con lui se n'è andato anche il programmatore del software usato dal sito. «Non ho accesso neanche io ai documenti e non so cosa ci sia dentro. Non voglio tenerli per me, solo che lasciarli a Wikileaks sarebbe stato irresponsabile», perché la loro sicurezza era a rischio, ha spiegato. È per questo che ora Wikileaks accusa Domscheit-Berg di sabotaggio. Assange gli ha già fatto recapitare tramite un avvocato una lettera in cui lo invita a restituire i documenti “rubati”. “Ovviamente i materiali sono al sicuro presso Wikileaks. Wikileaks è in grado di funzionare”, si legge nella lettera. «Julian è diventato quello che un tempo disprezzava», ha ribattuto stamattina Domscheit-Berg: un tempo volevamo un mondo senza capi e gerarchie, oggi sguinzaglia i suoi avvocati contro chi osa criticarlo.

Si conclude così, tra minacce legali e colpi sotto la cintura, quella che era un tempo un'amicizia molto stretta. “Io e Julian eravamo migliori amici, o qualcosa del genere”, scrive Domscheit-Berg, che fino alla sua uscita da Wikileaks si faceva chiamare “Daniel Schmitt”. Oggi, invece, “a volte lo odio così tanto che ho paura che potrei ricorrere alla violenza fisica se dovessi incrociarlo di nuovo. Poi però penso che potrebbe aver bisogno di aiuto”. Non ho mai conosciuto una personalità così estrema, “così energica, geniale, paranoica, assetata di potere e megalomane”, continua. Julian è una persona paranoica, che “ha un rapporto molto disinvolto con la verità”.

Il libro ripercorre la storia di Wikileaks, infarcendola con particolari della vita quotidiana che alzano il velo sulla personalità di Assange, dalla sua tendenza a trasformare i pasti in una gara di velocità (“se c'erano quattro fette di Leberkäse lui ne mangiava tre e a me ne lasciava una se ero troppo lento”) alle “torture” che riservava al gatto di Domscheit-Berg (“da quando Julian ha abitato con me a Wiesbaden soffre di psicosi”). E non manca un accenno al delicato capitolo del rapporto di Assange con le donne: “gli piacciono, non c'è dubbio”, ma la sua passione per le donne “non è così goffa come viene presentata dai media. Julian ha l'occhio per i dettagli, per i polsi, ad esempio, le spalle, la nuca. Non dice mai: 'che belle tette', o qualcosa di simile, veramente, non lo fa mai. Dice piuttosto: 'Quella ragazza ha begli zigomi'”. Il criterio che rende una donna desiderabile ai suoi occhi era “molto semplice: 22 anni. Doveva essere giovane. Non doveva metterlo in discussione ed essere cosciente del suo ruolo di donna”.

All'inizio, rivela il libro, il sito oggi più temuto del mondo non erano altro che “due persone che lavoravano a tempo pieno e un server”. Assange e Domscheit-Berg, infatti, usavano più nickname, facendo così credere che la cerchia dei collaboratori fosse molto più grande. Oggi, invece, “mi chiedo se Wikileaks non si sia trasformata in un culto religioso, o quanto meno in un sistema in cui le critiche dall'interno non sono più possibili. Quello che andava storto doveva avere delle ragioni esterne, il guru era intoccabile e non poteva essere messo in discussione”, scrive Domscheit-Berg, che ha appena lanciato il suo progetto alternativo OpenLeaks. Negli ultimi mesi, ha raccontato oggi in conferenza stampa, il lavoro sui contenuti è stato trascurato e il sito si è preoccupato piuttosto di raccogliere donazioni. Persino le rivelazioni su Bank of America annunciate da Assange sono “poco spettacolari”. Nel frattempo la rete tedesca si domanda se sia stato corretto pubblicare nel libro passaggi ripresi direttamente da chat riservate tra Domscheit-Berg e lo stesso Assange.
ALESSANDRO ALVIANI

 
Web  Top
view post Posted on 18/2/2011, 13:06     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




''Berlusconi danneggia l'Italia''.




image
Su Wikileaks i documenti Usa: ''Il premier ci è utile va aiutato''. L'ambasciatore Spogli lo accusa: antepone suoi interessi allo Stato.

La Repubblica e l'Espresso iniziano oggi la pubblicazione di almeno 4000 cable di Wikileas sull'Italia. Nei primi, su Repubblica, si legge un consiglio della diplomazia americana al presidente Obama in vista del G8 dell'Aquila: «Berlusconi danneggia l'italia ma ci è utile e va aiutato: Obama deve salvarlo al G8 dell'Aquila».

L'Espresso apre con una foto di Berlusconi e sullo sfondo, in grand, la bandiera americana. Il titolo è «Quel premier è un clown» e si legge: «Ecco come gli Usa vedono Berlusconi... Dai dispacci emerge un leader che ha sfruttato le istituzioni e danneggiato il paese ma la cui debolezza permette agli americani di ottenere tutto...». Tra i vari documenti citati, anche un testo dell'ex ambasciatore Spogli sul tema del «declino». «Il lento ma costante declino economico dell'Italia compromette la sua capacità di svolgere un ruolo nell'arena internazionale. La sua leadership manca di una visione strategica. Le sue istituzioni non sono ancora sviluppate come dovrebbero essere in un moderno paese europeo....».

Nel suo rapporto di fine mandato come ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli fa un ritratto del premier Berlusconi. Scrivendo alla segreteria di Stato Spogli rifefendosi al premier racconta che «le sue continue gaffe e la sua povertà di linguaggio hanno più di una volta offeso gran parte del popolo italiano e molti leader europei». Inoltre in Berlusconi, dice Spogli, c'è una «chiara volontà di anteporre i propri interessi personali a quelli dello stato». In sostanza - conclude il diplomatico - «il suo privilegiare le soluzioni a breve termine a discapito di investimenti lungimiranti, il suo frequente utilizzo delle istituzioni e delle risorse pubbliche per ottenere benefici elettorali sui suoi avversari politici hanno danneggiato l`immagine dell'Italia in Europa, creato un tono disgraziatamente comico alla reputazione dell'Italia in molti settori del governo statunitense».
 
Web  Top
view post Posted on 24/2/2011, 12:53     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




I giudici: sì all'estradizione
di Julian Assange in Svezia !




image
Il tribunale di Londra ha deciso ma i suoi legali presentano ricorso: la decisione finale potrebbe slittare di mesi.

Julian Assange dovrà tornare in Svezia. Questa, almeno, è la decsione del tribunale londinese di Belmarsh che ha accolto la richiesta presentata dalla magistratura svedese, pronunciandosi oggi sull'estradizione di Julian Assange in Svezia. Qui il fondatore del sito di WikiLeaks è accusato di stupro e abusi sessuali. La decisione del giudice non è decisiva, perchè Assange presenterà ricorso, tanto che il procedimento potrebbe andare avanti ancora per mesi.

Il fondatore di Wikileaks ha 7 giorni di tempo per ricorrere in appello, senza il quale sarebbe estradato entro dieci giorni. I legali dell'australiano 39enne - che ha respinto ogni addebito - si oppongono all'estradizione sottolineando il rischio che il loro assistito venga poi trasferito negli Stati Uniti, dove, secondo loro, potrebbe essere rinchiuso nel carcere di Guantanamo o addirittura condannato a morte.

Anche la giustizia federale americana ha infatti aperto un'inchiesta contro il fondatore di WikiLeaks dopo la diffusione di documenti riservati sulle guerre in Iraq e in Afghanistan e di migliaia di cablogrammi diplomatici statunitensi; al momento non è però stato presentato alcun atto di accusa formale nei confronti di Assange, nè alcuna richiesta di estradizione.

Secondo gli esperti legali tuttavia un'incriminazione di Assange da parte della giustizia statunitense è pressoché impossibile: la legge non permette di considerare WikiLeaks come un'organizzazione terroristica e il 39enne svedese, in quanto giornalista che ha agito nella sua veste professionale di ricerca delle notizie, è protetto dal Primo Emendamento della Costituzione.
 
Web  Top
view post Posted on 13/3/2011, 12:50     +1   -1
Avatar

Group:
Moka
Posts:
47,191
Reputation:
+18,073

Status:




Assange, il complotto delle donne !




image
La poliziotta che interrogò la donna ''violentata'' èsospettata di esserne l'amante.

La vicenda di Wikileaks e del suo fondatore, Julian Assange, si arricchisce di un capitolo bizzarro, che potrebbe rivelarsi la soluzione al giallo delle accuse di violenza e molestie sessuali formulate contro di lui in Svezia. Dallo studio degli atti depositati in tribunale è emerso infatti che l’ispettrice di polizia che condusse il primo interrogatorio con una delle due donne che accusano Assange - Miss A - sarebbe una sua amica «particolare» e la denuncia fu praticamente formulata insieme. Scambi personali di saluti su Facebook dimostrano i rapporti tra l’ispettrice di polizia e la donna, una creola originaria di Cuba che si dice abbia anche operato nell'isola come agente segreto della Cia.

Inizialmente, secondo la stampa svedese, le due donne non intendevano denunciare Assange. Si erano rivolte alla polizia solo per sapere se c’era modo di costringerlo a sottoporsi al test dell’Hiv, dopo che aveva avuto con loro rapporti non protetti. Sarebbe stata la poliziotta a spiegare loro che per la legge svedese il rifiuto di usare il preservativo si configura come stupro e a trasmettere il caso alla procura. L’agente mostra chiari pregiudizi contro Assange: un paio di settimane fa tifò per l’avvocato delle due donne, scrivendo fra l’altro sulla sua pagina Facebook che era ora di «sgonfiare quel pallone gonfiato» ed esageratamente osannato di Julian Assange.

Il fondatore di Wikileaks e i suoi avvocati hanno ripetutamente accusato il sistema giudiziario svedese di parzialità, asserendo che è stata eliminata ogni possibilità di condurre un processo equanime. Il pubblico ministero avrebbe commesso errori di sostanza e di forma per portare a termine un complotto di chiara ispirazione politica in una nazione che viene definita «l’Arabia Saudita del femminismo». L’ispettrice di polizia e la donna erano entrate in contatto nell’aprile 2009, in occasione di un congresso socialdemocratico, ossia ben 16 mesi prima che venisse sporta denuncia contro Assange.

La stretta amicizia tra le due donne emerge anche dal contenuto dei testi scambiati sui rispettivi blog. Traspare sempre più la trama politico-femminista che sarebbe alla base delle accuse ad Assange. Si apprende, ad esempio, che a invitare l’australiano in Svezia era stata una delle due donne che poi lo avrebbero accusato di violenza. In un estratto del suo blog l’ispettrice di polizia riporta una dichiarazione dell’amica secondo la quale «sono gli uomini bianchi come Assange ad arrogarsi il diritto di decidere che cosa è o non è offensivo per le donne». E l’amica le risponde nel proprio blog: «Ciao! Grazie della nota. Come ripeto, è ignobile che uomini bianchi difendano sempre il loro diritto a usare parole offensive... Poi negano che proprio quelle parole facciano parte del sistema che mantiene il loro gruppo ai vertici delle strutture sociali».

Dunque, sebbene le due donne si frequentassero già da 16 mesi, l’ispettrice decise di condurre lei l’interrogatorio dell’amica omettendo, come sarebbe d’obbligo secondo la legge svedese, di dichiarare l’esistenza di un rapporto privato che ne viziava la validità. Resta adesso da vedere se questi elementi produrranno una ricusazione da parte della difesa del mandato di cattura internazionle emesso dal giudice svedese Maria Haeljebo Rosander sulla base dell’interrogatorio ora messo in discussione.
 
Web  Top
74 replies since 28/11/2010, 17:17   889 views
  Share