EMA SAIKŌ - LA POETESSA CHE DIPINGEVA IL BAMBÙ, Una donna artista che sbalordì il Giappone

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view post Posted on 14/9/2023, 21:08     +14   +1   -1
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Ho quasi cinquant’anni e riconosco gli errori del passato;
le mie ambizioni sono state censurate e contorte.
Le gru volano in alto, le anatre in basso: non è l’uomo
a determinare le loro abitudini. I pesci saltano, i falchi
si librano tra le vette: tutto segue il corso della natura.
I miei desideri sono svaniti come la neve in primavera
i vecchi amici sono scomparsi come le stelle all’alba.
Le pozioni per vivere a lungo sono inutili; amo soltanto
dipingere i bambù: il loro verde si riflette sulla mia veste.

(Autoritratto, Ema Saikō)



EMA SAIKŌ
LA DONNA ARTISTA CHE HA SBALORDITO IL GIAPPONE




Eccelleva nell’arte di dipingere il bambù. Non è un caso, ma probabilità di simbolo.


Levigatezza, capacità di flettersi senza spezzarsi, materia che sa essere durevole e può ferire. Identità che si smuove, senza sradicarsi. Secondo la vulgata americana – Breeze through bamboo, Columbia University Press, 1997 – Ema Saikō è la donna-artista che nel gretto Ottocento giapponese ha vinto i cliché dell’epoca, si è smarcata dal ruolo a cui altrimenti era costretta una femmina: sposarsi e metter su prole; ritirarsi in monastero; preferire il postribolo. Tra geisha, vergine o angelo del focolare, Ema Saikō riuscì nella disciplina artistica, approfondita con indipendenza d’intenti. Nata nella prefettura di Gifu nel 1787, eccelleva nel bunjinga, la pittura calligrafica, consustanziale alla poesia. Quando il Commodoro Perry sbarcò in Giappone nel 1853 persuadendo con le armi il governo ad aprirsi all’Occidente, Ema Saikō, come i suoi amici artisti, pensò il peggio, che le tradizioni nipponiche sarebbero state corrotte, che il suo paese avrebbe subito il giogo della barbarica tecnica statunitense.



Ema Saikō (all'età di cinque anni)
Bambù e passeri
1792
28 x 39 cm
Inchiostro su carta
Ema Shōjirō Collection


Figlia di uno studioso, orfana di madre a tre anni, Ema Saikō fu educata in modo singolare, incoraggiata a far risplendere il proprio estro. Gli esercizi compiuti da bambina sono già delle rarità: a quel tempo origina il genio nel dipingere il bambù, lavoro di estrema sintesi, saturazione della luce nel suo riflesso, l’ombra. Il bambù: nient’altro che una candela che esiste per istruirci sul valore dell’oscurità, per prepararci al buio. È vero: Ema Saikō rifiutò i matrimoni con cui il padre voleva coronare la sua vita; l’amore per il suo maestro di poesia, Rai San’yō, non trovò la via coniugale. Di lato, la malinconia la mordeva. Ad ogni modo, la solitudine e l’assenza di una casa convenzionale consentirono alla donna di perfezionare la propria arte, che toccò vette di eccellenza, testimoniate da oltre millecinquecento poemi, di diversa ispirazione, secondo l’antico modello del kanshi, la poesia cinese classica. La figura, comunque eccentrica, imparagonabile, di Ema Saikō sfolgora in un mondo letterario matrilineare, che si sviluppa intorno al “Genji monogatari” di Murasaki Shikibu e alle "Note del guanciale" di Sei Shōnagon. Ema Saikō, per così dire, ha ribaltato la corte in atelier, i vezzi lirici in periglio di luci. Non servì sollecitare la fama: fu una delle personalità del suo tempo. Devota all’arte, costituì una specie di tiaso: diverse pittrici si radunarono intorno al fuoco del suo carisma; di loro, pubblicò un volume di calligrafie. Un’emorragia cerebrale non le impedì di continuare a dipingere: morì nel 1861, a settantacinque anni, dopo aver ottenuto l’ammirazione e la protezione delle più importanti famiglie aristocratiche dell’epoca. Con delicata fierezza le sue poesie, spesso miniature di istanti, il miracolo del tempo cristallizzato, sono segugi del fato: un assembramento di cani si nasconde dietro la forma di tutte le cose, destinate a morire.

La bellezza ha la folgore di una chiamata,
di una corsa a sfinire il fiato in libellula,
fa della falena un diamante...






Ema Saikō
(All'età di sessantacinque anni)
Bambù e rocce
1852
Inchiostro su seta
132 x 58 cm
Ema Shōjirō Collection




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Primavera

Il suono del koto slega la malinconia:
dalla finestra, il cinguettio di un usignolo.
La pioggia è fine: si mescola allo scarlatto
del pesco, immobile; il verde ammanta l’anima
del salice: chiamo una ragazza perché levi
dai fiori i residui d’oro; sull’incensiere
a forma di anatra si è formato il muschio.
Quanto dureranno questi giorni, così belli,
il cuore straziato della primavera nella mia stanza?







Estate

Una coppia di rondini sfiora le persiane:
mi sveglio dai sogni del sonno meridiano.
Sudore sul collo, la pelle è bagnata: i capelli
aggrovigliati in un caos di forcine.
Sono troppo esausta per riprendere il gioco
del cucito, non ho voglia di aprire il libro
letto a metà. Il giglio profuma oltre la ringhiera:
muovo il ventaglio di seta, dimoro nell’ozio.







Autunno

Tintinna il vento, scuote la grondaia come fosse
una campana: il potere ipnotico dell’Imperatore delle Fiamme
è svanito dalla terra. Le foglie del banano, toccate
dal verde, non segnalano pioggia; il loto, sbiadito,
non può resistere ai soffi. I richiami delle oche
spaventano il mio cuscino solitario; aria gelida
dalle imposte. Non si usa più il ventaglio
rotondo, è un peccato: resta lì, riposto
in una scatola di bambù.







Inverno

Dentro il recinto, il prugno è profezia di primavera:
i rami sono obliqui e spogli, ma il suo profumo
penetra tra le tende. Taglio la stoffa, prendo le misure,
per preparare tè chiedo consiglio alla cameriera.
Famelico, un uccello continua a inghiottire le bacche
del bambù. Taglio i narcisi e li sistemo in un vaso
d’argento: la neve, a volte, picchia contro i muri
come una turbolenza di insetti – lascia alcune
macchie appena sfocate sulla seta blu.





(Mar L8v)






Ema Saikō
(All'età di 35 anni)
Dono del bambù della montagna meridionale
1822
Inchiostro su seta
112 x 42 cm
Minneapolis Institute of Art

 
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