DORANDO PIETRI - L'ATLETA CHE VINSE E PERSE LA VITTORIA, La drammatica maratona olimpica che lo rese un mito

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view post Posted on 25/7/2023, 12:27     +13   +1   -1
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DORANDO PIETRI
IL PASTICCIERE CHE VINSE (E PERSE) L'ORO ALLE OLIMPIADI




Ai giochi olimpici di Londra 1908, l’italiano Dorando Pietri arrivò primo alla maratona,
ma proprio nel momento in cui tagliava il traguardo si consumò la sua tragedia.
Dichiarerà in seguito: "io sono colui che ha vinto e ha perso la vittoria".







Dorando Pietri con la coppa donatagli dalla regina Alexandra all'indomani della maratona del 1908


Londra, 27 aprile 1908. Re Edoardo VII dichiara aperti i Giochi di Londra della IV Olimpiade dell’era moderna. Suddivise tra primavera ed estate, le gare si concluderanno il 31 ottobre e tutto si svolgerà al White City Stadium, appositamente costruito, che ospita sino a 63mila posti a sedere più trentamila in piedi. L’Italia partecipa con sessantotto atleti, fra cui il ginnasta Pietro Bragaglia, porta bandiera che non parteciperà a nessuna gara, ma sarà il primo alfiere olimpico italiano. Siamo lontanissimi dalle colossali organizzazioni a cui siamo abituati, i villaggi olimpici non esistono e i nostri atleti giunti a Londra devono cercarsi gli alloggi. Non solo. Per mandare i nostri in terra inglese, si sono dovuti raggranellare diversi contributi per un totale di circa centotrentaseimila euro di oggi. Alla fine, la delegazione tornerà a Roma con gli ori di Alberto Braglia nella ginnastica ed Enrico Porro nella lotta greco romana, mentre Emilio Lunghi negli 800 metri e la sciabola a squadre conquisteranno l’argento. Eppure, questa olimpiade passa alla storia per l’incredibile epilogo della maratona di un piccolo atleta italiano alto appena 1,59 metri, ma con due gambe che viaggiano forti come un treno, grandi occhi neri e baffi e che fa il garzone di pasticceria. Si chiama Dorando Pietri e viene da Mandrio (Correggio). Non lo sa ancora, ma la sua partecipazione olimpica commuoverà il mondo e gli cambierà la vita.

Dalla pasticceria alle Olimpiadi



Dorando Pietri, 1908
Gli esordi sportivi di Dorando Pietri (chiamato anche erroneamente Petri) sono sulla bicicletta, con cui gareggia per la società sportiva di Carpi La Patria. Pietri ama la bici e crede molto in quello che fa, partecipa pure a numerose gare, ma una brutta caduta a Modena gli distrugge le sue aspettative ciclistiche. Fin quando il suo concittadino Tullio Miselli, uno dei più forti velocisti del tempo, non gli suggerisce di provare con la corsa. Nell’autunno del 1904, in piazza a Carpi Pietri incontra Pericle Pagliani, una celebrità del fondo italiano dell’epoca. Pagliani corre una gara sui diecimila metri e si racconta che Pietri, con ancora indosso il grembiule da garzone, gli corra dietro per tutta la durata della gara. Che sia vero o meno, il piccolo emiliano ha comunque imboccato la sua strada sportiva. Si allena duramente e vince diverse gare. Nel 1905 conquista il titolo di campione italiano sui venticinque chilometri battendo Giacinto Volpati, un altro simbolo dell’atletica del tempo, dato che ha dominato la scena negli anni immediatamente precedenti alle vittorie di Pagliani. Sono nomi ben lontani dall’immagine dei moderni atleti a cui siamo abituati, infatti, nessuno di loro è un professionista. Pietri fa il garzone, Pagliani lo strillone di giornali e Volpati è fornaio. Quando poi il giornale sportivo francese L’Auto, organizzatore anche del Tour de France, promuove la maratona internazionale per dilettanti di Parigi, Pietri, campione italiano di resistenza, non può mancare. Non ci sono sponsor, e la società del piccolo corridore chiede un sussidio addirittura al re Vittorio Emanuele III. "Siamo certi che Voi, o Sire, che siete così caldo propugnatore degli sports, non vorrete negare l’ambito appoggio" scrive il presidente della società sportiva. A Parigi Dorando Pietri arriva preceduto da una buona pubblicità sui giornali per via dei suoi trionfi, ma il favorito è il francese Emile Bonheure. Eppure, contro ogni pronostico, Pietri vince la maratona con ben sei minuti di vantaggio sul francese. È un trionfo. Il nome del piccolo italiano è proiettato verso l’olimpo delle corse. Così, quando il Comitato Nazionale Olimpico, antesignano del CONI, prepara la lista degli atleti che partiranno per i prossimi giochi olimpici di Londra, il nome di Pietri e Umberto Blasi sono quelli scelti per difendere i colori nazionali alla corsa di maratona. Gli avversari dei nostri sono in prevalenza inglesi, statunitensi e canadesi, favoriti sui pronostici. Nessuno scommetterebbe un centesimo su di un’atleta italiano. Ma la maratona è prima di tutto una gara di resistenza, dove i pronostici possono essere ribaltati e può succedere di tutto. E infatti, accade l’impensabile.



Vista panoramica dei partecipanti alla maratona olimpica del 1908 subito dopo aver lasciato il castello di Windsor.
Al quinto posto, con indosso dei pantaloncini scuri, Dorando Pietri.


Una corsa estenuante

Londra, 24 luglio ore 14. Per gli standard londinesi è un pomeriggio caldissimo, ci sono ventisei gradi e la giornata è decisamente umida. La maratona parte dal castello di Windsor per concludersi dentro il White City Stadium, di fronte al palco reale. Per la prima volta il percorso misura quarantadue chilometri e centonovantacinque metri (l’attuale misura ufficiale di tutte le maratone) invece dei canonici quaranta. Sulla linea di partenza ci sono cinquantasei atleti provenienti da sedici nazioni. Blasi è in prima linea, più indietro col numero diciannove Pietri, calzoncini rossi, maglietta bianca e un fazzoletto annodato ai lati sulla testa. Il percorso si snoda in prevalenza su strade campestri e solo gli ultimi dieci chilometri sono dentro la città, ma la partecipazione della folla è imponente: circa duecentocinquantamila londinesi scendono in strada, altri ottantamila sono dentro lo stadio. Agghiacciante l’alimentazione degli atleti prima della gara. Secondo i folli dettami dell’epoca, infatti, il liquido è considerato il peggior nemico del podista. Come scrive il suo biografo Augusto Frasca, Pietri mangia una bistecca e beve una gran quantità di caffè, ignorando del tutto l’acqua. Lo statunitense John Hayes, altro nome al centro di questa storia, fa pure peggio: mangia mezzo etto di manzo, beve tè e brandy per risciacquarsi la bocca.



Dorando Pietri durante la maratona olimpica di Londra


I favoriti sono il canadese Tom Longboat, indiano degli Onondaga, e lo statunitense Thomas Morrissey. Alle 14.33 uno sparo nell’aria e la gara ha ufficialmente inizio. Gli inglesi partono subito all’attacco imprimendo un ritmo sostenuto, pochi chilometri e Blasi è costretto al ritiro, mentre Pietri resta indietro e studia la gara. Ciò che segue è la cronaca di una gara pazzesca. Decimo chilometro, Pietri comincia la ripresa, aggancia il sudafricano Hefferon e partono all’attacco del britannico Price, che mantiene la testa della gara. Ventiquattresimo chilometro, la svolta. Gli inglesi cedono di colpo uno dopo l’altro, il caldo implacabile non perdona. Hefferon è primo, stacca Pietri e il favorito Longboat, che tenta un disperato inseguimento per poi accasciarsi stremato al suolo. Ora l’italiano è secondo, mentre dalle retrovie lo statunitense Hayes comincia a recuperare terreno. Quarantesimo chilometro, in una formidabile rimonta, Pietri aggancia Hefferon e lo supera. Hayes è lontanissimo con ben nove minuti di svantaggio. Alle ore 17.18, quasi dopo tre ore di corsa estenuante, il White City Stadium appare alla vista di Pietri, che è a un passo dall’oro e dalla tragedia.



Dorando Pietri a pochi metri dall'ingresso al White City Stadium


Colui che ha vinto e ha perso la vittoria

Lo stadio è gremito. Tutte le altre gare sono terminate, vi è un silenzio surreale, tutti guardano al cancello numero quattro, da dove a momenti sbucherà il vincitore. Nessuno può sapere chi sia. Nella tribuna stampa c’è l’inviato del Daily Mail, un narratore d'eccezione. È Arthur Conan Doyle, padre di Sherlock Holmes. Sono attimi di "un’attesa bella e snervante – scrive – a questo punto il vincitore dovrebbe essere molto vicino. Gli occhi di tutti sono su quell’apertura". All’esterno dello stadio si sentono le ovazioni della folla incitante lungo la strada, segno che il corridore sta per fare il suo ingresso. Ed eccolo, è Dorando Pietri l’italiano, ma è vistosamente sofferente. Entra nello stadio barcollando, praticamente non si regge in piedi, pare non rendersi conto di dove si trovi, ha corso con un tempo di due ore e quarantacinque minuti, ma impiega ben nove minuti per percorrere gli ultimi trecentoventicinque metri sino al traguardo. Tutti urlano per incoraggiarlo, Pietri allora prosegue ma va nella direzione sbagliata, e qui il boato della folla che lo incita è come un poderoso schiaffo che lo fa sussultare. Immediatamente è circondato dai funzionari di gara che gli indicano la direzione giusta. La situazione è drammatica, Pietri si accascia al suolo, il personale di gara lo aiuta a rialzarsi, fa qualche passo ma ricade nuovamente e così per altre tre volte. Qualcuno pensa di allontanare dal palco la regina Alexandra di Danimarca per evitarle la scena dell’atleta che muore in pista. Invece lei resta, come tutti i presenti, ad assistere a questo tristissimo epilogo.



Il drammatico arrivo di Dorando Pietri alla maratona di Londra 1908


È un alternarsi di urla di rammarico quando Pietri cade e applausi quando si rialza. Venti metri al traguardo. Entra nello stadio Hayes stremato anche lui ma continuando a correre, Pietri cade per l’ultima volta, ha il "viso giallo e gli occhi vitrei senza espressione", scrive Doyle. A questo punto il giudice di gara Jack Andrews il medico Michael Bulger rialzano Pietri sorreggendolo mentre taglia il traguardo, un fotografo immortala la scena. Sarà un’istantanea che farà il giro del mondo. Il maratoneta italiano viene portato via in barella. Gli americani presentano ricorso ottenendo la squalifica di Pietri che, dicono, è stato aiutato a vincere. Il pubblico s’indigna, Conan Doyle lancia una sottoscrizione in favore di Pietri dalle pagine del suo giornale, scrivendo profeticamente che "la prestazione dell’italiano non sarà mai cancellata dai libri dello sport. Indipendentemente dalla decisione che prenderà la giuria". E, puntuale, per Pietri arriverà la squalifica, come richiesto dagli statunitensi. La regina Alexandra, però, fortemente impressionata dalla vicenda di Pietri, decide di donargli una coppa d’argento a suo nome. Questo riconoscimento non previsto verrà consegnato all'atleta italiano il giorno dopo, in uno stadio stracolmo, mentre sul collo di John Hayes scivola la medaglia d’oro. Nessuno si ricorderà di lui come vincitore della maratona.

Tutti si ricorderanno di Dorando Pietri, colui che ha vinto e ha perso la vittoria...



(Mar L8v)





Dorando Pietri, squalificato dalla maratona di Londra del 1908,
riceve un premio speciale per la sua eroica impresa:
una coppa d'argento dorato, consegnatagli dalla regina Alessandra.

 
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