APHRA BEHN - SPIA, POETESSA, INDOMABILE "ASTREA", La sua vita, le sue opere, la sua poesia...

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view post Posted on 19/2/2023, 18:29     +6   +1   -1
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APHRA BEHN
SPIA POETESSA: UNO SCANDALO




“Ho tra le mani un cuore indomabile”






Peter Lely
Ritratto di Aphra Behn
(Portrait of Aphra Behn)
1670 circa
Olio su tela
76,8 x 64,1 cm
New Haven, Yale Center for British Art


Incerta la data di nascita, il luogo; oscuro il nome, che ascende alla profezia. Di Aphra Behn si sa il giorno del battesimo – 14 dicembre 1640 –, pare sia venuta al mondo nel Kent, da padre barbiere, che forse si chiamava John Amis, probabilmente John Johnson. Anatomizzando le etimologie, Aphra, in ebraico antico, vuol dire polvere: la ragazza, aureolata di maldicenze, polverizzò la propria epoca.

Cresciuta nel Suriname, all’epoca possedimento inglese, dove il padre – che morì durante la traversata oceanica – tentò fortuna, di Aphra Behn si sanno due cose: è la prima donna ad essersi guadagnata da vivere scrivendo; è l’autrice del primo romanzo moderno inglese, Oroonoko, pubblicato nel 1688, tratto dalla sua infanzia al di là del mondo (il libro è tradotto nel 1996 da Einaudi). Nel romanzo, basato sulla vita di un Royal Slave soggiogato dai coloni europei, ci sono tutti i tratti stilistici di Aphra: rapidità narrativa, estro polemico, scrittura ‘carnale’. Il cognome, Behn, è quello del marito: sposato poco dopo il suo ritorno in Inghilterra, nel 1658, era un commerciante di origini olandesi, piuttosto ricco. Pare che il matrimonio sia stato, nei limiti imposti all’impazienza umana, felice: Johan Behn morì nel 1664; la moglie era già nota per arguzia e avvenenza presso la corte di Carlo II. Nei diversi quadri che la immortalano, ha un’aria immancabilmente scaltra, di norma sprezzante, è ben tornita. Nel “Dictionary of National Biography” è Edmund Gosse, poeta dalla variabile ispirazione, amico di W.B. Yeats, di James Joyce e di Oscar Wilde, a inquadrare lo sfuggente profilo di Aphra:

“Era una donna aggraziata, avvenente, con
capelli castani e occhi luminosi… Dotata,
laboriosa, schietta, fu costretta dalle circostanze
e dal temperamento, poco avvezzo alla conciliazione.
a guadagnarsi da vivere scrivendo, in un’epoca in cu
i scrivere richiedeva una stile propenso allo scandalo.
È stata la George Sand della Restaurazione…
Il suo genio e la sua versatilità sono indubbie:
se le commedie, vivaci e divertenti, sono spesso grossolane,
la lirica ha i tratti del talento indiscutibile.
Le opere in prosa sono meno notevoli dei drammi e delle poesie”.


Edmund Gosse galvanizza il giudizio con rasoiate ironiche – “Le sue opere sono numerose, troppe: pare che il marito l’abbia lasciata sprovvista di eredità. Tentò di scrivere nello stile proprio di un uomo” – e va dietro alla leggenda della scrittrice lasciva, ricca di amanti, bisessuale: “diciamo che era destinata all’avventura in tutto ciò che intraprendeva”. In effetti, nel 1666, Carlo II chiese i servigi di Aphra come spia, nel contesto del conflitto anglo-olandese. Aphra, nome in codice “Astrea”, esercitò a Bruges e ad Anversa: si infilò nei letti dei potenti – così malignavano – per estorcere confessioni. Pare fosse assai corteggiata, pare sapesse innamorarsi. Ad ogni modo, “in un momento intimo, uno dei suoi amanti le rivelò l’intenzione, da parte di Cornelis de Witt, di inviare una truppa olandese lungo il Tamigi”. Lei, educate le lenzuola, andò a riferire. A corte, pur elogiando l’audacia di Aphra, nessuno le credette.



Uno schizzo di Aphra Behn di George Scharf da un ritratto ritenuto perduto (1820)


Disgustata dalla viltà dei cortigiani e in genere dalla vita politica, Aphra Behn si concentrò sulla scrittura. Fu una prolifica autrice di plays – seconda soltanto all’imperante John Dryden – dalla trama labirintica, con un soggetto principale: il tradimento, la vanità delle relazioni umani, la lussuria della menzogna. The Forc’d Marriage fu messo in scena nel 1670; il suo successo più duraturo, The Rover (1677), narra di eclatanti intrecci amorosi a Napoli, durante il Carnevale; The Emperor of the Moon (1687), giocato secondo gli stilemi della commedia dell’arte, mette in scena un facilone, Dr. Baliardo, fissato con i telescopi, lunatico, certo che esista un re sulla Luna: nel frattempo, un paio di briganti minano la verginità delle sue figlie. Naturalmente, ogni opera della Behn – atta a stigmatizzare i cliché dell’epoca, ad esempio l’uso infausto dei matrimoni combinati – fu accusata di illecita licenziosità. Sapeva difendersi, anche grazie all’aiuto di John Hole, potente avvocato londinese, suo amante, bisessuale pure lui.

In The History of the Nun, romanzo del 1689, Aphra racconta, va da sé, di una monaca che molla i voti per inseguire la virilità di un belloccio. Tradusse Ovidio, La Rochefoucauld, ma anche Fontenelle; morì il 16 aprile del 1689, sfiorando la miseria. Negli anni, tentarono di dimenticarla, macerando la sua opera nell’oblio. Le poesie, che manomettono i moduli tradizionali in una consapevole, civettuola, ferocia, sono piene di sagacia, di vitalità, di sovrana anomalia. Ernest de Sélincourt conferma che le sue opere teatrali “dimostrano una vivace facoltà inventiva e costruttiva, sono ricche di dialoghi arguti e di perpetuo buon umore” e che Aphra “fu una donna incantevole e di spirito”. Piacque a Cristina Campo, che la installò nel libro sognato e irrealizzato, sulle “Ottanta poetesse”.

Aphra Behn, individualità inafferrabile, diventò, nel secolo scorso, una sorta di eroina femminista: a Aphra Behn. The Incomparable Astrea è dedicata una biografia ‘ideologica’ di Vita Sackville-West (1927); secondo Virginia Woolf,

“Ogni donna dovrebbe far piovere fiori sulla tomba di Aphra Behn…
perché grazie a lei si è guadagnata il diritto di esprimere la propria opinione”.


Il corpo di Aphra Behn è sepolto a Westminster: l’iscrizione su lastra nera ricorda che “Qui giace la Prova che il Genio non è una Difesa sufficiente contro la Mortalità”. Quanto a lei, diceva di voler “dedicare la vita al piacere e alla poesia”. Forse aveva trovato la formula per far quadrare il giogo: piacere e poesia. Una poesia che valica i sensi – eccitandoli. Non piace ai piacioni, Aphra...

ma a chi, per amore, sa smascherarsi...




Incisione di Aphra Behn dopo un ritratto perduto di John Riley




Testimoni d’amore

Parole improvvise, sprovviste, non premeditate,
nascono nel vento, parto dell’aria;
muoiono bimbe, appena nate, subito dopo
essere state pronunciate con noncuranza:
alternano Speranza e Paura, sorelle
di tutti i contrari, nella stessa alcova ventosa,
secondo i capricci della mente.

Ma i biglietti d’amore sono testimoni inflessibili
sostanziali documenti affidati all’eternità;
evidenti prove che confessano una verità
su cui l’amante può fare chiaro affidamento;
pensieri rigorosi, ragionati, risoluti:
finché ogni parola non va devoluta alle nuvole.

Libri_1


Amore Armato

Canto di Adbelazar


Amore siede sul trono formidabile
mentre orde di cuori sanguinanti gli marciano intorno:
per loro ha creato nuove pene
e ostenta uno strano potere tirannico;
dai tuoi occhi luminosi ha tratto il fuoco
con cui, per gioco, ingioiella la via;
ma è dai miei che ruba il desiderio
necessario per annientare il mondo d’amore.

Da me ottiene sospiri e lacrime
da te Orgoglio e Crudeltà;
da me Languore e Tremore
da te i dardi che uccidono;
così, tu ed io, dal dio armati,
abbiamo forgiato una Divinità:
ma solo il mio povero cuore è inerme
mentre il tuo, il Vittorioso, si libra, libero.


Libri_1


Mille martiri

Mille martiri ho collezionato
sacrificati al mio desiderio;
mille bellezze ho tradito
che si lagnano nel fuoco eterno.
Ho tra le mani un cuore indomabile
e affermo un pensiero selvaggio, apolide.

Non giuro e non sospiro invano:
accolgo le false promesse altrui.
Alla fiera piace farci soffrire
e credo a tutto ciò che desidera.
Benché confidi nella ferita d’amore
soltanto il piacere ha scalfito il mio cuore.

Soltanto gloria e razzia voglio:
mi fate ridere, mi annoiate:
modesti trofei, trionfi ottenuti senza fatica,
al di là dell’inferno, della gioia del paradiso.
E mentre vagabondo per le vie del caos
disprezzo i cretini che piagnucolano d’amore.


Libri_1


Il sogno

Tremante, nelle mie braccia ondeggiava Aminta,
difendeva la benedizione che volevo strapparle;
la sua lenta reticenza infiammava la mia estasi:
deboli i suoi freni, sensuali.
La levigata resistenza tradì l’assenso
mentre i miei desideri forzavano i cieli;
i suoi seni sussultarono sinuosi
gli occhi hanno in dote nuova brace.
All’apice della lascivia gli sguardi
preparano nuovi incantesimi;
eccolo, l’estremo mistero di Amore
ci baciamo, ansimiamo – finché mi sveglio…

Era soltanto un sogno, ma resta
il cuore che palpita, il desiderio è autentico.
Ho fatto in modo che mi credessero: ingannato
del mio amore non resta che rabbia e vergogna.

Aphra Behn




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