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DI GENNAIO DI NOTTE MARIO LUZI
Una sosta nel veloce scorrere del vivere...
Gennaio per Mario Luzi diventa una metafora dell’esistenza. Non a caso, il termine gennaio deriva dal latino Ianuarius che a sua volta trae origine dal nome del Dio Giano (Ianus), la divinità romana deputata alla protezione delle porte e dei luoghi di passaggio. Gennaio è quindi da intendersi come il mese che apre le porte dell’anno nuovo, all’inverno più intenso, un momento di passaggio simbolico.
In "Di gennaio, di notte", Mario Luzi in un momento di profonda riflessione ragiona sul vero senso dell'esistenza. La vita scorre inesorabile e il mese di gennaio si pone come crocevia del tempo. L’inizio che guarda alla fine e viceversa, in un continuo e indefinito scorrere di ombre e luci. Vecchiaia e giovinezza si contrappongono attraverso il ricordo lontano, ma sempre presente di una donna amata...
Gennaio indica una sosta nel “transitare eterno” e quindi pone una riflessione sulla fugacità della vita. La vita sembra non avere sosta, sembra ripetersi fino ad accorgersi che la fine sta per arrivare. Quel prendere coscienza dell’arrivo della fine diventa il momento in cui si inizia a riflettere sul vero senso di essa...
Pablo Picasso Ritratto di Ambroise Vollard 1910 Olio su tela 92 x 65 cm Mosca, Pushkin Museum
Di gennaio, di notte, la doppiezza dell’amore
Di "Quaderno gotico", la raccolta di cui fa parte "Di gennaio, di notte", Mario Luzi scrisse che era
“l’album di un amore tanto più esaltante e spiritato, quanto più l’animo ne aveva bisogno dopo l’aridità, la paura, l’angoscia”.
In questa raccolta di poesie la chiave sta nella doppiezza dell’amore, ovvero forza creatrice e rigeneratrice universale ma al contempo sentimento che ci mette in comunicazione con l’impossibilità di abbracciare tutto, con il vero senso della fine.
Di gennaio, di notte di Mario Luzi (1947)
Di gennaio, di notte quando lungo le sue vene lo spazio trepida per un vento inesauribile, ravviva negli alberi speranze ancora vane e li sveglia a una vita ancora incerta, troppo remota oltre le cime ed oltre le radici;
nei giorni incerti ai crocevia del tempo nelle ore dopo la passione quando anche il dolore ha fine e l’anima si tiene appena che non frani nel suo vuoto e si chiede stupita più che ansiosa s’è quella l’agonia ch’è in ogni inizio o il termine, il termine di tutto,
e accade che qualcuno per certezza, per afferrarsi a un segno mormori il suo tra il nome dei suoi cari ed è strano come murare lapidi su case per memoria d’un passaggio, d’una sosta nel transitare eterno,
viso di molto amata un tempo che tra pagina e pagina del libro sfogliato senza termine degli anni hai la pace che dà l’essere fiochi e spenti sotto la crudele patina qualcuno soffia nelle tue fattezze, t’eccita, ti richiama al mio tormento quale fosti d’età in età, puerile, puerile sotto nuvole di marzo, giovinetta sgusciata da anni informi tra infanzia e pubertà, donna nel vento. Frattanto siamo divenuti grigi.
Esco, guardo addossato ai muri alti la mia patria ventosa e montuosa, prendo fiato, poi seguo la via crucis. Edited by Costantine Rose - 7/1/2023, 08:07
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