ALTARE D'ORO DI VOLVINIO, IX sec. - Milano, Basilica di Sant'Ambrogio

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view post Posted on 6/11/2022, 15:04     +3   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Altare d'oro di Volvinio
sec. IX
oro, argento, smalto/ lavorazione cloisonné
Milano, Basilica di Sant'Ambrogio


L’ Altare di Volvinio rappresenta la più mirabile testimonianza di oreficeria carolingia. Firmato dall’artista Volvinio e realizzato attorno all’850, fu commissionato da Angilberto II, vescovo di Milano, il quale volle arricchire la Basilica di Sant’Ambrogio facendo inoltre costruire il ciborio e l’abside. La provenienza e la formazione dell’artista sono ancora oggetto di dibattito, ma da alcuni confronti sembra possa ipotizzarsi una derivazione dall’area tedesca o dall’Italia settentrionale.




Retro


L’altare, che ricorda gli antichi sarcofagi, ha la forma di un parallelepipedo e presenta un’anima in legno rivestita di lastre d’oro e argento dorato scolpite a sbalzo: le quattro facce presentano pannelli scolpiti con croci e formelle figurate nei lati maggiori. Le scene sono inoltre inquadrate da corpose cornici incastonate di pietre preziose e placchette a smalto, secondo la tecnica “cloisonnè” derivata dall’area longobarda. La facciata anteriore presenta al centro una grande croce, dove Cristo è circondato dai simboli degli evangelisti e dagli apostoli, e alcune scene della Vita di Cristo, attribuite però agli allievi di Volvinio (genericamente chiamati Maestri delle Storie di Cristo) a causa di una certa differenziazione stilistica nelle figure allungate e nei gesti concitati. Lo stile di Volvinio, infatti, si dimostra alquanto essenziale: lo sfondo è semplificato, le figure plastiche ed estremamente limpide (anche nel movimento) e creano rimandi tra gli episodi che favoriscono una lettura più sequenziale e fluida.




Altare di Sant'Ambrogio, lato sinistro (angeli e santi che adorano la croce gemmata)


Si tratta di uno stile legato alla cultura classicheggiante carolingia, attento all’equilibrio delle figure, all’armonia della scena e al rifiuto della ridondanza: nella facciata anteriore, questa misurata eleganza e la semplicità delle figure volviniane vanno a dissolversi in un tratto più elaborato e meno spontaneo del precedente. L’attenzione descrittiva dell’artista non tralascia però d’inserire curiosi dettagli di vita quotidiana, come la raffigurazione delle ciabatte di Sant’Ambrogio sotto la sua branda. Le scene sono accompagnate da brevi didascalie in latino, esplicative del contenuto delle formelle.




Altare di Sant'Ambrogio, lato destro dei maestri delle storie di Cristo


Il lato posteriore (ad uso esclusivo del clero) in lamina d’argento, si presenta tripartito (come per il fronte) e conserva al centro due ante decorate (“fenestrella confessionis”) dal ritratto dell’arcangelo Michele e la scena Ambrogio incorona Angilberto II, che gli offre l’altare a sinistra, e dall’arcangelo Gabriele e Ambrogio che incorona Volvino magister phaber a destra. Gli altri due sportelli laterali, anch'essi divisi ognuno in sei riquadri, ospitano dodici episodi della vita di Sant'Ambrogio, di mano di Volvinio, come testimonia lo sbalzo che riporta “Magist(er) phaber”.




Altare di Sant'Ambrogio, retro arcangeli e scene di omaggio (Ambrogio incorona Vuolvino magister phaber)



Nei lati minori la decorazione si geometrizza in clipei con santi in adorazione, triangoli con angeli e grandi croci inscritte in losanghe, richiamo alla lotta all’Arianesimo quale negazione della consustanzialità tra Padre e Figlio (Dio e Cristo Gesù), già citato in alcuni episodi della facciata posteriore. Nonostante la riconosciuta collaborazione di diversi artisti alla decorazione dell’altare, si può concordare comunque su una generale concezione unitaria in merito al piano figurativo e alla tecnica scultoria orafa. Fonte




Lato posteriore particolare:
le ante decorate (fenestrella confessionis)




Notizie storico-critiche: Progettato per custodire le tombe del santo patrono di Milano e dei Santi martiri Gervasio e Protasio, fu lo stesso Ambrogio a specificare in una lettera alla sorella Marcellina di voler essere sepolto sotto di esso, per restituire così definitivamente alla Chiesa le sue spoglie mortali rinnovando il sacrificio stesso di Gesù. In consonanza con quanto già accadeva nella basilica di San Pietro a Roma, nel IX secolo all'interno della basilica milanese furono rinnovate per volontà del vescovo Angilberto II (824-859) la zona dell'abside e della relativa cripta, con la creazione di un altare posto al centro del rialzato presbiterio provvisto di sportelli apribili per poter spargere sulle tombe incenso e profumi.

L'opera si intende realizzata e diretta da uno dei pochi artefici di epoca alto-medievale di cui ci sia pervenuto il nome, il maestro germanico “Wolvinius”, che probabilmente realizzò personalmente solo la fronte rivolta verso il clero, caratterizzata da figure plastiche e definite con vigore, distaccate dal fondo non solo grazie alle bordature d'oro ma, soprattutto, per il loro plasticismo e la definizione netta dei contorni.

A dispetto dell' “horror vacui” tipicamente medievale (la paura di lasciare vuoti nelle rappresentazioni, da cui una sovrabbondanza di personaggi o motivi decorativi), Volvinio caratterizza invece il suo lavoro con il frequente ricorso a “pause”, ovvero a spazi che di volta in volta aiutano ad evidenziare singoli gruppi di figure o volumi separandoli dalle ambientazioni. La sua opera tradisce una cultura figurativa complessa, vicina ai temi dell'antico tanto quanto all'arte dell'impero carolingio.




Altare di Sant'Ambrogio, lato sinistro: dei maestri delle storie di Cristo (trasfigurazione)


Diversa è l'opera dei maestri che operarono sulla fronte rivolta ai fedeli, in cui figure e paesaggi vengono fusi insieme creando gruppi figurativi in cui le masse si confondono e a dominare è qui la luminosità del metallo prezioso. I personaggi, meno plastici rispetto a quelli di Volvinio, spesso vagano in uno spazio indefinito oppure si sovrappongono alle architetture che dovrebbero contenerli, creando così composizioni di grande vitalità, quasi febbrili. Sicuramente maggiore rispetto al maestro è qui l'apporto dato dalla conoscenza dei manoscritti illustrati e dell'arte bizantina, soprattutto nella redazione dei volti di alcuni personaggi con il viso allungato, la bocca piccola, i capelli fluenti e le sopracciglia arcuate.



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