“Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, Parafrasi e commento

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view post Posted on 25/6/2022, 09:25     +4   +1   -1
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“Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”

(Da Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1951, Torino, Einaudi)

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.




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Parafrasi
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. La morte che ci accompagna tutto il giorno, quotidianamente, senza darci tregua. È una presenza fissa ma insensibile e sorda, come un vecchio rimorso o un’abitudine irrazionale. Il tuo sguardo sarà una parola inutile, un grido strozzato, soffocato, che non verrà emesso, un silenzio.

Tu vedi così i tuoi occhi tutte le mattine, quando sei da sola e ti sporgi verso lo specchio. O dolce speranza, quando tutti noi moriremo capiremo che sei fondamentale, sei il cuore della vita, eppure allo stesso tempo sei solo un’illusione.

La morte ha uno sguardo per ciascuno. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Sarà come interrompere una vizio, come vedere e riconoscere nello specchio un viso morto che riemerge, come ascoltare una voce che non ha suono, una bocca sigillata.Moriremo senza una parola, nel silenzio.



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Analisi
La poesia è composta da due strofe libere di versi novenari (in tutto diciannove). Come anticipato, la poesia è dedicata all’attrice americana Constance Dowling, che non ricambiava l’amore del poeta.
Nella prima strofa troviamo diverse letture della morte: essa viene considerata una presenza costante nella vita. Quasi un ospite indesiderato, qualcosa della quale non possiamo mai liberarci, che non si esaurisce soltanto nel momento in cui si verifica, ma che permea l’intera esistenza. Non concede tregua il pensiero della morte, segna ogni esperienza di vita. E gli occhi dell’amata sono il mezzo tramite il quale arriverà la morte, intesa non solo come morte fisica, ma anche come spirituale e poetica.

La seconda strofa ripete i temi presenti nella prima, ma proiettandoli sul piano universale: “per tutti la morte ha uno sguardo” (v. 13) e tutti “scenderemo nel gorgo muti” (v. 19).
Nella poesia è forte il contrasto tra la vista e l’udito. Da un lato si trova la vista, gli occhi, il mondo degli sguardi, la comunicazione non verbale; dall’altro troviamo invece le orecchie sempre sorde e le grida sempre mute: l’unica cosa ascoltabile è un profondo silenzio, in cui le urla sono taciute, le labbra sigillate, la comunicazione impossibile (l’incomunicabilità è un tema tipico della letteratura novecentesca).

Entrambe le strofe infine si concludono con un’altra estensione della morte: quella della speranza. Nella prima strofa infatti il poeta sottolinea come la speranza, che dà la vita, sia a conti fatti soltanto un’illusione priva potere salvifico. Nella seconda, con il verso conclusivo “Scenderemo nel gorgo muti”, Pavese sembra voler esprimere l’inesorabilità della solitudine e dell’oblio.
La stretta associazione presente tra l’immagine dell’amata, la speranza vana e la morte può ricordare A Silvia di Giacomo Leopardi: sebbene in diversa misura, i tre elementi si ripresentano (e “Cara speranza” al v. 10 è un chiaro richiamo leopardiano: in A Silvia la “lacrimata speme” è “cara compagna” del poeta).


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Le figure retoriche del componimento
I diciannove versi che compongono questa poesia sono scanditi da numerose figure retoriche. Ecco le principali:

• Anafore e ripetizioni dell’intero verso: il 14esimo verso ripete interamente il primo; tra la prima e la seconda strofa tornano alcune parole (tra cui “occhi”, “specchio”, “vizio”); i vv. 6 e 16 si aprono con una variatio ("saranno"-"sarà").

• Similitudini: “come un vecchio rimorso” (v. 4), “come vedere” (v. 16), “come ascoltare” (v. 18).

• Metafore: “cara speranza” (v. 10), “gorgo” (v. 19).

• Personificazione: la morte è personificata ("verrà" e “avrà i tuoi occhi” v. 1).

• Apostrofe: “o cara speranza” (v. 10).

• Ossimoro: “grido taciuto” (v. 7).

• Climax: "vana parola, “grido taciuto”, “silenzio” (vv. 6-7) tra loro costituiscono una cli-max ascendente.

• Chiasmo: “vana parola” e “grido taciuto” (vv. 6-7) sono disposti tra loro in modo da for-mare un chiasmo aggettivo-sostantivo.

• Antitesi: “sei la vita e sei il nulla” (v. 12).

• Ipallage: “insonne” (v. 3) (il pensiero della morte non è insonne, ma rende insonni). Fonte




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