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”La Palazzetta”: villa Busca Serbelloni
La “Palazzetta” di via Rombon è una costruzione a blocco del tardo Seicento, già proprietà dei Busca, Serbelloni che la usavano come villa di campagna. La struttura è caratterizzata da un portico centrale terreno a tre arcate sormontato da una loggia. Negli interni del primo piano si conservano soffitti a cassettoni e dipinti. La dimora in sè ben conservata e correttamente restaurata, purtroppo è ormai inserita in un contesto ambientale completamente alterato, circondata da enormi costruzioni abitative senza più alcuna traccia del verde che la circondava all’epoca della sua costruzione. Ma la Palazzetta non è l’unica testimonianza rimasta della Lambrate “vacanziera”. In via Dardanoni, proprio di fronte alla Villa Folli esisteva nel ‘500 la Villa delle Rose della famiglia Borromeo. L’esistenza della struttura è documentata dalla carta del Zisla risalente al 1721.
Il rappresentante più noto della famiglia: San Carlo Borromeo, venne tre volte in visita pastorale a Lambrate tra il 1569 e il 1573. In tutte e tre le occasioni officiò messa alla Cappelletta e non alla chiesa di San Martino. Secondo Pino Bellavita, autore della bella monografia “Lambrate, storia e storie” (per chi fosse interessato, il libro di Bellavita è disponibile presso il Circolo ACLI di Lambrate, in via Conte Rosso o presso l’edicola della stessa via), è probabile che questa scelta sia stata fatta proprio per la vicinanza con la dimora di famiglia. Demolita a fine settecento, della villa delle Rose rimane solo il vestibolo, oggi scarsamente riconoscibile perché inglobato, con un discutibile restauro all’interno di una struttura dell’Ospedale San Raffaele.
Il Vestibolo negli anni 70 era isolato e circondato da un po’ di verde con un orto e un’altalena. La cosa poteva sembrare strana perché in quegli anni la casa era abitata da Pina, una signora anziana che viveva sola, che non avendo avuto figli, ospitava volentieri i bambini offrendo loro del té coi biscotti e facendoli giocare, appunto, sull’altalena. Fonte
Il complesso fu eretto alla fine del Settecento per conto del duca Ferdinando Busca Serbelloni, come luogo di villeggiatura per i ricchi nobili milanesi durante le vacanze estive. Anche se, con il passar del tempo, è stata più volte modificata, la villa ha mantenuto intatta la sua pianta originaria, con un loggiato a due piani che sorregge tre arcate caratterizzate da colonne in stile dorico, mentre sulla facciata si possono intravedere gli ornamenti e le decorazione originarie, oggi andati quasi perduti. All’interno le stanze presentano soffitti a cassettoni lignei, che risalgono alla prima metà dell’Ottocento, mentre il parco che circondava la villa è stato completamente raso al suolo nel secondo dopoguerra.
Ma il motivo per cui la villa è rimasta nella storia è il fatto che, nel 1862, le sue sale ospitarono Garibaldi, tornato a Milano dopo molti anni di assenza. Infatti nel 1848, a pochi giorni dalla fine delle Cinque Giornate di Milano, l’Eroe dei Due Mondi era arrivato nel capoluogo lombardo per esortare i patrioti milanesi a seguirlo nella lotta contro gli Austriaci, che avevano preso di mira Venezia e Roma. Preso alloggio presso l’albergo Marino, Garibaldi tenne, dal balcone della sua camera, un memorabile discorso con cui promise ai cittadini che avrebbe combattuto con tutte le sue forze contro il nemico straniero.
Non era il primo discorso che i milanesi udivano da un noto patriota, infatti pochi giorni prima Giuseppe Mazzini, che si trovava all’albergo Bella Venezia, prima di dirigersi verso Roma, aveva lodato il coraggio dei cittadini nel corso delle Cinque Giornate di Milano, com’è ricordato oggi da una lapide collocata sulla facciata dell’edificio dove si trovava l’albergo. Solo nel 1862, dopo la fine della seconda guerra d’indipendenza, Garibaldi poté tornare a Milano, e in quest’occasione, promise ai cittadini che anche Roma e Venezia sarebbero diventate in poco tempo parte del Regno d’Italia.
Nel corso del suo soggiorno milanese, oltre ad alloggiare a Villa Busca Serbelloni, l’Eroe dei Due Mondi incontrò Alessandro Manzoni, ormai vecchio e malato, che lo accolse con grande emozione. L’ultima visita di Garibaldi a Milano avvenne nel novembre del 1880, quando venne inaugurato il monumento in piazza Mentana, dedicato ai caduti per la libertà di Roma. Malato e sofferente, il generale non riuscì nemmeno a pronunciare il discorso per l’inaugurazione del monumento, che si tenne il 13 novembre, tanto che al suo posto dovette parlare il figlio Canzio. Solo due anni dopo quella visita dal sapore così amaro, Garibaldi morì nella sua casa di Caprera. Fonte
Edited by Milea - 4/7/2021, 14:54
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