Fantasmi d'Italia: immagini e voci dai borghi abbandonati, FOTO E VIDEO

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view post Posted on 2/11/2014, 19:17     +3   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Fantasmi d’Italia:
immagini e voci dai borghi abbandonati


Sono circa 1.500 i borghi abbandonati, fantasmi di un’Italia perduta
in cui la natura torna prepotente a prendersi una rivincita sull’uomo



amendolea

Amendolea (Rc)


L’antico paese di Amendolea fu devastato dal terremoto del 1908 e definitivamente abbandonato dagli abitanti dopo l’alluvione del 1956 del torrente omonimo.

"Il vento fa il suo giro" è la traduzione di un proverbio occitano il cui significato è "tutto ritorna". Ed è anche il titolo di un film del 2005 di Giorgio Diritti che racconta del tentativo di inserimento in una comunità montana di un ex professore di francese che decide di trasferirsi con la famiglia per fare il pastore. Protagonista della pellicola un borgo alpino in via di spopolamento, abitato ormai solo da persone anziane.

Una realtà diffusa a macchia di leopardo in tutta Italia, il preambolo di un processo che inesorabilmente porta all’abbandono. Insediamenti urbani avvinghiati su scoscese pendici alpine e piccoli centri adagiati su falsopiani appenninici. Ma anche enormi cascine della Padania e ataviche urbanizzazioni su isolotti dell'arcipelago veneziano. Con Google Earth sono stati mappati circa 1.500 borghi abbandonati: luoghi in grado di mandare in crisi anche il più efficiente dei navigatori satellitari. L’operazione "case fantasma", conclusa di recente dopo sette anni di lavoro dall’Agenzia delle entrate, ci ha restituito una immagine attendibile della geografia dell'abbandono in Italia.


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Craco


Sono state censite 1.260.000 unità immobiliari da accatastare, per il 34,4 per cento abitazioni. Molte sono vecchi casali o rustici, a volte raccolti in piccoli centri abbandonati o borghi storici, disabitati o da riqualificare. Non solo case fantasma, ma interi borghi perduti, spesso non segnati neppure sulle carte geografiche. Ex agglomerati urbani feriti da terremoti e alluvioni, svuotati dall’emigrazione, sommersi dai laghi artificiali delle dighe: sono le bandiere di un’Italia che c’era e non c’è più. È visitando questi luoghi che si verifica la veridicità del proverbio occitano. L’uomo ha fatto la storia del territorio colonizzandolo. Questo collegamento tra paesaggio-uomo e natura ha permesso al territorio, quando l’uomo se ne è andato, di prendersi una rivincita. Si è avviato un processo di rinaturalizzazione palese anche a occhi profani.

Gli alberi, per esempio, non essendo più tagliati dall’uomo hanno aumentato le loro dimensioni e le foreste hanno potuto diventare più vecchie. È cambiata anche la presenza della fauna selvatica. I cinghiali sono aumentati sino a diventare, secondo la gente del posto, un problema. In crescita anche ungulati come caprioli, daini e cervi. Studi ornitologici hanno evidenziato un trend preciso: un aumento dell'avifauna tipica delle foreste. E per contrappasso, ora che l’uomo non coltiva più questi terreni, tutti gli uccelli legati all’ambiente agricolo, come il culbianco e il codirossone, e molti fringillidi, se ne sono andati. Scampoli di torri campanarie offrono invitanti spazi per costruire nidi, strade urbane ricoperte da folti manti erbosi diventano facili terreni di pascolo, abitazioni diroccate con gli intonaci ancora tinteggiati si offrono come tana per branchi di cani randagi o stormi di pipistrelli. È la convivenza di due categorie del romantico: cultura e natura.


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Craco


Le storie che hanno portato alla nascita di queste ghost town sono molteplici, ma la responsabilità è quasi sempre umana. Anche quando i motivi apparentemente sono naturali, perché rane e alluvioni sono spesso ascrivibili a una cattiva gestione del territorio da parte dell'uomo. L’Italia pullula di quelli che l’antropologo Vito Teti chiama "paesi doppi": sono quelli che si replicano sulla costa dopo secoli di resistenza sui monti. Decine sono anche i villaggi che l'uomo ha abbandonato semplicemente perché non servivano più. È il caso dei villaggi minerari sorti per favorire lo sfruttamento del sottosuolo. Illuminante il caso di San Martino di Monteneve, in Alto Adige. Sito a 2.355 metri d'altezza, per quasi otto secoli è stato il villaggio più alto d'Europa. Abbandonato nel giugno 1967, oggi è un selvaggio museo a cielo aperto della cultura mineraria.

Un museo della follia umana invece possono essere considerati i resti di Vallucciole, un borgo dell’Appennino aretino bruciato per rappresaglia da SS e repubblichini nell'aprile del 1944. Vi morirono 108 tra donne, bambini e anziani. Uno dei tanti casi in cui le ghost town diventano die town. Dopo settant’anni Vallucciole sta lentamente tornando in vita, sulle macerie si stanno ricostruendo casolari figli di quelli distrutti dal fuoco. È la conferma che potenzialmente i borghi fantasma sono un’enorme ricchezza. Basterebbe riportarli in vita.

I prezzi non sono elevati. Per esempio l’intero Valle Piola, un antico borgo nel cuore dei Monti della Laga (Teramo), abbandonato dal 1977, è in vendita a poco meno di 600 mila euro. I problemi sono legati ai lunghi processi di restauro, a permessi e autorizzazioni. Gli italiani interessati sono pochi, più facile trovare francesi, americani e norvegesi. Un dato di fatto che induce a pensare che questi borghi italiani sono destinati a diventare sempre più stranieri.


Craco

Craco


Craco, in Basilicata, è forse il più celebre tra i paesi fantasmi d’Italia. Fino agli anni Sessanta, il piccolo centro della provincia materana, era il paese del grano. Se ne produceva così tanto che i 2mila abitanti non bastavano a coltivare le terre delle famiglie benestanti. La sua decadenza è cominciata nel 1963, quando una frana ha iniziato a mettere in pericolo l’abitato. Nel 1974 l'evacuazione a valle. Ciò che resta del vecchio borgo è stato il set di diversi film: da "La Passione di Cristo" di Mel Gibson a "Quantum of Solace" di Marc Foster.


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Buel del Lovo (Ve)


L’isola di Buel del Lovo era una "batteria", parte di una linea difensiva della Repubblica di Venezia composta da otto isole minori fortificate. Negli anni Sessanta del secolo scorso gli edifici subirono modifiche per ospitare uno stabilimento per la conservazione del pesce. Pochi anni dopo, a causa della posizione defilata dell’isola rispetto alle grandi linee di collegamento, lo stabilimento fallì e l’isola fu abbandonata definitivamente.


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Monte Narba (Ca)


A metà Ottocento la miniera di Monte Narba era tra i principali giacimenti di piombo e argento d’Italia, tanto che nel 1864 vi fu costruito un villaggio che ospitava oltre 1.000 persone. Poi i filoni si esaurirono, e nel 1935 la concessione fu revocata e il villaggio abbandonato.


piemonte

Brondino (Cn)


Nel vallone di Comba Gambasca, Comune di Sanfront, si trova il borgo di Brondino. Castagni giganti, bosco fitto fino alle pendici del Monviso, cataste di faggio e castagno a stagionare. Pietro Brondino abitava al numero 104; decorava la casa con scritte, segni e numeri. Classe1943, è morto una ventina d’anni fa. Era forse l’ultimo abitante del borgo che un tempo ospitava una ventina di famiglie.



Borgo-Schiro

Borgo Schirò (Pa)


Costruito durante il fascismo, Borgo Schirò comprendeva una trentina di abitazioni. Per alcuni decenni il paese è stato abitato da un centinaio di contadini, ma i lotti, di pochi ettari, a loro assegnati non sono stati sufficienti a frenare l’emigrazione di massa.



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Roscigno (Sa)


Giuseppe Spagnuolo è l'unico Abitante di Roscigno Vecchia. Il borgo fu sgomberato agli inizi del Novecento per via di due ordinanze del Genio Civile per la minaccia di una frana che si credeva potesse radere al suolo l’intera cittadina. Da allora tutto è rimasto uguale.



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Rocca Calascio (Aq )


La struttura originaria del castello di Calascio fu costruita attorno all’anno 1000 a 1.460 metri di altitudine. Il borgo fortificato che lo circonda fu abitato fino al 1703, quando venne danneggiato gravemente da un terremoto. Oggi la rocca e il villaggio sono aperti al pubblico, e c’è persino un piccolo albergo.



consonno

Consonno (Lc)


Nel 1962 l’industriale Mario Bagno comprò l’immobiliare proprietaria di tutte le abitazioni del borgo, che fu demolito, tranne la chiesa, una casa e il cimitero. Sul posto fu costruito un centro commerciale e di divertimento che cadde nell’abbandono e nell’oblio prima di essere completato.


Pentedattilo

Pentedattilo (R.c.)


Arroccato sul versante meridionale dell’Aspromonte, a soli 4 km dal mare, si trova Pentedattilo. L’insediamento è un vero e proprio monumento naturale, caratterizzato da un gruppuscolo di case aggrappate al Monte Calvario, un monolite di rocce sedimentarie a forma di mano, da cui deriva il nome greco del borgo: penta daktylos, ovvero cinque dita. Sebbene Pentedattilo sia un borgo fantasma da circa mezzo secolo, resta una località profondamente suggestiva che mantiene inalterato il suo fascino. Nelle vecchie abitazioni ci sono botteghe di artisti del vetro, del legno e sapienti mani che lavorano tessuti utilizzando telai della tradizione locale. Il centro è di origine bizantina e conserva i ruderi dell’antico castello e di interessanti edifici sacri. Ogni estate, da diversi anni, è attivo il Pentedattilo Film Festival, concorso internazionale di cortometraggi, che popola il borgo di artisti provenienti da tutto il mondo e ne contribuisce alla valorizzazione.




Edited by Milea - 29/1/2023, 11:10
 
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