| Il genio dell’assolutezza Le ossessioni di Degas
Misantropo più che misogino, vuole catturare sempre la bellezza totale. Superando i precetti impressionisti
Edgar Degas, Ballerine nella classe di danza, 1880
Con Degas si tocca uno di quei momenti, rari nella vicenda della pittura moderna, in cui una bellezza colma e piena s'unisce ad un'ipostasi di assolutezza; in cui una sapienza antica, accostabile, subito prossima e amica, si stringe in unità indissolubile al destino vicino e lontano della pittura, in una previsione concreta e certissima di quanto verrà. Così è Degas, quando racchiude nella mano la grazia di un passato che lungamente conosce, ha sperimentato ed ama - un passato che ai suoi occhi Ingres impersonava come nessun altro - e insieme il tremore d' una ricerca agra, solitaria, difficile, che, a un certo punto della vita, lo accosterà agli esiti più rivoluzionari di Cézanne maturo, e gli farà presentire Picasso.
Donna in un catino
Misantropo più che soltanto misogino; incapace di accondiscendere anche per un solo istante, persino nella lunga vecchiaia bisognosa di affetti, alla banalità di un pensiero corrente; incapace di "accorgersi" davvero degli altri, di farsi cingere dalla vita ("Sono anni che non lo si vede più, dopo anni durante i quali lo si ritrovava sempre più scontroso, assoluto e insopportabile. Ha almeno avuto coscienza della guerra?", si chiese, quando Degas nel 1917 moriva, Paul Valéry); incapace di amare veramente altro che non fosse la sua ricerca: così fu Degas. Da quella solitudine armata e tetragona, talvolta amara, ma mai disperata al punto di volerne sfuggire, nacquero i suoi pensieri e le sue immagini: fisse su pochi temi, che - lontano com' era da qualunque assillo di racconto - tornarono quasi identici per tutta la vita: il cavallo, il balletto, il nudo di una donna intenta alla cura più intima del suo corpo.
Paesaggi, pochi: nonostante si fosse schierato e avesse esposto, fin dalla prima loro mostra e sino all'ultima, con gli impressionisti. Ma al contrario dei suoi compagni di strada, Degas nutriva un disinteresse assoluto per l'impressione fuggevole di un attimo, come per la ripetizione testuale del vero ("mai dal vero, giovanotto", gli aveva d' altronde raccomandato Ingres), e irrideva il mito della pittura en plein air. Era stato con loro: ma fu proprio quando l'impressionismo, assalito da Seurat, scemava, che nacque la sua più alta stagione.
Nei primi anni Ottanta, la sapienza della mano è già intera: Degas ha rinunciato ad ogni clamore, a ogni facilità e felicità del colore a favore di un'indagine inesausta sulla luce, che si fa in lui ora soffusa e dilagante, ora vibrata e filante, sempre intensamente legata all'emozione. E ha lasciato cadere la spazialità prospettica ereditata da una secolare tradizione per un fondo che avvolge, interagisce, ansima con le figure di primo piano.
Ballerine in gonna gialla
Di qui in avanti, lente e non appariscenti saranno le sue ulteriori conquiste, velate proprio dalla fedeltà ai sempre eguali pretesti di figura. Il disegno, quel disegno "italiano" cui tutto, in una giovinezza spesa nella devozione costante al museo, Degas intendeva delegare, si fa vieppiù tremulo e nascosto, inessenziale ormai a definire la forma; la materia, da tempo notturnamente cercata nei fondi dalla tecnica rabdomantica del monotipo, prende a debordare, a dilagare senza cautela per ogni dove; i corpi delle sue nude che si bagnano, che s' asciugano, che si pettinano, lasciano progressivamente ogni facile grazia, e prendono a grandeggiare sulla pagina pittorica, invadendola come sommosse da un misterioso dolore; lo spazio, attorno ad esse, si frantuma, s' impenna, sragiona.
Dopo il bagno
E qui finalmente, giunto ad un passo dai suoi anni più tardi, minacciato ora concretamente da quella progressiva perdita della vista che era stato uno spavento suo di sempre, Degas dimostra una volta di più tutta la sua grandezza, e la sua modernità: quasi incredibile se si fa il conto di dove, da quale cultura egli ha preso le mosse. Dimostra di non avere, di non volersi dare un'unica via di ricerca, di stile. Sfugge persino alle sue più alte conquiste.
Lavandaie col mal di denti
Affonda le mani, sempre più spesso, nella cera, nella creta (tutte le sue piccole sculture - che egli non volle mai eternare nel bronzo, nè mai esporre, ma alle quali pure destinava una attenzione forse non meno ossessiva di quella riservata alla pittura, e che furono fuse dopo la sua morte - sono qui a Martigny raccolte), come cercandovi il contraltare al magma indistinto verso cui avviava la pittura; ed anche nella pittura stessa appare talora, adesso - improvviso, inatteso, semmai relegato nell'angolo d' una tela o di una carta - un brusco riavvicinamento all'oggetto, alla durezza e alla saldezza delle cose. Un riavvicinamento che, nella infinita distanza delle due esperienze, accosta questi anni di Degas a quelli non distanti di Cézanne che, proprio mentre enucleava la spazialità franta che avrebbe lasciato in eredità al cubismo e all'età moderna, tornava a confrontarsi, e ad affidarsi, alla realtà.
La stiratrice
La tinozza - the tub
Fonte
Edited by Milea - 25/8/2021, 16:50
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