Edgar Degas: biografia dell'artista

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view post Posted on 12/8/2014, 21:26     +5   +1   -1
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Edgar Degas


L'arte non è quello che tu vedi
ma ciò che fai in modo che gli altri vedano




Autoritratto-1863

Nato a Parigi il 19 luglio 1834, il suo vero nome è Hilaire Germain-Edgard De Gas.
Sensibile e dotato di un carattere sognatore ma allo stesso tempo risoluto, è attratto fin da subito dagli studi umanistici, attrazione che il padre contribuisce a coltivare con personali "lezioni" di lettere e di arte. Circa il suo carattere, lo stesso Degas si descriverà così: "Ero o sembravo duro come tutti, per una specie di impulso alla brutalità che mi veniva dal mio dubitare e dal mio cattivo umore. Mi sentivo così fatto male, così sprovveduto, così fiacco, mentre mi pareva che i miei calcoli d'arte fossero così giusti. Tenevo il broncio a tutti e anche a me stesso".
Il Degas maturo era un solitario, anche se a volte lui stesso se ne crucciava. Viveva spesso rinchiuso nel suo studio, totalmente preso dal suo lavoro e dai suoi esperimenti con le più disparate tecniche pittoriche.

Nei suoi anni giovanili, iscrittosi al liceo, si fanno sempre più accentuate in lui le inclinazioni alla pura materia pittorica, a discapito di ricerche letterarie e poetiche. Un segnale forte di questa disposizione lo si ha quando apprendiamo che il giovane Degas era solito frequentare assiduamente il Cabinet des Estampes della Biblioteque National, luogo che gli permette di entrare in contatto con riproduzioni di grandi maestri del passato.
Non contento di contemplare passivamente le mirabili opere, inizia a copiare alcune di quelle stampe: in sostanza, uno studio indiretto di artisti quali Mantegna, Durer, Rembrandt o Goya.

Purtroppo, più grande, tra gli impegni da rispettare vi sono anche le frequentazioni alle lezioni universitarie alle quali partecipa in qualità di matricola di Giurisprudenza. Ma è solo una formalità, perchè la sua mente corre solo alle immagini di grandi quadri o a opere da realizzare.
Comincia a farsi strada una spiccata urgenza creativa. Ben presto Degas lascia gli studi per dedicarsi interamente all'arte. Ad un giovane di quell'epoca non si presentavano grandi prospettive in questo senso, a parte l'adesione ai moduli e agli approfondimenti dettati dall'Accademia di Arte allora onnicomprensiva.
Nel 1854 inizia a seguire le lezioni di Louis Lamothe, artista apprezzato all'epoca, ma oggi pressoché dimenticato. Lamothe, già allievo di Ingres, riesce a trasmettere a Degas l'importanza che Ingres attribuiva al disegno.

Nel 1855 Edgar Degas incontra addirittura il maestro, all'epoca settantacinquenne, da cui riceve questo consiglio: "Disegni linee, giovanotto, tante linee, non importa se vengono dalla memoria o dalla natura".
Degas con scelta coraggiosa decide di non abbracciare i modelli proposti dall'Accademia, ritenuti da lui vetusti e privi di forza creativa, ma preferisce dedicarsi alla rappresentazione di quello che lo circonda, ponendo grande attenzione alla vita così come si svolgeva nella sua cruda tensione storica, anche se il pittore cercherà sempre di coglierne gli aspetti più poetici.
Non poteva mancare un viaggio in Italia, sede di grandi capolavori e di elevazione artistica. Negli anni tra il 1856 e il 1860, in compagnia di un altro grande e visionario pittore, Gustave Moreau, Degas visita Napoli, Roma, Firenze, Pisa e Siena.

Se l'Italia è indubbiamente fonte di profonde riflessioni artistiche, di approfondimento e di influenza sulla sensibilità pittorica, Degas è anche alla ricerca di elementi "altri" che non rientrino nell'ormai (stanca?) tradizione occidentale. Si interessa dunque (un po' sulla scia della moda del tempo), alle giapponeserie e in particolare al prodotto più tipico di quella scuola figurativa: le stampe. Queste nuove e originali prospettive dell'illustrazione orientale gli infondono la convinzione che si possa utilizzare il linguaggio figurativo in maniera diversa, in modo meno convenzionale e slegato dalla tradizione occidentale e poi fatalmente "accademica" della prospettiva e del "giusto" modo di disporre oggetti e figure.

Non bisogna dimenticare che quelli sono gli anni in cui esplode come un fulmine a ciel sereno una nuova invenzione tecnica destinata a rivoluzionare la stessa concezione dell'arte pittorica: la fotografia. Da quest'ultimo ritrovato, dallo studio degli esiti che l'immagine della realtà sortisce dopo essere stata filtrata dall'obbiettivo, Degas ricava il proposito di trasferire sulla tela parte di quella nuova concezione, cercando di cogliere anch'egli quegli istanti della realtà labili e difficili da cogliere, tale da apparire, ad un primo sguardo come istantanee casuali, soprattutto nella disposizione spaziale.



edgar-degas-self-portrait-photograph-selfie
Edgar Degas Self Portrait Photograph 1895


I suoi quadri assumono quindi inquadrature fotografiche. Tipici in questo senso, rimangono i dipinti "Orchestra all'Opera" (del 1869) e "Luci della ribalta" (1876-77); infine, sempre per ciò che riguarda la fotografia, fondamentale è il contributo di questo mezzo nei suoi studi sui cavalli in corsa, cui l'artista lavora a partire dal 1861.
Non stupisca l'interesse di Degas per i cavalli, oltre che per le ben più celebri ballerine (la rappresentazione poetica delle quali è il vero motivo di gloria di Degas presso il pubblico). Infatti, il movimento del cavallo, nella sua sostanziale enigmaticità (prima dell'avvento della macchina fotografica), rappresentava una possibilità di studio interessantissima ed inesauribile per cogliere la varietà di pose di un corpo in azione.

In quegli stessi anni Degas conosce Edouard Manet, il geniale sovvertitore delle buone "usanze" visive della borghesia che, dopo averlo incoraggiato a coltivare il suo interesse per la realtà contemporanea, lo introduce in quel gruppo di giovani artisti che più tardi sarebbero diventati famosi come Impressionisti.
L'appartenenza a una classe sociale più elevata porta però Degas e Manet a sviluppare interessi e abitudini diverse da quelle degli altri impressionisti, i quali amavano dipingere all'aperto, prediligendo i paesaggi e una vita legata alla "bohème". I due artisti amano le corse dei cavalli e condividono la passione per la musica, cosa che li porta a frequentare i teatri.

E' in questi anni che Degas affronta spesso soggetti teatrali e musicali, anche se talvolta non disdegna certo il paesaggio. Da segnalare che l'unica esposizione personale organizzata da Degas risale al 1892, nella quale vi presentò ventisei "paesaggi immaginari" che sottolineano in questa specificità la differenza rispetto ai colleghi impressionisti.

"La lezione di danza", terminata nel 1875, è il primo dipinto di grandi dimensioni dedicato alle ballerine. La sua pittura è fatta di interni, di luci artificiali, di studi sul movimento. Una dichiarazione dello stesso pittore ci tramanda queste parole: "La pittura è innanzitutto un prodotto dell'immaginazione, non deve mai essere una copia. L'aria che si vede nei quadri non è respirabile".
E a proposito dei nudi di Degas, J.K. Haysmans, nel 1889, scriveva: "...Non è più la carne piatta e liscia, sempre nuda delle dee,...ma è proprio carne svestita, reale, viva, carne toccata dalle abluzioni e la sua fredda grana sta per sciogliersi".
Nel 1883 la morte dell'amico Manet lo colpisce profondamente, tanto che si ritira e si isola dal mondo. Il progressivo indebolimento della vista provoca un arresto sostanziale della sua produzione. Edgard Degas muore nella città natale, ormai completamente cieco, all'età di ottantatrè anni, il 27 settembre 1917. Fonte


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Tazza-rossa-Degas150





Edited by Milea - 25/8/2021, 16:18
 
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view post Posted on 13/8/2014, 16:39     +1   +1   -1
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Il genio dell’assolutezza
Le ossessioni di Degas


Misantropo più che misogino, vuole catturare sempre
la bellezza totale. Superando i precetti impressionisti



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Edgar Degas, Ballerine nella classe di danza, 1880




Con Degas si tocca uno di quei momenti, rari nella vicenda della pittura moderna, in cui una bellezza colma e piena s'unisce ad un'ipostasi di assolutezza; in cui una sapienza antica, accostabile, subito prossima e amica, si stringe in unità indissolubile al destino vicino e lontano della pittura, in una previsione concreta e certissima di quanto verrà. Così è Degas, quando racchiude nella mano la grazia di un passato che lungamente conosce, ha sperimentato ed ama - un passato che ai suoi occhi Ingres impersonava come nessun altro - e insieme il tremore d' una ricerca agra, solitaria, difficile, che, a un certo punto della vita, lo accosterà agli esiti più rivoluzionari di Cézanne maturo, e gli farà presentire Picasso.

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Donna in un catino



Misantropo più che soltanto misogino; incapace di accondiscendere anche per un solo istante, persino nella lunga vecchiaia bisognosa di affetti, alla banalità di un pensiero corrente; incapace di "accorgersi" davvero degli altri, di farsi cingere dalla vita ("Sono anni che non lo si vede più, dopo anni durante i quali lo si ritrovava sempre più scontroso, assoluto e insopportabile. Ha almeno avuto coscienza della guerra?", si chiese, quando Degas nel 1917 moriva, Paul Valéry); incapace di amare veramente altro che non fosse la sua ricerca: così fu Degas. Da quella solitudine armata e tetragona, talvolta amara, ma mai disperata al punto di volerne sfuggire, nacquero i suoi pensieri e le sue immagini: fisse su pochi temi, che - lontano com' era da qualunque assillo di racconto - tornarono quasi identici per tutta la vita: il cavallo, il balletto, il nudo di una donna intenta alla cura più intima del suo corpo.

Paesaggi, pochi: nonostante si fosse schierato e avesse esposto, fin dalla prima loro mostra e sino all'ultima, con gli impressionisti. Ma al contrario dei suoi compagni di strada, Degas nutriva un disinteresse assoluto per l'impressione fuggevole di un attimo, come per la ripetizione testuale del vero ("mai dal vero, giovanotto", gli aveva d' altronde raccomandato Ingres), e irrideva il mito della pittura en plein air. Era stato con loro: ma fu proprio quando l'impressionismo, assalito da Seurat, scemava, che nacque la sua più alta stagione.

Nei primi anni Ottanta, la sapienza della mano è già intera: Degas ha rinunciato ad ogni clamore, a ogni facilità e felicità del colore a favore di un'indagine inesausta sulla luce, che si fa in lui ora soffusa e dilagante, ora vibrata e filante, sempre intensamente legata all'emozione. E ha lasciato cadere la spazialità prospettica ereditata da una secolare tradizione per un fondo che avvolge, interagisce, ansima con le figure di primo piano.


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Ballerine in gonna gialla


Di qui in avanti, lente e non appariscenti saranno le sue ulteriori conquiste, velate proprio dalla fedeltà ai sempre eguali pretesti di figura. Il disegno, quel disegno "italiano" cui tutto, in una giovinezza spesa nella devozione costante al museo, Degas intendeva delegare, si fa vieppiù tremulo e nascosto, inessenziale ormai a definire la forma; la materia, da tempo notturnamente cercata nei fondi dalla tecnica rabdomantica del monotipo, prende a debordare, a dilagare senza cautela per ogni dove; i corpi delle sue nude che si bagnano, che s' asciugano, che si pettinano, lasciano progressivamente ogni facile grazia, e prendono a grandeggiare sulla pagina pittorica, invadendola come sommosse da un misterioso dolore; lo spazio, attorno ad esse, si frantuma, s' impenna, sragiona.


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Dopo il bagno



E qui finalmente, giunto ad un passo dai suoi anni più tardi, minacciato ora concretamente da quella progressiva perdita della vista che era stato uno spavento suo di sempre, Degas dimostra una volta di più tutta la sua grandezza, e la sua modernità: quasi incredibile se si fa il conto di dove, da quale cultura egli ha preso le mosse. Dimostra di non avere, di non volersi dare un'unica via di ricerca, di stile. Sfugge persino alle sue più alte conquiste.


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Lavandaie col mal di denti


Affonda le mani, sempre più spesso, nella cera, nella creta (tutte le sue piccole sculture - che egli non volle mai eternare nel bronzo, nè mai esporre, ma alle quali pure destinava una attenzione forse non meno ossessiva di quella riservata alla pittura, e che furono fuse dopo la sua morte - sono qui a Martigny raccolte), come cercandovi il contraltare al magma indistinto verso cui avviava la pittura; ed anche nella pittura stessa appare talora, adesso - improvviso, inatteso, semmai relegato nell'angolo d' una tela o di una carta - un brusco riavvicinamento all'oggetto, alla durezza e alla saldezza delle cose. Un riavvicinamento che, nella infinita distanza delle due esperienze, accosta questi anni di Degas a quelli non distanti di Cézanne che, proprio mentre enucleava la spazialità franta che avrebbe lasciato in eredità al cubismo e all'età moderna, tornava a confrontarsi, e ad affidarsi, alla realtà.



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La stiratrice




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La tinozza - the tub





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Fonte





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Piccola ballerina di 14 anni




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Ballerina





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Edited by Milea - 25/8/2021, 16:50
 
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