Frida Kahlo, Autoritratti

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Milea
view post Posted on 2/8/2014, 16:15 by: Milea     +6   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Frida Kahlo, Autoritratti



Il 17 settembre 1925 l’autobus diretto a Coyoacán su cui era salita Frida Kahlo con Alejandro Gómez Arias per far ritorno a casa dopo la scuola, si scontrò con un tram. Diverse persone morirono sul colpo e Frida rimase gravemente ferita, tanto che i medici non poterono assicurare che sarebbe sopravvissuta.
L’incidente la costrinse a passare un mese in ospedale e tre a letto. Sebbene in un primo momento sembrasse completamente guarita, in seguito continuò a soffrire di dolori alla colonna vertebrale e al piede destro; inoltre si sentiva sempre spossata.
Circa un anno dopo l’incidente venne mandata nuovamente in ospedale. Fino ad allora non le era stata fatta alcuna radiografia per controllare lo stato della colonna vertebrale. Venne rilevata una frattura alla vertebra lombare, per cui dovette portare per nove mesi, diversi busti di gesso.

In questo periodo scrisse numerose lettere ad Alejandro Gómez Arias, descrivendogli le sue condizioni di semi o totale infermità. Proprio in quei mesi, per vincere la noia e il dolore, cominciò a dipingere. Raccontò un giorno allo storico dell’arte Antonio Rodriguez: “Ritenevo d’avere abbastanza energia per fare qualcos’altro che non fosse studiare per diventare medico. Senza darvi troppa importanza, cominciai a dipingere”.



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“Da molti anni mio padre teneva in un angolo del suo piccolo studio fotografico, una scatola di colori a olio, un paio di pennelli in un vecchio bicchiere e una tavolozza. Gli piaceva dipingere e disegnare paesaggi vicino al fiume Coyoacán, e qualche volta eseguiva litografie al cromo. Già da bambina mi sentivo attratta dalla scatola dei colori, senza saper il perché. Nel periodo in cui dovetti rimanere a lungo a letto approfittai dell’occasione e chiesi a mio padre di darmela. Me la prestò, come un bambino a cui si porta via un giocattolo per darlo al fratello malato.

Mia madre fece preparare da un falegname un cavalletto, se così si può chiamare quell’arnese da applicare al letto, perché il busto di gesso non mi permetteva di stare dritta. Così comincia a dipingere il mio primo quadro, il ritratto di un’amica”.

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Il letto venne ricoperto da un baldacchino, sul cui lato inferiore fu montato un grande specchio, in cui riflettersi e farsi da modello. Così ebbero inizio i numerosi ritratti, decisamente predominanti nell’opera di Frida Kahlo, presenti praticamente in tutti i suoi diversi periodi creativi. Un genere a proposito del quale più tardi avrebbe detto:” Dipingo me stessa perché trascorro molto tempo da sola e perché sono il soggetto che conosco meglio”.

Questa sua affermazione descrive l’elemento più evidente di quasi tutti i suoi autoritratti a figura intera: la pittrice riprende se stessa sullo sfondo, sia questo un misero paesaggio o stanze vuote e fredde, che riflettono la sua solitudine.
Anche gli autoritratti a mezzo busto o del solo volto indicano questa sua sensazione: quando si ritrae a fianco di uno dei suoi animali domestici, sembra una bambina che cerca protezione nell’orsacchiotto o nella bambola.

Questi ritratti a mezzo busto e del volto vengono spesso completati da attributi di significato simbolico. Invece i ritratti a figura intera, spesso integrati da una rappresentazione scenica, presentano soprattutto elementi tratti dalla vita dell’artista: il rapporto col marito Diego Rivera, le sue condizioni fisiche, l’incapacità di portare a termine una gravidanza, come pure la sua filosofia di vita e la sua concezione della natura e del mondo.

Con queste rappresentazioni molto personali, ella infranse i tabù riguardanti soprattutto il corpo e a sessualità femminili. Già negli anni cinquanta Diego Rivera aveva dichiarato che ella era “la prima donna nella storia dell’arte ad aver affrontato con assolta e inesorabile schiettezza, si potrebbe dire in modo spietato me nel contempo pacato, quei temi generali e particolari che riguardano esclusivamente le donne”.


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Il lungo periodo che trascorse costretta a letto, le diede l’opportunità di confrontarsi con la sua immagine allo specchio. Questo tipo di autoanalisi si verificò in un momento in cui, sfuggita alla morte, cominciava a scoprire e vivere il suo mondo in modo nuovo e più consapevole:” Da quel momento fui ossessionata dall’idea di cominciare daccapo, di dipingere le cose proprio come le vedevo e nient’altro” dichiarò a Rodríguez.
E la fotografa Lola Alvarez Bravo osservò che, dipingendo, la pittrice aveva cominciato quasi una nuova vita e che l’incidente era stato una specie di rinascita in cui s’era rinnovato il suo amore per la natura, per gli animali, per i colori e per i fiori, per tutto ciò che era bello e positivo.

Gli autoritratti l’aiutarono a farsi un’immagine della propria persona e a ricrearla sia nell’arte sia nella vita, per trovare una nuova identità. Questa può forse spiegare perché gli autoritratti presentano solo piccole differenze. Con il volto sempre uguale, come una maschera che quasi non lascia trapelare alcun sentimento e stato d’animo, l’artista volge lo sguardo verso lo spettatore. I suoi occhi, sovrastati dalle sopracciglia scure, particolarmente marcate, che si uniscono alla radice del naso come ali d’uccello, sono di grande effetto. (M.@rt)







Edited by Milea - 13/7/2021, 14:28
 
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