Pearl - Janis Joplin, Janis Joplin: sepolta viva nel blues

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view post Posted on 8/6/2014, 16:09     +2   +1   -1
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PEARL
Janis Joplin


Con Pearls, Janis Joplin realizzò finalmente un album solista degno della sua possente voce da cantante blues. Aveva avuto il suo primo Numero 1, "Cheap Thrills", come cantante solista dei Big Brother and the Holding Company, e nel 1969 aveva realizzato un ineguale debutto solista con "I Got Dem Ol'Kozmic Blues Again Mama!". Ma Pearl era più intimo e convinto, e liberava il suo lamento tipicamente texano nel pezzo country-soul "Get It While You Can" e nello scherzo hippie gospel "Mercedes Benz". "Me and Bobby McGee" le diede un singolo da Numero 1, ma Janis non visse abbastanza per godersi il trionfo. Morì di overdose nel 1970, prima del completamento dell'album. Aveva solo 27 anni. (Mar L8v)


Janis Joplin appartiene alle grandi vite bruciate dal rock. Ma mai come in questo caso si può parlare di una commistione pressoché totale tra vita e musica. Janis Joplin è poco più che la sua voce e la sua disperazione. Accompagnata da vari complessi (Big Brother & The Holding Company, Kozmic Blues Band e per ultima la Full-Tilt Boogie Band) nel corso della sua (breve) carriera si è servita del blues-rock come mezzo più fruibile e immediato (e anche più adatto) per dar sfogo alle sue frustrazioni, al suo essere incompresa e alla sua insoddisfazione, dando vita a performance incendiarie, ululanti, con la voce che si piega, si rabbonisce, sbraita, si fa dolce, è sempre sul punto di morire, ma continua a gridare, struggente, melodrammatica, autocompiaciuta. E' la voce di chi si sente sola, di chi in quel corpo c'è finita per sbaglio. Il 3 ottobre 1970 muore a 27 anni per overdose, dopo aver raggiunto la consacrazione prima al festival di Monterey nel 1967 e poi a Woodstock nel 1969. Postumo, a pochi mesi dalla scomparsa, esce "Pearl", disco che era in cantiere con la Full-Tilt Boogie Band, lavoro più rappresentativo e punto più alto della produzione dell'artista texana. Lo apre "Move Over", uno dei pochi pezzi scritti dalla stessa Joplin. E' blues-rock, acido, sguaiato, pestato. La band è in grande evidenza (e ottima forma), batteria a scandire il passo, chitarra a intonare la melodia, la voce della Joplin che si rompe a ogni frase, poi piano, basso e organo incendiario la lanciano su, su, fino a sfuocare, sempre più rotta. E' l'emblema di come un pezzo canonico per quanto di buona fattura viene trasfigurato (e nobilitato) dall'interpretazione della Joplin. "Cry Baby" è la canzone più famosa del repertorio, ed è anche la migliore: un gospel in cui tutto lo smarrimento e la rabbia vengono letteralmente sputati fuori. I crescendo di piano e batteria fanno da preludio e accompagnano le urla dell'interprete che aggredisce il mondo (e il pubblico che ha di fronte, che lo incarna), pur senza avere la forza di vincerlo. "Cry Baby" è un rituale, è una catarsi: è il corpo che prende possesso di sé e urla fino a distruggersi, finché non resta solo il silenzio a rimbombare in uno spazio vuoto. In "A Woman Left Lonely", retta dalle tastiere (piano e organo), con la band che si limita ad accompagnare, si può ravvisare una fonte di ispirazione per le canzoni di "Tapestry" di Carole King (che uscirà poco dopo): ma ancora una volta a fare la differenza (stavolta di tono più che di qualità, dato il livello, anch'esso molto alto, del disco della King) è la voce che urla, si strazia, si dispera: le canzoni di "Pearl" sono cammini in cerca di redezione. Con "Half-Moon" torna il blues-rock più classico, con percussioni alla Santana a fare da compagne di viaggio. Il pezzo può fregiarsi di uno dei ritornelli (ancora una volta scandito dal piano) più indovinati della carriera della Joplin. Il finale invece, con saliscendi di musica e voce è valore aggiunto (a valore). "Buried Alive in the Blues" è una strumentale acida, con guizzi di chitarre e organo, di buona fattura, ad alto ritmo: accade però che paradossalmente è proprio quando gli strumenti divengono unici protagonisti (come nei vari assoli della band) che le cose si fanno meno interessanti. Una paradisiaca cascata di note di piano e organo con contrappunto di chitarra aprono "My Baby", che una melodia, certo non da meno, trascina in un coro gospel immortale, con la roca, grezza e ancor più struggente leader a conferire momenti di pura religiosità al tutto. Attraverso la rivisitazione di "Me and BobbyMcGee", che guadagna parecchio in fatalismo, si prosegue quella strada verso la redenzione fino a giungere così a una tappa fondamentale, ovvero "Mercedes Benz". Una preghiera per sola voce e con le mani che tengono il tempo, durata due minuti scarsi. La Joplin chiama tutti a intonarla con lei ("everybody") ma l'unica voce che risuona è la sua. Praticamente un testamento. Prosieguo migliore dell'eterea (ancora una volta è il piano a determinare l'effetto) "Trust Me" non poteva essere concepito. E' la canzone più aperta del disco e con essa la Joplin, anziché urlare al (contro il) mondo, si concede, tenera. Chiude il tutto "Get It While You Can", epica, con la voce che trova in sé il suo rilancio, la sua forza, mentre la band amalgamata la sospinge, la innalza (si può sentire anche una chitarra sempre più acuta, alla Verlaine, circa un minuto, minuto e mezzo prima del gran finale) e la porta in cielo. Dove tuttora, a oltre trent'anni di distanza risiede. credits

Tracce: [ASCOLTA L'ALBUM]

Move Over - 3:43
Cry Baby - 3:58
A Woman Left Lonely - 3:29
Half Moon - 3:53
Buried Alive in the Blues - 2:29
My Baby - 3:26
Me and Bobby McGee - 4:33
Mercedes Benz - 1:48
Trust Me - 3:17
Get It While You Can 3:27


Pearl:

Pubblicazione - 11 gennaio 1971
Durata - 34:10
Dischi - 1
Tracce - 10
Genere - Rock
Etichetta - Columbia Records
Produttore - Paul A. Rothchild
 
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