| CESARE PAVESE - LE POESIE
The cats will know
Ancora cadrà la pioggia sui tuoi dolci selciati, una pioggia leggera come un alito o un passo. Ancora la brezza e l'alba fioriranno leggere come sotto il tuo passo, quando tu rientrerai. Tra fiori e davanzali i gatti lo sapranno.
Ci saranno altri giorni ci saranno altre voci. Sorriderai da sola. I gatti lo sapranno Udirai parole antiche parole stanche e vane come i costumi smessi delle feste di ieri.
Farai gesti anche tu. Risponderai parole - viso di primavera, farai gesti anche tu.
I gatti lo sapranno, viso di primavera; e la pioggia leggera, l'alba color giacinto, che dilaniano il cuore di chi più non ti spera, sono il triste sorriso, che sorridi da sola, Ci saranno altri giorni, altre voci e risvegli, Soffriremo nell'alba, viso di primavera.
Notturno
La collina è notturna, nel cielo chiaro. Vi s'inquadra il tuo capo, che muove appena e accompagna quel cielo. Sei come una nube intravista fra i rami. Ti ride negli occhi la stranezza di un cielo che non è il tuo.
La collina di terra e di foglie chiude con la massa nera il tuo vivo guardare, la tua bocca ha la piega di un dolce incavo tra le coste lontane. Sembri giocare alla grande collina e al chiarore del cielo: per piacermi ripeti lo sfondo antico e lo rendi più puro.
Ma vivi altrove. Il tuo tenero sangue si è fatto altrove. Le parole che dici non hanno riscontro con la scabra tristezza di questo cielo. Tu non sei che una nube dolcissima, bianca impigliata una notte fra i rami antichi.
Lavorare stanca
I due, stesi sull'erba, vestiti, si guardano in faccia tra gli steli sottili: la donna gli morde i capelli e poi morde nell'erba. Sorride scomposta, tra l'erba. L'uomo afferra la mano sottile e la morde e s'addossa col corpo. La donna gli rotola via. Mezza l'erba del prato è così scompigliata. La ragazza, seduta, s'aggiusta i capelli e non guarda il compagno, occhi aperti, disteso.
Tutti e due, a un tavolino, si guardano in faccia nella sera, e i passanti non cessano mai. Ogni tanto un colore più gaio li distrae. Ogni tanto lui pensa all'inutile giorno di riposo, trascorso a inseguire costei, che è felice di stargli vicina e guardarlo negli occhi. Se le tocca col piede la gamba, sa bene che si danno a vicenda uno sguardo sorpreso e un sorriso, e la donna è felice. Altre donne che passano non lo guardano in faccia, ma almeno si spogliano con un uomo stanotte. O che forse ogni donna ama solo chi perde il suo tempo per nulla.
Tutto il giorno si sono inseguiti e la donna è ancor rossa alle guance, dal sole. Nel cuore ha per lui gratitudine. Lei ricorda un baciozzo rabbioso scambiato in un bosco, interrotto a un rumore di passi, e che ancora la brucia. Stringe a sè il mazzo verde - raccolto sul sasso di una grotta - di bel capevenere e volge al compagno un'occhiata struggente. Lui fissa il groviglio degli steli nericci tra il verde tremante e ripensa alla voglia di un altro groviglio, presentito nel grembo dell'abito chiaro, che la donna gli ignora. Nemmeno la furia non gli vale, perché la ragazza, che lo ama, riduce ogni assalto in un bacio c gli prende le mani.
Ma stanotte, lasciatala, sa dove andrà: tornerà a casa rotto di schiena e intontito, ma assaporerà almeno nel corpo saziato la dolcezza del sonno sul letto deserto. Solamente, e quest'è la vendetta, s'immaginerà che quel corpo di donna, che avrà come suo, sia, senza pudori, in libidine, quello di lei.
Fumatori di carta
Mi ha condotto a sentir la sua banda. Si siede in un angoloe imbocca il clarino. Comincia un baccano d'inferno. Fuori, un vento furioso e gli schiaffi, tra i lampi, della pioggia fan si che la luce vien tolta, ogni cinque minuti. Nel buio, le facce danno dentro stravolte, a suonare a memoria un ballabile. Energico, il povero amico tiene tutti, dal fondo. E il clarino si torce, rompe il chiasso sonoro, s'inoltra, si sfoga come un'anima sola, in un secco silenzio.
Questi poveri ottoni son troppo sovente ammaccati: contadine le mani che stringono i tasti, e le fronti, caparbie, che guardano appena da terra. Miserabile sangue fiaccato, estenuato dalle troppe fatiche, si sente muggire nelle note e l'amico li guida a fatica, lui che ha mani indurite a picchiare una mazza, a menare una pialla, a strapparsi la vita.
Li ebbe un tempo i compagni e non ha che trent'anni. Fu di quelli di dopo la guerra, cresciuti alla fame. Venne anch'egli a Torino, cercando una vita, e trovò le ingiustizie. Imparò a lavorare nelle fabbriche senza un sorriso. Imparò a misurare sulla propria fatica la fame degli altri, e trovò dappertutto ingiustizie. Tentò darsi pace camminando, assonnato, le vie interminabili nella notte, ma vide soltanto a migliaia i lampioni lucidissimi, su iniquità: donne rauche, ubriachi, traballanti fantocci sperduti. Era giunto a Torino un inverno, tra lampi di fabbriche e scone di fumo; e sapeva cos'era lavoro. Accettava il lavoro come un duro destino dell'uomo. Ma tutti gli uomini lo accertassero e al mondo ci fosse giustizia. Ma si fece i compagni. Soffriva le lunghe parole e dovette ascoltarne, aspettando la fine. Se li fece i compagni. Ogni casa ne aveva famiglie. La città ne era tutta accerchiata. E la faccia del mondo ne era tutta coperta. Sentivano in sè tanta disperazione da vincere il mondo.
Suona secco stasera, malgrado la banda che ha istruito a uno a uno. Non bada al frastuono della pioggia e alla luce. La faccia severa fissa attenta un dolore, mordendo il clarino. Gli ho veduto questi occhi una sera, che soli, col fratello, più triste di lui di dieci anni, vegliavamo a una luce mancante. Ii fratello studiava su un inutile tornio costruito da lui. E il mio povero amico accusava il destino che li tiene inchiodati alla pialla e alla mazza a nutrire due vecchi, non chiesti.
D'un tratto gridò che non era il destino se il mondo soffriva, se la luce del sole strappava bestemmie: era l'uomo, colpevole. Almeno potercene andare, far la libera fame, rispondere no a una vita che adopera amore e pietà, la famiglia, il pezzetto di terra, a legarci le mani.
Sei venuta di marzo
Sei la vita e la morte. Sei venuta di marzo sulla terra nuda il tuo brivido dura. Sangue di primavera anemone o nube il tuo passo leggero ha violato la terra. Ricomincia il dolore.
Il tuo passo leggero ha riaperto il dolore. Era fredda la terra sotto povero cielo, era immobile e chiusa in un torpido sogno, come chi più non soffre. Anche il gelo era dolce dentro il cuore profondo. Tra la vita e la morte la speranza taceva.
Ora ha una voce e un sangue ogni cosa che vive. Ora la terra e il cielo sono un brivido forte, la speranza li torce, li sconvolge il mattino, li sommerge il tuo passo, il tuo fiato d'aurora. Sangue di primavera, tutta la terra trema di un antico tremore.
Hai riaperto il dolore. Sei la vita e la morte. Sopra la terra nuda sei passata leggera come rondine o nube, e il torrente del cuore si è ridestato e irrompe e si specchia nel cielo e rispecchia le cose e le cose, nel cielo e nel cuore soffrono e si contorcono nell'attesa di te.
È il mattino, è l'aurora, sangue di primavera, tu hai violato la terra. La speranza si torce, e ti attende ti chiama. Sei la vita e la morte. Il tuo passo è leggero.
Indifferenza
E’ sbocciato quest’odio come un vivido amore dolorando, e contempla se stesso anelante. Chiede un volto e una carne, come fosse un amore. Sono morte la carne del mondo e le voci che suonavano, un tremito ha colto le cose; tutta quanta la vita è sospesa a una voce. Sotto un’estasi amara trascorrono i giorni alla triste carezza della voce che torna scolorendoci il viso. Non senza dolcezza questa voce al ricordo risuona spietata e tremante: ha tremato una volta per noi. Ma la carne non trema. Soltanto un amore la potrebbe incendiare, e quest’odio la cerca. Tutte quante le cose e la carne del mondo e le voci, non valgono l’accesa carezza di quel corpo e quegli occhi. Nell’estasi amara che distrugge se stessa, quest’odio ritrova ogni giorno uno sguardo, una rotta parola, e li afferra, insaziabile, come fosse un amore.
Hai mai conosciuto una persona che fosse molte cose in una, le portasse con sè, che ogni suo gesto, ogni pensiero che tu fai di lei racchiudesse infinite cose della tua terra e del tuo cielo, e parole, ricordi, giorni andati che non saprai mai, giorni futuri, certezze,e un’altra terra e un altro cielo che non ti è dato possedere?
(Dialoghi con Leucò )
Tu eri la vita e le cose. In te desti respiravamo sotto il cielo che ancora è in noi. Non pena non febbre allora, non quest’ombra greve del giorno affollato e diverso. O luce, chiarezza lontana, respiro affannoso, rivolgi gli occhi immobili e chiari su noi. È buio il mattino che passa senza la luce dei tuoi occhi.
( Dove sei tu,luce )
Si resiste a star soli finché qualcuno soffre di non averci con sé... ( Il carcere ) Hai viso di terra scolpita, sangue di terra dura, sei venuta dal mare. Tutto accogli e scruti e respingi da te come il mare. Nel cuore hai silenzio, hai parole inghiottite. Sei buia. Per te l'alba è silenzio...
( 5 Novembre '45 )
Ritroverai le nubi e il canneto, e le voci come un'ombra di luna...
( 30,31 Ottobre '45 )
Ti ho sempre soltanto veduta, senza parlarti mai, nei tuoi istanti più belli. Ma ho l'anima ormai tanto tesa, schiantata dalla tua figura, che non trovo più pace al suo brivido atroce. E non posso parlarti, nemmeno avvicinarmi, ché cadrebbero tutti i miei sogni. Oh se tale è il tremore orribile che ho nell'anima questa notte, e non ti conoscerò mai, che cosa diverrebbe il mio povero cuore sotto l'urto del sangue, alla sublimità di te? Se ora mi par di morire, che vertigine folle, che palpiti moribondi, che urli di voluttà e di languore mi darebbe la tua realtà? Ma io non posso parlarti, e nemmeno avvicinarmi: nei tuoi istanti più belli ti ho sempre soltanto veduta, sempre soltanto sognata.
(Ti ho sempre soltanto veduta )
Piove senza rumore sul prato del mare. Per le luride strade non passa nessuno... Si direbbe un paese sommerso.. S'accende una luce tra le imposte accostate nella casa annerita.
( Tolleranza )
Sorridere è vivere come un'onda o una foglia, accettando la sorte.
( Dialoghi con Leucò )
Nell'estasi amara che distrugge se stessa, quest'odio ritrova ogni giorno uno sguardo, una rotta parola, e li afferra, insaziabile, come fosse un amore.
( Indifferenza )
Bisognerebbe avere il coraggio di svegliarsi... e trovare se stessi.
( La spiaggia )
Nell'ansia dell'alba, che verrà d'improvviso incidendo le cose... L'inutile luce svelerà il volto assorto del giorno. Gli istanti taceranno. E le cose parleranno sommesso.
( All'amico che dorme )
Compare una nube soda e bianca, che indugia, nel quadrato del cielo... Viandanti tranquilli vanno lungo quel fiume e nessuno s'accorge della piccola nube.
( Una nuvola in cielo )
Stella sperduta nella luce dell'alba, cigolio della brezza, tepore, respiro è finita la notte. Sei la luce e il mattino...
( In the morning you always come back )
Edited by Milea - 15/7/2021, 11:02
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