Siena, 16 agosto 2013: il Palio dell'Assunta, Il cencio è opera di Cesare Olmastroni e Cecilia Rigacci

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Milea
view post Posted on 10/8/2013, 22:54 by: Milea     +2   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Il Drappellone per il Palio dell’Assunta:
la presentazione di Margherita Anselmi Zondadari





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"Signor Sindaco, Autorità, Onorandi Priori, Capitani, Contradaioli, è con grande gioia che stasera sono qua con l’onore di presentare il Palio del 16 Agosto 2013. Ho avuto tante emozioni derivatemi dalle varie occasioni pubbliche nella mia carriera di storica dell’arte, ma presentare il Palio ha mosso dentro di me una quantità di sensazioni incredibili come amante delle arti ma soprattutto come senese e contradaiola.
Ho qui accanto a me i due artisti, due miei cari amici, che lo scorso anno hanno deciso di realizzare insieme il bozzetto per il concorso dell’esecuzione del Palio e insieme sono arrivati all’esito di trasportare la magia della loro capacità artistica nel drappellone di quest’anno.

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Da quando mi hanno comunicato che avevano scelto me per presentare questo Palio, mi sono spesso domandata come i due artisti avrebbero potuto realizzare quest’opera a quattro mani, ma non riuscivo a darmi una risposta. Negli anni passati era già successo che un drappellone fosse eseguito a più mani, ma gli artisti avevano specificità tecniche diverse, non era mai capitato che due pittori condividessero questa esperienza.

In una fredda mattina di una primavera senese che tardava a venire, mi hanno rivelato la soluzione: il Palio avrà una doppia facciata. In un momento particolarmente difficile per la nostra città, questo drappellone avrà due volti come un novello Giano bifronte, antica divinità romana con un volto che guarda al passato ed uno al futuro e così anche il nostro Palio ci dovrà portare avanti, ma sempre tenendo presente il nostro passato. Questo Palio è una magnifica medaglia di Siena dove le due facce si alimentano continuamente della forza che viene ora dall’una, ora dall’altra, in un continuo muoversi in cerchio partendo da un punto per tornare da dove siamo partiti, dove l’asta non interrompe il dialogo tra le due metà. Due facciate diverse l’una dall’altra che rivelano sia la differente formazione dei due pittori, che le loro diversità stilistiche.

Per la prima volta il Comune consegnerà alla Contrada vincitrice un Palio composto da due sete
, tenute insieme da due nastri, uno bianco, l’altro nero come la Balzana senese, che scorrono all’interno delle asole abilmente ricamate dalla sarta del Comune e che fondono in un unicum l’opera. Due facce dunque di una stessa medaglia, dove non c'è una linea di demarcazione, dove finisce la prima, comincia l’altra e viceversa, come un gioco di specchi.

E’ interessante notare come, nella varietà dei motivi decorativi utilizzati dai due artisti per illustrare il drappellone, si ritrovi uno stesso fondo comune dove l’assenza di una dedica esplicita del Palio riporta alle origini, a quando il cencio era solo ed esclusivamente simbolo di devozione alla Madonna, il tutto però imperniato da una interessante modernità.

Siena ha scelto Maria Santissima come protettrice della Repubblica Senese e per questo è stata definita “Civitas Virginis”
; la festa di mezz’Agosto risale a Siena al XII secolo e già a quel tempo si festeggiava con una corsa di cavalli appartenenti a nobili senesi e stranieri. Al vincitore della gara veniva assegnato in premio un pregiato Pallium che dette poi il nome alla gara e alla festa, Palio che veniva poi offerto alle chiese della città. Fu però solo verso la metà del Seicento che comparirà il Pallium con l’effige di Maria Assunta in cielo e questa iconografia proseguirà fino ai giorni nostri, sebbene con notevoli diversità stilistiche. Ed invariato troviamo il legame che c’è tra il Palio e la devozione alla Vergine Santissima, grande, vera, autentica, sentita protettrice della città e del suo Stato, ora come allora. Un Palio di pura senesità, questo, per ogni elemento che lo compone e per quello che fa intuire.

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L’opera realizzata da Cesare Olmastroni ci colpisce, fin dal primo istante che ci si presenta davanti, per il soggetto primario che la pervade tutta, sottolineando il messaggio sacro, religioso, teologico a cui l’immagine del drappellone rimanda.
Nella casa di Cesare, dove ho visto il Palio per la prima volta, si respira arte, cultura, amicizia, quell’amicizia che mi lega a lui da tanti anni. Mi venne spontaneo di chiedergli che effetto gli facesse dipingere un Palio a 31 anni dall’esecuzione dell’altro. Lui mi spiegò che oggi si sente profondamente cambiato, vede la sua pittura in maniera diversa, influenzata soprattutto dalla quarantennale collaborazione con il Comune di Siena per il quale ha avuto sempre, sotto gli occhi e sotto le mani, i vari drappelloni, anche di artisti famosi, alcuni dei quali aveva anche dovuto ritoccare.

Cesare mi mise di spalle alla sua opera, attesi, lui scoprì a poco a poco il cencio togliendo i vari fogli di carta da pacchi che lo avevano celato alla mia vista, sentivo il rumore che mi intrigava e faceva nascere sempre di più dentro di me una curiosità incredibile, ma aspettai fino a che non mi chiamò. Mi girai e … il Palio era già pronto. Stupendo fin dal primo sguardo, non ebbi dubbi: “Siena città della Vergine”, Cesare ha saputo far rivivere nel suo Palio questo momento della storia senese, una splendida Madonna ammantata di un tessuto particolarissimo e preziosissimo, il tessuto urbano della città di Siena.

La presenza della Madonna apparentemente invade tutto il drappellone, presenza viva e materna che intercede per l’universo, personaggio femminile terrestre e celeste, espressione e personificazione di una qualità soprannaturale.
Maria Assunta maternamente protegge dall’alto la sua città che le si stringe attorno, nella caratteristica espressione delle sue strade e dei suoi palazzi, delle sue chiese più belle e dei suoi tetti, come se i popoli delle Contrade, che si uniscono festosi e devoti attorno a lei, volessero ritrovare il motivo e l’aiuto a superare le contese contradaiole e anche cittadine.

Non è la solita Madonna seduta o appoggiata, i suoi piedi sono nascosti dal manto, è sospesa in aria. Il suo volto è dolce, chi lo osserva si trova immerso nello sguardo di Maria, la cui luminosità contrasta con l’incarnato del suo viso. Di grande fascino è la fresca bellezza della Madonna, dal volto dolce e dai grandi occhi scuri, secondo lo stile tipico delle figure femminili ritratte dall'artista. La sua espressione è tenera e serena, caratterizzata dalla venustà e dalla purezza dei suoi tratti somatici. Il manto risalta per i suoi colori vivaci, la rappresentazione del suo potere è chiaramente soverchiante, ha qualcosa di forte e portatore di significato. Il concetto più profondo di questa immagine della Madonna ammantata è al tempo stesso semplice e profondo. L’atteggiamento rappresenta una forza straordinaria, come mitigata però da una tenerezza e da una grazia limpida.


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L’aureola ne esalta la bellezza del volto e la sua importanza con l’oro a rialzo su cui spiccano le magiche lettere della dedica alla città e la data del Palio. Sullo stesso tema anche la rappresentazione delle Contrade che non sono fissate attraverso i loro colori ma con la raffigurazione di un luogo, simbolo del loro territorio. Sottolineo questa accurata presentazione della città perché Cesare ha saputo cogliere, con raffinata semplicità, i luoghi storici che rappresentano, in sintesi, le nostre Contrade. Indubbiamente Cesare Olmastroni è un pittore nel senso più alto del termine, anche se lui ama definirsi “un operaio del pennello”. Basta pensare alla sua produzione nella quale emerge sempre una rara perizia artistica, in cui manifesta un grande interesse per le numerose tecniche espressive. La passione per la pittura, cominciata in tenera età ed alimentata da uno zio scultore, è proseguita nel tempo dandogli grandi soddisfazioni personali e professionali passando dalle frequentazioni con Vittorio Zani, dal quale apprese i più bei segreti del dipingere, fino ad arrivare al suo impegno con il Comune di Siena, per il quale ha seguito importanti restauri e collaborazioni di mostre in città e all’estero.

La pittura di Cecilia Rigacci è un’opera essenziale nel primo acchito ma che fa emergere numerosi motivi non visibili da subito ma dopo un attento esame delle parti rappresentate, dopo una riflessione pacata delle immagini.
Un sincretismo magico-sacrale senese coinvolge la sua pittura, dove la devozione mariana, tanto radicata nell’animo dei senesi, è rappresentata con cultura e sentimento. Le immagini nascondono un significato profondo che pervade tutta l’opera: il legame intenso tra la Madonna Assunta, le Contrade e Siena dove la Vergine è in alto, ma in una dimensione ridotta rispetto all’altra metà per dare spazio ad un paggio vestito dei colori di Siena che le porge un cuscino dove sono appoggiati i doni più preziosi che la città possiede: le 17 Contrade. Fieramente eretto e dal movimento virtuoso, il paggio si staglia con energia verso la Vergine. I suoi piedi sono saldamente poggiati a terra, come per confermare la sua dimensione terrena e la sua appartenenza alla città. Le Contrade sono 17 per completare il cerchio ma solamente le 10 che si apprestano a correre in Piazza del Campo sono realizzate di una dimensione maggiore.


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E’ un’opera dal profondo significato simbolico dove la Madonna è rappresentata con regalità, con solennità, con trascendenza, dove il legame che la unisce alla città che tanto la solennizza, nasce dal forte attaccamento della pittrice alla sua città; non a caso Cecilia è l’addetta al Museo della sua Contrada. Dire solo questo delle capacità artistiche di Cecilia Rigacci, che ha avuto come mentore un uomo dalla personalità poliedrica come Enzo Cesarini, è riduttivo, ma ahimè, il tempo è tiranno, e rammenterò solo ulteriormente il Palio di Piancastagnaio da lei dipinto nel 2009.

Ciò che caratterizza quest’opera è il trasporto religioso che la pervade, dove si nota un leggero assottigliarsi del divario, della separazione tra la parte alta e la parte bassa del drappellone, dalla fusione tra trascendente e immanente. La luce diffusa sembra abbracciare i due settori, quello terrestre e quello celeste che viene toccato dal primo e da esso invaso in un lento sfumarsi, come un desiderio inconscio di accorciare le distanze con la Madonna che è seduta regalmente con un bel volto dolce rivolto a guardare avanti a sé. Campeggia nella parte alta del cencio dolcissima dai colori madreperlacei, tenui e delicatissimi. Una stella a otto punte campeggia sopra l’aureola a simboleggiare le otto beatitudini.

Le scritte sono molto significative in quest’opera e rendono ancora più dense di ispirazione le immagini raffigurate.
E’ insomma un Palio metafisico, che va al di là di quello che le persone vorrebbero vedere, Cecilia accenna alle immagini, conferendogli anche altri significati.

La prima figura dominante è il paggio che viene raffigurato in Cattedrale
, il luogo sacro della città per eccellenza, della quale in basso a destra, si intravedono le colonne. Cattedrale dedicata tra l’altro proprio all’Assunta ed è da qui che viene innalzata l’offerta del paggio che si eleva in uno slancio composto e generoso nell’atto di offrire il voto; la Vergine sembra incoraggiarlo ad avere fiducia in sé e a andare oltre le sue intenzioni, una Vergine che non è in trono, non è regale perché vuole essere vicina al suo popolo. Il paggio, con la sua consapevolezza di sé, ha trovato le energie per esporsi verso la Madonna che sembra aspettare il suo dono prezioso, come Siena che in questo momento deve trovare le sue motivazioni per affrontare il suo futuro.



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Questa figura, dai tratti volutamente non definiti, rappresenta Siena nell’atto di offrire un cuscino in cui sono rappresentate, come cammei preziosi, tutte e 17 le Contrade; ognuno di questi stemmi contiene, al suo interno, le sete originali delle 17 contrade che sono state offerte dai rispettivi rioni. Caratteristica di questi emblemi è che sono contornati da una fila di perle autentiche. Siena dunque offre se stessa attraverso il simbolo delle Contrade che sono la sua stessa anima. All’offerta che Siena fa di se stessa, la Vergine risponde donando “l’essenziale della fede” ossia il Verbo fatto Carne, l’Eucarestia. Maria infatti mostra un’ostia che tiene tra le sue mani, o meglio, che esce dal suo cuore, è il frutto del suo grembo, è l’offerta di suo figlio.

Due facciate quindi, diverse stilisticamente ma allo stesso tempo così uguali nel contenuto espresso in maniera diversa, quello di Cesare con una pittura più immediata, estremamente comunicativa ed efficace, quello di Cecilia molto interiore, metafisico in cui sono presenti una molteplicità di elementi che si palesano a mano a mano che si guarda il dipinto.

Entrambi pervasi da un forte dinamismo ed una grande energia, da un vivo desiderio di rivalsa e in un anelito verso la Madonna alla quale, ribadendo lo stretto legame con Siena, viene chiesto un aiuto per superare questi momenti difficili per la città; ed è qui che riprendo il Giano bifronte citato all’inizio di questa mia presentazione, e anch’io, tornando al punto da cui avevo cominciato, ripeto che questo è un Palio la cui doppia facciata tiene uno sguardo al nostro passato e ai nostri valori e uno sguardo verso un futuro nuovo, glorioso ma profondamente legato alla nostra storia.

Colgo l’occasione per ringraziare sentitamente Carlo Fini, un grande senese la cui dotta consulenza mi è sempre stata di grande aiuto e Don Paolo Morocutti che mi ha guidato nell’interpretazione religiosa di questo drappellone.
Sia che il nostro futuro, senza dimenticare le glorie del passato, sappia orientarsi verso alte mete a maggior gloria di questa città, di cui ci interessa certo quello che è stata, ma anche quello che sarà in grado di essere nel tempo che verrà". Cesare Olmastroni



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CURRICULUM VITAE DI CESARE OLMASTRONI



Sono nato a Fonterutoli con il pennello in mano, anzi, con le matite Giotto, quelle sulla cui piccola scatolina erano raffigurate delle pecore, tra cui una che il maestro fiorentino dipinse sulla pietra. Quando ho cominciato a frequentare la scuola sono stato incoraggiato nel seguire la mia passione da uno zio scultore.
Qualche anno dopo la guerra, mi imbattei in una cassetta di legno dimenticata dai soldati americani fra i residui bellici e decisi che sarebbe diventata il mio laboratorio-studio portatile. Così, iniziai a riempirla di numerosi fagottini di carta gialla al cui interno sistemavo le terre colorate: giallo, rosso ossido, terra d’ombra bruciata e naturale, nero, celeste, il bianco ricavato da un piccolo barattolo di cementite, olio di lino e acquaragia.

Con questa cassetta mi spostavo, girovagando nei dintorni di Fonterutoli e San Leonino, alla ricerca dei miei primi soggetti; spesso si trattava di vecchie case coloniche che ai miei occhi apparivano bellissime, sebbene alcune di esse non fossero proprio ben conservate, tanto da essere state rattoppate qua e là con dei fogli di cartone al posto delle vetrate sbrecciate.
Fu proprio durante una di queste scampagnate che ebbi l’occasione di conoscere, nei pressi di San Leonino, Vittorio Zani. Lui sì che era un pittore vero! Ricordo che dipingeva ogni giorno alla medesima ora pur di essere certo di trovare la stessa luce. La sua cassetta era molto più leggera della mia, conteneva preziosi colori ad olio nei loro tubetti, numerosi pennelli, un cavalletto, la tavolozza e perfino la seggiola di tela che si apriva e si chiudeva all’occorrenza! Da lui, col quale, in seguito, ho instaurato un bel rapporto di amicizia, posso certamente dire di aver imparato molti segreti.
Più tardi, nel 1958, ho iniziato il mio percorso come apprendista presso la Basilica di San Domenico, a Siena, quando ancora era dipinta a strisce bianche e nere in finto marmo. Un vecchio maestro, poi, mi ha guidato tra gli affreschi del Sodoma nella Cappella di Santa Caterina ed in seguito ho dato il mio contributo durante il restauro dei soffitti delle cappelle e della navata centrale della Cattedrale di Pio II a Pienza.

Qualche tempo dopo fui assunto dal Comune di Siena ed ebbi il piacere di conoscere una personalità che non dimenticherò mai, l’allora Direttore del Museo Civico, il professor Aldo Cairola. Questi riconobbe ben presto le mie inclinazioni, mi rassicurò e mi disse che probabilmente ci sarebbe stato un concorso interno per decoratore e così la mia vita professionale cambiò in meglio, allargandosi a nuovi orizzonti e a stimolanti avventure. Tutto è iniziato con il restauro delle Balze nelle sale del Museo Civico e con quello degli interni di Palazzo Patrizi, proseguendo poi con il ringiovanimento cui furono sottoposti entrambi i maggiori teatri cittadini, i Rinnovati negli anni Ottanta ed i Rozzi nel decennio successivo, ai quali sono onorato di aver preso parte. In quegli anni, inoltre, ho collaborato all’allestimento di tutte le mostre presentate presso i Magazzini del Sale ed il vecchio Spedale del Santa Maria della Scala. Ho perfino provato la soddisfazione di vedere allestite, nel corso del tempo, due esposizioni personali, una presentata dal professor Cairola negli spazi della Fortezza Medicea e l’altra nel suggestivo scenario della Rocca di Castellina in Chianti. La propensione del Comune ad allargare il proprio raggio d’azione mi ha permesso altresì di costituire parte integrante, con certi miei lavori, di alcune mostre collettive di pittori senesi tenute all’estero, quali quelle ospitate nelle città gemellate di Avignone, in Francia, e di Wetzlar, in Germania. In quest’ottica si colloca anche il contributo che ho dato per curare gli allestimenti del Tesoro del Santa Maria della Scala in varie esposizioni internazionali: a Bruxelles, a Colonia, a Weimar, ad Amiens. Poi, nel 2000, ho dipinto un fondale del Teatro di Bastia, in Corsica, dove illustravo uno scorcio di Siena secondo la prospettiva che se ne fruisce osservandola dall’interno di una trifora del Palazzo Pubblico.

La mia attività dentro al Comune si è snodata talvolta anche in direzione del restauro artistico di alcuni fra i maggiori capolavori dell’arte senese medievale; a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, ad esempio, ho preso parte a quello cui fu sottoposta, nell’ambito di un generale risanamento degli affreschi del Palazzo Comunale, la celeberrima Maestà di Simone Martini. In seguito al prezioso lavoro di pulitura effettuato da Giuseppe Gavazzi, infatti, assunsi l’incarico della fedele riproduzione ex novo di un duplicato del capolavoro trecentesco su un supporto indipendente. Le parti danneggiate dell’originale, infatti, non potevano essere ridipinte, pena la creazione di un falso d’autore! Creammo così, accanto alla Maestà restaurata, una mia copia fedele che permettesse ai visitatori di rendersi conto di come sarebbero state le piccole parti che il tempo aveva corroso nei secoli.
Nel 1996, con il benestare del Comune, ho partecipato, durante le ferie estive, a una missione umanitaria, di una quarantina di giorni, organizzata dai frati missionari francescani per portare supporto spirituale e sostanziale in alcuni remoti villaggi della Tanzania. Anche in quell’occasione ho sentito il bisogno di lasciare qualche mia debole ma tangibile impronta; sulla facciata di una piccola chiesa locale ho dipinto una grande Madonna Assunta di circa tre metri, sovrastata, nell’azzurro del cielo, da un bel panorama di Siena. Forse, anche per questo, di ritorno dal lungo viaggio nel continente nero, ho trovato a casa, ad aspettarmi nella buca delle lettere, l’invito del Comune a presenziare alla cerimonia di consegna della Medaglia d’Oro, che mi era stata conferita dal Concistoro del Monte del Mangia, per i traguardi che, in quegli anni, avevo raggiunto nell’illustrare l’immagine della città di Siena.
Ma parliamo finalmente del Palio e dei Palii, che certamente hanno riempito la mia vita. E’ dal 1972, infatti, che collaboro attivamente e senza soluzione di continuità con la Festa che ha reso Siena celebre nel mondo. Da ben quarantun anni ho l’onore di conoscere personalmente tutti i Maestri che si sono cimentati in un’opera tanto unica quanto bizzarra come il Drappellone. Spesso, inoltre, sono stato chiamato ad affiancarli, in particolare nel caso di artisti stranieri e poco pratici dei rituali che circondano la Festa, talvolta semplicemente mostrando loro la seta sul telaio, in altri momenti preparando loro il fondo allo scopo di facilitarli nel lavoro, così complesso e delicato. Nel rimembrare quest’incredibile esperienza di vita non posso fare a meno di dedicare un pensiero affettuoso allo storico Direttore del Museo Civico di Siena, il caro amico Mauro Civai, compagno insostituibile di numerose avventure condivise insieme sotto l’egida della Balzana.

Il mio primo Palio risale al 2 luglio 1982, vinto dal Valdimontone: non un palio qualsiasi, ma dedicato ad una personalità come Giuseppe Garibaldi, l’eroe del Risorgimento.
In seguito ho dipinto il Palio di Torrita, dedicato a San Giuseppe, e quello di Montisi, in onore della Madonna delle Nevi. Ricordo con piacere anche i due che mi furono commissionati dal Comune in occasione dell’indimenticabile Mostra dei Carrocci senesi, e un Palio dedicato a Santa Caterina esposto ad Avignone nell’ambito dei festeggiamenti per la ricorrenza del venticinquesimo anniversario del gemellaggio con Siena.
Ed eccoci infine arrivati all’ultimo traguardo, questo Palio del 16 agosto 2013.
Ho cercato di proporre qualcosa di originale e tradizionale al tempo stesso: originale, perché nessuno ha avuto la semplice idea che ho deciso di far scorrere nel Cencio, tradizionale perché le vere protagoniste del mio Drappellone sono soltanto due: l’Assunta e le Contrade".

Cesare Olmastroni





CURRICULUM VITAE DI CECILIA RIGACCI



Qual è il confine tra artista e artigiano? Difficile rispondere. Io non ho dubbi, mi sento un'artigiana che spazia in vari campi evitando di proposito di appartenere ad un ambiente artistico ben preciso. Non ho formazione accademica, anche se aver avuto come insegnante Enzo Cesarini ha sicuramente influito su certe mie tendenze artistiche.
Il mio percorso inizia con il riciclaggio e il recupero di vari tipi di oggetti e materiali: il circolo di Legambiente/Sienambiente mi dedicherà infatti una mostra dal titolo “Il valore delle cose” da cui avrà inizio un interessante percorso professionale che mi porterà ad avvicinare tanti ragazzi nel mondo della scuola per avviarli, attraverso le mie esperienze e conoscenze, ad una concezione artistica e di stile di vita. Nel contempo collaboro con vari restauratori senesi e fiorentini, dai quali acquisisco tecniche di restauro e doratura. E' del Giugno 2001 la mostra sui “Bozzetti e bandiere pensate e mai viste” di cui vado molto fiera perchè si tiene presso i locali della mia Contrada, la Chiocciola, per la quale dal 1999 ho ricoperto l'incarico di archivista ed oggi responsabile del museo. Il mio impegno verso la Contrada mi porterà, inevitabilmente, ad approfondire le mie conoscenze storiche sulle Contrade, su Siena e questo anche grazie ai contatti e alle collaborazioni che ho avuto in questi anni coi vari archivisti delle altre Contrade: devo dire che è stato incredibilmente entusiasmante relazionarmi con loro, testimoni ed insieme custodi della storia nostra.
Partecipo a quattro edizioni del concorso “Mestieri d'Autore”, indetto dalla Camera di Commercio dove ottengo il primo premio nel 2008.

Sono presente in varie rassegne antiquarie e artigiane di Siena e provincia, come quella di Gaiole in Chianti a corredo della storica ed internazionale gara cicloturistica “L'Eroica”, ed alle edizioni suggestive del premio poetico-artistico “San Lorentino” a Castelnuovo Berardenga.
Nell'autunno del 2008, mi viene chiesto di dipingere il corridoio di una porzione del convento dei Cappuccini di Siena dove descriverò alcuni versi di Federigo Tozzi.
Nel 2009, mi viene dato incarico, insieme a Carlo Sassi, di dipingere il Palio di Piancastagnaio e, sempre per loro, eseguirò il Masgalano l'anno successivo.
Sempre nel 2009, partecipo, con importanti artisti nazionali, alla mostra dedicata al Beato Bernardo Tolomei.
Nel settembre 2012, con Alessio Orrico, la mostra “Dialoghi” presso il Centro d'arte “L'Incontro” di Siena, mentre quest'anno, presso la sala rosa per il ciclo “7 sull'altare”, la mostra personale dal titolo “Silenzio”.
Nel mio laboratorio, nel Casato di Sopra, mi applico per eseguire artigianato artistico applicato anche al recupero delle tradizioni iconografiche senesi legate soprattutto alle Contrade, realizzando dai fazzoletti di contrada ai bozzetti per le monture, a tamburi e bandiere: sono infatti entrate quest'anno a luglio una coppia di bandiere, recuperate insieme al gruppo delle bandieraie della Chiocciola, che sono la copia della bandiera più antica di Siena presente presso il museo di suddetta Contrada".

Cecilia Rigacci

Fonte






Edited by Milea - 8/8/2021, 15:14
 
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