| "Un abbraccio dal tuo Vincent"
Le meraviglie di Van Gogh Se per un paradosso nessuno dei suoi settecentocinquanta e più dipinti fosse sopravvissuto, le lettere a suo fratello Theo rimangono come una testimonianza umana tra le più strazianti e sconvolgenti e come un capolavoro di letteratura di confessione (...)
Il carteggio ebbe inizio nell' agosto del 1872, quando Vincent, impiegato in una delle maggiori ditte del mercato artistico internazionale, la Goupil, con sede all' Aja,aveva venti anni e il fratello quindici. Trasferitosi Vincent a Londra all'inizio dell' anno successivo, le lettere presero un ritmo molto più accelerato, amabili, affettuose, piene di consigli per letture, di segnalazioni alla rinfusa di artisti moderni da seguire e da ammirare, tra i quali c'è subito Millet che resterà sempre uno dei pittori più amati. Vincent aveva nostalgia per il suo paese, ma era affascinato dall'atmosfera di Londra, dalla sua natura, dai parchi, dal Tamigi, dalla campagna intorno. Inoltre si era innamorato della figlia della sua padrona di casa, Ursula Loyer, che aveva organizzato un giardino d'infanzia. Il periodo più felice della sua vita, prima di essere respinto da Ursula. Sembra che Van Gogh disegnasse già nell'infanzia, senza uno speciale talento, per semplice passatempo, come moltissimi ragazzi che non sono diventati Van Gogh.
Ma nelle lettere da Londra, poi da Parigi e da tutti i luoghi che ha toccato, sono evidenti una capacità descrittiva e un occhio non comuni. Quando parla di case, non ne accenna genericamente, ma ne dà la linea, la struttura, il riflesso sulle strade bagnate, il rapporto tra loro. Racconta del campanile che sovrasta sotto il cielo grigiastro, dell'uomo che guarda l'acqua appoggiato al parapetto del ponte. Sono immagini colorate, le strade dorate al tramonto, le giornate grigie, i cespugli di lillà bianco e viola, fino alla famosa descrizione della casa gialla di Arles, presa in affitto molti anni dopo, nel 1888: "... Un interno senza niente, una semplicità alla Seurat; a tinte piatte, ma con pennellate grosse, a pasta piena, i muri lillà pallido, il pavimento di un colore rosso e sbiadito, le sedie e il letto giallo cromo, i cuscini e il lenzuolo verde limone pallido, la coperta rosso sangue, la toilette arancione, la brocca azzurra e la finestra verde...".
Alberi di ulivo
Dalle lettere a Theo in questo periodo non traspare nulla del trauma subito dal rifiuto di Ursula, che era già fidanzata in segreto con un altro (sette anni più tardi paragonerà la vita a una barca sospinta dalle passioni: la mia è affondata a venti anni). Ma d'ora in poi l'epistolario si accende come di un'ossessione, di un bisogno ardente di rivelare se stesso, di spiegarsi e di spiegare le proprie crisi. Negli autoritratti di Van Gogh, che rimangono tra i tentativi più alti di autoanalisi che un pittore abbia mai sperimentato dagli anni di Rembrandt maturo, gli occhi sono quelli di una persona che si sta interrogando allo specchio, con uno sguardo concentrato, fisso, che esce fuori per rientrare dentro, uno sguardo intensamente introspettivo.
I campi (campi di grano)
Alla base dell' ossessione, che si potrebbe anche chiamare ricerca, stava un sentimento etico e religioso, che comprendeva ogni aspetto della vita e della natura. Van Gogh, figlio e nipote di pastori protestanti, era nato con la Bibbia in mano (così come aveva respirato in casa l'arte, con antenati scultori e orafi e gli zii mercanti d' arte). A Parigi, in uno dei suoi trasferimenti ancora come impiegato della Goupil, leggeva ogni sera i versetti a voce alta a un collega d'ufficio che viveva con lui. Le sue lettere sono intessute di cose viste e di consigli a Theo, di rinunce e di sacrifici: distruggere i libri (che lui stesso gli aveva segnalato), perché se hai trovato del miele, bada a non mangiarne troppo; le malattie non sono una disgrazia, perché il dolore è migliore del riso. La vicenda della signorina Loyer contribuì ad accentuare la vocazione di Vincent, a metterne a nudo gli aspetti più malinconici.
Ponte di Clichy
Poi ci fu l'esperienza sociale, probabilmente ancora più importante per la formazione. Nell'aprile del 1876 aveva lasciato Goupil, abbandonando per sempre il mestiere di mercante d'arte. Ritornò in Inghilterra, andando ad insegnare lingue a Ramsgate e a Isleworth, nella periferia popolare di Londra, incaricato anche di raccogliere le rate mensili degli allievi. Il senso di fraternità per gli umili, nato nei sinistri quartieri dell'East End raccontati da Dickens e da George Eliot (che Van Gogh aveva letto), lo accompagnerà fino alla morte. Più tardi, dopo il tentativo fallito di diventare pastore come suo padre e di sottoporsi alle esercitazioni scolastiche necessarie, dirà che non ci sarebbe stato altro insegnamento, per lui, diverso da quello dell'università della miseria.
Mangiatori di patate
Il successivo passaggio della vita di Van Gogh, il periodo del Borinage, la regione mineraria dove andò come missionario volontario, leggendo la Bibbia e visitando i malati anche la sua storia con la modella, Sien, una ragazza che aveva raccolto per strada, ubriaca e incinta sono perfettamente coerenti con la sua vocazione.
La miseria e l'abbrutimento dei derelitti, per Vincent, dovevano essere vissuti in prima persona, non mediati attraverso una distante pietà. Lontanissimo dalle teorie sull' autonomia dell'arte, Van Gogh ha praticato la pittura come intimamente connessa con la vita: non essendo la bellezza un'armonia di forme, ma una verità da testimoniare. Questo cristianesimo intransigente non era fatto per piacere alla chiesa ufficiale. Vestito con una vecchia uniforme da soldato, sporco di polvere di carbone, Vincent doveva sembrare uno degli invasati di Dio dei romanzi di Dostoevskij: gli occhi allucinati, i discorsi troppo partecipati. La nomina nel Borinage non gli venne rinnovata, fu costretto ancora una volta a partire, sconvolto, anche in parziale urto con il fratello Theo, che gli suggeriva rimedi peggiori del male.
Ritratto di Joseph Roulin
Un periodo durato almeno nove mesi, di cui sappiamo molto poco. Van Gogh infatti, aveva smesso di scrivere. Nel luglio del 1880, ricevendo un vaglia di Theo trasferitosi a Parigi, Vincent riprese la corrispondenza con una lettera bellissima, insieme una confessione e un bilancio e l'annuncio di una svolta. "Invece di abbandonarmi alla disperazione - scriveva - ho optato per la malinconia attiva; che spera, che anela, che cerca... non sempre uno sa quello che potrebbe fare, ma lo sente d' istinto: eppure sono buono a qualcosa, sento in me una ragione di essere!... A cosa potrei essere utile, a cosa servire? C' è qualcosa in me, che dunque?". Si era accorto che Dio era ovunque, in ogni buona cosa, in ogni grande attività, non solo in quella religiosa, ma anche in quella artistica.
Terrazza di un caffé di notte
Cerchiamo di capire la parola definitiva contenuta nei capolavori dei grandi artisti, dei veri maestri aggiungeva e si troverà Dio. Se non aveva potuto parlare agli uomini dal pulpito di una chiesa, lo avrebbe fatto dipingendo, con le figure, attraverso i dipinti. Aveva sentito la nostalgia per il paese dei quadri e aveva ripreso, finalmente, a disegnare. E ora terminava: "Pur avvertendo la mia debolezza e la mia penosa soggezione a molte cose, ho ritrovato la mia calma di spirito e l' energia mi ritorna ogni giorno di più". Fonte
Testa di donna che indossa un cappello
Uno dei suoi autoritratti, esposto a Detroit
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