Lorenzo Lotto, Biografia dell'artista

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view post Posted on 3/1/2012, 19:57     +1   -1
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Lorenzo Lotto

“Pictor veneziano”



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Lorenzo Lotto è talvolta riconosciuto come “spirito romantico", data la sua grande sensibilità ed il suo forte turbamento caratteriale, nonché per il suo stile di vita che lo porta ad un continuo pellegrinaggio per l'Italia.

Nasce a Venezia intorno al 1480; il luogo e la data di nascita si ricavano dal suo testamento del 25 marzo 1546 ( il quarto redatto, ma l’unico a noi noto), in cui l’artista si dice “pictor veneziano” di circa 66 anni: si pone quindi la sua nascita al 1480, mentre nulla si sa della sua famiglia d’origine se non il nome del padre, Tommaso. Interpretando come “junior” un’iscrizione posta dal pittore a seguito del proprio cognome, nella pala di Asolo, alcuni studiosi hanno ipotizzato che suo padre fosse un pittore, ma la lettura è assai discussa e comunque non vi sono prove in merito. Dal momento che le notizie successive risalgono al 1503 e riguardano già l’autonoma attività di Lotto a Treviso, l’argomento della sua formazione è oggetto di sole supposizioni.

Sulla base dello stile delle opere giovanili, si ritiene che abbia avuto luogo nella sua città natale, probabilmente nella bottega dei Vivarini, anche se il Vasari racconta della sua infatuazione per la pittura del conterraneo Giovanni Bellini (1430-1516) e poi del Giorgione (1477-1510).


La breve distanza fra la città della Marca e la Serenissima permettono a Lorenzo di aggiornarsi su gusti e novità cittadine, e di conoscere anche personalmente Albrecht Dürer, la cui presenza è attiva nella maturazione pittorica del nostro, particolarmente nell'Apparizione della Vergine ai santi Antonio abate e Ludovico da Tolosa, compiuta nel 1506 per la confraternita dei Battuti di Asolo.
In quell'anno i domenicani di Recanati, titolari della più importante chiesa nella ricca cittadina, florido centro commerciale, commissionano al pittore una prestigiosa ancona. Lotto si trasferisce nel convento di San Domenico, dove porta a termine l'imponente lavoro con totale soddisfazione dei frati, che continueranno in vario modo a proteggerlo e aiutarlo.

A Treviso Lorenzo Lotto rimane fino al 1506; con l’appoggio del vescovo locale, Bernardo de' Rossi, lavora e affina le tematiche e le tecniche che diventeranno proprie del suo repertorio futuro, dal ritratto alla pala d'altare, dalle allegorie alle immagini devozionali.

La fama del grandioso polittico circola rapidamente, dalla vicina Loreto al Vaticano e il pontefice lo chiama per decorare alcune stanze dei nuovi appartamenti papali, nel 1508. Il soggiorno romano, di poco più di un anno, è quanto mai utile per Lotto, anche se purtroppo nulla ci resta, ma l'ambiente è troppo competitivo e forse il suo stile troppo anticlassico per essere pienamente apprezzato.

Il papa Giulio II non ne rimane soddisfatto: così, intorno al 1510, fa ritorno a Recanati, e, nello stesso periodo, realizza la pala della "Trasfigurazione" e l'affresco di "San Vincenzo Ferreri in gloria" per la chiesa di San Domenico e una "Deposizione" per la chiesa di San Floriano a Jesi, mettendo a frutto le molteplici esperienze maturate e l’influenza che ha avuto su di lui, l’incontro con Raffaello.

Nel 1513, probabilmente ancora tramite i domenicani partecipa e vince la gara per una grande pala d'altare offerta da Alessandro Martinengo Colleoni, condottiero filo veneziano, per la chiesa di Santo Stefano in Bergamo (ora in San Bartolomeo), la prima di una importante serie di opere realizzate nella stessa città, costituite in massima parte in ritratti e opere con tematiche religiose.
Apparsa come novità modernissima, capace di sintetizzare colore veneziano e densità lombarde, la pala era uno straordinario "biglietto da visita".
Così dal 1513 Lorenzo Lotto vive a Bergamo, libero e stimato, con una clientela privata che annovera le più importanti famiglie patrizie. Per loro comincia a realizzare opere da cavalletto: ritratti fra i più belli del Cinquecento, diverse opere di devozione privata, altre interessantissime pale d'altare e un vasto ciclo di affreschi che compiutamente decorano un oratorio di campagna, a Trescore Balneario: storie di ambientazione popolaresca, dipinte con freschezza di toni e sentimenti, velocità di stesura e varietà d'accenti.

Le commissioni però tendono a scemare: pur avendo ancora in corso il contratto per fornire i disegni degli stalli del coro di Santa Maria Maggiore, cui continuerà a dedicarsi con passione e precisione, Lotto, che sempre opera per privati e ordini religiosi, preferisce tornare a Venezia da cui, tra l'altro, potrà inviare con più comodità, per via d'acqua, le sue tele e tavole nelle Marche, ove mantiene ottimi rapporti.


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Dal 1526 è dunque stabilmente in laguna. Lavora per committenti privati, ma ha anche un ordine prestigioso nel 1529 per la chiesa di Santa Maria dei Carmini: il San Nicola in gloria con i santi Giovanni Battista e Lucia, per cui diventa ovvio l'accostamento ai modi di Tiziano, il pittore allora sovrano in città. In generale però il periodo veneziano non è ricco di soddisfazioni, anzi; lo spazio delle grandi committenze, con la pittura di storia e per il patriziato, gli è precluso.

Un documento datato 29 agosto 1532 indica che in quel giorno Lotto è momentaneamente a Treviso: qui riesce ancora ritrattista perfetto con la Gentildonna in veste di Lucrezia. Raggiunge nuovamente le Marche, dove si ferma, sembrerebbe ininterrottamente, fino a quel 1539. Successivamente lo troviamo ancora ad Ancona, poi a Macerata, in una fase di intensa attività.
Ma è ormai stanco e vorrebbe tornare definitivamente nella natia Venezia; spera di accasarsi da un nipote, Mario d'Armano, che ha famiglia e un’attività prestigiosa: con lui abiterà dal 3 luglio 1540 fino al 17 ottobre del 1542: nel marzo di quell'anno termina l'Elemosina di Sant'Antonino per la Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, ultima commissione pubblica a Venezia.
Probabilmente vive quel periodo con un certo prestigio, spendendo molto denaro, ma per diverse ragioni, i rapporti familiari diventano sempre più difficili da sostenere. Si reca allora a Treviso, presso l'antico amico Giovanni dal Saon; spera ancora in questa nuova sistemazione, vuole "viver e morir in casa sua in amore e terminj da christiani sapori, boni amici et vinculo del San Joanne et como padre e fiol".

Da allora fino alla morte nel 1556, dunque dall'età di poco più di sessanta anni ai settantasei, la produzione pittorica di Lotto sarà ancora intensa. Riusciamo a seguirla con precisione attraverso il suo Libro di spese diverse, iniziato nel 1542, in cui annota gli eventi relativi alla sua professione e alla vita privata. Da esso si deducono i rapporti di amicizia (con il Serio e il Sansovino) di questo periodo, ma anche le difficoltà economiche e professionali, i suoi spostamenti, le sue fatiche e gli aspetti più minuti della vita quotidiana.

Cambierà molte abitazioni, moltissimi aiuti, produrrà tanto ma sarà sempre meno pagato, sempre più emarginato e a volte anche umiliato da una clientela sempre più tirchia.
Dal 1545 lascia definitivamente Treviso, dove ha pochi clienti, e torna a Venezia. Poi altri viaggi nelle Marche: è ad Ancona nel 1550. Nonostante le indubbie capacità artistiche, Lotto sconta duramente la sua posizione autonoma e indipendente nel panorama artistico del tempo: il successo economico non gli arride - nel 1550, per procacciarsi denaro, è costretto a vendere i suoi oggetti.

È stanco, e impoverito: decide di tentare una lotteria, ma vende solo sette quadri. Un uomo solo e deluso, che si sente sull'orlo della miseria, è il Lorenzo Lotto che l'8 settembre 1554 si fa oblato alla Santa Casa di Loreto. Vivrà ancora due anni attivi e forse più sereni, dipingendo per i confratelli del grande santuario. In una data di fine autunno del 1556, si spegne, solo con le ombre dei suoi ultimi, commoventi dipinti.

L'ultima notazione nel Libro di spese diverse risale al 1 settembre 1556. Muore probabilmente qualche mese dopo: non conosciamo con certezza la data della morte che avviene comunque tra il settembre del ’56 e il luglio del ’57 quando l’amministrazione della Santa Casa incassa tre fiorini e cinque bolognini per la vendita di un piccolo materasso già di Lorenzo Lotto. In un documento del 9 luglio 1557 risulta già deceduto.


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La sua arte



« Veneta nel totale è la maniera, forte nelle tinte, sfoggiata ne’ vestimenti, sanguigna nelle carni come in Giorgione. Ha però un pennello men libero che Giorgione, il cui gran carattere va temprando con il giuoco delle mezze tinte; e sceglie forme più svelte e dà alle teste indole più placida e beltà più ideale. Ne' fondi delle pitture ritiene spesso un certo chiaro o azzurro, che se non tanto si unisce colle figure, le distacca però e le presenta all'occhio assai vivacemente. Fu de' primi e de' più ingegnosi in trovar nuovi partiti per tavole d'altare [...]. » E. Lanzi (Storia pittorica della Italia, dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII. secolo, 1796)

Raramente un artista sente la creazione come totale impegno interiore, così come il Lotto. Uomo indubbiamente colto - e soprattutto nelle cose di religione - il suo racconto non è soltanto fatto illustrativo, ma evento vissuto totalmente, come fenomeno della coscienza. La sua arte solo raramente è contemplativa, essendo invece inquieta ed inquietante: tale, ossia, da non permetterne una visione distaccata, ma invece da provocare un colloquio che rimane aperto, oggi ancora, fra l'artista e noi stessi.
Voglio intendere che la sua pittura non chiede, per poterci entrare, un passaporto qualsiasi: neppure il nostro adeguarsi alla coscienza estetica del tempo. Essa ci viene incontro da sola, ci turba la serenità, ci pone dei problemi che sono vivi ed attuali. La sua arte è azione interiore, è impegno morale, senza soluzione temporale. (P. Zampetti, Lorenzo Lotto. Libro di spese diverse, 1969)

Lorenzo Lotto fu un grandissimo ritrattista perché considerò sempre ogni individuo non il protagonista di una storia, ma una persona qualunque, fra le tante: « una persona che si incontra e con cui si parla e ci si intende. All'opposto di quelli di Tiziano, i ritratti del Lotto sono i primi ritratti psicologici: e non sono, naturalmente, ritratti di imperatori e di papi, ma di gente della piccola nobiltà o della buona borghesia, o di artisti, letterati, ecclesiastici.
La grande scoperta, che fa la modernità del Lotto, è appunto quella del ritratto come dialogo, scambio di confidenza e di simpatia, tra un sé e un altro: per questo i ritratti lotteschi sono testimonianze autentiche e attendibili, anche se la descrizione fisionomica non è più minuziosa e precisa che nei ritratti di Tiziano. Non lo è perché all'artista non interessa fissare il personaggio come obbiettivamente è, ma come è nel momento e nell'atto in cui si qualifica, si rivolge a un altro, si prepara a uno schietto rapporto umano. Non dice: ammirami, io sono il re, il papa, il doge, sono al centro del mondo; ma dice: così sono fatto dentro, questi sono i motivi della mia malinconia o della mia fede, o della mia simpatia verso gli altri.
Nel ritratto-dialogo, l'attitudine del pittore è quella di un confessore, dell'interlocutore che pone le domande, interpreta le risposte [...] e la bellezza che fa irradiare, come una luce interna, dalle sue figure, non è un bello naturale né, a rigore, un bello spirituale o morale, ma semplicemente un bello interiore tradito, più che rivelato, da uno sguardo, da un sorriso, dalla pallida trasparenza del volto o dallo stanco posare d'una mano. » (Giulio Carlo Argan, Storia dell'arte italiana, Firenze 1968-2000)








Bibliografia delle opere trattate: Rizzoli/Skira, I classici dell'arte


Edited by Milea - 19/9/2021, 19:49
 
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