Pietà, Lorenzo Lotto, 1545

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view post Posted on 1/1/2012, 22:10     +1   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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PietaP

Lorenzo Lotto
Pietà, 1545
olio su tela, 185x150 cm
Milano, pinacoteca di Brera
Firmato “LAURENTIO LOTO”




PietaDD

Le notizie sulla datazione e la committenza della Pietà si ricavano dal libro di spese diverse, il cui Lotto registra nel febbraio 1545 l’incarico di dipingere una paletta per la badessa del convento domenicano di San Paolo a Treviso. Il dipinto, che entrò a Brera nel 1811, era destinato a un altare laterale e aveva dimensioni contenute; l’opera fu pagata una cifra modesta, pari a un sesto di quanto Lotto aveva ricevuto a Treviso nel 1506 per la Pala di Santa Cristina.

E’ evidente che la fortuna dell’artista nella città era in declino: il fatto contribuì a determinare l’infelicità degli anni che vi trascorse (1542 - 1545). Questo sentimento si riflette anche nel dipinto, accrescendo l’intonazione drammatica già propria del tema.

Ad anni di distanza dalla Deposizione di Jesi del 1511 – 1512, Lotto ritorna sull’iconografia del Cristo morto, concentrandosi questa volta non sugli aspetti narrativi, ma sul momento del compianto: il corpo del Messia, costruito con la rigida giustapposizione di linee diagonali, giace sulle ginocchia della madre, sorretto da due angioletti.

La Madonna è in deliquio, e san Giovanni la sostiene per le braccia. La composizione è costruita in modo da accrescere l’intensità emotiva espressa dai volti: si avverte un forte senso di instabilità, accentuato dall’andamento spiraliforme disegnato dalle braccia dei tre personaggi.

Le figure emergono da un’oscurità indistinta e anziché occupare lo sfondo sembrano schiacciarsi sul primo piano, distribuendosi in altezza anziché in profondità: curiosamente l’effetto è assai simile a quello del quattrocentesco Compianto sul Cristo morto di Botticelli, ora al Museo Poldo Pezzoli di Milano.

E’ possibile che per la Pietà, Lotto si sia ispirato a un Compianto dipinto a Venezia dal manierista toscano Francesco Salviati, anch’esso a Brera: risulta tuttavia evidente come la cifra distintiva del dipinto trevigiano sia nella volontaria rinuncia a ogni grazia, nella soppressione dei dettagli e nella riduzione dei colori a vantaggio di una straordinaria forza espressiva. (M.@rt)



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Edited by Milea - 23/9/2021, 09:42
 
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