Corteo degli Indignati, guerriglia con i Black Bloc, Inferno nel centro di Roma:un black bloc distrugge la statua della Madonna

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Milea
view post Posted on 16/10/2011, 21:11 by: Milea     +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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A terra lacrimogeni scaduti nel 2006


lacrimogeniscaduti



ROMA - Sembra un vero campo di battaglia piazza San Giovanni, ieri teatro degli scontri tra i black bloc e le forze dell'ordine durante il corteo degli Indignati. Sul terreno sono rimaste biglie di ferro e di vetro, viti e bulloni lanciati contro la polizia dai teppisti. Le fionde sono state il mezzo privilegiato: ce n'è una ancora nuova con l'etichetta del prezzo attaccata (8 euro), comprata probabilmente in un negozio di caccia e pesca. E poi punte di ferro lunghe 10-15 centimetri, segate per renderle micidiali. E ancora aste di legno acuminate e tracce di bombe carta. Ovunque si notano bossoli di lacrimogeni, di vario calibro e modello: ne è stata sparata una quantità notevole. Alcuni, raccolti anche dai tanti curiosi che sono andati sul 'campo di battaglià, all'altezza dell'incrocio tra Via Emanuele Filiberto e piazza San Giovanni, sono scaduti nel 2006. Sui bossoli si legge: «Cartuccia 40 mm irritante» e sotto «validità 12/06», vi si legge.

IL PIANO DEI BLACK BLOC. Una strategia “paramilitare” con l'obiettivo preciso di raggiungere piazza San Giovanni, un campo ideale per gli scontri e con molte vie di fuga. La parole d'ordine per i teppisti è stata: evitare il centro storico perchè troppo presidiato, impossibile da violare. Avevano pianificato da settimane i disordini nella Capitale i violenti che ieri hanno messo a ferro e fuoco Roma durante il corteo degli indignati. Li avevano pianificati con cartine stradali alla mano, scegliendo le zone migliori per accendere la miccia degli scontri. Il supporto logistico, per i tanti violenti arrivati dal sud come dal nord, dai centri sociali duri come Askatasuna di Torino, le roccaforti antagoniste del nord est, il movimento No Tav ma anche realtà estremiste del sud e ultras, è arrivato dalle occupazioni romane, centri sociali come Acrobax.

I fratelli romani hanno fornito dettagli utili per portare avanti azioni e blitz dal sapore paramilitare perchè l'evento -per i black bloc- sarebbe dovuto almeno essere pari, come portata dei disordini, a quello degli scontri durante il G8 di Genova nel 2001. E la Questura di Roma lo sapeva benissimo: per questo aveva predisposto un piano di sicurezza agile e una gestione della piazza che puntava sul contenimento e non sullo scontro. Perchè lo spettro era, appunto, il morto. Per muoversi, i teppisti, i professionisti della guerriglia venuti soprattutto da Toscana, Emilia Romagna e Val di Susa, ma anche frange estreme di tifoserie come quella napoletana, avevano studiato un piano dettagliato calcolando di mischiarsi al centro del corteo con un piccolo gruppo ben definito, in attesa che il primo blocco di manifestanti pacifici arrivasse a San Giovanni per riempire la piazza: un “'luogo ideale” per muoversi e con diverse vie di fuga, in modo da poter arretrare durante il lancio di lacrimogeni e le cariche delle forze dell'ordine e poi ripartire all'assalto dei blindati e dei contingenti delle forze dell'ordine.

I teppisti sapevano che sarebbero stati avvantaggiati dalla presenza delle aiuole della basilica, che avrebbero reso impossibile l'intervento dei mezzi. La loro tecnica di guerriglia si è basata su rapidità e determinazione. Sempre in piccoli gruppi, compatti. All'occorrenza in abiti civili e con tanto di bandiere della pace per mimetizzarsi tra il corteo, ma poi in total black, caschi, bandane, fionde, bastoni per colpire. Una marea nera che anche visivamente spaccava il corteo. Appena arrivavano il serpentone si apriva, forse per timore, forse per altro. Ed era furia devastatrice. A guidare le falangi dei teppisti erano i più anziani, bastava un cenno e partivano. Poche parole, solo i nomi di battaglia. «Fulmine», ad esempio. Molti hanno tentato di fermali. Ma a San Giovanni, durante la battaglia, dietro le prime file dei teppisti erano schierati «contingenti» di ragazzini provenienti dal corteo. Proselitismo, la cosa più pericolosa.

POLIZIOTTI: «LASCIATI SOLI» «Parlare di un caso adesso è più difficile, ma è la seconda volta, la prima è quella del G8 di Genova, che un governo guidato da Berlusconi, di fronte a una manifestazione dove si sa che saranno presenti anche i violenti del blocco nero, sceglie di blindare la 'zona rossa' e lasciare città, poliziotti e manifestanti pacifici agli scontri». Lo sostiene Claudio Giardullo, segretario generale del sindacato di polizia Silp-Cgil. «Nello stato di diritto - rileva Giardullo - difendere i palazzi delle istituzioni è assolutamente giusto e necessario; non giustificabile è, invece, l'idea che conti poco evitare che le città siano messe a ferro e fuoco, o che i poliziotti, che anche ieri hanno affrontato il loro impegno con professionalità nonostante i crescenti problemi organizzativi, servano a risolvere in piazza i problemi politici di un governo, o, ancora, che garantire il diritto a manifestare pacificamente sia solo una clausola di stile nell'ordinamento del nostro Paese». Ieri, conclude, «garantire questo diritto è finito in coda alle priorità del Governo e questo, rispetto alle altre 952 manifestazioni nel mondo dove invece è stato garantito, vorrà pure dire qualcosa».

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