Portrait du marquis Sommi, Tamara de Lempicka, 1925

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view post Posted on 18/6/2011, 18:28     +3   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Marchese_SommiP

Tamara de Lempicka
Portrait du marquis Sommi, 1925 circa
(Ritratto del marchese Sommi)
olio su tela, 100x73 cm
Collezione privata



La prima notizia di un ritratto del marchese Sommi Pecenardi risale al 1930, quando Luigi Chiarelli nel suo articolo Tamara Lempiska, pubblicato sulla rivista femminile “La Donna” , racconta: “ Questa pittrice viene nel nostro paese ogni anno. E recentemente vi ha lasciato un’opera pregevole: il ritratto del musicista Guido Sommi Pecenardi”. Non sappiamo però se l’autore si riferisca a questo dipinto, oppure all’altro ritratto del marchese oggi in collezione privata a New York.
Il dipinto raffigura il marchese Sommi Picenardi, della nobile famiglia di origine cremonese, che fu per un periodo, amante della Lempicka. Nato a Mentone il 12 marzo 1892, guido era figlio di don Gerolamo, che tra i vari titoli e incarichi aveva ricoperto anche quello di segretario di legazione presso l’Ambasciata italiana di Costantinopoli e di deputato del Parlamento italiano.

Alla morte del padre nel 1926, Guido divenne il “sesto marchese di Calvatore, signore di Sommo e Pieve Altovilla”, e fu anche cavaliere “d’onore e devozione” del Sovrano ordine militare dei Cavalieri di Malta. La madre, Nadina Grigor’evna Bazilevskaja, apparteneva a una delle più ricche famiglie d’Ucraina. Nel 1909 la famiglia si trasferisce da Torre de’ Picenardi a Venezia, dove risiede in casa Blaas, alle Zattere, alle spalle di Ca’ Rezzonico. A Venezia Guido inizia i suoi studi musicali. Il 10 marzo 1917 sposa a Roma donna Anna Maria Pignatelli dei principi d’Aragona Cortes, detta Mananà: il loro matrimonio venne annunciato e raccontato anche sulle pagine di “Le Figaro”, da cui sappiamo che fu celebrato nella cappella del “villino” di via Piemonte alla presenza di tutta l’aristocrazia romana e che Guido era arruolato volontario in guerra.


Marchese_SommiD



In quello stesso anno Adriana Bisi Fabbri -pittrice di ambito futurista, che morirà di lì a un anno, nel 1918, lontana cugina di Boccioni- realizza diversi ritratti di Mananà, tra cui quello pregevolissimo oggi al Museo del Paesaggio di Verbania, e va forse collocato in quello stesso anno un suo ritratto di Guido.


Adriana Bisi Fabbri
Ritratto della Principessa Pignatelli
1917, Verbania
Museo del Paesaggio


Principessa_Pignatelli



I due sposi erano già all’epoca tra i più stravaganti protagonisti della mondanità internazionale e la Bisi Fabbri restituisce alcuni tratti che li avevano resi famosi: Mananà appare immersa in un notturno, perché viveva di notte, tra party, spettacoli e pranzi nella più esibita eleganza, tra bellezze maschili e femminili, che coltivavano un’estetica d’annunziana. La giovane principessa (era nata a Napoli nel 1894) aveva elaborato un proprio personalissimo look: era nota infatti per il trucco bianco che rendeva spettrale il suo volto, una maschera che adottò per un ballo parigino da giovanissima, in cui si presentò come Pierrette e che tenne per tutta la vita. E così la dipinge la Bisi Fabbri, con gli occhi cerchiati di nero che emergono dal volto incipriato di bianco, un aspetto quasi da fantasma, all’origine di un soprannome che circolava nei salotti parigini: “la belle morte”.

Guido appare come un nevrotico ed elegante dandy, funereo nel completo nero, corrucciato e con occhi magnetici, al dito lo stesso anello con smeraldo che porta anche nei ritratti della Lempicka.

Sommi_smeraldo



Ammiratore e amico di d’Annunzio, frequentatore fin da giovane dei futuristi, a partire dai primi anni Venti Guido compone musiche per alcuni mimodrammi messi in scena dalla compagnia Balli russi Leonidoff, fondata dalla ballerina Elena Pisarevskaja e dal regista futurista Aldo Molinari.
Non sappiamo in realtà quando la Lempicka abbia conosciuto Guido Sommi Picenardi e se soprattutto se sia stato il tramite per le sue frequentazioni futuriste parigine -Marinetti e Prampolini- oppure se viceversa attraverso i futuristi lei abbia conosciuto il marchese. Comunque in quel 1925, che si conclude con l’inaugurazione della prima personale di Tamara a Bottega della Poesia, la Lempicka realizza due ritratti del suo amante. Mentre quello a figura quasi intera presenta sullo sfondo il profilo della bontempelliana operosa Milano, questo risulta più enigmatico e moderno.

L’ immagine di Guido Sommi è racchiusa in un elegante abito scuro, i capelli lucidi di brillantina, il volto immobile, una glaciale freddezza nello sguardo. Per restituire la complessa personalità di questo dandy sofisticato, la Lempicka mette in campo una figurazione fatta di allusioni: la stilizzazione esasperata della figura rimanda alla cartellonistica e ai figurini di moda del periodo, e questa è un’indicazione dell’eleganza ossessiva del marchese, per l’attenzione all’abito e al costume che rientrava perfettamente nell’estetica futurista.

Sommi_sguardo



Il volto di Sommi Picenardi è una maschera di compostezza e freddezza, e la Lempicka ne sottolinea gli occhi, le sopracciglia disegnate e l’acconciatura, facendolo apparire somigliante alla figura di Jacques Catelain nel film L’inhumaine (1924). E “inumano” sembra fosse anche il marchese Sommi, un eroe del mondo sadiano, uno di quei “maestri di cerimonia al castello delle centoventi giornate di Sodoma”, notazione peraltro rispondente alla fama del marchese, di cui erano note le tendenze sadiche, l’amore per il travestitismo e per lo spiritismo.

Lo sfondo del dipinto, poi, è teatrale: quinte geometriche fatte di arabeschi, linee curve e rette che si spezzano, e che potrebbero evocare movimenti psichici e forme musicali, tratteggiando così una “fisionomia dell’anima” del marchese Sommi. Tornato a Torre de’ Picenardi negli anni Quaranta, il marchese morirà il 30 marzo 1949 in circostanze poco chiare. Sembra che Mananà lo avesse abbandonato da tempo, perché seppur così eccentrica da dormire in una bara, non reggeva gli eccessi del marito, che sostituirà con un uomo appassionato di cavalli e non di fantasmi, Guidone Parisini, un ex ufficiale di cavalleria. Negli anni Cinquanta, Tamara la frequentava ancora.
I due ritratti realizzati dall’artista nel 1925, non entrarono mai in possesso del marchese e restarono alla Lempicka, come ricordo di quelle sfrenate giornate, trascorse con l’enigmatico italiano. (M.@rt)





Edited by Milea - 2/8/2021, 09:56
 
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