Vincent Willem Van Gogh, Biografia dell'artista

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view post Posted on 3/4/2011, 13:39     +2   +1   -1
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Vincent Willem Van Gogh

“Aspiro alle stelle che non posso raggiungere”



Van_Gogh_Age_19

“Più robusto che slanciato, con la schiena incurvata dalla cattiva abitudine di lasciar ciondolare la testa in avanti, i capelli tagliati corti sotto il cappello di paglia che ripara il suo strano viso, sotto la fronte leggermente corrugata, le sopracciglia aggrottate in un’intensa meditazione, piccoli occhi a volte blu. a volte verdastri…”


Questo è il ritratto di Vincent Van Gogh, adolescente scontroso e difficile, lasciatoci dalla sorella minore Elizabeth.

Vincent era nato il 30 marzo 1853 a Groot Zundert nel Brabante olandese, figlio di Theodorus, pastore protestante, e di Anna Cornelia Carbentus. Suo padre, Theodorus Van Gogh, proviene da una famiglia borghese che annovera pastori, uomini di mare, mercanti d'arte; nell’aprile del 1849 viene nominato pastore calvinista di Groot Zundert: ha ventisette anni ed è al suo primo incarico pastorale.
Professionalmente è un esordio modesto, non è quello che si dice un uomo brillante, ma è affabile generoso, profondamente buono e di aspetto decisamente attraente ( in paese verrà soprannominato “il bel pastore”. E’ un mediocre oratore, nonostante la laurea in teologia, conseguita all’università di Utrecht.
La madre, nata nel 1819 e morta nel 1907, amava la natura e aveva il dono di una grande facilità epistolare; è probabilmente da lei che Vincent derivò le sue doti di scrittore.

Casa_Van_Gogh







Vincent nacque qui,
ma la casa originaria
venne abbattuta nel 1903.

Ora il luogo è segnalato da una targa
dov'è iscritta la celebre frase di Vincent:

”Sento che la mia opera
ha le radici nel cuore del popolo”.





Esattamente un anno prima della nascita di Vincent, era venuto alla luce un altro bambino, battezzato con lo stesso nome, morto poco dopo la nascita. La tragica coincidenza fece sì che il futuro pittore crescesse oppresso da un fatale senso di colpa, quasi che la sua vita si fondasse sul sacrificio di una più preziosa esistenza. Per tutta la vita in modo struggente e perenne, ricercherà quell’affetto materno, da cui si sente esiliato a causa del peccato commesso col suo nascere.
Dopo Vincent, Theodorus e Anna ebbero altri cinque figli; Anna, Theo, Elizabeth, Wilhelmine e Cornelius. Vincent mantenne per tutta la vita un rapporto epistolare con Theo e Wilhelmine.

Vincent era un ragazzo solitario e passava le giornate attraversando i campi, raccogliendo uova e nidi. Mentre ancora vive a Zundert, Vincent esegue i suoi primi disegni. Inizia invece le scuole a Zevenbergen: impara il francese, l' inglese, il tedesco e per la prima volta inizia a dipingere. E’ uno studente distratto, pieno di nostalgia per la propria casa; la prima separazione dalla famiglia avrà conseguenze profonde sulla sua evoluzione psicologica.
Il paesaggio brabantino non offre bellezze accattivanti e scenografiche; al contrario l’orizzonte piatto e la netta prevalenza dei toni grigi, danno origine a una grazia sottile, sobria, lievemente malinconica e adatta a silenziose meditazioni. La brughiera, i campi d’erica, la terra bruna entreranno nel cuore di Vincent, che mai scorderà “l’aria densa di bruma” della sua Olanda.

Tanti anni dopo, ad Arles, scriverà: “Durante la mia malattia ho rivisto ogni camera della casa di Zundert, ogni sentiero, ogni pianta del giardino, i dintorni, i campi, i vicini, il cimitero, la chiesa, il nostro orto”.

A sedici anni Vincent, terminati gli studi, deve scegliere un mestiere. Non sente una vocazione precisa, ma la sua famiglia è povera e numerosa. Il 30 luglio 1869, lo zio Vincent lo fa entrare come commesso nella galleria d’arte da lui stesso fondata all’Aia. Come Gauguin, commesso di banca a Parigi quasi negli stessi anni, Vincent si dimostra un impiegato perfetto.

Nei mesi in cui risiede all’Aia compie frequenti visite ai musei locali. Nel 1873 è inviato a Londra, mentre il fratello Theo diviene impiegato a Bruxelles. Vincent è pieno di entusiasmo per la città di Dickens. Passeggia lungo il Tamigi e schizza ritratti ai passanti. Passa le sue domeniche nei musei e conosce così l’arte di Constable e Turner. In un quaderno trascrive poesie e brani di prosa; in questa solitudine si innamora di Eugenia Loyer, figlia della sua padrona di casa. Nelle sue lettere al fratello Theo, però, Vincent la chiama col nome della madre di lei, Ursula: ancora una volta nel suo desiderio di affetto si affacciano le dolorose memorie familiari. La delusione amorosa innesca una tragica sequenza di atti autopunitivi: si reca dai genitori che si sono trasferiti a Etten, ma il suo umore nero lo porta a continue liti.

Nel maggio del 1875 viene definitivamente trasferito a Parigi; molto del suo tempo lo spende assieme al fratello Theo che già risiede lì e i due, da quel momento, iniziano una corrispondenza che durerà tutta la vita e che rappresenta ancora oggi il mezzo migliore per studiare le opinioni, i sentimenti e lo stato d'animo di Vincent. Durante il soggiorno parigino l'artista scopre la pittura impressionista e approfondisce l'interesse per l'arte e le stampe giapponesi: le colleziona cercando di venderle e di diffonderne la conoscenza.

Van_Gogh

Conosce molti pittori tra cui Toulouse Lautrec e Paul Gauguin che apprezza particolarmente.
Ma il rapporto con l’ambiente che lo circonda si esaspera tanto da creare conflitti nell’ambito del lavoro; viene licenziato nel 1876 e assunto come commesso in una libreria di Dordrecht. Intanto sente crescere dentro di sé un richiamo che è allo stesso tempo religioso e sociale: lo studio della Bibbia diventa la sua passione dominante e non pensa ad altro che alla sua vocazione religiosa.

Man mano che il fervore religioso di Vincent aumenta, il suo stato di salute fisico e mentale volge al peggio. La famiglia accetta di aiutarlo e Vincent viene mandato a seguire i corsi della facoltà di teologia protestante di Amsterdam, ma gli esiti dei suoi studi non sono incoraggianti: più stimolanti sono le lunghe passeggiate nella Amsterdam dei canali, attraverso la zona dell’ex ghetto in cui ha abitato Rembrandt. Due visite al Rijksmuseum di Amsterdam, appena aperto, lo convincono che in Franz Hals e in Rembrandt sono i precedenti storici naturali delle sue scelte cromatiche e tecniche.

Dopo il fallimento degli esami, Vincent arriva come predicatore libero nella zona di Wasmes, vicino a Mons; è una delle zone più povere, tristi e miserabili dei Corons del Belgio. I salari sono infimi: i minatori, preda di epidemie, lavorano in terribili condizioni.

Vincent vuole condividere le loro sofferenze: regala tutto ciò che ha, taglia egli stesso i suoi vestiti.
Il suo comportamento suscita sorpresa e diffidenza: anche Theo lo disapprova e Vincent smette di scrivergli per nove anni. Poi, nel luglio 1880, viene a sapere che Theo gli ha spedito cinquanta franchi e ricomincia a inviargli lettere. Nell’ottobre dello stesso anno, parte per Bruxelles: vuole diventare pittore.

Theo inizia ad appoggiarlo finanziariamente, permettendogli di seguire la propria vocazione artistica; una situazione che si protrarrà fino alla fine della vita di Vincent.
Nel corso dell'anno, intraprende studi formali di anatomia e prospettiva all'Accademia di Belle Arti di Bruxelles.

Sorrow

Incontra Clasina Maria Hoornik (detta "Sien"), una prostituta, con una figlia di cinque anni ed incinta di un altro figlio. Alla nascita del bambino Van Gogh mette tutto il suo ardore nel preparare una nuova camera. Questa scelta di vita porta alla rottura con quanti conosce all'Aja, e provoca la totale disapprovazione di Theo.

La presenza del neonato lo intenerisce: “L’ uomo è invaso da una sensazione profonda, intensa quando è seduto accanto alla donna che ama, presso la culla dove dorme un bambino”. Respinto da Eugenia Loyer durante il periodo di Londra, poi dalla giovane cugina vedova Kees Sticker, al cui rifiuto si brucia con la fiamma di una candela fino allo svenimento, Vincent sogna la donna-madre. Nella sua vita e nella sua solitudine, un ruolo importante hanno le piccole prostitute, da Sien a Rachele ( cui invierà il proprio orecchio tagliato dopo la lite con Paul Gauguin). Nella tristezza dell’abbruttimento vede dibattersi anime e che sente affettuose e vicine alla sua sofferenza. Scrive a proposito di Sien, butterata dal vaiolo,alcolizzata e probabilmente afflitta da malattie veneree: “ Io e lei siamo due infelici che si tengono compagnia e che portano insieme un fardello”.

Mentre continua i suoi studi e dipinge, il suo stato di salute va nuovamente deteriorandosi, tanto da dover essere ricoverato in ospedale per gonorrea. Una volta dimesso, inizia alcune sperimentazioni pittoriche e, dopo più di un anno trascorso insieme, pone termine alla sua relazione con Sien. Più tardi, Vincent si trasferisce a Nuenen dai suoi genitori, mette in piedi un piccolo studio per lavorare: contadini e tessitori diventano i suoi modelli. Il 26 marzo muore il padre e il 24 novembre 1885 Vincent parte per Anversa, si iscrive all’Accademia di Belle arti e studia Rubens. Viene posto in una classe per principianti, non si trova a suo agio e abbandona
Dopo la morte del padre, si riavvicina a Theo che raggiunge a Parigi, dove rimane due anni.
Abita col fratello in rue Victor Massè, vicino a Pigalle; si iscrive subito all’atelier del pittore Cormon e instaura rapporti con gli altri allievi, tra cui Henri de Toulouse Lautrec, Claude Monet, Auguste Rodin, Henri Matisse.

Vincent comincia a dipingere ciò che vede dalla finestra, sogna di fondare un nuovo gruppo di amici e scrive: “Più colore nei quadri, più entusiasmo nella vita!.

L’anno in cui Van Gogh giunge a Parigi segna la crisi del movimento impressionista, che dal 1870 aveva animato le scene artistiche parigine. All’ottava Esposizione di Pittura, sono ormai presenti nomi nuovi. Vincent scopre le opere di Adolfo Monticelli, lo strano pittore dal destino di bohémien romantico, morto a Marsiglia il 29 giugno 1886, in una solitudine minacciata dalla follia. Vincent scrive: “Talvolta mi sembra che continui in me la sua vita”.

Intanto, sopravviene il 1888, un anno fondamentale nella vita di Van Gogh: lascia Parigi in febbraio e si trasferisce ad Arles, nel Sud. All'inizio, il cattivo tempo invernale gli impedisce di lavorare, ma una volta arrivata la primavera inizia a dipingere i paesaggi in fiore della Provenza.

Van_Gogh_House

Si stabilisce all’Hotel Cared e successivamente affitta la casa numero 2 di place Lamartine. E’ la celebre “casa gialla” dove vorrebbe creare un sodalizio di artisti, realizzando un Atelier du Midi in cui lavorare tutti uniti.
Convince Theo ad assicurarsi in esclusiva opere di Gauguin in cambio di assegni periodici che dovrebbero permettere all'amico di lasciare la Bretagna, dove è pieno di debiti, per Arles. Questi lo raggiunge in ottobre e per qualche tempo Van Gogh si lascia convincere a sperimentare una pittura di immaginazione fatta sull'eco dei ricordi e delle impressioni mentali.
E' il momento in cui riesce a dipingere alcune delle sue opere migliori ma anche il momento delle sue già accennate violente tensioni con Gauguin.
I temperamenti dei due artisti e le loro idee sono troppo differenti, la vita in comune è piena di scontri e di asperità. Il 23 Dicembre 1888 dopo una lite violenta con Gauguin che ha deciso di andarsene a dormire in albergo, Van Gogh si taglia il lobo dell'orecchio e va a consegnarlo ad una Rachele, una prostituta che sia lui, che Gauguin conoscono.

Durante la prima parte dell'anno, lo stato di salute mentale di Vincent oscilla paurosamente. A volte è completamente calmo e lucido; altre volte, soffre di allucinazioni e fissazioni. Non vuole far chiamare Theo che sa essere ormai prossimo al matrimonio ( si sposerà il 17 aprile).

Continua sporadicamente a lavorare nella sua “casa gialla”, Vincent era sempre più preoccupato di pesare sul fratello: fu questa una molla determinante nell’accettare il ricovero.
Inoltre, nel maggio 1889 viene a sapere di una petizione degli abitanti del quartiere di Place Lamartine per allontanarlo e, data anche la frequenza crescente degli attacchi, accetta di entrare nell'ospedale psichiatrico di Saint Paul-de-Mausole a Saint-Rémy-de-Provence, per essere curato dal dottor Peyrou.

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Fondato all’inizio del secolo dal dottor Mercurin, questo antico monastero aveva offerto inizialmente ai suoi pensionati un parco gradevole e ampi spazi. Ma l’istituzione era decaduta e al tempo di Van Gogh, l’edificio era in stato di semiabbandono. Il dottore Peyron assegnò al pittore non soltanto una camera individuale, ma anche l’uso di una stanzetta al pianterreno, da lui trasformata in un atelier; dalla finestra, chiusa con sbarre di ferro, poteva intravedere “un campo di grano recintato”. Esplode così il “caso clinico“ Van Gogh: i medici non sono d’accordo con la diagnosi.

C’è chi parla di accessi di paranoia e di depressione maniacale: alcuni riconducono il dramma a malattie veneree contratte con le prostitute, altri riconducono ogni cosa al complesso di colpa, interiorizzato ancor prima della nascita, per la morte del fratello maggiore e al bisogno di amore durato tutta la vita.
Con l’arrivo della bella stagione, verso l’estate, Van Gogh accelera i suoi ritmi di lavoro: sveglia alle sei, poi fuori, seguito da un sorvegliante, a dipingere siepi, montagne, cieli, muri.

Per ironia della sorte, mentre lo stato mentale di salute di Vincent continua a peggiorare, la sua opera inizia infine a ricevere riconoscimenti presso la comunità artistica. I suoi dipinti "Notte stellata sul Rodano" e "Iris" sono in mostra al Salon des Indépendants.
Preoccupato dalle notizie che gli giungono da Saint-Rémy, Theo, che il 13 gennaio è diventato padre, chiama Vincent a Parigi. Nella camera da letto i due fratelli piangono di gioia davanti alla culla del bambino, cui è stato dato il nome di Vincent.

Sembra cominciare un periodo più felice; quattro giorni più tardi Vincent parte per Auvers-sur-Oise per farsi curare dal dottor Gachet, esperto in stati depressivi. Lavora molto e attende la visita di Theo, che arriva con la famiglia l’8 giugno. Successivamente Theo, oppresso da problemi di salute e di lavoro, decide di rinunciare alle progettate vacanze col fratello. Vincent si sente abbandonato e il male in lui riprende il predominio. Esprime la sua tristezza e la sua estrema solitudine in immense distese di grano sotto dei cieli minacciosi, come Corvi sul grano (Museo nazionale Vincent Van Gogh), la sua ultima tela. Il 23 luglio scrive: “ La miseria non avrà mai fine”.

Il 27 luglio vaga per i campi con una rivoltella: per uccidere i corvi, dice. Invece si spara un colpo che, diretto al cuore, viene deviato dal diaframma. Nascondendo la ferita, ritorna in camera, ma il sangue svela il dramma. Sopravvive ancora due giorni, senza perdere conoscenza e senza lamenti: muore all’una e mezza di notte del 29 luglio 1890.
Theo era presente alla sua morte. Il funerale ha luogo il giorno dopo, e la sua bara è ricoperta di dozzine di girasoli, i fiori che amava così tanto. Pochi mesi dopo, Theo si ammala e muore il 25 gennaio 1891. Lascerà scritto: “ Se penso che lui non c’è più, provo un acuto dolore”. (M.@rt)

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La sua arte



Con le sue contraddizioni ben evidenti, tra il perenne bisogno di tenerezza e la timidezza un po’ proterva, tra la metodica autodistruzione compiuta tra caffè e case di tolleranza e la coscienza fiera del proprio valore di artista, Van Gogh offre l’esempio primo e più celebre dell’ artista “maledetto”. Spesso, trascurando la qualità lucidissima delle sue analisi critiche, lo si è trasformato in un uomo fatto solo di passioni e di istinto.

La grandezza di Van Gogh venne riconosciuta all'unanimità solo negli anni dieci del XX secolo, e non nella natìa Olanda, bensì in Germania. A prova di ciò, sta il fatto che la casa natale dell'artista a Zundert venne abbattuta nel 1903.

La conoscenza delle opere di Vincent Van Gogh nella Germania degli inizi del Novecento causò un autentico terremoto nel mondo dell’arte: i pittori si resero conto che quei colori saturi e quelle forme in movimento potevano ridare vita e anima a un’arte che si isteriliva nelle secche del tardo impressionismo.

In polemica appunto con le immagini stancamente realistiche che vincevano i concorsi espositivi, i giovani pittori, uniti nel movimento chiamato Die Brücke (Il Ponte), fondato a Dresda nel 1905, scoprirono nel linguaggio di Vincent la soluzione alla tensione romantica che li portava ad esprimere più che a rappresentare. Saranno chiamati espressionisti. (M.@rt)





Clicca sulla tazza sottostante
per visualizzare tutte le opere trattate in questa sezione




Tazza_VAN_GOGH15



Curiosità



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Sulla mutilazione di Van Gogh, ancora adesso le fonti sono discordanti. Il dottor Rey che lo curò ed il poliziotto che fu chiamato in soccorso dalle prostitute la notte fatale del 23 dicembre affermavano che l'orecchio era completamente mutilato (questa è la versione anche di Gauguin, sebbene lui abbia rivisto l'amico solo quando, esanime, e già fasciato); ma il figlio del dottor Gachet, così come la moglie di Theo e Signac affermavano che si fosse tagliato soltanto il lobo. Secondo il dr.Rey, l'orecchio mutilato fu portato in ospedale con ritardo, troppo tardi per tentare una sutura. Il dottor Peyron di Saint-Remy, nel referto di ammissione di Vincent nel manicomio, scrisse che il paziente s'era mutilato "recidendosi l'orecchio".

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La prostituta Sien, dopo essersi separata da Vincent, tornò sulla strada.
Ad inizio del XX secolo contrasse un matrimonio di convenienza con un uomo altolocato "per dare ai suoi figli un nome"; poi, in preda all'alcool e alla depressione, si suicidò annegandosi.


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Ad Auvers sur-Oise è ancor oggi vivo il ricordo del soggiorno di Van Gogh.
A tal proposito, gli è stato dedicato un piccolo parco con una statua in bronzo scolpita da Ossip Zadkine. Inoltre, è possibile ancor oggi identificare i luoghi dipinti dall'artista grazie a delle riproduzioni dei quadri stessi in loco.


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Nonostante sia stata da lui ritratta più volte, la moglie del postino Roulin confiderà anni dopo alla figlia Marcelle di aver sempre provato un certo timore in presenza dell'artista.


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Il celeberrimo Ritratto del dottor Gachet fu venduto da Christie's a New York nel maggio 1991 per la cifra di 82,5 milioni di dollari, e detenne per quasi un decennio il primato per il prezzo più alto mai pagato per un quadro.


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Contrariamente a quanto si pensa, quando morì Van Gogh aveva la barba rasata.
Un disegno fattogli dal dottor Gachet sul letto di morte (replicato poi in numerose acqueforti) ed oggi conservato al Museo d'Orsay lo conferma.


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Spesso a corto di denaro, Van Gogh era solito dipingere nuovi quadri su tele già utilizzate in precedenza e delle quali non era soddisfatto.
Varie sue opere, esaminate con i raggi X, lo confermano.


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Alcune opere dell'artista sono andate purtroppo distrutte in guerra (Il pittore sulla via di Tarascona, una versione dei Girasoli). Altre hanno subito numerose vicissitudini, quali furti (I mangiatori di patate, ritrovato, Spiaggia a Scheveningen), danneggiamenti, falsificazioni.
Il Ritratto del Dottor Rey fu talmente disprezzato dalla madre del medico, da essere usato per tappare un buco nella rete di un pollaio.


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Recentemente (2010), un Ritratto d'uomo attribuito da sempre a Van Gogh ed esposto a Melbourne s'è rivelato un falso, realizzato probabilmente da qualche contemporaneo del pittore.
Negli stessi giorni, una prima versione di Burrone a Saint-Remy è stata ritrovata sotto l'originale, conservato ad Otterlo.


isunflowers50

Il 21 Agosto 2010 è stato rubato in un museo de Il Cairo il quadro "I Papaveri" (valutato più di 39.000.000 di Euro). I ladri hanno usato un taglierino, nascondendo forse la tela, della misura 35×35 cm, tra gli abiti. Non è un quadro fortunato: era già stato rubato nel 1974 e ritrovato dopo 10 anni.

Girasoli26_0



Fotografia presunta di Vincent Van Gogh



van_gogh-photo





Questa fotografia
è stata scoperta recentemente
in un antico deposito
nel Massachusetts.
È datata 1886
e creerà certamente
un interessante dibattito
sul fatto che possa essere
una foto di Van Gogh.

Il nome del fotografo,
che è stampato
sulla parte anteriore della fotografia
è Victor Morin,
che aveva uno studio proprio a Bruxelles,
dove Van Gogh ha passato molto del suo tempo.
Non ci sono altre foto conosciute
che mostrano Van Gogh da adulto.
















Bibliografia delle opere trattate:
Mondadori/Arte ( I geni dell'arte)
ArtBook, Van Gogh






Edited by Milea - 7/8/2021, 14:05
 
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Self_Portrait_Vincent

Vincent van Gogh morì all'una e trenta del mattino del 29 luglio 1890.
La chiesa Cattolica di Auvers non permise la sepoltura di Vincent nel suo cimitero, poiché questi aveva commesso suicidio.
La vicina cittadina di Méry, comunque, acconsentì alla sepoltura, e il funerale si tenne il 30 luglio.
Il pittore Emile Bernard, da lungo tempo amico di Vincent, raccontò nei dettagli il funerale a Gustave-Albert Aurier:





gordina

"La bara era già chiusa. Arrivai troppo tardi per poter rivedere l'uomo che mi aveva lasciato quattro anni fa così carico di aspettative di ogni genere...

Sulle pareti della stanza dove il suo corpo giaceva, quasi a fargli da alone, erano appesi tutti i suoi dipinti, e la brillantezza del genio che si irradiava da loro rendeva la sua morte ancor più dolorosa per noi artisti che eravamo là.


girasoli10

La bara era rivestita di un semplice drappo bianco e circondata da mazzi di fiori, i girasoli che amava tanto, dalie gialle, fiori gialli ovunque.

Era questo, se ben ricorda, il suo colore preferito, il simbolo della luce che egli sognava albergasse nel cuore delle persone così come nelle opere d'arte.
Accanto a lui sul pavimento di fronte alla sua bara c'erano anche il suo cavalletto, il suo seggiolino pieghevole e i suoi pennelli.

Molta gente arrivò, soprattutto artisti, tra i quali riconobbi Lucien Pissarro e Lauzet. Non conoscevo gli altri, anche gente del luogo che lo aveva conosciuto un poco, lo aveva visto una volta o due e ai quali era piaciuto perché era così di buon cuore, così umano...

Seminatore


Eravamo là, completamente silenziosi, tutti assieme attorno a questa bara che conteneva il nostro amico.
Io guardavo gli studi: uno molto bello e triste, basato su La Vergine e Gesù di Delacroix.
Detenuti che camminano in cerchio circondati dalle alte mura della prigione, una tela ispirata da Doré di una ferocia terrificante e che pure rappresenta simbolicamente la sua fine.

Forse che non fu simile a quello la sua vita, un'alta prigione come questa, con mura così alte...e questa gente che cammina incessantemente in cerchio non sono forse i poveri artisti, le povere anime dannate sotto la sferza del Destino? ...


Sedia

Alle tre in punto la salma venne rimossa e caricata dagli amici sul carro funebre, numerose persone erano in lacrime. Theodore Van ghogh (sic) che si era dedicato a suo fratello, che lo aveva sempre sostenuto nel suo sforzo di mantenersi per mezzo della sua arte, singhiozzò in modo pietoso per tutto il tempo...

Il sole fuori era terribilmente caldo.

Salimmo la collina fuori Auvers parlando di lui, dell'impulso audace che aveva dato all'arte, dei grandiosi progetti ai quali pensava in continuazione, e di tutto il bene che aveva fatto a tutti noi.


Biliardo

Raggiungemmo il cimitero, un piccolo cimitero nuovo disseminato di nuove tombe. Si trova sulla collinetta sopra i campi maturi per il raccolto sotto l'ampio cielo blu che egli avrebbe ancora amato . . . forse.

Quindi fu adagiato nella fossa...

Chiunque avrebbe cominciato a piangere in quel momento ... il giorno sembrava così fatto apposta per lui perché uno potesse fare a meno di immaginare che egli era ancora vivo e ne stava godendo...

Il dottor Gachet (che è un grande amante delle arti e possiede una delle migliori collezioni di dipinti impressionisti al giorno d'oggi) volle pronunciare poche parole di omaggio per Vincent e la sua vita, ma egli pure piangeva così forte che potè solo balbettare un addio molto confuso ... (forse fu questo il modo migliore di farlo).


Amanti

Egli diede una breve descrizione delle lotte e dei successi di Vincent, affermando quanto sublime fosse il suo intendimento e quale grande ammirazione provasse per lui (sebbene lo avesse conosciuto solo molto poco).

Egli era, disse Gachet, un uomo onesto e un grande artista, aveva solo due obiettivi, l'umanità e l'arte.
Era l'arte ciò che egli stimava sopra qualsiasi altra cosa e che avrebbe mantenuto vivo il suo nome.

Poi ce ne tornammo via. Theodore Van Gogh (sic) era affranto dal dolore; tutti eravamo molto commossi, alcuni se ne andarono verso l'aperta campagna mentre altri tornavano verso la stazione.
Laval e io tornammo alla casa dei Ravoux, e parlammo di lui ..."



Theo van Gogh morì sei mesi dopo Vincent. Fu sepolto a Utrecht, ma nel 1914 sua moglie Johanna, sostenitrice così devota ed instancabile delle opere di Vincent, fece riseppellire la salma nel cimitero di Auvers accanto a quella di Vincent. Jo richiese che un ramoscello di edera del giardino del Dr.Gachet venisse piantato tra le due pietre tombali. Quella stessa edera ricopre le tombe di Vincent e Theo ancora oggi.
Fonte
















Edited by Milea - 7/8/2021, 14:07
 
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Van Gogh Shadow

Le opere in 3D prendono vita





I dipinti di Vincent Van Gogh ricostruiti in chiave tridimensionale. E' il lavoro di Luca Agnani, visual designer, che ha animato i capolavori aggiungendo ai colori ombre e contrasti.
Il sito di Luca Agnani


1. Fishing Boats on the Beach at Saintes-Maries
2. Langlois Bridge at Arles, The
3. Farmhouse in Provence
4. White House at Night, The
5. Still Life
6. Evening The Watch (after Millet)
7. View of Saintes-Maries
8. Bedroom
9. Factories at Asnieres Seen
10. White House at Night, The
11. Restaurant
12. First Steps (after Millet)
13. Self-Portrait



 
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"Un abbraccio dal tuo Vincent"


Le meraviglie di Van Gogh


Se per un paradosso nessuno dei suoi settecentocinquanta e più dipinti fosse sopravvissuto, le lettere a suo fratello Theo rimangono come una testimonianza umana tra le più strazianti e sconvolgenti e come un capolavoro di letteratura di confessione (...)

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Il carteggio ebbe inizio nell' agosto del 1872, quando Vincent, impiegato in una delle maggiori ditte del mercato artistico internazionale, la Goupil, con sede all' Aja, aveva venti anni e il fratello quindici. Trasferitosi Vincent a Londra all'inizio dell' anno successivo, le lettere presero un ritmo molto più accelerato, amabili, affettuose, piene di consigli per letture, di segnalazioni alla rinfusa di artisti moderni da seguire e da ammirare, tra i quali c'è subito Millet che resterà sempre uno dei pittori più amati. Vincent aveva nostalgia per il suo paese, ma era affascinato dall'atmosfera di Londra, dalla sua natura, dai parchi, dal Tamigi, dalla campagna intorno. Inoltre si era innamorato della figlia della sua padrona di casa, Ursula Loyer, che aveva organizzato un giardino d'infanzia. Il periodo più felice della sua vita, prima di essere respinto da Ursula. Sembra che Van Gogh disegnasse già nell'infanzia, senza uno speciale talento, per semplice passatempo, come moltissimi ragazzi che non sono diventati Van Gogh.

Ma nelle lettere da Londra, poi da Parigi e da tutti i luoghi che ha toccato, sono evidenti una capacità descrittiva e un occhio non comuni. Quando parla di case, non ne accenna genericamente, ma ne dà la linea, la struttura, il riflesso sulle strade bagnate, il rapporto tra loro. Racconta del campanile che sovrasta sotto il cielo grigiastro, dell'uomo che guarda l'acqua appoggiato al parapetto del ponte. Sono immagini colorate, le strade dorate al tramonto, le giornate grigie, i cespugli di lillà bianco e viola, fino alla famosa descrizione della casa gialla di Arles, presa in affitto molti anni dopo, nel 1888: "... Un interno senza niente, una semplicità alla Seurat; a tinte piatte, ma con pennellate grosse, a pasta piena, i muri lillà pallido, il pavimento di un colore rosso e sbiadito, le sedie e il letto giallo cromo, i cuscini e il lenzuolo verde limone pallido, la coperta rosso sangue, la toilette arancione, la brocca azzurra e la finestra verde...".



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Alberi di ulivo


Dalle lettere a Theo in questo periodo non traspare nulla del trauma subito dal rifiuto di Ursula, che era già fidanzata in segreto con un altro (sette anni più tardi paragonerà la vita a una barca sospinta dalle passioni: la mia è affondata a venti anni). Ma d'ora in poi l'epistolario si accende come di un'ossessione, di un bisogno ardente di rivelare se stesso, di spiegarsi e di spiegare le proprie crisi. Negli autoritratti di Van Gogh, che rimangono tra i tentativi più alti di autoanalisi che un pittore abbia mai sperimentato dagli anni di Rembrandt maturo, gli occhi sono quelli di una persona che si sta interrogando allo specchio, con uno sguardo concentrato, fisso, che esce fuori per rientrare dentro, uno sguardo intensamente introspettivo.


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I campi (campi di grano)



Alla base dell' ossessione, che si potrebbe anche chiamare ricerca, stava un sentimento etico e religioso, che comprendeva ogni aspetto della vita e della natura. Van Gogh, figlio e nipote di pastori protestanti, era nato con la Bibbia in mano (così come aveva respirato in casa l'arte, con antenati scultori e orafi e gli zii mercanti d' arte). A Parigi, in uno dei suoi trasferimenti ancora come impiegato della Goupil, leggeva ogni sera i versetti a voce alta a un collega d'ufficio che viveva con lui. Le sue lettere sono intessute di cose viste e di consigli a Theo, di rinunce e di sacrifici: distruggere i libri (che lui stesso gli aveva segnalato), perché se hai trovato del miele, bada a non mangiarne troppo; le malattie non sono una disgrazia, perché il dolore è migliore del riso. La vicenda della signorina Loyer contribuì ad accentuare la vocazione di Vincent, a metterne a nudo gli aspetti più malinconici.




Ponte di Clichy



Poi ci fu l'esperienza sociale, probabilmente ancora più importante per la formazione. Nell'aprile del 1876 aveva lasciato Goupil, abbandonando per sempre il mestiere di mercante d'arte. Ritornò in Inghilterra, andando ad insegnare lingue a Ramsgate e a Isleworth, nella periferia popolare di Londra, incaricato anche di raccogliere le rate mensili degli allievi. Il senso di fraternità per gli umili, nato nei sinistri quartieri dell'East End raccontati da Dickens e da George Eliot (che Van Gogh aveva letto), lo accompagnerà fino alla morte. Più tardi, dopo il tentativo fallito di diventare pastore come suo padre e di sottoporsi alle esercitazioni scolastiche necessarie, dirà che non ci sarebbe stato altro insegnamento, per lui, diverso da quello dell'università della miseria.


Mangiatori-di-patate

Mangiatori di patate



Il successivo passaggio della vita di Van Gogh, il periodo del Borinage, la regione mineraria dove andò come missionario volontario, leggendo la Bibbia e visitando i malati anche la sua storia con la modella, Sien, una ragazza che aveva raccolto per strada, ubriaca e incinta sono perfettamente coerenti con la sua vocazione.

La miseria e l'abbrutimento dei derelitti, per Vincent, dovevano essere vissuti in prima persona, non mediati attraverso una distante pietà. Lontanissimo dalle teorie sull' autonomia dell'arte, Van Gogh ha praticato la pittura come intimamente connessa con la vita: non essendo la bellezza un'armonia di forme, ma una verità da testimoniare. Questo cristianesimo intransigente non era fatto per piacere alla chiesa ufficiale. Vestito con una vecchia uniforme da soldato, sporco di polvere di carbone, Vincent doveva sembrare uno degli invasati di Dio dei romanzi di Dostoevskij: gli occhi allucinati, i discorsi troppo partecipati. La nomina nel Borinage non gli venne rinnovata, fu costretto ancora una volta a partire, sconvolto, anche in parziale urto con il fratello Theo, che gli suggeriva rimedi peggiori del male.


Ritratto-di-Joseph-Roulin

Ritratto di Joseph Roulin



Un periodo durato almeno nove mesi, di cui sappiamo molto poco. Van Gogh infatti, aveva smesso di scrivere. Nel luglio del 1880, ricevendo un vaglia di Theo trasferitosi a Parigi, Vincent riprese la corrispondenza con una lettera bellissima, insieme una confessione e un bilancio e l'annuncio di una svolta. "Invece di abbandonarmi alla disperazione - scriveva - ho optato per la malinconia attiva; che spera, che anela, che cerca... non sempre uno sa quello che potrebbe fare, ma lo sente d' istinto: eppure sono buono a qualcosa, sento in me una ragione di essere!... A cosa potrei essere utile, a cosa servire? C' è qualcosa in me, che dunque?". Si era accorto che Dio era ovunque, in ogni buona cosa, in ogni grande attività, non solo in quella religiosa, ma anche in quella artistica.


Terrazza-di-un-caffe-di-notte

Terrazza di un caffé di notte


Cerchiamo di capire la parola definitiva contenuta nei capolavori dei grandi artisti, dei veri maestri aggiungeva e si troverà Dio. Se non aveva potuto parlare agli uomini dal pulpito di una chiesa, lo avrebbe fatto dipingendo, con le figure, attraverso i dipinti. Aveva sentito la nostalgia per il paese dei quadri e aveva ripreso, finalmente, a disegnare. E ora terminava: "Pur avvertendo la mia debolezza e la mia penosa soggezione a molte cose, ho ritrovato la mia calma di spirito e l' energia mi ritorna ogni giorno di più". Fonte


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Testa di donna che indossa un cappello



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Uno dei suoi autoritratti, esposto a Detroit





Edited by Milea - 7/8/2021, 14:16
 
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Van Gogh e l'orecchio mozzato:
non fu “colpa” di Gauguin



All'origine del gesto non vi sarebbe la lite con il collega ma la notizia dell'imminente matrimonio del fratello Theo. È la tesi di Martin Bailey, scrittore inglese e grande studioso dell'artista, che nel suo ultimo libro svela nuovi retroscena sul periodo che Vincent trascorse ad Arles



Vincent Van Gogh decise di mozzarsi un orecchio quando venne a sapere che suo fratello Theo stava per sposarsi. Un nuovo studio dimostrebbe quindi che il gesto - il più clamoroso caso di automutilazione nella storia dell'arte - non fu motivato, come sosteneva la teoria più accreditata sinora, da una lite tra l'artista e il collega Paul Gauguin, al termine della quale Vincent prese un rasoio e si mozzò il padiglione destro.

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La scoperta, spiega il Telegraph, sarebbe stata fatta da Martin Bailey, scrittore e giornalista britannico specializzato in storia dell'arte, che nel suo libro Studio of the South.Van Gogh in Provence. pubblica la prova. A quanto pare, il grande artista olandese apprese del matrimonio del fratello da una sua lettera, che gli sarebbe stata consegnata domenica 23 dicembre 1888. In quello stesso giorno, più tardi, Vincent ebbe la lite con Gauguin. A causa della pioggia, i due artisti avevano lavorato tutto il giorno nella casa-studio che condividevano: i fisiologici problemi che si creano nella condivisione di spazi stretti aveva innescato un diverbio, che era cresciuto fino a indurre Gauguin ad andar via di casa minacciando un ritorno a Parigi.

Le nuove evidenze inducono Bailey a pensare che non fosse questo il motivo del gesto di Vincent. D'altra parte, che Van Gogh fosse preoccupato per la notizia era noto. Al tempo, il grande pittore non aveva mai venduto neppure un quadro e dipendeva dal fratello anche finanziariamente, sicchè la notizia del matrimonio di Theo doveva suscitargli non poca ansia. Tuttavia si era sempre ritenuto che Vincent avesse ricevuto la notizia delle imminenti nozze giorni dopo essersi mozzato l'orecchio.

In realtà, la lettera di Theo conteneva 100 franchi, ma anche uno scritto nel quale il fratello minore di Vincent, che aveva 31 anni e stava cominciando ad affermarsi come importante mercante d'arte, riferiva al fratello di aver reincontrato Jo Bonger, una giovane che lo aveva già rifiutato una volta, ma che a quel punto aveva accettato di sposarlo. Bailey ha stabilito che sia Teo che Jo avevano già scritto, rispettivamente alla madre e al fratello maggiore, chiedendo - come era tradizione del tempo - il permesso per l'unione, e che il tutto fosse arrivato in tempo per essere recaptitato nella lettera che arrivò nella famosa Casa Gialla di Arles, dove l'artista viveva, nella mattina di quel 23 dicembre.

La cronaca racconta che Vincent si mozzò il lobo, ma l'abbondante perdita di sangue non gli impedì di uscire, andare nella sua casa di tolleranza preferita e consegnare il lobo mozzato a una ragazza, forse una prostituta, forse solo la figlia di un agricoltore locale. Il giorno dopo, la vigilia di Natale, Gauguin tornò nella casa, trovando la polizia alla porta e l'artista steso nel suo letto intriso di sangue. Van Gogh fu ricoverato in ospedale e tenuto in isolamento per due settimane. In una lettera a Theo scrisse "Presto torneranno i giorni belli, e io ricomincerò a occuparmi di frutteti in fiore". Nonostante un altro collasso e ricovero, Vincent rimase ad Arles fino ad aprile. Come spesso accade ai geni, le opere di quel disperato periodo sono tra le migliori prodotte da Van Gogh.



Nel 1890 Van Gogh si trasferì ad Auvers (a Nord di Parigi). Bailey traccia anche un ipotetico e toccante tracciato del letto da lui dipinto nella "Camera da letto". Era uno dei due che si trovavano ad Arles (l'altro era per Gauguin), e che l'artista fece spedire in treno ad Auvers. Era doppio e preparato per due, a evocare la persistente speranza che un giorno sarebbe riuscito a condividerlo con una donna. Ad Auvers l'artista produsse le sue ultime opere, prima di morire suicida nel luglio. Per rimarcare quanto buio sia stato il periodo provenzale di quello che post mortem sarebbe stato riconosciuto come uno dei più grandi pittori della storia, Bailey racconta che, quando l'artista si mutilò l'orecchio, tra i quattro giornali quotidiani che riportarono la notizia, due sbagliarono lo spelling del suo nome, e un terzo lo descrisse come peintre de nationalité polonaise, pittore polacco. Quando Theo morì, l'anno seguente, Jo, diventata nel frattempo sua moglie, ereditò quel letto, che finì nella guesthouse che gestiva in Olanda. Secondo Bailey, sarebbe dovuto a un certo punto ritornare nella Casa Gialla, che sarebbe dovuta diventare un museo, ma l'edificio fu bombardato e distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale. Il letto fu donato dai discendenti dei fratelli Van Gogh a un'associazione benefica: potrebbe essere ancora oggi da qualche parte, impossibile da identificare. O quasi.



Fonte




Edited by Milea - 7/8/2021, 14:56
 
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Vincent Van Gogh, Il cortile dell'ospedale di Arles,1889
olio su tela,74×92 cm
Collezione Oskar Reinhart Am Römerholz, Winterthur, Svizzera


In fondo la mia vita non è poi tanto misera o penosa: passo quasi tutto il mio tempo in un giardino. Certo, è il giardino di un ospedale, anzi di un sanatorio, di una casa di assistenza, di un… beh, chiamiamolo col suo nome: un manicomio. Sono chiuso qui da più di un anno ormai. Gli antichi credevano che nel nome sia racchiuso un destino: che beffa, mi chiamo Vincent, ma sono un perdente nato.



Da quando sono ricoverato qui a Saint-Rémy-de-Provence, mi sento un po’ meglio. Certo ogni tanto mi tornano le crisi, soprattutto la notte; sento rumori e suoni che mi entrano nel cervello; vedo forme bizzarre, come fantasmi iridescenti, ma ho notato che anche altri ricoverati hanno sentito come me voci e suoni strani durante le loro crisi e che anche a loro le cose parevano vaghe, cangianti, inafferrabili.

Quando si capisce che queste visioni fanno parte della malattia, lo si accetta come tutto il resto e poi in fondo, diventare matti sembra quasi un rischio normale nel mestiere di pittore: quanti artisti hanno fatto la mia stessa fine! Ora penso senza timore a tutto quello che ho passato: la mia non è una sorte più atroce di quella di tanta gente affetta da malattie incurabili.

Eppure non credo di essere proprio matto: ci sono momenti in cui mi sento perfettamente normale e, almeno quando dipingo, mi pare di trovare il mio equilibrio. I dottori non ci capiscono granché; ogni volta che sono visitato ad Arles o a Saint-Rémy, hanno scritto una diagnosi diversa: secondo uno sono un epilettico grave, per un altro uno schizofrenico, oppure un demente precoce, un alcolizzato all’ultimo stadio, un paranoico ossessionato da sensi di colpa, un nevrotico, un depresso, o anche un sifilitico con gravi lesioni cerebrali.
E il pazzo sarei io…meno male che nessuno mi ha mai vietato di dipingere, anzi, pare che per me sia la terapia migliore.

Comunque i dottori hanno fatto bene a chiudermi nel sanatorio - va bene, va bene, chiamiamolo pure manicomio se preferite - di Saint-Rémy. Quando mi hanno portato qui, all’inizio mi sentivo come un naufrago impegnato a fare l’inventario delle poche cose che le tempeste dell’esistenza hanno sparso sulla riva: un paio di scarpe sfondate, una sedia impagliata che si sfibra, una pipa, il ricordo di un ramo di pesco in fiore.

La paura della follia mi sta passando a mano a mano che conosco quelli che ne sono colpiti: se non avessi visto gli altri alienati da vicino non avrei potuto smettere di pensarci continuamente, e forse avrei avuto altre crisi come quella di Arles, quando mi sono tagliato via l’orecchio sinistro, quando avrei voluto morire, quando sentivo il mondo crollarmi addosso con tutto il suo peso, quando mi sembrava che niente e nessuno avrebbe potuto salvarmi.
Ho cercato la morte, ho succhiato i colori appena spremuti dai tubetti, ho bevuto il petrolio delle lampade, ma sono ancora vivo e posso dipingere.

Voglio dipingere, devo dipingere, ma è inutile illudersi: per quanto possa studiare, impegnarmi, non sarò mai un pittore bravo come quelli delle accademie e dei musei, non riuscirò mai a dipingere come loro, tele lustre e scintillanti, figure perfette, luci attente e composte.
Forse non venderò mai un quadro in vita mia o forse, chissà, quando sarò morto le mie povere tele saranno considerate dei tesori, il frutto della mente e della mano di un genio pazzoide. Mio fratello Theo mi ha fatto avere un pacco di fotografie di dipinti: ho provato a copiarne qualcuno e mi vergogno dei risultati: in confronto i miei quadri sembrano sempre sudici, pasticciati, grossolani, impastati.

Meno male che c’è Rembrandt, olandese come me. Mi ricordo bene i suoi quadri, al Rijksmuseum di Amsterdam: come vorrei rivederli! Potrei restare giorni interi davanti alla Ronda di Notte, mi basterebbero un tozzo di pane, un po’ d’acqua e una tela di Rembrandt per essere davvero felice. Se penso come sono conciati, invece, i suoi dipinti al Louvre! I quadri di Rembrandt del museo sono rovinati e gli amministratori non li restaurano! Ah, certo, solo un pazzo come me può criticare Parigi, la Ville Lumière, la città delle luci, della gioia, dei balli, degli aperitivi, delle donne allegre, dei pittori che si riuniscono in gruppi, che fanno mostre collettive, che mettono i loro quadri nelle vetrine ben illuminate dei mercanti d’arte.



Paesaggio con cielo cupo
olio su tela 50 x 65 cm.
Zurigo, proprietà privata


Via, via, lontano da quelle luci false, da quella vita banale: ho bisogno di respirare, di luce, di natura. Ho passato troppi anni nel grigiore, nelle giornate spente e nebbiose del Nord, nel fumo di Londra, nel “paese nero” dei minatori di carbone. Adesso che ho scoperto il sole della Provenza non voglio più perderlo.

Ho smesso di cercare uno stile preciso, anzi, attualmente non seguo alcuna tecnica di pennellata. Prima di tutto ho deciso di non tracciare mai più i contorni di un quadro con il carboncino e che mai più preparerò un disegno preliminare: basta, la tela va aggredita direttamente con il colore e con il pennello. Credo che sarebbe davvero impossibile catalogarmi all’interno di un gruppo, come gli impressionisti o i nabis (dalla parola ebraica che significa profeti, gruppo di artisti parigini dell'avanguardia post-impressionista, attivi negli anni '90 del XIX secolo).

stanza_vincent

Window in the Studio, Saint-Rémy-de-Provence,
September-October 1889
chalk, brush and oil paint and watercolour, on paper, 62 x 47.6 cm
Van Gogh Museum, Amsterdam


Ho allestito un piccolo atelier nella mia stanza, mi serve quando c’è brutto tempo, quando dipingo ritratti o vasi di fiori, ma appena posso vado a dipingere all’aperto, con il cavalletto piantato nella terra; spremo direttamente i colori dal tubetto (non li mescolo mai sulla tavolozza, mi sembra che perdano forza e purezza), sbatto sulla tela colpi di pennello irregolari e li lascio così come vengono, come capita, senza preoccuparmi dell’uniformità.

Sui miei quadri si trova di tutto: strati sovrapposti di colore macchie dense, pennellate lunghe come coltellate, angoli di tela incompiuti, ripetizioni, violenze. Il risultato è, almeno a mio parere, abbastanza misterioso e provocante, roba da indisporre i critici e le persone che hanno idee preconcette sulla tecnica…
Le mie giornate qui dovrebbero trascorrere senza sorprese: per me e per gli altri matti di Saint-Rémy sono prescritti riposo, vita sana all’aria aperta e assenza di emozioni violente.



Notte stellata sul Rodano, 1888
olio su tela, 72,5×92 cm
Parigi, Musée d’Orsay


Ma come si fa a non provare emozioni davanti alla natura! Per me è tutto vivo, sento la natura che mi parla: vedo stelle che roteano nel firmamento, ulivi contorti che dilagano sulle colline, l’onda infinita del grano maturo, i cipressi dritti e scuri come antichi obelischi, la terra solcata profondamente dagli aratri, i fiori che nascono anche nel cortile di un manicomio, una farfalla che vola via tra le pietre di un carcere. E allora, anche se secondo i dottori non dovrei espormi alle emozioni, usando il giallo, il rosso, il verde lascio esplodere nei miei quadri terribili, grandiose passioni. Di solito la sveglia suona alle sei e un sorvegliante mi accompagna in giardino.

Comincio a dipingere presto e sfrutto tutta la luce possibile: in certi giorni riesco addirittura a finire due quadri, da cima a fondo. Sono calmo da mesi, ormai, tengo sotto controllo le mie crisi, tanto che qualche volta mi permettono di uscire nei campi.
Seguo con ansia il susseguirsi delle stagioni: ho visto sbocciare tutti i fiori della primavera, gli alberi coprirsi di foglie; adesso è appena iniziata l’estate e, non so, ho un presagio come di triste, forse per me sarà l’ultima.



Campo di grano con volo di corvi, luglio 1890
olio su tela, 50,5 x103 cm
Amsterdam, Van Gogh Museum


Ho chiesto e ottenuto una autorizzazione speciale: in una di queste lunghe e serene notti di fine giugno mi hanno permesso di uscire sul poggio sopra il paese e dipingere il cielo stellato, in una tarda sera di luna crescente.
Forse il dottor Payot pensava che una passeggiata notturna mi avrebbe fatto bene e che il cielo punteggiato di stelle sia una quieta, romantica poesia.

Insieme all’infermiere che mi guardava a vista, sono arrivato in cima la breve declivio sotto il quale se ne sta rannicchiato il paese di Saint-Rémy; di fronte a me, nella notte limpida, si riconosceva bene il profilo scuro delle montagne.
Alla luce di una lanterna ho sistemato il cavalletto e la cassetta dei colori e dei pennelli. Ho alzato gli occhi e il firmamento ha iniziato a palpitare.


Ho visto la Via Lattea scorrere come un flusso di luce, avvolgersi come un’onda d’oro nel cielo blu; la luna arancione si è accesa di un alone giallo, come se contenesse dentro di sé anche il calore del sole; le stelle mi sono apparse enormi, come immensi fiori di luce, ho visto le sagome dei cipressi allungarsi come fiamme scure come a cercare il cielo sfolgorante.

Per un istante, nell’incanto della volta stellata ho visto passare i millenni, la storia, i destini. Mi sono sentito prima minuscolo, insignificante, un nulla davanti a quello spettacolo; poi quel senso di inutilità e piccolezza è sparito, ho capito che in questo fiume di luce e di energia, anche per me c’è un posto. Sulla terra o nel cielo, in questo mondo o in un altro, tra gli uomini o davanti a Dio, io non lo so. Non chiedetemi una risposta, non sono un filosofo: in fondo, sono solo un povero pittore pazzo. (M.@rt)




Notte stellata,1889
olio su tela, 72×92 cm
New York, Museum of Modern Art



Notte stellata (De sterrennacht) è un dipinto di Van Gogh, che raffigura un paesaggio notturno di Saint-Rémy-de-Provence, poco prima del sorgere del sole del 19 giugno 1889, durante l'anno di permanenza nella clinica psichiatrica di Saint-Rémy-de-Provence.
Questa datazione sarebbe avvallata da una lettera di pugno dello stesso Vincent, desideroso di comunicare al fratello di aver realizzato “un paesaggio con gli ulivi e anche uno studio di cielo stellato”.

La sua pennellata anziché avere una stesura “a virgola” tipica degli impressionisti, tendeva a dare colpetti di pennellate di un certo spessore, interrotte e punteggiate, vorticosamente “allungate”.
Sicuramente la cosa che si nota maggiormente nella Notte Stellata è l’effetto della sua pennellata: il cielo sembra avvolgere gli astri. Ma com’è riuscito a creare questo effetto? Semplicemente con una pennellata blu tondeggiante intorno ai “puntini gialli”, le stelle.




Stefano Zuffi

Il mondo dipinto
Ventidue capolavori di grandi maestri
raccontano la loro storia

Ed. FeltrinelliKIDS

 
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Sogno di dipingere e poi dipingo il mio sogno

(Vincent van Gogh)






 
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Vincent van Gogh







Penso spesso che la notte è più viva
e intensamente colorata del giorno.






L’unico momento in cui mi sento vivo è quando dipingo.






Non so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare.






Ho la natura, l’arte e la poesia,
e se questo non è sufficiente, che cosa posso volere di più?





La normalità è una strada asfaltata:
è comoda per camminare, ma non vi crescono fiori.






Non bisogna giudicare il buon Dio da questo mondo,
perché è uno schizzo che gli è venuto male.







Non soffocare la tua ispirazione e la tua immaginazione,
non diventare lo schiavo del tuo modello.







Le emozioni, a volte, sono così forti
che lavoro senza saperlo. I colpi arrivano come parole.







Non è il linguaggio dei pittori, ma il linguaggio della natura
che si dovrebbe ascoltare,
il sentimento per le cose stesse, per la realtà,
è più importante del sentimento per le immagini.







Voglio toccare le persone con la mia arte.
Voglio che dicano “si sente profondamente,
si sente teneramente”.






Come la pratica rende perfetti, non posso fare progressi;
ogni disegno fatto, ogni studio dipinto, è un passo avanti.






Sii consapevole delle stelle e dell’infinità in alto.
Dopotutto la vita sembra quasi incantata.






Se una voce dentro di te continua a ripeterti
“non sarai mai in grado di dipingere”,
allora dedicati alla pittura con tutto te stesso,
e vedrai che quella voce sarà messa a tacere.






Così il pennello sta alle mie dita
come l’archetto al violino,
e assolutamente per mio piacere.






Ciò che desidero, è che tutto sia circolare
e che non ci sia, per così dire,
né inizio né fine nella forma,
ma che essa dia, invece,
l'idea di un insieme armonioso, quello della vita.


Girasoli26_0




 
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