Flowers, Andy Warhol, 1964

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view post Posted on 12/1/2011, 20:58     +2   +1   -1
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FLOWERS1

Andy Warhol
Flowers
1964
Vernice di polimeri sintetici
e inchiostro serigrafico su tela
216X213,4cm
The Andy Warhol Foundation - New York



"Non ho mai provato imbarazzo nel chiedere a qualcuno, alla lettera: CHE COSA DOVREI DIPINGERE ? e questo perchè il Pop viene dall'esterno , e poi perchè mai chiedere a qualcuno idee dovrebbe essere diverso dal cercarle in un periodico ?", scrive Warhol in POPsim.

E altrove: "Le mie idee le prendo sempre dalla gente. A volte cambio l' idea per seguire un certo progetto al quale sto lavorando in quel momento, altre volte invece non la cambio".

Henry Geldzhaler, curatore al Metropolitan Museum, è stato in particolare per lui un vero vulcano di idee: su un suo suggerimento intraprende, nel 1962, la serie dedicata alla "morte americana"; e quando l'amico gli consiglia di tornare alla vita, Warhol comincia a lavorare sulla serie dei "Flowers", che presenta nell'autunno del 1964 nella sua prima personale dal gallerista Leo Castelli.

Scriverà Geldzhaler: "...consideravo la cosa come i pittori del Rinascimento che si rivolgono ai sapienti, i quali conoscevano le leggende sacre e avevano cognizione dell'antichità...anche il nostro rapporto era strutturato in questi termini. In concreto però non ebbi mai nulla a che vedere con i suoi dipinti: mi limitavo solamente ad aiutarlo a prendere una decisione sul da farsi".

Derivata da una fotografia di Patricia Caufield, la serie mette in atto un ritorno alla vita, in realtà molto sui generis: come ha scritto Carter Ratcliff nel 1983, i fiori sono "un distillato di gran parte dell'arte di Warhol, il bagliore della bellezza che diventa improvvisamente tragico sotto lo sguardo dell'osservatore"; e questo perchè la vita che incarnano è artificiale e infinitamente duplicabile, come dimostrerà l'installazione da Castelli, dove i fiori si struttureranno in file ordinate sulle pareti della galleria, a sottolineare il loro carattere puramente decorativo.

E la morte inevitabile insita in ogni riproduzione meccanica... ( Mar L8v )






Edited by Milea - 31/8/2021, 15:54
 
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view post Posted on 31/8/2021, 15:33     +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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FLOWERS

Andy Warhol
Ten Foot Flowers
1967
Serigrafia e acrilico su tela
304,8 X 304,8cm
Berlino, Museum für Gegenwart


“Non mi piace toccare le cose , ecco perché il mio lavoro è così distante da me”, ha scritto Warhol. Se questo è vero per tutta la sua produzione, il grado zero del coinvolgimento emotivo sembra essere raggiunto proprio dalla serie Flowers.
Persino la Cow Wallpaper, legittima erede di una serie che imbocca la strada del puro decorativismo, sembra, con la sua ironia, più partecipata di queste fredde immagini di vuota bellezza, concepite semplicemente per riempire uno spazio, o per estendersi, come un prato artificiale sul mondo e, a dimostrarlo, l’artista include persino le dimensioni nel titolo, come a dire che la pittura è semplicemente una merce da vendersi un tanto al metro.


Cow_Wallpaper
Andy Warhol, 1966
Screen print on wallpaper
46 by 28 inches (117 cm × 71 cm)
The Andy Warhol Museum, North Shore, Pittsburgh



Un’idea peraltro espressa chiaramente in una intervista del 1965:” Per ogni grande dipinto, io eseguo, pitturo anche una tela vuota con lo stesso colore di fondo… Serve semplicemente a farli più grandi del solito e a renderli più costosi. Liz , per esempio, un metro per un metro, in qualunque colore si voglia, con il vuoto costa 1600 dollari. Firmato ovviamente.

Guardando questo quadro sembrerebbe quasi che Warhol non abbia davvero mai toccato un fiore, non ne abbia mai aspirato il profumo. Negli anni Ottanta, con la bellissima serie dedicata agli animali in via di estinzione, l’artista dimostrerà ben altra sensibilità nei confronti delle meraviglie della natura: ma si tratta di un’altra epoca caratterizzata da un entusiastico ritorno ai piaceri della pittura.



Nei tardi anni Sessanta, invece, la pittura è lingua morta e lo sarà per tutti gli anni Settanta, il decennio del concettuale. Ancora nella Filosofia, pubblicata nel 1975, Warhol scriverà:” Quando ci penso mi rendo conto che fare pittura è sbagliato”.
Ma persistendo nel praticarla, non può che mostrare la nudità del re: usando la pittura per rivelarne l’inutilità, la scorrettezza, il carattere mercantile, e quindi entrare nel business. (M.@rt)


 
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