|
Chi fosse il povero Pippo, non l'ha mai capito bene nessuno...
Qualcuno ritenne che a far ridere tutta la città fosse il segretario del Partito Fascista Achille Starace, altri, più benevoli, pensarono a un semplice sciocco del villaggio, ispirato magari dall'omonimo amico di Topolino, le cui avventure circolavano già da qualche anno in Italia. Secondo Paolo Limiti, il Maesto Rastelli svelò che Pippo era il garzone di un negozio particolarmente goffo. Ma nel 1962 Gorni Kramer raccontò: "Era il 1939, ero a Viareggio, dove mi esibivo al Kursaal. Ma capivo di non ingranare. I giovani volevano jazz e motivi americani, ma con l'aria che tirava, non sempre li si poteva accontentare. Una sera incontrai il Maestro Pippo Barzizza e mi sfogai con lui. 'Infine, che cosa vuole tutta questa gente? Io cerco di accontentare gli americanofili e gli autarchici, i seguaci dello swing e i patiti dei vecchi valzer paesani. Niente da fare. Che cosa non va?' Pippo si strinse nelle spalle. 'E chi lo sa? Io non lo so ma nemmeno voglio saperlo'. E mi piantò in asso. Piuttosto deluso, andai nel mio camerino. 'Pippo non lo sa, Pippo non lo sa', continuavo a ripetermi. Le parole, divenute quasi ossessive, si trasformavano in musica. Buttai giù le prime note, poi preso da una specie di smania e lì per lì con i miei colleghi orchestrammo il motivo. La musica, eseguita senza parole, piacque immediatamente. Ci voleva, forse, per tirare su gli spiriti piuttosto depressi. Qualche giorno dopo l'Europa precipitava nel baratro della guerra. Ma a Viareggio, già 'oscurata', si sentiva fischiare, nelle placide sere settembrine: 'Pippo non lo sa'…"
Anche se sullo spartito veniva presentato come "Foxtrot", il brano conteneva echi di charleston e parecchio swing: era quanto di più simile al jazz, difficilmente tollerato dal fascismo ("musica afro-demo-pluto-giudo-masso-epilettoide" o "barbara anti-musica negroide"). Ma a divi come Natalino Otto, Alberto Rabagliati e lo stesso Trio Lescano si concedeva, in effetti, qualche influenza americana: sia Mussolini che Galeazzo Ciano erano grandi ammiratori delle tre sorelle olandesi - il Duce le invitò a Palazzo Venezia per conoscerle - anche se ciò non risparmiò loro il carcere nel 1943, per le origini ebraiche e per un fantasioso sospetto di spionaggio musicale.
La canzone di Mario Panzeri, Gorni Kramer e Nino Rastelli si è dimostrata irresistibile per due generazioni di italiani: quella che ne decretò il successo nel 1940, grazie all'interpretazione di Silvana Fioresi e del Trio Lescano, e quella che nel 1967 la rispedì nelle prime posizioni della hit-parade grazie a Rita Pavone. Infatti, quasi trent'anni dopo la prima incisione, la cantante andò al sesto posto in classifica proponendo "Pippo non lo sa" nella trasmissione per ragazzi "Chissà chi lo sa". La sua versione manteneva le cadenze del charleston, ma introduceva un banjo in stile dixieland e un trombone che accentuava le caratteristiche di "marcetta".
Interpreti:
La voce solista della prima versione della canzone è di Silvana La Rosa, in arte Silvana Fioresi, genovese, nipote del direttore d’orchestra Armando La Rosa Parodi. Diplomata in pianoforte e canto al Conservatorio di Torino, lavorò per quattro anni con l’Orchestra Barzizza, per poi specializzarsi nelle canzoni a due voci (ad esempio “Piemontesina”, cantata con Gianni Di Palma). Nel 1940 ottenne due grandi successi: “L’uccellino della radio” (di Nizza – Morbelli – Filippini), e “Pippo non lo sa”. Dopo la guerra, ottenne un solo grande successo: “Il mio nome è donna” (1946).
Il Trio Lescano, che nell’incisione originale si limita ad accompagnare la cantante solista, segnò un’epoca. Le sorelle Leschan erano figlie di un contorsionista ungherese e di una cantante di operetta olandese. Crescute in Olanda, Alexandra e Judith avevano lavorato come acrobate; quando Kitty ebbe 16 anni formarono un trio, cui venne italianizzato il nome in Lescano. Entrate all’Eiar di Torino, dopo aver accompagnato Enzo Aita in “Ma le gambe” e Maria Jottini in “Maramao perché sei morto” divennero talmente popolari da essere riconosciute da Mussolini per strada (“Passò sotto il nostro balcone, e gridò: ‘Salve, Lescano!’, ha dichiarato Alessandra), venivano definite dai giornali dell’epoca "Le tre grazie del microfono", "Il fenomeno del secolo", "Le sorelle che realizzano il mistero della trinità celeste". In un’intervista realizzata da Natalia Aspesi de “La Repubblica”, Sandra Leschan raccontò: “Nel 1939, l'anno in cui Gilberto Mazzi cantava ‘Se potessi avere mille lire al mese’, noi guadagnavamo mille lire al giorno. Avevamo comprato un bellissimo appartamento a Torino, possedevamo una Balilla fuori serie a 4 porte, i nostri armadi erano pieni di vestiti". Nel 1941 tutti i giornali pubblicarono la notizia che le Lescano avevano preso la cittadinanza italiana. "Ma rifiutammo sempre la tessera fascista”. Gli ultimi anni del conflitto furono molto difficili per loro: vennero arrestate a causa dell’origine ebraica della madre; furono rinchiuse nel carcere di Genova e accusate di mandare messaggi cifrati in canzoni come “Tuli tulipan”. Subito dopo la guerra, vennero dimenticate dal pubblico italiano – non restò loro che trasferirsi dove le ascoltavano ancora con piacere: in Sudamerica, dove altri artisti (ad esempio Rabagliati) riscuotevano un certo successo. Nel 1987 Sandra, ultima superstite del trio, si è spenta a Salsomaggiore. Altri interpreti, Rita Pavone, Claudio Villa, Lelio Luttazzi Trio.
|