Edvard Munch, Biografia dell'artista

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view post Posted on 28/12/2010, 11:51     +1   +1   -1
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Edvard Munch

«Dal mio corpo in putrefazione cresceranno dei fiori
e io sarò dentro di loro:questa è l'eternità»



selfportraitMunch

Edvard Munch nacque a Løten in Norvegia il 12 Dicembre 1863. Il padre, Christian Munch, era ufficiale medico nella locale guarnigione militare; la madre, Laura Cathrine Bjølstad, aveva 21 anni in meno del marito ed era affetta da una forma congenita di tubercolosi che già aveva fatto numerose vittime nella sua famiglia. La coppia aveva già una figlia, Johanne Sophie, nata nel 1862. Un anno dopo la nascita di Edvard il dottor Munch fu trasferito a Kristiania, l’attuale Oslo, dove nacquero gli altri tre figli: Peter Andreas nel 1865, Laura Cathrine nel 1867 e Inger Marie nel 1868.
Tutti i cinque figli soffrirono spesso di malattie respiratorie legate alla tara ereditaria della madre.

Dopo l'ultimo parto Laura Bjølstad, che negli anni si era fatta sempre più debole, morì. Sua sorella, Karen Bjølstad, si prese cura dei bambini insieme al padre che nel 1875 lasciò l'esercito per aprire uno studio medico.
La poca dimestichezza di Christian Munch con il denaro e la sua generosità verso i pazienti più poveri, causarono ristrettezze economiche alla famiglia che si trasferì in un quartiere popolare. La zia Karen riuscì però - con una gestione oculata delle spese e con qualche entrata occasionale - a mantenere i Munch in uno standard di vita dignitoso. Era assai abile a costruire quadretti fatti di muschio, foglie e paglia che poi vendeva ai negozi. Nello stesso tempo insegnò il disegno ai nipoti e a 12 anni Edvard cominciò a disegnare con una certa costanza.

Nel 1877 Johanne Sophie morì di tubercolosi; fu un grave colpo per Edvard che le era molto legato. Nel 1879, per volere del padre, Edvard si iscrisse all'Istituto tecnico. Tuttavia le numerose assenze per malattia lo costrinsero a ritirarsi un anno dopo. Ma aveva già deciso la propria strada: sarebbe diventato un pittore. Entrò nella Reale Scuola d'Arte di Kristiania anche grazie a una borsa di studio vinta per le sue capacità tecniche tutt'altro che comuni: fu allievo dello scultore Julius Middelthun. Ne uscì un anno più tardi per aprire uno studio con altri giovani artisti e nel 1883 espose per la prima volta al pubblico le sue opere. Frequentava l'ambiente bohemien di Oslo nel pieno del suo fermento culturale ( lo stesso Henrik Ibsen ne fece parte).

Nel 1885, con l'aiuto economico del pittore Frits Thaulow, si recò ad Anversa - dove espose un quadro all'Esposizione Internazionale - e a Parigi per studiare le opere del Louvre e degli artisti contemporanei che gravitavano intorno al Salon.
Nel 1889 a Kristiania fu allestita una Mostra Personale di tutte le sue opere. Era la prima volta che nella capitale norvegese si organizzava una mostra di un solo autore.

Il successo dell'evento gli procurò una borsa di studio per tornare a Parigi a perfezionarsi sotto la guida di Léon Bonnat. Contemporaneamente acquistò una casa ad Åsgardstrand, una piccola città sul fiordo di Kristiania, che diventò il suo luogo d'elezione. In quel luogo trovava ispirazione per i suoi dipinti.
Mentre si trovava a Parigi lo raggiunse la notizia della morte del padre ma non potè tornare in patria per il funerale. Iniziò per lui un periodo di profonda depressione. La malattia lo colse più volte, tanto che dovette prolungare di un anno la permanenza a Parigi, avendo perso troppe lezioni. Sperimentò diversi stili pittorici e una volta tornato a Kristiania allestì una mostra per esibire i risultati del suo periodo parigino (settembre 1892).
La sua prima mostra parigina, scandalizzò l'intera opinione pubblica , ma attirò comunque una piccola frangia di giovani artisti. L'uso dei colori, la potenza dei suoi rossi (non si dimentichi che spesso Munch usa per la campitura dei quadri un nero perlaceo), la lucidità violenta con cui tratta i suoi temi, lo porteranno ad essere il precursore, se non il primo degli espressionisti
Un membro dell'Unione Artistica di Berlino, dopo aver visitato l'esposizione, lo invitò ad esporre nella capitale tedesca.

Anche la mostra di Munch a Berlino suscitò scalpore: gran parte della stampa e dell'ambiente artistico si dichiarò offesa non tanto dai soggetti quanto dal modo di dipingere di Munch. Il semplice abbozzo dei particolari nei suoi dipinti li faceva giudicare "quadri non finiti" dai detrattori.
La mostra chiuse dopo una settimana, ma lasciò il segno nella storia dell'arte. Segnò infatti l'inizio della "Secessione". I forti attriti che da tempo covavano tra gli artisti tedeschi furono catalizzati dallo "scandalo Munch" fino a sfociare in una rottura che portò alla ribalta i pittori che sperimentavano nuove vie espressive.
Cattiva o buona che fosse, la fama acquisita in quell'occasione lo seguì in patria e a Parigi quando vi tornò. Si dedicò all'incisione del legno e alla litografia e instaurò una relazione sofferta con Tulla Larsen, figlia di un mercante di vini. Dopo una serie di rotture e riconciliazioni la relazione finì violentemente quando un colpo di pistola ferì incidentalmente Munch ad una mano. Il pittore incolpò Tulla dell'accaduto e non volle più avere a che fare con lei e con gli amici che avevano preso le sue difese.

Tornato trionfalmente a Berlino nel 1902, espose nel nuovo spazio della Secessione e raggiunse finalmente il successo di pubblico e quello economico.
La fama non gli concesse la felicità; cercò di attutire la sensibilità con l'abuso di alcool; il periodo è travagliato e si ricovera in una casa di cura per malattie nervose. Famosa è una sua foto in cui, seduto in un giardino, sferruzza con della lana (una cura distensiva per chi soffriva di malattie nervose). Esagerando con gli alcoolici, era preda di allucinazioni.

Viaggiò di continuo per le città tedesche inseguito dai suoi fantasmi finché decise di concedersi un periodo di riposo e cura alla stazione termale di Warnemünde, l'equivalente tedesco della sua Åsgardstrand. L'ambiente rilassato non gli giovò quanto aveva sperato. Ai suoi problemi nervosi si aggiunse una mania di persecuzione che lo portò vicino alla pazzia. Nel 1908 decise di entrare in clinica a Copenhagen dove la sua salute mentale migliorò. Per tutto quel periodo continuò a dipingere e quando uscì, un anno dopo, si era disintossicato dall'alcool. Decise di stabilirsi a Kragerø, sulla costa norvegese, dove affittò una grande casa con giardino.

Vinse un concorso per decorare le pareti della nuova ala dell'Università di Kristiania ed ebbe altri incarichi prestigiosi.
Nel 1916 si riavvicinò a Kristiania che per anni aveva considerato sua città "nemica" e si stabilì ad Ekely in una villa con cani e cavalli. Per un certo periodo si atteggiò a proprietario terriero allevando mucche e suini. Sembrò aver riconquistato la pace, nonostante i suoi fantasmi tornassero di tanto in tanto a visitarlo. Nel 1830 un'emorragia all'occhio destro lo rese quasi cieco per tre anni.
Membro dell' Accademia tedesca delle arti e socio onorario dell' Accademia bavarese di arti figurative di Monaco di Baviera.

Nel 1937 Munch conobbe le prime persecuzioni naziste: il regime hitleriano definì “degenerate” ben 82 opere dell'artista esposte nei vari musei pubblici della Germania e ne dispone la vendita. Nel 1940, quando i Tedeschi invasero la Norvegia, l'artista rifiutò qualsiasi contatto con gli invasori e temendo per i suoi dipinti, decise di donarli al municipio di Ekely: oltre 1100 quadri molti dei quali quasi rovinati, perché Munch li lasciava volutamente all'aperto per un trattamento che egli chiamava "cura da cavalli".
Tuttavia l'occupazione dei tedeschi ebbe per certi versi un influsso positivo su di lui poiché, come disse egli stesso “il grande fantasma del nemico in casa aveva scacciato tutti gli altri suoi fantasmi personali.” Visse abbastanza serenamente gli ultimi anni ad Ekely, fino al 23 gennaio 1944, quando morì per un improvviso attacco di polmonite.

Oslo nel 1963, in occasione del centenario della nascita, gli dedicò uno spazio apposito: il Museo Munch (Munch Museet), nel quartiere di Tøyen. Nel museo si trova anche la serie Il fregio della vita che Munch realizzò intorno alla fine del XIX secolo, tele enormi nelle quali l'artista cerca di comunicare la sua visione finale della vita, intesa come il rigenerarsi di amore e morte.
Il Museo d’Arte di Bergen possiede pitture e ben 100 lavori di grafica. Munch è presente anche nei più importanti musei della Scandinavia e in molte collezioni tedesche e svizzere.

Clicca sulla tazza sottostante
per visualizzare tutte le opere trattate in questa sezione



GRIDOMUG



I colori dell'angoscia


Le angosce e i disagi esistenziali dell'artista, provato fin da piccolo da numerosi lutti familiari, vengono espressi mediante l'uso di colori violenti e irreali, linee sinuose e continue, immagini deformate, consumate dal tormento interiore. L'artista ha una visione della realtà profondamente permeata dal senso incombente e angoscioso della morte. In quest'ottica anche l'amore è visto come l'affiorare di un'animalità primitiva e insopprimibile e la voglia di annullarsi uno nell'altro viene ancora una volta letta come espressione di morte. L'utilizzo del rosso, soprattutto, è dovuto alla lunga permanenza dell'artista al capezzale della sorella, malata di tubercolosi. Un trauma che influenzerà molto spesso le scelte tonali dei suoi dipinti.








Bibliografia delle opere trattate: Rizzoli/Skira, I classici dell'arte


Edited by Milea - 29/8/2021, 16:46
 
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view post Posted on 21/7/2013, 19:45     +1   -1
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Edvard Munch
i colori dell'angoscia


Un manifesto del moderno. L'inconfondibile stile
dell'artista norvegese rompe con la tradizione





L'urlo (1893)



Dall'archivio di "Repubblica", l'estratto di un articolo di Fabrizio D'Amico sulla potenza dell'opera di Munch a partire dal suo quadro più famoso: l'Urlo
(...) Il mondo cambiava, portando per la prima volta alla luce una realtà esistenziale prima sconosciu-ta negli anni in cui Munch concepiva, con "Il Grido", una delle opere più innovative della vicenda dell' intero Ottocento.

munch_pittore_dettaglio

(..) L' opera di Munch fu sin dal suo apparire percepita come una parola devastante pronunziata nei confronti della tradizione. E un mondo che era stato come in attesa di quell' urlo, di quella liberazione, se ne appropriò per le nuove forme che stava incubando. In Germania soprattutto, dove a lungo Munch visse e frequentemente espose, e dove prima la Secessione di Berlino poi il nascente espressionismo, a Dresda a Monaco a Berlino, presero le mosse dalla sua pittura.

Il Grido divenne sin da allora, un' icona del moderno. La materia strusciata sulla tela non grande, i vortici quasi sgarbati di un colore senza grazia, il nero che percuote e trattiene a stento quell' esplo-sione cromatica; le nuvole «tinte di rosso sangue», e l' orizzonte incendiato, il ponte vertiginosamen-te in fuga verso il fondo, quasi volesse risucchiare i personaggi, e chi li guarda, verso un abisso, un gorgo d' ignoto; e in primo piano, solo a udirsi nella bocca spalancata del fantasma che vi incombe, il grido: tremendo come quell' ignoto della psiche umana che ogni forma d' arte (musica, teatro, letteratura, poesia, e ora la pittura) allora andava scoprendo: «Dipinsi questo quadro - disse - dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando». E' la cultura del simbolo che sostituisce quella della realtà, cui erano stati devoti, in pittura, Courbet, poi diversamente Corot, e ancora diversamen-te gli impressionisti.

Munch, nato a Oslo nel 1863, era stato a Parigi; ma lì dopo una breve infatuazione per il colore divi-so, post-impressionista di Seurat, aveva conosciuto e amato soprattutto l' opera di Van Gogh, di Gauguin, di Toulouse-Lautrec. E fin da quelle prime predilezioni si intuisce la natura della poderosa innovazione cui condurrà la sua lingua: che porterà nell' animo, assieme alla cultura simbolista fran-cese, il silenzio di Ibsen e di Strindberg, e il dolore di Kierkegaard e di Schopenhauer: in una corsa dolorosa verso il fondo oscuro e notturno dell' animo.



Separazione (1896)


L' amore, la malattia, la follia, la solitudine, l' incomunicabilità, la morte sono gli «angeli neri» che sente danzare attorno a sé, che gli premono l' esistenza. E ad essi egli dedicherà le sue immagini, fino a ideare con il Fregio della vita un ampio ci-clo di tele che unirà in un unico canto questi temi cruciali per l' uomo. E da essi, dall' ossessiva concentrazione di Munch su queste che riteneva le nostre poche ineludibili verità, nasce l' unitarietà del-la sua opera, che è davvero minacciosa e tragica come "Il Grido", assordante e inascoltato, dramma-ticamente rappresenta.

Qui risiede la "forma" di Munch, che pienamente si manifesta nel quadro suo rimasto più celebre: nel sottrarre ad ogni sua occasione figurativa la curiosità inoffensiva dell' aneddoto (pur quando, appa-rentemente, il soggetto prescelto conduca in questa direzione: come nel tema frequentemente riper-corso delle Ragazze sul ponte); e nel donarle invece la perentoria assolutezza e l' ansia misteriosa dell' eterno. Fonte




Friederich Nietzsche




Madonna (1894-1895)





La voce (1893)





Malinconia, Laura (1899)






Angoscia (1894)





Edited by Milea - 29/8/2021, 16:57
 
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