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Andy Warhol Self portrait 1986 Polimeri sintetici e serigrafia su tela 203,2X193cm The Andy Warhol Foundation
Ha scritto John Caldwell dell'ultima serie di autoritratti di Warhol, esposta nel luglio 1986 alla Anthony d'Offray Gallery di Londra: ''In questo senso si autorivela troppo; sembra simultaneamente devastato e demoniaco, vuoto e pieno di troppo anni e di troppe esperienze...La faccia di Warhol sembra troppo illuminata, come se si stesse dissolvendo nella luce...Insieme alla freddezza e al realismo fin troppo evidenti dell'immagine c'è però in esse una sorta di intensità e sentiamo che lo stesso Warhol, come il suo autoritratto, è vicino alla fine''.
Poco dopo il ferimento, Tomkins aveva dato, di Andy, un ritratto che si adatta alla perfezione a descrivere queste opere: " Per il momento, ciò che vediamo riflesso su quello strano volto è la malattia per cui non ci sono cure. Questo è il nuovo brivido portato dall'arte di Warhol. In ciò che si spera sia un'altra finzione, Andy inizia ad apparire sempre più l'angelo della morte''.
La morte danza da un pezzo attorno al volto martoriato di Warhol, e questi commenti esprimono lo stupore, manifestato dai suoi stessi contemporanei, che non se lo sia ancora portato via.
Dalla metà degli anni Sessanta, i suicidi si sono moltiplicati attorno a lui, e più di recente molti suoi amici, compreso il suo ultimo amante sono stati distrutti dall'AIDS.
Eppure Warhol sopravvive a se stesso e sarà solo per un incidente banale, e difficilmente spiegabile, che abbandonerà il suo posto nel mondo.
Tutta questa storia la si può leggere nell'ultima terribile serie di autoritratti, in cui il flash della Polaroid sembra colpirlo come un fulmine, rivelando, come notava il regista tedesco Rainer Werner Fassbinder, l'enorme prezzo che aveva dovuto pagare al mondo dell'arte.
E tutto è lì, immediatamente visibile, sulla superficie: ''ECCOMI, NULLA E' NASCOSTO'' (M.@rt)
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