Self Portrait, Andy Warhol, 1964 and beyong

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view post Posted on 18/12/2010, 11:06     +3   +1   -1
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Andy Warhol
Self-Portrait
1964
Serigrafia. polimeri sintetici
e acrilico su tela
50,8X41cm
The Andy Warhol Foundation - New York





Warhol ha eseguito autoritratti per tutta la vita, dal famoso Nosepicker del 1949, in cui si infila provocatoriamente un dito nel naso, fino alla serie del 1986, con il suo viso smunto violentato dal flash della fotografia.

Per l'artista dell'assenza di profondità e del "tutto in superficie", la scelta quasi paradossale, dato che l'autoritratto è sempre introspezione, occasione per un'indagine che va al di là della mera apparenza.

Warhol ne è cosciente, e in questa serie del 1964 polemizza con questa impostazione in due modi; in primo luogo, affidandosi per auto rappresentarsi, a una macchina, anzi alla più superficiale e meccanica delle macchine, che rende impossibile qualsiasi tipo di intervento sulla mera registrazione fotografica: un dispositivo pubblico per foto-tessere.

In secondo luogo, Warhol si fotografa con un paio di occhiali da sole, che impediscono di andare al di là, negando quindi il tradizionale stereotipo degli occhi come specchio dell'anima.




La provocazione non è, in realtà, fine a se stessa, e ha un risvolto costruttivo nella domanda che, implicitamente, rivolge allo spettatore: siete veramente sicuri che l'anima di una persona la trovi in profondità, e che per conoscerla si debba andare al di là dell'apparenza ?

"Se volete sapere tutto di Andy Warhol, non avete che da guardare la superficie dei miei quadri, i miei film e me stesso. Eccomi, nulla è nascosto", dirà altrove.

Così, anche solo restando alla superficie di queste immagini, possiamo intravedervi un uomo giovane con i capelli argentati, che si costruisce una maschera per avere qualcosa dietro a cui nascondersi, e che recita una parte per non essere costretto a rivelare se stesso.

Nel 1963, a Los Angeles, in occasione della sua seconda mostra alla Ferus Gallery, Warhol ha l'occasione di conoscere Marcel Duchamp, in California per una grande retrospettiva del suo lavoro al Pasadena Art Museum.
Trasferitosi negli Stati Uniti, come molti artisti europei durante la Seconda Guerra Mondiale, Duchamp svolgerà nel dopoguerra un ruolo di catalizzatore per la nuova generazione di artisti americani, pur nella sua apparente inattività.

Per la mostra di Pasadena, l'esponente del Dadaismo fa stampare sul manifesto un ready-make rettificato del 1923, "Wanted $ 2,000 Reward", in cui Warhol, presente all'inaugurazione ritrova non solo la sua predilezione per l'immagine meccanica, ma anche il tema dell'artista come irregolare e criminale, che avrà fortuna in tutto il Novecento.




Di questo lavoro si ricorderà non solo lavorando ai "Thirteen Most Wanted Men" per la New York World's Fair, ma anche nella sua produzione ritrattistica, e ancor più nei suoi autoritratti del 1964, a partire da quello proposto sull'invito per una mostra alla Stable Gallery, in cui una luce accecante del flash rende automatica l'identificazione tra la foto-tessera e la foto segnaletica dei criminali, e l'abbigliamento ( giacca nera e papillon, non proprio usuale per Warhol in questo periodo ) è un esplicito rimando al lavoro di Duchamp.

A quest'invito seguono, nello stesso anno, altre due variazioni sul tema, sviluppate in serie di serigrafie su tela.

Nel dipinto rappresentato a capo pagina, Andy potenzia al massimo il contrasto, ottenendo un'immagine forte e priva di particolari, che stampa su sfondi accesi.

L'immagine balza così con energia in primo piano, coerentemente con l'atteggiamento qui esibito dall'artista, che ostenta una sicurezza quasi sfrontata, adatta ad un artista che, a quattro anni dal suo esordio, è già sulla soglia della sua prima retrospettiva museale.

Sicurezza che contrasta con la maschera da "patata molle", la definizione è sua, normalmente indossata da Warhol. ( Mar L8v )






Edited by Milea - 31/8/2021, 08:45
 
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view post Posted on 18/12/2010, 20:29     +2   +1   -1
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Andy Warhol
Self Portrait
1964
Vernice di polimeri sintetici
e inchiostro serigrafico su tela
50,8X40,6cm
The Andy Warhol Foundation - New York



Sconcerta un po' vedere la stessa data, 1964, su due autoritratti tanto diversi per intonazione e costruzione di una determinata immagine di sè: tanto più nel momento in cui entrambi sono stati fatti lasciandosi ritrarre da una foto-tessera e serigrafando l'immagine ottenuta su tela.

Un processo completamente automatico, in cui gli interventi dell'artista non possono che essere minimi, ma con conseguenze sostanziali.

Qui Warhol, non potenzia affatto il contrasto, mantenendo quello dell'immagine fotografica, e smorzando ulteriormente con lo stampare la serigrafia su uno sfondo monocromo, che può essere verde, prugna o come in questo caso azzurro.

La diversità dal ritratto precedente è quindi accentuata dalla bocca semiaperta, il volto inespressivo, gli occhiali neri e la posizione improbabile della testa ( giustificata nella strip di fotografie dal tentativo di sistemarsi il nodo della cravatta, ma del tutto decontestualizzata separando l'immagine ben diversa dalle altre ): tutti elementi che delineano un' immagine ben diversa da quella, sprezzante e altera, che emerge dall'altra serie di autoritratti del 1964.

La macchina, cui l'artista cerca ostinatamente di assimilare se stesso, non garantisce quindi l'identità dell'immagine riprodotta: al contrario, sembra strappare l'anima delle cose, nel momento stesso in cui proclama di fermarsi alla superficie.

Come nota Buchloh: "mentre da un lato negava la validità dell'abilità manuale e dell'esperienza tecnica, dall'altro l'immagine della cabina fotoautomatica concretizzava, sia pure in maniera grottesca, il crescente bisogno di rappresentazione collettiva e rendeva universalmente accessibile quella rappresentazione istantanea...l'autore delle immagini era finalmente divenuto una macchina", e Warhol, che non è più l'autore del suo autoritratto, si diverte a giocare con la presunta obiettività dello strumento, offrendogli ogni volta un volto diverso. ( Mar L8v )





Edited by Milea - 30/8/2021, 19:48
 
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view post Posted on 18/4/2011, 19:37     +2   +1   -1
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Andy Warhol
Self-Portrait 1967
Vernice di polimeri sintetici e inchiostro di serigrafico su tela
cm. 55,9x55,9
The Andy Warhol Foundation - New York



Questo quadro del 1967 appartiene alla più famosa serie di autoritratti di Warhol realizzata in grandi dimensioni e con contrasti smaglianti di colore su tele di formato quadrato. “Mi piace dipingere su un quadrato perché non bisogna decidere se deve essere lungo - lungo, corto-corto o lungo -corto: è solo un quadrato. Ho sempre voluto fare dei quadri delle stesse dimensioni… Credo che tutti i quadri debbano avere le stesse dimensioni e gli stessi colori, in modo che siano intercambiabili e nessuno pensi di avere un quadro migliore o peggiore. E se uno è un capolavoro, lo sono tutti “, scrive Warhol nella sua Filosofia.

Nel 1967 è ormai un artista maturo, molto apprezzato in Europa, reduce da una prima retrospettiva e capace di agire su vari fronti, dal cinema all’editoria - nel 1967 esce The Andy Warhol’s Index (Book) - alla produzione di eventi.



In questo periodo quadro offre di sé un’immagine seria, distaccata, filtrata da un gesto meditativo ma nello stesso tempo ne nasconde una parte del volto, aumentando la distanza tra sé e lo spettatore. Il forte contrasto ne amplifica i lineamenti, immergendo il lato sinistro della tela nell’ombra.
E’ quasi un’immagine ideale, cosa abbastanza anomala per Warhol, che sosteneva di non pensare e normalmente proponeva un’immagine di sé tutt’altro che seriosa; un’idealizzazione spiegata in maniera divertente in un altro brano della Filosofia: “Quando mi sono fatto l’autoritratto, ho evitato di riprodurre tutti i brufoli, perché è così che si dovrebbe fare sempre. I brufoli sono una condizione temporanea e non hanno niente a che fare con il tuo vero aspetto. Ometti sempre i difetti: non fanno parte della bella immagine che vuoi ottenere. ( Mar L8v )




Edited by Milea - 31/8/2021, 09:41
 
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view post Posted on 3/5/2011, 20:19     +2   +1   -1
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Andy Warhol
Self Portrait
1978 circa
Vernice di polimeri sintetici
e inchiostro serigrafico su tela
101,6X101,6cm
The Andy Warhol Foundation - New York



In questo autoritratto Warhol sovrappone, tre immagini forografiche diverse del suo volto: la prima, leggermente reclinata verso sinistra, con gli occhi fissi in quelli dello spettatore; la seconda, rivolta verso destra con lo sguardo perso nel vuoto; la terza, con il capo chinato verso il basso e lo sguardo concentrato su qualcosa che non possiamo vedere.

Il risultato finale sembra mescolare la volontà di registrare un movimento fisico, uno scatto improvviso del capo, con la registrazione di un moto interiore, nata dall'impulso a liberare il volto di Andrew Warhola dalla "maschera di Andy", l'immagine pubblica che è andato pazientemente a costruendosi dai primi anni Cinquanta in avanti.

Ne esce un ritratto di straordinaria pregnanza, capace di esprimere al meglio le ambivalenze e le indecisioni di un personaggio solo in apparenza monolitico, in realtà debole e forte a un tempo, sensibile e vacuo, superficiale e profondo, trasgressivo e "mammone".

Dirà John Richardson nel suo elogio funebre, pronunciato il 1 aprile 1987 in occasione della funzione commemorativa nella cattedrale di Saint Patrick: "Mai farsi un'idea di Andy dal suo aspetto esteriore. L'osservatore incallito era in realtà un angelo che teneva nota delle nostre azioni. E il distacco di Andy - la distanza che aveva posto tra sé e il mondo - era soprattutto una questione d'arte e di innocenza...Andy mi ha sempre colpito come uno yurodstvo, uno di quei santi sempliciotti che hanno abitato la letteratura russa e i villaggi slavi".

Poco incline all'introspezione, Warhol riesce qui a rivelarci qualcosa di sé senza andare al di là della superficie, semplicemente sdoppiandola e mostrandoci così quale livello di maturità sia riuscito ormai a raggiungere il suo lavoro alle soglie degli anni Ottanta. ( Mar L8v )





Edited by Milea - 31/8/2021, 09:41
 
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view post Posted on 31/8/2021, 08:40     +1   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Andy Warhol
Self portrait
1986
Polimeri sintetici e serigrafia su tela
203,2X193cm
The Andy Warhol Foundation



Ha scritto John Caldwell dell'ultima serie di autoritratti di Warhol, esposta nel luglio 1986 alla Anthony d'Offray Gallery di Londra: ''In questo senso si autorivela troppo; sembra simultaneamente devastato e demoniaco, vuoto e pieno di troppo anni e di troppe esperienze...La faccia di Warhol sembra troppo illuminata, come se si stesse dissolvendo nella luce...Insieme alla freddezza e al realismo fin troppo evidenti dell'immagine c'è però in esse una sorta di intensità e sentiamo che lo stesso Warhol, come il suo autoritratto, è vicino alla fine''.

Poco dopo il ferimento, Tomkins aveva dato, di Andy, un ritratto che si adatta alla perfezione a descrivere queste opere: " Per il momento, ciò che vediamo riflesso su quello strano volto è la malattia per cui non ci sono cure. Questo è il nuovo brivido portato dall'arte di Warhol. In ciò che si spera sia un'altra finzione, Andy inizia ad apparire sempre più l'angelo della morte''.

La morte danza da un pezzo attorno al volto martoriato di Warhol, e questi commenti esprimono lo stupore, manifestato dai suoi stessi contemporanei, che non se lo sia ancora portato via.


WARHOL-SELF-PORTRAITs-1986



Dalla metà degli anni Sessanta, i suicidi si sono moltiplicati attorno a lui, e più di recente molti suoi amici, compreso il suo ultimo amante sono stati distrutti dall'AIDS.

Eppure Warhol sopravvive a se stesso e sarà solo per un incidente banale, e difficilmente spiegabile, che abbandonerà il suo posto nel mondo.

Tutta questa storia la si può leggere nell'ultima terribile serie di autoritratti, in cui il flash della Polaroid sembra colpirlo come un fulmine, rivelando, come notava il regista tedesco Rainer Werner Fassbinder, l'enorme prezzo che aveva dovuto pagare al mondo dell'arte.

E tutto è lì, immediatamente visibile, sulla superficie: ''ECCOMI, NULLA E' NASCOSTO''
(M.@rt)



 
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