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Importante in quest'ottica appare ovviamente il retaggio della cultura nordica, animata da miti e leggende, con la sua componente visionaria che rimanda inevitabilmente a una dimensione interiore, come pure giocano un ruolo importante il sentimento della potenza della natura, con le sue manifestazioni estreme, e la realtà di un territorio in cui gli uomini separati da lunghe distanze hanno imparato a convivere con i fantasmi della solitudine, mentre quelli trasferitisi nelle città dalle campagne mostrano la loro incapacità d' integrarsi, il loro profondo isolamento: tutti questi elementi per ragioni e misure diverse sono presenti in Munch. Ma, soli, non riescono a dar conto del carattere eccezionale e della straordinaria forza di una pittura in grado di dividere e disorientare la critica di fine Ottocento. Certo gli esponenti più avveduti e illuminati riconoscevano il carattere innovativo dei dipinti di Munch, il suo inedito approccio alla realtà che, al di là di un'impostazione stilistica ancora in divenire, subordinata all'adesione e all'intensità emotiva dell'artista di fronte al soggetto, esprimeva appieno quel nascente, diffuso senso di malessere e insoddisfazione, caratteristico dell'uomo moderno. Ma contemporaneamente, altri critici legati a espressioni artistiche tradizionali ma non per questo meno autorevoli e importanti, mostravano ostilità nei confronti delle sue opere soprattutto sui temi affrontati, per la loro ambigua vitalità, per quel loro carattere sinistro e morboso, per quell'insistenza eccessiva sulla malattia e sulla morte.
Non a caso gli articoli più sfavorevoli a Munch si sono spesso limitati a evocare il disappunto nei confronti delle sue tele maggiormente provocatorie, dimenticando di soffermarsi sui ritratti, spesso presenti in buon numero alle sue esposizioni, e soprattutto guardandosi bene dal tentare di spiegare come la forte emozione che da esse emanava fosse indissolubilmente legata a un linguaggio che, pur non estraneo agli sviluppi più recenti della pittura moderna, risultava di un'estrema originalità.
Pochi erano in grado di giustificare un'esecuzione all'apparenza frettolosa e per certi versi approssimativa se raffrontata ai canoni tradizionali, sotto la spinta di un forte intento simbolico e di un'urgenza espressiva assolutamente inediti.
Tra i detrattori di Munch, Camille Mauclair nel 1896 definisce i suoi quadri "senza disegno e di un colore barbaro, di una materia ributtante per impaccio e pesantezza". William Ritter lo accusa di "trasformare troppo semplicisticamente oggetti e persone in una bruttezza indecente, con una esecuzione troppo naive, a scapito di una forte educazione artistica" e l'anonimo direttore della MAGDEBURGISCHE ZEITUNG, disilluso, non constata nessun miglioramento: "Dipinge come in passato; gli stessi quadri non finiti, appena abbozzati".
Nemmeno a Oslo il giudizio è diverso: l'influente giornale AFTENPOSTEN, individua in Munch "un artista allucinato e allo stesso tempo uno spirito cattivo che si prende gioco del pubblico e si burla della pittura e della vita umana".
Ma anche chi, come Yvanhoe Rambosson comprende che "il suo pensiero, complesso e ossessionato, si traduce spesso in un'espressione speciale e impressionante" finisce con l'ammettere che "il solo rimprovero che si può muovere a Munch è che egli ottiene gli effetti desiderati attraverso un modo di procedere troppo diretto. Giunge a trasmettere un senso di terrore attraverso un colore o una combinazione di segni che, pur giustificati esteticamente, risultano sgradevoli". ( Mar L8v )
Edited by Milea - 20/10/2010, 19:39
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