La taverna della Giamaica, Jamaica Inn 1939

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view post Posted on 7/10/2010, 20:13     +1   +1   -1
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Siccome il contratto con Selznick
aveva inizio nell'aprile del 1939,
ho avuto la possibilità
di fare l'ultimo film in Inghilterra,
''La taverna della Giamaica''.
Non ne sono mai stato soddisfatto,
malgrado abbia ottenuto
un successo commerciale
del tutto insperato.

Alfred Hitchcock

 
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view post Posted on 7/10/2010, 21:52     +1   -1
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La taverna della Giamaica
( Jamaica Inn, 1938 )


di Alfred Hitchcock


Dal romanzo omonimo di Dapne du Maurier



Charles Laughton, Maureen O'Hara,
Horace Hodges, Hay Petrie,
Frederick Piper, Leslie Banks,
Mary Ney, Robert Newton


Riprese - maggio 1939







La trama:

Epoca: fine del diciottesimo secolo. Luogo: le coste della Cornovaglia. Mary Yellen, una giovane irlandese rimasta orfana, lascia l'Irlanda per raggiungere in Cornovaglia la zia Patience, che gestisce insieme al marito Joss, un tipo losco, una taverna sperduta e malfamata. Prima di giungere alla taverna, Mary si imbatte nel giudice di pace della contea, sir Humphrey Pengallan, un personaggio ambiguo che subito inizia a corteggiarla. La ragazza è disgustata dalle attenzioni dell'attempato e poco rassicurante giudice. Giunta alla taverna purtroppo si accorge ben presto che è un covo di pirati che di notte attirano con segnali luminosi le navi di passaggio facendole naufragare contro gli scogli per saccheggiarle. Mary commette l'errore di chiedere protezione a sir Pengallan e non sa che proprio lui è il capo della banda di malviventi. Il giudice, desiderando di prendersi Mary, elimina la zia mentre suo marito è ucciso dai banditi che lo credono un traditore. Costringe la ragazza a seguirlo su un vascello diretto in Francia. Ma fra i pirati si è mescolato in incognito un agente di polizia che fa circondare l'imbarcazione dai suoi colleghi. Sir Pengallan, considerandosi ormai perduto, si inerpica sull'albero maestro e dalla sommità si precipita nel vuoto andandosi a schiantare sul ponte della nave.







Il film completo in lingua originale.

 
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Il film:

Nel 1938, poco prima di partire per un breve viaggio estivo negli Stati Uniti dove avrebbe firmato il contratto con il produttore americano David O.Selznick, Hitchcock si impegnò con una nuova casa di produzione inglese ( costituita principalmente da Erich Pommer e Charles Laughton ) a realizzare un film tratto dal romanzo di Daphne du Maurier La taverna della Giamaica.

Hitch conosceva Pommer e Laughton dagli anni '20 e, se non nutriva molta simpatia per il primo ( per il quale aveva lavorato nel 1925 in Germania, quando si era occupato della sceneggiatura, della scenografia, del montaggio e in parte anche della regia di The Blackmail di G.Cutts ), andava invece abbastanza d'accordo con il secondo.

L'elemento decisivo nell'accettare la proposta era stata forse l'ingente somma ricevuta in anticipo; ma quando lesse la prima sceneggiatura di La taverna della Giamaica, stesa da Clemence Dane, una scrittrice di commedie, si pentì di quanto aveva fatto e chiese di poter rescindere il contratto.
Ma i produttori - furono irremovibili e Hitch dovette così far buon viso a cattiva sorte e cominciare a rielaborare lo script, chiamando in aiuto Joan Harrison e Sidney Gilliat ( lo scneggiatore, insieme a Frank Launder di La signora scompare ). ( Mar L8v )



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Le bizze di Laughton:


Il lavoro della Harrison e di Gilliat si rivelò fin dall'inizio piuttosto difficile, anche perchè Charles Laughton, che inizialmente si era riservato la parte del gestore della taverna, decise poi di interpretare quella del giudice di pace ( che risulta essere anche il capo dei malviventi ).

Ora, affidare a una star quel ruolo significava necessariamente arricchirlo; questo però andava a scapito della base logica narrativa, in base alla quale il giudice non doveva essere troppo presente, di modo che solo alla fine, con un colpo di scena, si scoprisse la sua vera identità.

"La taverna della Giamaica" era un'impresa totalmente assurda" si lamentò anni dopo Hitchcock con Truffaut. "Se si esamina la vicenda che sta alla base del film ci si accorge che si tratta di un whodunuit. Chi dirige realmente tutto questo brigantaggio è un uomo rispettabile, nientemeno che il giudice di pace. Ed ecco che il film era un'impresa assurda: il giudice doveva logicamente apparire solo alla fine del film, perchè, molto prudentemente, si teneva in disparte e non aveva alcun motivo di farsi vedere nella taverna. Era dunque assurdo girare questo film con Charles Laughton nella parte del giudice e, quando me ne sono reso conto, ero realmente disperato".



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Per la definizione del suo personaggio, Laughton chiese l'intervento di J.B.Priestley, che elaborò nuovi dialoghi. Altre modifiche dell'ultimo minuto si resero necessarie quando i produttori si accorsero che alcuni elementi della sceneggiatura non sarebbero stati approvati negli Stati Uniti ( dove vigeva la ferrea censura del Codice Hays ) e vi era dunque il rischio che il film non potesse essere distribuito sul mercato americano.

Hitch, che verso la fine di luglio era tornato dal suo viaggio negli USA ed era ormai proiettato verso i progetti hollywoodiani, non vedeva l'ora di sbarazzarsi del film. Le riprese durarono dal 1° settembre alla metà di ottobre e non costituirono un'esperienza propriamente piacevole, soprattutto a causa delle bizze di Laughton, che esasperavano un regista metodico e preciso come Hitchcock.
Andò meglio con gli altri attori con cui Hitch aveva lavorato già, come Leslie Banks, Basil Redford e Clare Greet, ma anche facce nuove come Robert Newton e la giovane e "cinematograficamente" parlando inesperta Maureen O'Hara.



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Dopo il successo di un film avvincente e originale come La signora scompare, era inevitabile che La taverna della Giamaica, cupo e un po' troppo verboso, non incontrasse il favore della critica sia a Londra sia a New York. Attirato dall'accoppiata Hitchcock-Laughton il pubblico tuttavia accorse numeroso, determinando il buon successo di cassetta del film; ciò non bastò comunque a far ricredere Hitch su La taverna della Giamaica, che continuò a giudicare anche in seguito un'opera non riuscita. ( Mar L8v )




Edited by Milea - 8/10/2010, 21:28
 
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Un film in costume:

Il film in costume è un genere che Hitch frequentò solo in altre due occasioni ( Vienna di Strauss, 1933 e Il peccato di Lady Considine, 1949 ), sempre con scarsa convinzione; il problema maggiore - ebbe a dichiarare - era che non riusciva a raffigurarsi i dettagli della vita quotidiana dei personaggi e questo gli rendeva difficile capirli e metterli in scena.

Più che probabile per un regista come Hitchcock che, pur essendo lontano da una rappresentazione "realistica" dell'esistenza, era comunque un regista profondamente legato a problematiche tipicamente contemporanee.

La taverna della Giamaica risente di questa perplessità di fondo dal regista: ne viene fuori un'opera strana, non priva di un aura suggestiva notturna e brumosa, ma senz'altro incerta, esitante, squilibrata.
Intanto, troppi dialoghi per un cineasta che di solito preferisce privilegiare le immagini; il ritmo del film ne risulta rallentato, appesantito.

Ingombrante poi Charles Laughton, spesso perfetto ma in effetti troneggiante sullo schermo più di quanto sarebbe necessario al suo personaggio; fortunatamente la presenza fresca e vivace di Maureen O'Hara costituisce un buon antidoto. ( Mar L8v )



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view post Posted on 9/10/2010, 10:04     +1   -1
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Una fiaba nera:

A fronte di tali aspetti negativi, sono da segnalare alcuni pregi del film. La scenografia ad esempio, del tutto irreale e quasi datata rispetto all'anno di realizzazione del film, ma in grado di compensare la propria evidente falsità con un' atmosfera onirica, minacciosa e a tratti grottesca, che ricorda certe illustrazioni dei libri di fiabe ( un ruolo fondamentale svolge anche la fotografia ).

Interessanti la struttura della taverna e il gioco di entrate, uscite, pertugi e nascondigli che Hitch organizza quando Mary vi giunge per la prima volta e che richiama immediatamente gli allestimenti labirintici e spigolosi dei film espressionisti.

Estremamente belle e impressionanti le scene che si svolgono sulla riva, con il mare in burrasca e le navi che si infrangono sugli scogli o in procinto di farlo ( Hitchcock si conferma, dopo Rich and Strange e prima di Prigionieri dell'oceano e Il prigioniero di Amsterdam, un regista che sa rappresentare con grande originalità l'elemento marino ). Azzeccatissimi alcuni elementi sonori; il cigolio dell'insegna o della lanterna, il fischio ossessivo del vento.



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La taverna della Giamaica è la notte come The Lodger era la nebbia...
Le tenebre del mèlo di fine secolo (XVIII) sono il dettaglio centrale di un film che Hitchcock non riuscì mai ad amare. Eppure la cromatura nera e soffocante dell'"incursione in costume" attraverso il romanzo di Daphne du Maurier ha l'efficacia sinuosa di un incontro tra i "mostri" della mente e del sogno.
Mary arriva come al castello di Dracula ...entra in un tunnel dell'orrore.
E la macchina da presa ( mobilissima nella costruzione delle ''figure'', negli spostamenti e negli slittamenti verso l'angoscia ) compie un ''salto nel vuoto'' per suggellare il suicidio del ''virtuoso'' della sua doppiezza, sir Humprey Pengallan. ( Mar L8v )


Edited by Milea - 9/10/2010, 14:14
 
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Un simpatico buffone:

Durante le riprese della Taverna della Giamaica il lavoro con Laughton, che si comportava da primadonna capricciosa, fu per Hitch piuttosto snervante:
"Charles Laughton era un simpatico buffone" confessa il regista a Truffaut. "Quando abbiamo incominciato il film mi ha chiesto di riprenderlo solo con piani ravvicinati, perchè non aveva ancora trovato un modo di camminare sul set che gli piacesse. Dopo dieci giorni è arrivato dicendo: 'L'ho trovato. E si è messo a camminare dondolandosi e fischiando un piccolo valzer tedesco che gli era tornato in mente e che gli aveva ispirato il ritmo del passo. Me lo ricordo molto bene, ora glielo faccio vedere...".

E a Truffaut che esclama "Era veramente molto bello !", Hitch ribatte seccamente: "Forse, ma non era serio e non mi piaceva lavorare a quel modo !". ( Mar L8v )
 
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Un talento nato in Inghilterra...:

Nel suo celebre libro-intervista Truffaut, rivolgendosi a Hitchcock, fa alcune considerazioni generali sul periodo inglese del regista, che si conclude appunto con La taverna della Giamaica: "Considerando la sua carriera con la distanza degli anni abbiamo l'impressione che le sue capacità e il suo talento siano potuti venire completamente alla luce solo in America. Mi sembra che fosse destinato a lavorare a Hollywood; lo pensa anche lei ?".

Puntualizza Hitch: "Metterei la questione in altri termini. Il lavoro in Inghilterra ha sviluppato e ingrandito il mio istinto naturale, l'istinto delle idee, ma la tecnica è rimasta stabile. secondo me a partire da The Lodger. Non ho mai cambiato opinione sulla tecnica e sul modo di usare la macchina da presa da The Lodger in poi. Diciamo che il primo periodo si potrebbe intitolare 'la sensazione del cinema', mentre il secondo è stato quello della formazione delle idee".



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...ma ''educato'' da Hollywood:

A ogni modo, Hitch concorda con Truffaut sull'influenza del cinema americano sulla sua formazione professionale: "Ma lei ha ragione, avevo delle radici profonde nel cinema americano e io paragonavo la fotografia dei film britannici con quella dei film americani...Non mi sarebbe mai venuta l'idea di andare a offrire i miei servizi di disegnatore a una compagnia cinematografica britannica, ma quando lessi su un giornale di categoria che una compagnia americana stava per aprire un teatro di posa mi dissi: 'Voglio fare i loro titoli'. Mi misi al lavoro, arrivarono gli americani, attori, scrittori, e feci il mio apprendistato in mezzo a loro, un apprendistato americano. Non creda che fossi un fanatico di tutto quello che era americano, ma per quanto riguarda il cinema ero convinto che facessero le cose veramente da professionisti, molto in anticipo rispetto agli altri Paesi.'' ( Mar L8v )




Edited by Milea - 10/10/2010, 18:28
 
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Jekyll & Hyde:

Secondo Donald Spoto le riprese della Taverna della Giamaica si svolsero addirittura "in un'atmosfera che Hitch cercò di dimenticare per il resto della sua vita".

L'unico modo per prendere le distanze dalle difficoltà sarebbe stato così consistito, per il regista, di ritagliarsi qualche scena dove "dar sfogo" alle proprie fantasie, ad esempio quella in cui il giudice di pace lega con evidente sadismo la povera Mary. "Sono interessato soprattutto alla mentalità Jekyll-Hyde del giudice" dichiarò Hitchcock all'epoca secondo quanto riferisce Spoto.

Il biografo del regista nota poi: "Fu proprio questa contrapposizione Jekyll-Hyde che informò la maggior parte delle opere successive ( in particolare il quartetto sulle personalità scisse: L'ombra del dubbio, L'altro uomo, Psyco, Frenzy ). ( Mar L8v )



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view post Posted on 11/10/2010, 11:44     +1   -1
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Charles Laughton:

Diceva di avere la faccia come il culo di un elefante. I suoi sessanta film stanno a dimostrare quante emozioni sapesse modulare con la parte meno nobile del pachiderma: grazia, sottigliezza, violenza, sadismo, calore, perfidia, umanità. Chi lo ha conosciuto racconta di quanto Charles Laughton soffrisse nel partorire le sue interpretazioni, e di come la tensione procuratagli dal lavoro lo rendesse estremamente burbero e intrattabile, anche se era capace di occasionali accessi di estrema dolcezza. Sapeva alienarsi come pochi altri le simpatie dei colleghi, ma forse proprio per questo enorme investimento personale nella recitazione, Laughton ci ha lasciato interpretazioni memorabili ed era capace di rubare la scena a chiunque con una sola occhiata («possono censurare tutto, ma non il mio sguardo», diceva), o con una pernacchia, come quella, celeberrima, di Se avessi un milione (If I had a Million, 1932). E i cinefili di buon gusto non ricordano Laughton solo per le sue interpretazioni sopraffine, ma anche per la regia di La morte corre sul fiume (The Night of the Hunter, 1955), per la quale si potrebbero sprecare i superlativi.

La sua vita privata non era più facile di quella professionale, visto che non seppe mai accettare la propria omosessualità e la visse sempre con grande disagio, temendo che divenisse cosa pubblica.

Charles Laughton viene al mondo nel 1899 a Scarborough, nello Yorkshire, nell'hotel di proprietà dei suoi genitori. Durante gli studi in un collegio di gesuiti perde la fede nel cattolicesimo ma guadagna quella nel teatro. Finite le scuole inizia a lavorare nell'hotel dei genitori, e vi rimane fino al 1925 (con una pausa di quattro anni durante la guerra, trascorsi sotto le armi), quando finalmente il padre gli permette di iscriversi alla Royal Academy of Dramatic Arts. L'anno successivo debutta a teatro in un dramma di Gogol, L'ispettore generale. Nel '27 partecipa già a sette allestimenti, in uno dei quali recita al fianco di Elsa Lanchester, una giovane attrice che un paio di anni dopo sposerà.

Entrambi esordiscono al cinema negli stessi anni, gli ultimi del muto, ma i primi ruoli significativi li ottengono a Hollywood in due diversi film sonori firmati dallo stesso regista (gay), James Whale: Laughton interpreta Il castello maledetto (The Old Dark House, 1932), mentre la Lanchester si guadagna la parte della sua vita interpretando La moglie di Frankenstein (Bride of Frankenstein, 1935).

A teatro Laughton si mostra alquanto versatile, spaziando dai classici ai moderni, senza disdegnare il teatro "leggero" (nel '28 è il primo attore a interpretare Hercule Poirot, l'ispettore snob di Agatha Christie, che sembra in effetti tagliato apposta per lui; tra l'altro non avrà avuto difficoltà a ricrearne l'accento belga, visto che parlava un francese perfetto, appreso sotto le armi).

Stando alle memorie della Lanchester [1], Laughton le confessa di essere omosessuale già l'anno successivo alle nozze: ciò non impedirà loro di rimanere insieme fino alla morte di Laughton. Elsa Lanchester racconta di aver posto come unica condizione quella di non avere figli, e Laughton avrebbe accettato (pare per altro che odiasse i bambini), ma l'attore racconterà poi alla sua protetta Maureen O'Hara una versione diversa (secondo la quale la Lanchester non poteva avere figli, per via di un aborto).

Dal punto di vista della carriera, gli anni '30 sono i più felici per Laughton. Molti dei suoi ruoli più riusciti lo vedono vestire i panni dell'antagonista, a partire dal Nerone di Il segno della croce (Sign of the Cross, 1932) di De Mille, tanto effeminato da lasciare poche speranze alla povera Claudette Colbert, per quanti bagni nel latte si faccia. E poi sono seguiti, tra gli altri, il dr. Moreau di Island of Lost Souls (1933), il sadico capitano Bligh di Gli ammutinati del Bounty (Mutiny on the Bounty, 1935), il Quasimodo di Notre Dame (The Hunchback of Notre Dame, 1939).

Il culmine della popolarità, sia di pubblico che di critica, lo raggiunge però con un ruolo diverso, quello che lo vede protagonista di Le sei mogli di Enrico VIII (The Private Life of Henry VIII, 1933). Proprio per sottrarsi agli eccessi della popolarità guadagnata con questo film, Laughton lascia il cinema per un anno e si dedica al teatro, lavorando per un'intera stagione (a base soprattutto di Shakespeare) all'Old Vic di Londra (non va nemmeno a ritirare l'Oscar assegnatogli per la sua interpretazione di Henrico VIII, l'unico che abbia vinto).

Negli anni successivi le maggiori soddisfazioni professionali le ottiene in teatro che, un po' snobisticamente, ha sempre detto di preferire al cinema. Laughton organizza tra l'altro lodati spettacoli di lettura di poesie e testi letterari, si impegna nell'attività didattica (tra i suoi allievi c'è Albert Finney) e torna periodicamente a Shakespeare, sebbene non siano molti i personaggi del bardo che rientrano nelle sue corde (anche perché la sua corporatura robusta lo rende privo del physique du rôle necessario per la maggior parte degli eroi shakesperiani), e infatti prende anche qualche cantonata (già nel '34 un suo MacBeth non aveva riscosso grandi consensi, come non li avrà il suo Re Lear del 1959).

Invece la sua popolarità al cinema cala, come la qualità e spesso il peso dei ruoli che gli vengono offerti. Anche i registi lo amano poco: Laughton si fa presto fama di attore problematico e scorbutico, indocile e refrattario a lasciarsi dirigere, e le storielle sulle sue idiosincrasie fanno presto il giro dell'ambiente. Non sorprende sapere che Hitchcock, che notoriamente esibiva disprezzo per gli attori, non ne sopportasse i metodi di lavoro e il protagonismo. E nonostante questo lavorò con lui due volte, per La taverna della Giamaica (Jamaica Inn, 1939) e per Il caso Paradine (The Paradine Case, 1947). Garson Kanin, che lo ha diretto in uno dei suoi ruoli più curiosi, quello dell'italoamericano di Non desiderare la donna d'altri (They Knew What They Wanted, 1940), lo ha definito «attore riservato», il tipo che «quando va a casa la sera, ci si chiude dentro e calcola esattamente come reciterà la parte prevista per il giorno successivo. Dopodiché recita secondo programma, noncurante delle parole del regista e delle azioni degli altri attori» [2]. Probabilmente anche per questo il teatro gli riusciva più congeniale, mentre il cinema, con la sua prassi di modificare spesso le battute all'ultimo momento, gli riusciva tormentoso, poiché Laughton lavorava su ogni singola battuta fino allo sfinimento e faticava a memorizzare le nuove aggiunte.

C'è anche chi ha attribuito il carattere burbero di Laughton, facile all'esaltazione come alla depressione, proprio al disprezzo di se stesso che provava per via della sua omosessualità, che comunque non gli impediva di intrattenere relazioni anche durevoli con i suoi partner (di norma giovani assistenti). Pur non avendo mai parlato pubblicamente della sua omosessualità, non teneva i suoi compagni nascosti ai colleghi e spesso li portava sul set perché arrecassero un po' di sollievo allo stress che gli procurava il lavoro.

La sua omosessualità era perciò ben nota nell'ambiente, e in qualche caso poteva anche creare problemi, ad esempio con colleghi conservatori e omofobi come Clark Gable (sul set di Gli ammutinati del Bounty non mancarono le tensioni) o Henry Fonda (che durante le prove di uno spettacolo teatrale lo insultò dandogli del «fat faggot»). Poteva capitare però anche che lo stesso Laughton ci scherzasse sopra, come quando, durante le riprese di Il maggiordomo (Ruggles of Red Gap, 1935), il regista Leo McCarey, che non riusciva a chiudere una scena e trattenne tutti sul set oltre il normale orario, sbottò: «Gesù, Charles, devi proprio essere così checca?», al che Laughton rispose: «Ma, caro, dopo le otto di sera è normale che un po' traspaia!» [3].

Dopo che la scelta di prendere la cittadinanza statunitense, nel 1950, gli ha alienato ulteriori simpatie in patria (la stampa lo attacca violentemente), la cronica insicurezza di Laughton peggiora in seguito all'insuccesso di La morte corre sul fiume, proprio per questo rimasta purtroppo la sua ultima regia cinematografica (a teatro firmò invece diverse regie). II film dovrà attendere anni per essere rivalutato come meritava, soprattutto proprio per la brillante direzione di Laughton, ricca di idee acute e di trovate ardite.

Solo negli ultimi anni le sorti sembrano ribaltarsi e all'attore vengono finalmente offerte alcune parti degne delle sue capacità, in ruoli questa volta di senili campioni di umana giustizia, anche quando non privi di ambiguità: il virtuoso giudice Robarts in Testimone d'accusa (Witness for the Prosecution, 1957) di Wilder, il dignitoso console Gracco in Spartacus (Id., 1960) di Kubrick e lo scaltro ma onesto senatore Cooley in Tempesta su Washington (Advise and Consent, 1962) di Preminger, rimasto il suo ultimo film.

Dal 1960 Laughton si ritrova vicino di casa di Christopher Isherwood e del suo compagno Don Bachardy, la cui amicizia pare abbia portato un po' di sollievo alla sua incapacità di accettare la propria omosessualità. Un po' tardi, visto che Laughton muore a Hollywood nel 1962, di cancro: il suo ruolo successivo avrebbe dovuto essere comico, quello del barista di Irma la dolce (Irma la Douce, 1963) di Wilder.
 
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Italia:


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