Cap.19 - Don Rodrigo chiede aiuto all’Innominato

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view post Posted on 24/9/2010, 19:24     +1   +1   -1
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Cap.19 - Don Rodrigo chiede aiuto all’Innominato


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In questa seconda parte del capitolo diciannovesimo compare un nuovo e inquietante personaggio. Manzoni si dilunga a presentarcelo e lo fa mettendo in rilievo la abissale diversità rispetto alla meschinità del tirannello di provincia.
Lo sappiamo: don Rodrigo vuol spuntarla in uno che è ormai solo un capriccio, anche se ne fa una questione di prestigio personale (che tristezza! Una coscienza assopita che non valuta nemmeno i moti del proprio animo!).
Interessante è invece vedere questo nuovo personaggio, che Manzoni attinge alla storia, ma che presenta a suo modo: non sfugge infatti al suo sguardo indagatore nemmeno la di lui adolescenza, che già prometteva lo sviluppo della maturità.
Si tratta, secondo la maggioranza dei critici di Francesco Bernardino Visconti, ma l’autore, con il pretesto della circospezione dell’anonimo e di alcuni storici del tempo da lui consultati (Rivola e Ripamonti), decide di chiamarlo "l’Iinnominato."
"Fino dall’adolescenza" - dunque - "allo spettacolo e al rumore di tante prepotenze, di tante gare, alla vista di tanti tiranni," provava un misto sentimento di sdegno e d’invidia impaziente… Si tratta dunque di un giovane intelligente e sensibile, che davanti alla realtà non resta indifferente e, tra lo sdegno pienamente giustificato e l’invidia impaziente, si può dire che fa un interessante miscuglio: sarà lo sdegno impaziente a prendere decisamente il sopravvento,. E poiché il giudizio, sia pur dettato dall’istintività, porta sempre con sé una decisione per le proprie scelte esistenziali, ecco che incomincia nell’ascesa alla grandezza nella scelleratezze. Tutto è finalizzato in tal senso: le amicizie, i rapporti, l’assoluta spregiudicatezza, condizioni indispensabili per una serie innumerevole di nefandezze richiestegli da coloro che accettavano di essergli amici, ma… "subordinati, che si riconoscessero suoi inferiori, che gli stessero alla sinistra.." Vuole insomma esser grande con tutti gli oneri della sua scelta e il problema del bene e del male nemmeno lo sfiora. Tanto che paradossalmente "accadde talvolta che un debole oppresso, vessato da un prepotente, si rivolse a lui; e lui, prendendo le parti del debole, forzò il prepotente a finirla, a riparare il mal fatto, a chiedere scusa."
Certo "il suo nome significava qualcosa d’irresistibile, di strano, di favoloso" e il prezzo è una terribile solitudine che lo porta ad emergere sia pur nella malvagità pura, ma comunque lo salverà.
Davanti a lui don Rodrigo fa una ben misera figura: la sua malvagità è altrettanto gratuita, ma mediocre perché" voleva bensì fare il tiranno, ma non il tiranno salvatico:" la professione era per lui un mezzo, non uno scopo e d’altro canto non poteva fare a meno di "una relazione … con un uomo la cui inimicizia era troppo pericolosa."
Mi fermo un attimo sulla interessantissima definizione: la professione per don Rodrigo era un mezzo per poter godere di tutti i vantaggi che gli derivavano dal suo esser un signorotto, sia pur di provincia: questo era l’ideale della sua vita, mediocre certamente, ma un ideale cui conformarsi; anche se alla fine, (interessante a tal uopo è leggere la sua drammatica morte) risulterà un ideale sbagliato.
Per "l’Innominato" invece "la professione", cioè il suo modo di rapportarsi con il reale, era uno scopo: ed è sempre lo scopo che si vuole perseguire che detta il comportamento.
La fortuna dell’innominato consisterà nella grazia di comprendere che il suo scopo, il suo ideale, era sbagliato e per questo potrà arrivare alla conversione; e sarà grande nel bene come lo era stato nel male.





Edited by Milea - 24/7/2021, 18:01
 
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