Cap.14/15/16 - La fuga di Renzo, Le cose si complicano per Renzo

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view post Posted on 22/9/2010, 19:57     +1   -1
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Cap.14/15 - Le cose si complicano per Renzo


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Con somma maestria Manzoni ci accompagna, attraverso Renzo e la sua fragile umanità, nel cuore delle vicende storiche di quell'11 novembre 1628 a Milano. Abituati come siamo a non distinguere la realtà dalla finzione, - ora che la finzione ormai sta acquisendo la dignità del vero, in un disumano stravolgimento dei valori -, non ci accorgiamo dell'operazione dell'autore, che comunque ha a cuore anche le vicende dei suoi protagonisti e cura tutto nei minimi dettagli.
In questo capitolo l'ingenuità di Renzo, che cade nelle trame del potere con totale inconsapevolezza, fa da padrona. E così lo vediamo arringare un drappello di reduci dal tumulto; lo accompagniamo trepidanti mentre un “bargello”, incaricato di arrestare qualche facinoroso, lo vorrebbe guidare verso un'osteria di lusso (la prigione), ma finisce per fortuna alla più modesta “Osteria della luna piena”; lo ascoltiamo sproloquiare in preda ai fumi della sua unica e drammatica sbornia.
Anche qui l'oste non è uno sprovveduto e riconosce subito con stizza l'odiato sbirro, mentre, conscio del fatto suo, non ci mette molto tempo a capire se Renzo sia “cane o lepre…” Da esperto conoscitore degli avventori, comprendendo che con “la giustizia” non si può scherzare, ottempera a tutte le incombenze richieste, tentando di “fare il suo dovere” e non cadere anche lui nelle trappole della legge.
Capiamo benissimo in questa circostanza che il problema non è la legge in sé, che potrebbe anche essere giusta, ma l'uso che ne fanno gli uomini, il cui cuore si arrende solamente alla carità. E in fondo il sedicente “Ambrogio Fusella di professione spadaio”, non si pone il problema troppo metafisico se Renzo sia colpevole o no: a lui basta uno da consegnare come responsabile alle autorità e poi vuole tornarsene a casa dopo aver fatto il suo dovere di “bargello”.

Renzo-e-oste

Ma anche l'oste, ormai coinvolto nella vicenda di Renzo, suo malgrado, non si pone il problema della colpevolezza o meno del nostro giovane; c'è una legge da rispettare, soprattutto in quella situazione di emergenza in cui la minima trasgressione di chi non conta verrà severamente punita, e l'oste deve andare a denunciare il povero Renzo, che con fatica è stato sistemato in un letto in preda alla sua gigantesca sbornia.
Interessante per il suo realismo il dialogo con il “notaio criminale”, che, abituato a trattare i mascalzoni, ha un atteggiamento sospettoso e inquisitorio, soprattutto perché l'oste, in un impeto di onestà, si limita a raccontare ciò di cui è stato testimone e non si abbassa ad accuse false.
Insomma in tutta la vicenda occorre tener presente che quel che interessa ad ogni singolo personaggio è salvaguardare il proprio interesse e la propria tranquillità. Quindi nessuno spazio per dei principi sia pur giusti, che complicherebbero la vita.
Come si vedrà se si leggono i due capitoli, Renzo, liberato dalla sbornia dopo una notte di meritato sonno, non è poi tanto ingenuo da credere al paternalismo del “notaio” che, volendolo arrestare senza dare nell'occhio, cerca di tenerlo a freno… Grazie alla sua astuzia contadina, approfitta della presenza di “tre che venivan con visi accesi,” ne attira l'attenzione e riesce a svincolarsi dai “birri” che lo accompagnavano, e, grazie alla confusione che si crea intorno al “Corvaccio” (il notaio criminale), scappa e si mette in salvo.



Edited by Milea - 24/7/2021, 17:49
 
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view post Posted on 22/9/2010, 20:12     +1   -1
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Cap.16 - La fuga di Renzo


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Reso più prudente dai fatti di cui è stato, suo malgrado, protagonista, Renzo preferisce non prendere in considerazione l’invito a trovare accoglienza in un convento, che era allora l’unico rifugio rispettato anche dalla legge per chiunque fosse, a ragione o a torto, perseguitato; non vuole essere “uccel di gabbia.”
Naturalmente sa di potersi rifugiare nel Bergamasco, dove la giustizia milanese non potrebbe perseguirlo, presso il cugino Bortolo. Ma l’avere una destinazione sicura non gli garantisce la possibilità di raggiungerla: si trova in quel labirinto che è per lui Milano e, soprattutto, le recenti vicende l’hanno reso più guardingo; per cui ci pensa due volte prima di individuare la persona cui chiedere informazioni per fuggire dalla città. Alla fine riesce a trovare la porta orientale e si avvia verso Bergamo.
Il nostro non ha ancora perso la facoltà di pensare e di domandarsi il perché di quanto è accaduto: troppe cose sono inspiegabili e così “I suoi pensieri erano, come ognuno può immaginarsi, un guazzabuglio di pentimenti, d’inquietudini, di rabbie, di tenerezze” e naturalmente non riesce a trovare risposta ai suoi dubbi.
Naturalmente, dopo tanto camminare, ha bisogno di rinfrancarsi in un’osteria. Ma stavolta, intuendo che i suoi guai sono nati appunto dal troppo parlare davanti agli avventori di un’osteria, si ferma ad un tavolino vicino all’uscita per la consumazione; non vuole infatti essere oggetto di attenzioni interessate da parte di alcuno.


All’osteria c’è già un gruppetto di sfaccendati che vorrebbero sapere meglio come sono andati i tumulti a Milano, ma Renzo riesce a convincerli, con una mezza verità (“ vengo da Liscate”), che non sa niente.
Naturalmente ha anche uno scambio di battute con l’oste, che come gli altri osti, intuisce che quell’avventore ha qualcosa da nascondere e, malignamente, non risponde in modo soddisfacente alle domande di Renzo; per cui comprendiamo benissimo la reazione del nostro giovane: “maledetti gli osti! (…) più li conosco, peggio li trovo”.
Il triste spuntino del nostro fuggitivo viene interrotto dal sopraggiungere del Mercante di Milano. Gli oziosi avventori della locanda lo attorniano per avere notizie fresche e così veniamo a sapere di un tentativo di tumulto, fallito, anche per quella giornata. La cosa interessante del resoconto dei fatti di quel secondo giorno di agitazione è che, mentre i rivoltosi erano sul punto di dar fuoco alle masserizie di un altro malcapitato forno,” un galantuomo ebbe un’ispirazione dal cielo. Corse su nelle stanze, cercò d’un Crocifisso, lo trovò, l’attaccò all’archetto di una finestra, prese da capo d’un letto due candele benedette, le accese, e le mise sul davanzale, a destra e a sinistra del Crocifisso.” Per di più subito dopo arriva una processione guidata dall’”arciprete e dal penitenziere” che invitano gli scalmanati a ragionare. Incredibilmente, basta questo per placare l’animo dei più. È’ proprio vero che il Seicento è come un mondo totalmente sconosciuto per noi, abituati sì alle manifestazioni e ai loro vessilli e simboli; che sono però tutto, fuorché pacifici e pacificanti…


Ma torniamo al mercante di Milano. Tutto orgoglioso di poter raccontare come testimone le vicende di quei due giorni di tumulto, ci diverte con le sue congetture sulle “cabale ordite dai navarrini, da quel cardinale là di Francia, sapete chi voglio dire (il Cardinale Richelieu), che ha un certo nome mezzo turco…” Ma non si diverte Renzo, che a un certo punto sente parlare di “uno che non si sa bene ancora da che parte fosse venuto, da chi fosse mandato, né che razza d’uomo si fosse: ma certo era uno dei capi…” Naturalmente questo agitatore ne aveva combinato di tutti i colori, era stato arrestato e gli erano state sequestrate le lettere con tutto l’elenco dei complici (“c’è descritta tutta la cabala”), ma poi era scappato.
Renzo a cui “quel poco mangiare era andato in tanto veleno” al sentire quelle notizie falsate dalle supposizioni dell’ignaro mercante, preferisce pagare il conto e andar via:” a guida della Provvidenza, (a partire da questo punto sarà la Provvidenza a guidare Renzo) s’incamminò dalla parte opposta a quella per cui era venuto.”




Edited by Milea - 24/7/2021, 17:49
 
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