AKATHISTOS – Inno alla Madre di Dio

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 14/7/2010, 14:26     +1   -1
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
34,024
Reputation:
+25,045
Location:
Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

Status:


AKATHISTOS – Inno alla Madre di Dio




È uno tra i più famosi inni che la Chiesa Ortodossa dedica alla Theotokos (Genitrice di Dio). Viene cantato nei venerdì della Grande Quaresima.
L'autore di quest'inno, composto verso la fine del V secolo, è anonimo; sicuramente era un grande poeta e teologo che ha preferito attribuire alla voce della Chiesa le alte espressioni del suo cuore contemplativo.
Il nome akathistos, significa "in piedi" perché, lungo il canto di tale inno, i fedeli non stanno seduti. È un capolavoro di metrica, ritmo, poesia, teologia ed elevazione spirituale.
L'inno consta di 24 stanze (in greco: oikoi), quante sono le lettere dell'alfabeto greco con le quali progressivamente ogni stanza comincia. La prima parte dell'Akathistos (stanze 1-12) segue il ciclo del Natale, ispirato ai Vangeli dell'Infanzia.
La seconda parte (stanze 13-24) propone e canta ciò che la Chiesa al tempo di Efeso e di Calcedonia professava di Maria, nel mistero del Figlio Salvatore e della Chiesa dei salvati. Maria è la Nuova Eva, vergine di corpo e di spirito, che col Frutto del suo grembo riconduce i mortali al paradiso perduto.



Akathistos - I Stanza



stanza-I



L'Icona si fonda sul modulo classico dell'Annunciazione: la scena si svolge all'interno di un sontuoso edificio, testimoniato dalla raffinatezza dei decori dei capitelli e degli altri elementi architettonici della scena.
A sinistra della scena l'arcangelo Gabriele saluta la Vergine Maria. Colpisce il contrasto fra la posa statica della Vergine e la plasticità del movimento dell'angelo, cosa abbastanza insolita per gli schemi statici delle icone, ma non casuale. Il Cielo si è flesso fino a toccare la Terra, l'Inarrivabile si è reso raggiungibile. Il piede destro dell'angelo poggia solo per la parte delle dita rappresentandone magistralmente l'incedere.

Il panneggio del maphorion dell'arcangelo Gabriele non scende rigido al suolo, ma rivela anch'esso il movimento delle gambe in direzione della Madonna, così la forte lumeggiatura sulla tunica di Maria non rivela un corpo celeste, ma terreno. Con la mano sinistra Gabriele sostiene il merillo simbolo della sua dignità angelica, con la destra saluta Maria con il tipico gesto di benedizione alla greca, anticipazione essa stessa delle duplici nature, divina ed umana, che stanno prendendo corpo dal grembo della Vergine. In alto nel cielo la gloria di Dio con tre raggi, simbolo della trinità, si stende sul capo di Maria e quindi sul suo grembo.

La vergine Maria è seduta in trono in atteggiamento da Basilissa (Regina), solennemente assisa su un cuscino rosso; indossa delle pianelle anch'esse rosse e poggia i piedi su uno sgabello, simbolo della sua natura regale.

Il titolo dell'Icona, che si legge in caratteri greci in alto, è: " Il più eccelso degli angeli fu mandato dal Cielo ". Come la tradizione vuole, la Madonna nel momento in cui riceve la visita dell'angelo è intenta alla filatura, sorregge in mano una matassa di porpora rossa ed è aiutata da un'ancella seduta sullo sgabello ove Lei poggia i piedi.
Il cielo converge sulla terra ed il punto di convergenza è il grembo della Vergine. Su di esso è la mano di Maria che con le dita rivolte verso il basso (la Terra) indica il numero due, segno della duplice natura di colui che "prese corpo umano". Lo sguardo di Maria è rivolto verso lo spettatore volendo così coinvolgerlo in un momento di immensa intimità.


Akathistos - II Stanza



stanza-II



La seconda stanza si svolge ancora all'interno del Tempio, come testimonia il drappo teso fra le due costruzioni. La linea mediana dell'icona è occupata ancora dalla presenza di Dio; questa volta, però, il raggio di centro, simboleggiante la Seconda Persona, è più prolungato fino a toccare la Santa Vergine; le braccia di Maria, anch'esse al centro, sono tese e ansiose di accogliere l'Inarrivabile che ormai la sovrasta.
La postura eretta di Maria è regale, i suoi piedi non poggiano per terra, ma sullo sgabello esattamente come era consuetudine delle Basilisse bizantine.
L'angelo è caratterizzato da un forte senso volumetrico e dinamico, segno ed espressione del trasporto e della gioia che riecheggia nei cieli. La gioia di Maria è resa dal dinamismo del suo protendere le braccia, del suo accettare la promessa di Dio .
Il corpo della Vergine è reso quasi del tutto senza volume, divenendo etereo. Maria adesso non è più inscritta nel Tempio ma all'interno di esso si trova nel Ciborio, pieno segno eucaristico. Il ciborio è la struttura posta sopra l'altare principale delle Chiese antiche, ma nella tradizione greca indica la pisside in cui viene custodito il corpo di Cristo. Maria è quindi il tabernacolo di Dio.



Akathistos - III Stanza


stanza-III



La terza stanza dell'Akathistos è ambientata all'aperto. Una grande ed alta chiesa tripartita occupa il centro della scena, volendo significare la Chiesa come presenza di Cristo sulla terra. I due corpi esterni si riferiscono alle due nature di Cristo che si fondono in un solo Essere, mentre l'alta e stretta porta indica la via per il Cielo.
La mano sinistra della Madonna indica la via da percorrere additando l'ingresso della Chiesa .
La grande chiesa è anche un riferimento al tempio di Salomone con all'interno l'arca dell'alleanza. Maria è però anche l’Arca dell’Alleanza, il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, come avremo modo di vedere nella V stanza. La grande chiesa sarebbe quindi il tempio di Salomone .
E' interessante notare come anche pittoricamente la collocazione del monte Moria richiama la reale geografia di Gerusalemme. A oriente il Monte degli Ulivi: luogo della resurrezione, dell’ascensione e del ritorno di Cristo; al centro il Monte Mòria: sede del Tempio; ad occidente il Monte Sion, luogo della testimonianza della chiesa primitiva e della salvezza delle nazioni. Tre monti rivestiti ognuno di una valenza speciale, come tre sono le finestre nel punto più alto della chiesa rappresentata.

In alto sull'Icona si legge la scritta: " La Vergine desiderando conoscere la misteriosa rivelazione " indicando appunto il gesto interrogativo della Madonna. La figura dell'angelo ormai ha perso ogni volume assumendo, pur nella gioiosa lode alla Vergine (Parthenos) la classica compostezza di un personaggio celeste, etereo per sua natura.
Il libro di Ezechiele si conclude con una visione maestosa, che costituisce un programma per la vita futura d’Israele, dopo il ritorno dall’esilio. Centro della vita del popolo sarà il tempio, di nuovo abitato dalla gloria del Signore. Alle spalle dei due personaggi sacri dell'Icona, sorge infatti il grande muro di cui parla la visione in Ezechiele : " Ed ecco, il tempio era tutto recinto da un muro. "

Particolare importanza viene data dall'iconografo alle mani di Maria: la sinistra indica la via , la destra indica l'angelo, cioè la volontà di Dio. Lo sguardo della Tutta Santa si posa sull'angelo in segno di accettazione.


Akathistos - IV Stanza


stanza-IV



La quarta scena dell'Akathistos si svolge all'esterno, infatti nella parte alta dell'Icona non è presente alcun drappo. L'iconografo vuole riferirsi all'episodio dell'Esodo che abbiamo descritto prima, ove la tenda in cui la Presenza di Dio si manifesta, cioè l'Arca, era in un campo all'aperto.

Due ancelle stendono un ampio lenzuolo con delle bordature in oro e decorazioni dorate, simbolo sia della Tenda sia della luminosa Nube che adombrò la Vergine.
Particolarmente intenso è l'effetto di chiaroscuri luminosi che vengono impiegati nel drappeggio, estremamente realistico, della tenda-lenzuolo. L'intenzione dell'artista è non di rappresentare contrasti cromatici, ma con le variazioni dei toni di bianco, conferire al telo una illuminazione spontanea, realizzando questo aspetto luminoso come di nube.
Le decorazioni del lenzuolo, sono fiori a sei petali, noto anche come fiore della vita e chiamato anche " Sesto giorno della Genesi " poiché ottenuto dalla 'rotazione' di sei cerchi o sfere, corrispondenti ognuna ad un giorno della Creazione.

Sul telo sono presenti tre sfere ravvicinate, simboleggianti la Trinità.
Nella parte alta dell'icona si leggono i caratteri greci: "la potenza dell'altissimo adombrò allora l'inesperta di nozze perché concepisse".

Sulla linea centrale dell'icona, fra le scritte descrittive, è sempre evidente la presenza di Dio, che si manifesta nei tre raggi originati dalla sfera di luce blu "increata". Ancora una volta il raggio centrale, significante la Seconda persona, discende quasi fino a raggiungere il capo della Santa Vergine. In questo modo l'artista riesce a rendere molto bene il senso dell'Incarnazione che è in corso in quel preciso istante.
Dietro la tenda due ancelle, facilmente riconoscibili per le braccia scoperte, usanza comune nell'antichità per indicare lo stato di servitù, tengono la tenda, senza però poter entrarvi dentro. La Madonna è assisa in posa di Basilissa con i piedi poggiati su uno sgabello.

La resa della figura di Maria è stata effettuata con un panneggio ricco di chiaroscuri per conferire spessore alla figura della Vergine, in modo da rendere quasi tangibile la sua natura fisica. In basso il colore verde del pavimento simboleggia la terra. Nelle scritture, il verde viene utilizzato sempre come attributo della natura.
Alle spalle della Vergine troneggia il tempio. È bellissimo il gesto della Vergine-Basilissa che con la mano destra stringe il proprio maphorion rosso. Questo gesto indica come Ella accoglie e stringe a sé il Verbo di Dio. La mano sinistra aperta con il palmo rivolto verso l'alto, esprime la totale e piena disponibilità al piano di Dio.


Akathistos - V Stanza


stanza-Va



Maria entra correndo nella casa di Elisabetta, infatti la scena si svolge all'interno, come dimostra il grande drappo rosso steso fra i due edifici sullo sfondo. Sullo sfondo la casa di Zaccaria, forse Gerusalemme. La linea di centro dell'icona passa esattamente sul seno di Maria, sede della reale presenza di Dio, confermando anche in questo caso l'intenzione dell'iconografo di porre sempre al centro della scena la presenza divina.

Nella parte alta dell'icona si leggono i caratteri greci relativi al titolo dell'immagine: " la Vergine con il grembo gravido di Dio, corse da Elisabetta e il piccolo (le sussultò in grembo) ." In modo del tutto unico il pittore ha reso il termine greco ànédrame (corse), sappiamo infatti che la staticità dei personaggi è nelle Icone una caratteristica irrinunciabile della loro divinità. Maria ancora avvolta nel suo maphorion rosso è in forte tensione verso la cugina, il ginocchio destro ancora sollevato in atto di corsa mentre il piede sinistro rimane dietro la linea delle spalle. Lo stesso atteggiamento fortemente dinamico caratterizza Elisabetta, anch'essa avvolta in un maphorion verde. Particolare enfasi è stata data alla maternità della tutta Santa Madre di Dio, sia rappresentandola a tre quarti, sia realizzando un panneggio del maphorion che fortemente ne mette in evidenza il grembo prominente. Entrambe i volti emettono una fortissima di luce, simbolo della pienezza dello Spirito.

L'incontro di Maria con Elisabetta è descritto in modo molto intenso ed umano: entrambe si stringono in un forte abbraccio. Maria allunga la sua mano destra sul grembo di Elisabetta, Elisabetta con la mano sinistra, con un gesto altrettanto umano, accarezza il braccio di Maria, proprio come fanno i bambini per ammirare la potenza di un adulto.



Akathistos - VI Stanza


stanza-VIa


La sesta stanza dell'inno traduce in versi il tormentoso dubbio di Giuseppe che si sviluppa in un continuo crescendo, dalla dimensione umana del sospetto dell'adulterio, fondato sulla constatazione logicamente inspiegabile della maternità di Maria, all'elevazione divina ottenuta dalla Grazia nel cuore di Giuseppe ed avvenuta attraverso l'accettazione della parola di Dio (ètaràkthe).


Avendo nell'intimo un uragano di opposti pensieri
il saggio Giuseppe era turbato:
sapendoti vergine
e ora sospettando un furtivo amore, o immacolata


La scena della VI stanza è assai complessa e ricca di simboli, l'incontro fra Giuseppe e Maria avviene all'interno. Giuseppe addolorato e profondamente rattristato si tiene il volto, mentre con la mano sinistra indica il seno di Maria ed in preda alla disperazione il suo animo è in una tempesta di dubbi. Cosa penseranno i figli d'Israele di tale accaduto? Dovrà forse nascondere questo fatto violando la legge del Signore? L'espressione del volto del santo è un vero e proprio capolavoro artistico di espressività. Maria alza le mani mostrando i palmi e si giustifica animosamente ma Giuseppe non riesce ancora a capire.
Entrambi i personaggi si trovano inscritti all'interno di due grandi colonne che rimandano a quelle poste da Salomone di fronte al tempio. La funzione di queste colonne e il significato dei loro nomi (Iachin e Boaz) sono incerti. Questi nomi potrebbero derivare dalle prime lettere dei versi scritti su di esse. Secondo questa ipotesi la colonna Iachin significherebbe "il Signore stabilirà il suo trono per sempre". Non a caso la tutta Santa Vergine, Trono di Dio, è posta proprio accanto a questa colonna. La tradizione biblica vuole che il re d’Israele stesse "accanto alla colonna" in occasioni importanti. Ad ulteriore conferma, la Madonna è dipinta in piedi sullo sgabello di un trono stilizzato.

Giuseppe è posto accanto a Boaz, la colonna di sinistra, il cui significato potrebbe essere "nella forza del Signore il re avrà gioia", ciò a cui pervenne Giuseppe facendo sua la volontà di Dio. La tunica di Giuseppe presenta due stichoi d'oro, segno della sua regalità. Lo sticos, in latino clavus, era un ornamento della tunica o della toga consistente in una lunga striscia normalmente colorata a seconda del rango di appartenenza, latus clavus (senatori), angustus clavus (cavalieri). Nelle vesti medievali era una striscia cucita sopra il tessuto. Nell'iconografia viene di sovente utilizzata nelle rappresentazioni di Cristo re.
La veste di Maria ha lo stesso colore della tunica di Giuseppe, chiaro richiamo alla luce increata di Dio, che copiosa promana dai cuori dei due. Maria ha ai polsi i tipici galloni d'oro indicanti il suo attributo di condottiera, caratteristica comune ai comandanti bizantini.

Sullo sfondo una grande costruzione a tre facciate simboleggiante il Tempio del Signore. L'intero edificio richiama in ogni sua parte i numeri 3 e 4. Il numero 3 simboleggia la Trinità, il 4, fin dalla tradizione antica rappresenta il principio divino. Quattro era il simbolo usato da Pitagora per comunicare ai discepoli l’ineffabile nome di Dio, che per esso significava l’origine di tutto ciò che esiste. Il quattro risulta dalla somma dell'uno al tre, intesa come intima unione dell'Unità alla Trinità: tre sono le facciate dell'edificio, ma uno è l'edificio. Quattro sono le finestrelle poste in alto, ma tre i pallini in esse iscritte, e ciascuna finestrella è caratterizzata dall'unità che si unisce alla trinità. Ancora tre sono le aperture sulla facciata dell'edificio posta in mezzo a Giuseppe e Maria, ma una è la facciata.
Il muro posto alle spalle dei due personaggi segna una demarcazione, insuperabile se non attraverso la porta della facciata di mezzo. Nello schema trinitario questa facciata simboleggia la seconda persona della Trinità. Gesù, la "Via" che conduce a Dio, è raffigurato giustamente fra Giuseppe e Maria; egli è richiamato dall'alta e stretta porta che conduce all'Eterno.

Alla porta campeggia un drappo rosso con un vistoso nodo. Fin dall'antichità il nodo era segno di vita, simbolo di immortalità e dell'amore divino. Nella tradizione esicasta il Komboskini, una lunga catena di nodi, un po' come il rosario cattolico, è uno strumento da sempre utilizzato dai cristiani ortodossi per la preghiera e la devozione personale. Dopo avere completato ogni nodo si recita la preghiera: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me". Il colore rosso del drappo è un chiaro richiamo alla passione di Gesù. Le due finestrelle poste in alto, irraggiungibili, richiamano le altre due Persone della Trinità.
Lo sguardo di Maria è basso, sul pavimento, come coloro che si giustificano pieni di vergogna. Nel cuore di Maria c'è la totalità della fede, e ciò malgrado ogni logica umana sia contro di lei.


Akathistos - VII Stanza


stanza-VIIa


Nella tradizione biblica l'immagine del pastore indica la relazione fra Dio e il suo popolo.
L'icona della settima stanza si colloca perfettamente, fatta eccezione per la mancanza dei Magi, nel modulo iconografico classico delle icone della Natività. Per comodità descrittiva possiamo considerarla divisa in tre parti essenziali: la parte alta, relativa alla sfera celeste, la mediana, riguardante il piano di salvezza di Dio e quella bassa raffigurante la natura terrena ed umana. Sullo sfondo la montagna messianica a due punte indicante la duplice natura di Gesù.

La parte "Celeste dell'Icona"
Nella parte superiore dell'icona, in un cielo dal blu profondo, molto intenso, risplende di luce dorata, visibile agli uomini, la gloria dell'altissimo da cui si dipartono i classici tre raggi. Il più lungo di questi attraversa l'Icona fino a raggiungere la grotta ove giacciono Maria ed il Bambino. Nella parte sinistra dell'Icona un Angelo si china verso un pastore e salutandolo alla maniera greca gli annuncia la venuta del Salvatore. Oltre la montagna messianica, nella parte destra della icona, tre angeli molto ravvicinati fra di loro richiamano la moltitudine delle schiere celesti. Le creature angeliche con gli occhi e le mani rivolte al cielo giubilando cantano incessantemente le lodi di Dio.

La parte centrale: "Il piano della Salvezza"
Come il "Manuale dell'Iconografo" del Monaco Dionigi di Furna recita, al centro dell'icona viene rappresentata "una grotta. Dentro, sul lato destro, la madre di Dio; ella posa in una mangiatoia Cristo bambino in fasce". Maria è distesa su di un tappeto rosso a forma di mandorla, alla destra di Gesù. Il Bambino viene deposto da Maria sulla mangiatoia e sembra che questi esca dalla grotta, probabilmente illustrazione della quarta Ode del Canone della Natività. L'oscurità della grotta simboleggia l'inferno che tenta di ingoiare il Bambino, si tratta della stessa cavità posta sotto Gesù nelle Icone della resurrezione. Gesù è avvolto in un bendaggio a fasce incrociate ed intrecciate che rievoca quello di Lazzaro, divenendo l'anticipazione della propria morte. La forma stessa della mangiatoia, che ricorda molto da vicino un sarcofago, è un richiamo alla morte del Cristo. La condanna cui Eva ed il genere umano assieme a lei furono sottoposti, fu quella di partorire figli destinati alla morte. Anche Maria a sua volta partorisce Gesù, che come vero uomo, è anche Egli destinato alla morte, viene quindi deposto in un sepolcro.
Attorno alla mangiatoia il bue e l'asino, osservano l’ avverarsi della profezia di Isaia. Secondo Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo e Ambrogio di Milano, il bue rappresenta il popolo giudeo, l'asino i gentili. Leone Magno rafforza questo parallelismo intravedendolo anche nel binomio Magi-Gentili, Pastori-Giudei.
Sul lato destro dell'icona tre pastori. Essi risalgono quella solida roccia cui nell'ultimo giorno affluiranno tutte le genti . Durante la salita contemplano quella grotta le cui tenebre sono rischiarate dalla Luce.

Parte bassa: la natura terrena ed umana
In basso due donne accudiscono il Bambino lavandolo. L’origine di questo modulo è da ricercarsi nella tradizione ellenistica, prima che nei testi apocrifi. L'intenzione dell'iconografo è quella di voler pienamente rappresentare l’umanità reale e non apparente di Cristo, ricorrendo ad un atto ordinario ed assolutamente umano.
Il bagno di Gesù è allo stesso tempo prefigurazione del battesimo (Teofania) e della Sua sepoltura; il Bambino viene immerso totalmente nell'acqua, proprio come nelle Icone del Battesimo ove il Cristo appare sepolto dal liquido. Circa l’identità delle due donne, il proto vangelo di Giacomo, al capitolo 19, fornisce un racconto abbastanza dettagliato. La scena del bagno, nell’icona, è probabilmente ispirata ad una nota omelia attribuita al Patriarca Teofilo di Alessandria, che molto suggestionò gli animi durante tutto il medioevo. Teofilo narra di una visione avuta da lui stesso, in cui è la stessa Vergine a parlare. “Salomè che lavava mio figlio, mentre io gli davo il latte.”

In basso, nell'angolo opposto, San Giuseppe siede pensoso, egli volge le spalle alla scena della natività affermando ancora una volta che la nascita di Gesù è un fenomeno totalmente soprannaturale, biologicamente a lui estraneo. E' tradizione ormai consolidata nel modulo iconografico della Natività rappresentare Giuseppe fuori dalla grotta ed impegnato in un dialogo con un pastore vestito di pelli, che alcuni identificano in Tirso, nome che richiama il bastone utilizzato dalle baccanti nelle processioni dedicate al culto pagano di Bacco. Si vuole in questo modo creare un parallelo con la tradizione misterico-esoterica pagana ed il razionalismo sterile e demoniaco di chi pretende di umanizzare ciò che è divino, illudendosi di poter comprendere e gestire l'intero creato, mettendo così se stesso al centro dell'universo e sostituendosi a Dio.
La composizione fortemente simmetrica dell'Icona, fa intuire una certa rilevanza lasciata al valore simbolico dei numeri 1, 2, 3. Considerando la linea mediana dell'icona e quindi il capo della Vergine come centro dell'icona, è facile osservare che sul lato sinistro ci sono tre angeli e tre pastori; a destra un Angelo e un pastore; in basso due donne e due uomini. Ancora in basso, considerando come punto di simmetria l'albero posto fra San Giuseppe e l'ancella che accudisce al lavacro di Gesù, risulta evidente il contrasto fra il Dio fattosi uomo e il bastone di Tirso-Satana.
La figura di Maria domina il centro esatto dell'icona, ella dolcemente accudisce il Figlio ed attira la nostra attenzione coinvolgendoci in un momento di intensa intimità.



Akathistos - VIII Stanza


stanza-VIIIa


La scena è caratterizzata da una insolita dinamicità, magistralmente enfatizzata dal panneggio dei mantelli al vento dei tre Magi. Essi, al gran galoppo, spinti dall’immane amore suscitato in loro dallo Spirito, giungono simbolicamente da ogni parte del mondo (in molte rappresentazioni vengono ritratti con diversi colori della pelle tipici delle varie razze). Il simbolismo dell'immagine descrive infatti in modo ineguagliabile la meravigliosa storia d'amore fra creatura e Creatore. Al centro campeggia una grande ed insormontabile montagna, tutta in salita, la sommità della quale diviene veramente ripidissima. In cima al monte brilla la stella Messianica, con i quattro bracci della croce. La stella che appare e lo scettro in senso biblico simboleggiano la nascita del Re. Ben in evidenza, sull'asse mediano dell'icona, l'angelo indica la stella rendendo testimonianza al Signore.

Il modulo iconografico classico riproduce in un’unica e simultanea sintesi visiva le tre età dell’uomo rappresentando i tre re rispettivamente con un aspetto giovanile, adulto e senile. Il più giovane dei tre è alla base della montagna, egli ha appena scoperto l'amore di Dio; il suo chitone rosso ne indica il cuore infuocato dall'amore divino. Il volto del giovane è rivolto verso il cielo, mentre gioioso e pieno di gratitudine, con la mano destra indica all'osservatore la via da seguire per arrivare fin sulla sommità del monte; egli certo la intuisce, ma non la conosce ancora pienamente. Dalla figura si sprigiona l'entusiasmo del giovane e la sua voglia di rigenerarsi in Dio: il colore verde del mantello ne è il simbolo. Di poco avanti al primo, galoppa il re di aspetto adulto; questi risulta in primo piano rispetto alla composizione generale dell'opera, quasi ad indicare la precisa intenzione dell'iconografo di volersi identificare in lui. Il chitone violaceo, di colore intermedio fra quello degli altri due, indica una maggiore crescita della consapevolezza dell'amore verso Dio. Il re adulto galoppa con impeto, mentre il suo mantello si muove come bandiera al vento; egli si interroga sul suo passato, sul percorso già compiuto verso l'Altissimo e su quello da compiere ancora, così guarda indietro, quasi ritrovando se stesso nel re più giovane.

Abbastanza più avanti e ben in salita troviamo la figura senile del terzo re. Il suo sguardo è ormai fisso verso la Stella, non è distratto da nessuno degli elementi del paesaggio, corre forse più veloce degli altri due ed il suo mantello è teso all'inverosimile. Quest'ultimo re ha stabilito un indissolubile legame con l'infinito Amore che lo attira a sè, il suo sguardo è fisso verso l'Altissimo. Il chitone è verde, segno della rigenerazione e della rinascita.
Ed anche in questa icona il vento soffia senza che si sappia da dove viene, la direzione indicata dai mantelli dei primi due re è opposta a quella dell'ultimo. Il vento impetuoso che solleva i mantelli è proprio lo Spirito, di cui gli uomini sentono la "voce", ma non sanno nè da dove venga nè dove vada. Il mantello rosso del re più anziano richiama all'evidenza la totale percezione dell'amore di Dio che ormai ne ricopre interamente la figura.
Sopra i tre re l'angelo di Dio che indica la via. Quest'ultimo a cavallo, come gli uomini, perché nella loro dimensione si muove. La postura della creatura celeste è statica, frontale, egli è al cospetto di Dio ed il Suo nome è in lui. L'angelo scende sulla terra e si abbassa fin quasi all'altezza del re più anziano dando testimonianza e mostrando a tutto il popolo di Dio il volto dell'Altissimo. L'Irraggiungibile raggiunto.


Fonte

Edited by Milea - 30/7/2021, 17:58
 
Web  Top
0 replies since 14/7/2010, 14:26   881 views
  Share