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Tamara de Lempicka La belle Rafaëla (Rafaëla la belle), maggio 1927 (La bella Rafaëla) olio su tela, 62x90 cm Collezione Sir Time Rice
La storia espositiva del dipinto può essere oggi delineata con precisione, e la sua presenza nelle mostre degli anni Venti è circoscrivibile a due esposizioni. Il quadro va identificato con quello inviato al Salon d’Automne del 1927, intitolato Rafaëla la belle. In quell’occasione i due dipinti presentati dalla Lempicka, questo e Kizette au balcon, furono accolti entusiasticamente dal critico di un giornale di Boston, “The Christian Scienze Monitor”, particolarmente attento agli avvenimenti europei. Nel numero del 19 dicembre si dice che i dipinti della Lempicka erano sicuramente i più moderni e si spiega come i particolari giochi di luce in questo nudo disteso, facciano pensare a una fotografia. Il recensore evidenzia la particolare accuratezza della resa delle carni, lisce e brillanti come una ceramica.
Il Salon d’Automne chiude il 18 dicembre e appena un mese dopo, il 20 gennaio, apre il Salon des Indépendants, dove la Lempicka invia ancora questo dipinto. Ancora una volta il quadro viene apprezzato sia per la perfetta costruzione della figura, sia per il riuscito gioco di luci: qualità che sono messe in rilievo dalla stampa inglese, che giudica il dipinto “il più sorprendente dell’intero Salon”. Nel catalogo del Salon des Indépendants di quell’anno risulta in vendita a 25.000 franchi e nel 1929, in un articolo pubblicato su “Mobilier & Décoration”, la didascalia lo indica in “Collection Baudry”, a Parigi.
Il dipinto fa parte del trittico dedicato a quella donna di ineguagliabile bellezza che Tamara incontrò al Bois de Boulogne e a cui dedicò diversi dipinti; questo è il secondo della serie, realizzato nel maggio 1927, come l’artista ha annotato sulla foto del quadro.
Se la calma e la voluttà infuse nell’immagine sono di derivazione classica -soprattutto delle odalische di Ingres-, la posa è assolutamente michelangiolesca: non tanto dei nudi femminili della Cappella Medicea di Firenze, quanto dello Schiavo morente del Louvre, da cui la Lempicka riprende la posa languida, con un braccio dietro la testa e l’altro portato verso il seno.
Michelangelo, Schiavo morente 1513-1514 Parigi, Musée du Louvre
I contrasti tra le zone del corpo in ombra e quelle illuminate, sono esasperati, e l’intera composizione nell’orchestrazione delle luci rivela la conoscenza dell’ Amore dormiente di Caravaggio a Palazzo Pitti, attualizzato da moderne suggestioni fotografiche e cinematografiche.
L’intera composizione sembra infatti quasi una “mise en scène” da studio fotografico, con adeguata illuminazione e posa studiata, il cui volto seminascosto è un’invenzione di grande effetto che aggiunge un’aura di mistero e intimità. Come acutamente indicato dai primi critici, che parlarono del dipinto come di un’immagine di grande modernità. (M.@rt) Edited by Milea - 1/8/2021, 17:12
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