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view post Posted: 15/11/2023, 10:54 by: Milea     +1Federico Zandomeneghi - Interno del Palazzo del Podestà - I Macchiaioli

Zandomeneghi-Palazzo-PretorioP

Federico Zandomeneghi (Venezia,1841 - Parigi, 1917)
Interno del Palazzo del Podestà
1865 circa
olio su tela - 80 x 44 cm.
Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia


Federico Zandomeneghi nasce nel 1841 in una famiglia di artisti, stimata e di successo: il padre Pietro ed il nonno Luigi erano entrambi scultori di stile neoclassico, al contrario egli manifesta precocemente una particolare propensione per la pittura. Studia prima presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia con Pompeo Molmenti, e poi in quella di Milano. Nel 1959 si rifugia a Pavia temendo la coscrizione obbligatoria nell’esercito austriaco, ma nel 1860 si arruola volontario e combatte in Sicilia con i garibaldini. Nel 1862 si stabilisce a Firenze, dove Giuseppe Abbati lo introduce nell’ambiente del Caffè Michelangiolo. Diviene amico soprattutto di Diego Martelli, del quale è ospite a Castiglioncello. A Firenze rimane fino al 1866 eseguendo dipinti conformi alla poetica della macchia come “La lettrice”, o “Interno del Palazzo del Podestà”, che rivelano come i suoi interessi siano essenzialmente rivolti all’opera di Odoardo Borrani e di Giuseppe Abbati.



Federico Zandomeneghi
Interno del Palazzo del Podestà (dettaglio)


“Da un finestrone donde scorgersi l’altra parte del fabbricato tutta illuminata, entra il sole, e sceso in sul pavimento illumina colla rifrazione due grandi macchiette, che ben arieggiate, sono nel mezzo in costume antico”. (Gazzetta di Venezia, 12 settembre 1865.) Il soggetto della tela è ambientato nelle sale del Palazzo del Bargello a Firenze, che in quel tempo era stato tema di quadri in costume sia di Abbati, sia di Borrani, concettualmente molto simili a quest’opera per la luce limpida che analizza le architetture e l’atmosfera sospesa che li pervade. Proprio nel 1865 Zandomeneghi va ad abitare con Abbati, accostandosi ulteriormente alle ricerche figurative dell’amico. Tornato a Venezia dopo l’annessione della città al Regno d’Italia, vi rimane fino al 1874, continuando per altro a soggiornare spesso a Firenze e a condividere le scelte figurative dei Macchiaioli, tanto da rimeditare, in sintonia con loro, il tono sospeso e soffuso di malinconia di certa pittura romantica. Ne è un esempio “Bastimento allo scalo”, in cui la luce cilestrina accentua i valori emozionali connessi all’immagine, e suggerisce il senso di solitudine dell’uomo moderno.

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Bastimento-allo-scalo

Federico Zandomeneghi
Bastimento allo scalo
1869 circa
olio su tela - 41 x 96 cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Una luce indagatrice definisce con nitidezza il paesaggio lagunare e i gesti degli uomini, affaccendati attorno alla grande imbarcazione in cantiere, nell’intonazione pallida e uniforme della luminosità, l’analisi lenta e meditata con cui l’artista si sofferma a descrivere gli elementi pittorici con attenzione minuziosa, assume un valore evocativo, oltre che formale, fondendosi con il rimpianto per un mondo più semplice, sereno e ordinato, almeno nel ricordo, come quello della Restaurazione, cui per altro il dipinto sembra, anche figurativamente, fare riferimento.

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Nell’estate del 1874 decide di fare un breve viaggio a Parigi per visitare il Salon; ma non abbandonerà più la città, dove ritrova Giovanni Boldini e Giuseppe de Nittis e tramite loro conosce Degas, che lo stima al punto da invitarlo ad esporre col gruppo impressionista. Al “Nouvelle Athènes”, uno dei locali in cui i ribelli della pittura si incontrano, Zandomeneghi è uno dei frequentatori più assidui e il pittore veneziano stringe una forte amicizia anche con Renoir. I primi anni di Zandomeneghi a Parigi sono oscuri e, passati i primi successi come ritrattista su commissione, poco si sa delle sue opere, a volte non datate e molto differenti tra loro; sicuramente l’artista non trova immediatamente attenzione a Parigi né porte aperte, tanto che nel 1877 confessa a Fattori il proposito di tornare a Venezia “indefinitamente”. Nel 1878 la presenza di Diego Martelli a Parigi lo sprona ad elaborare dipinti di qualità come il ritratto dell’amico, presentato alla quarta esposizione impressionista nel 1879.

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Federico Zandomeneghi
Ritratto di Diego Martelli
1879
olio su tela - 72 x 92 cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Il ritratto raffigura il critico Diego Martelli durante il suo soggiorno a Parigi nel 1878-1879, dove ebbe modo di entrare in contatto con il mondo impressionista ed inviare così le sue corrispondenze sulle novità ed idee della scuola impressionistica, ai giornali italiani. L’impianto compositivo del ritratto risente della tecnica di Degas. Presentato al pubblico nel 1879 alla quarta esposizione impressionista fu inviato a Firenze solo nel 1895. L’artista infatti riteneva questo dipinto, diversamente dall’altro ritratto fatto all’amico Diego nel 1870, poco originale e mal riuscito e lo donò al critico solo dopo le sue ripetute insistenze.

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Federico Zandomeneghi
Ritratto di Diego Martelli allo scrittorio
1870
olio su tela - 63 x 41 cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Eseguito tra la fine del 1869 e il 1870 a Firenze, dove Zandomeneghi si trovava, ospite di Martelli, per l’Esposizione della Società Promotrice fiorentina del 1869, il critico è ripreso mentre si trova al proprio tavolo di lavoro, in una veste da camera con eleganti alamari rossi, intento a scrivere un articolo che lo rende pensoso. La composizione serrata, che costringe in uno spazio limitatissimo la figura dell’intellettuale, compressa fra lo scrittoio e la libreria, rimedita le rappresentazioni di pensatori e studiosi eseguite nel Quattrocento, e, come in quelle, descrive gli oggetti di lavoro di uno scrittore: lo schedario, il calamaio, i fogli con gli appunti, qui tradotti in parole moderne. La luce limpida definisce con precisione la figura e gli oggetti, e fa risaltare sui toni dei legni il bianco delle carte, il rosso ciliegia della veste da camera di Diego.

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Dei tre “italiens de Paris”, Zandomeneghi è quello che ha avuto legami più duraturi e profondi con l’ambiente impressionista e post-impressionista, partecipando ininterrottamente dal 1879 a tutte le mostre del movimento. La Parigi di Zandomeneghi non è la Parigi elegante, mondana e internazionale celebrata da De Nittis e Boldini, ma si racchiude nel quartiere bohèmien per eccellenza, Montmartre, dove l’artista viveva a fianco di Toulouse-Lautrec e della sua modella Suzanne Valadon, che raffigurò nel dipinto “Al Caffè Nouvelle Athènes”, seduta a un tavolino di fronte a lui stesso.



Federico Zandomeneghi
Al Caffè Nouvelle Athènes
1885
olio su tela - 90 × 70 cm
Collezione privata


Federico Zandomeneghi si lega fra gli altri a Camille Pissarro e a Jean-Baptiste Guillaumin e tramite quest’ultimo inizia ad apprezzare il “pointillisme” di Georges Seurat e di Paul Signac, tanto da eseguire dipinti quali “La lezione di canto”, in linea con le meditatissime ricerche pittoriche di quegli artisti.



Federico Zandomeneghi
La lezione di canto
1890
olio su tela - 65 x 54,6 cm.
Gallerie d’Italia, Milano


Con la fine del sodalizio impressionista si apre per Zandomeneghi un periodo oscuro che termina con la personale nel 1893 da Durand Ruel e il successivo contratto con il gallerista, che diventerà il suo mercante e che pretende da lui una serie di dipinti a soggetto femminile, a cui il pittore si applica negli anni con ripetitività. “Verso la fine di gennaio il padre Durand-Ruel ritornato dall’America venne spontaneamente a trovarmi e mi disse che dovevo lavorare molto, che i pittori di figura erano scarsi, che avrebbe pensato a pagarmi i modelli a farmi riprendere un po’ di coraggio e tante altre belle cose. Scielse intanto una mezza dozzina di quadri nuovi che mise nella sua galleria insieme a molti altri miei che teneva giù in deposito da qualche anno e io mi misi accanitamente al lavoro…” .

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Federico Zandomeneghi
A letto (In Bed)
1878
olio su tela - 74 x 61 cm.
Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Pitti, Firenze


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Al di fuori del rapporto economico esegue ritratti e vedute di ben altra sostanza formale. Nel 1893, nel 1898 e nel 1908 vengono organizzate a Parigi tre personali del pittore e una mostra gli sarà allestita alla
Biennale di Venezia, che tuttavia non riscuote successo presso la critica dell’epoca. Fin dal suo arrivo a Parigi, Zandomeneghi aveva fissato la sua residenza al numero 7 di rue Tourlaque, a Montmartre, il nuovo quartiere parigino che si andava costruendo in quegli anni intorno ai residui di orti e vigneti, tracce del suo passato campagnolo di cui erano testimonianza alcuni mulini, come il Moulin Debray, destinati ad essere trasformati in popolari luoghi di ritrovo. Lì il 31 dicembre del 1917 viene rinvenuto il suo corpo senza vita, ai piedi del letto. Lo studio viene smantellato: le opere sue e quelle di altri artisti nel suo studio, fra cui Fattori, Lega e Signorini, messe all’asta per pochi soldi. (M.@rt)

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Federico Zandomeneghi
La modella che riposa in studio
(The model resting in the studio)
datazione ignota
olio su tela - 22 x 16,3 cm.
Collezione privata








Edited by Milea - 15/11/2023, 19:30
view post Posted: 14/11/2023, 22:25 by: Lottovolante     +1SOUVENIR D'UN VOYAGE À COUBRON - J.B. Camille Corot - ARTISTICA


Vorrei fare una carezza ai ricordi.
A quelli perduti, confusi, incerti.
Magari adesso hanno freddo...





Jean-Baptiste-Camille Corot
Ricordo di un viaggio a Coubron
(Souvenir d'un voyage à Coubron)
1873
Olio su tela
32.4 × 46 cm
Londra, National Gallery


Lo stagno paludoso in primo piano a sinistra si fonde con il terreno che sale verso una piccola collina a destra, dove due edifici sono incastonati dietro una fila di alberi ad alto fusto. Coubron, che si trova a est di Parigi, era la casa degli amici di Jean-Baptiste-Camille Corot, i Gratiots, dove il pittore francese fece la prima di molte visite nel 1867. All'inizio degli anni Settanta del XIX secolo Corot era un artista ricercato e di successo e nel 1872, alla ricerca della pace e della tranquillità che non era più possibile avere a Parigi, decise di far costruire un piccolo studio adiacente alla loro casa, che fu inaugurato il 15 aprile 1873. È in questo periodo che gli viene l'idea di questa veduta, ma in realtà la dipinge in maggio, dopo un piccolo schizzo, mentre soggiorna a Ville-d'Avray.





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Non era insolito per Corot dipingere paesaggi in studio in questo modo, soprattutto negli ultimi anni, e molti dei suoi "souvenir" sono ricordi di luoghi di particolare importanza che aveva visitato nel corso della sua vita. Ciò non significa, tuttavia, che tutto in questi paesaggi fosse necessariamente fedele a ciò che aveva osservato in origine, e spesso attingeva a un bagaglio di immagini per costruire una composizione.





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Le case, ad esempio, con i loro caratteristici frontoni, compaiono in molti dei suoi ultimi dipinti. Un raggruppamento molto simile, con una casa più alta affiancata da una più bassa, si trova sullo sfondo di Sollevare le reti del 1871 (Musée d'Orsay, Parigi) e un gruppo più complesso appare sullo sfondo de "L'inondazione del saliceto" di circa un anno precedente (Collezione privata), anch'esso un'evocazione di un paesaggio acquatico.




Jean-Baptiste-Camille Corot
L'inondazione del saliceto
(Inondation dans un saulie)
1870 circa
Olio su tela
48.9 x 60.3 cm
Collezione privata






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Il trattamento è tipico dello stile tardo di Corot. Mentre il cielo è dipinto in modo piuttosto consistente, il paesaggio presenta un primo strato estremamente sottile in grigio-verde, con la trama della tela che traspare dappertutto. Anche i tronchi degli alberi sono dipinti in modo molto sottile e il fogliame è stato reso con una massa di pennellate orizzontali in grigio e verde lattiginoso, creando la superficie scintillante che è così caratteristica della sua opera matura. (Mar L8v)





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view post Posted: 14/11/2023, 21:17 by: Milea     +1Federico Zandomeneghi - Il risveglio (Femme qui s’étire) - I Macchiaioli

Zandomeneghi-Il-risveglioP

Federico Zandomeneghi (Venezia, 1841 - Parigi, 1917)
Il risveglio (Femme qui s’étire)
1895 circa
pastello su cartone - 73 × 60 cm.
Museo di Palazzo Te, Mantova


Spesso Federico Zandomeneghi, nei suoi dipinti, ha celebrato la donna e la sua quotidianità: la femminilità come un valore da innalzare, dal rito della toilette alla lettura, fino alle serate mondane a teatro. Il pittore nella tela in esame raffigura di spalle, in primo piano seduta su una poltrona della camera da letto, una giovane donna ancora in abito da camera, con i lunghi capelli raccolti sulla nuca; si è svegliata da poco e, probabilmente ancora un po’ assonnata, stira le braccia verso l’alto. Di fronte a lei, sullo sfondo, la domestica apre l’anta dell’armadio e ne osserva il contenuto. Il tema del risveglio con una figura femminile che si stiracchia, può essere considerato una delle scene più caratteristiche dell’artista.

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Federico Zandomeneghi
Risveglio: donna che si stira
1886
olio su tela- 124,8 x 99,1 cm.
Collezione privata






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Affrontato altre due volte negli anni Ottanta, con le modelle nude, in piedi o sedute, che si stiracchiano, questa versione elegante del tema è stata realizzata dall’artista veneziano a pastello su un supporto di carta applicata su cartone, con una tecnica di indubbia maestria. L’impianto compositivo della scena è profondamente modificato rispetto ai precedenti: nella raffigurazione l’ambiente, un borghese ed elegante interno di boudoir, assume un ruolo predominante, con le figure persino nascoste dall’arredamento. L’opera, con la presenza della figura della cameriera, propone una scena di genere e racconto sociale, come accade anche in altre opere di Zandomeneghi negli anni immediatamente successivi al contratto con il gallerista Durand-Ruel, il mecenate di tutti i pittori impressionisti.


Si tratta di una delle opere di maggior potenza espressiva dell’artista, dettagliata sia nel soggetto sia nella tecnica che vede il colore steso con elegante accuratezza in più strati di filamenti colorati con ricche sovrapposizioni che cesellano figure e particolari. Per conservare la freschezza e la brillantezza dei colori Zandomeneghi posa con cura i tratti del pastello, accostandoli in modo da creare armonie cromatiche e utilizzando pastelli di diversa durezza per evitare di intaccare gli strati sottostanti, ottenendo così una vivacità cromatica simile a quella delle opere di Degas, ma senza l’utilizzo di fissativi. L’opera “Il Risveglio” è considerata dalla critica il culmine della ricerca tecnica di Zandomeneghi sulla “pittura a secco”, quasi un’anticipazione della sensibilità post-impressionista. (M.@rt)






Edited by Milea - 15/11/2023, 18:59
view post Posted: 13/11/2023, 15:41 by: *Vanilla*     +1Mick Jagger incorona Damiano dei Måneskin: il murale di TVboy - NEWS

Mick Jagger incorona Damiano dei Måneskin:
il murale di TVboy





La nuova opera dell’urban artist TvBoy, molto attivo anche sui muri della Capitale. è apparsa in Vicolo del Fico, a Roma, nella stessa stradina dove sorgeva negli anni Novanta ‘Il Locale’ punto di incontro e di svolta di un’intera generazione di artisti. Lo street artist italiano ha reso omaggio ai Måneskin con un’opera - intitolata “L'incoronazione”: facendo riferimento alla dichiarazione di Mick Jagger che indicava la formazione di “Zitti e buoni” come “la più grande rockband del mondo”, l’artista ha ritratto il frontman dei Rolling Stones incoronare la voce di “Beggin”.

Il re sorridente Mick Jagger passa la corona al suo successore, serio nel percepire il “peso” che si appresta a sostenere, Damiano David dei Måneskin, inginocchiato di fronte al sovrano. Jagger che con i Måneskin ha suonato anche sul palco permettendogli di aprire al suo live a Las Vegas, aveva già così definito la band romana: “I Måneskin sono oggi la più grande rockband al mondo. Stupisce che sia un gruppo italiano”.

L'opera cita il celeberrimo dipinto“L'incoronazione di Napoleone” di Jacques-Louis David, monumentale olio su tela oggi conservato al Museo del Louvre di Parigi. All’anagrafe Salvatore Benintende, nato a Palermo nel 1980, TVboy è uno degli street artist ita-liani più popolari: laureato in design presso il Politecnico di Milano, l’artista si è visto dedicare mostre - oltre che a Milano, dove ha esposto anche la Padiglione d’Arte Contemporanea - a, tra le altre città, Copenaghen e Barcellona, operando interventi di arte urbana per le strade di importanti città internazionali come Monaco, Berlino, Londra, Parigi, New York, Los Angeles e San Francisco.


Quello dedicato ai Måneskin in realtà è la quarta opera realizzata da TVboy a Roma. Le prime due, una dedicata al primo governo presieduto da Giuseppe Conte, la seconda alla solerzia con la quale l’amministrazione comunale della Capitale ha cancellato la prima, oggi non sono più visibili. La terza, realizzata in Vicolo degli Osti e intitolata “Stop abuse”, è dedicata all’impegno di Papa Francesco nel contrastare gli abusi sessuali sui minori da parte del clero cattolico.


Fonte



view post Posted: 12/11/2023, 21:30 by: Lottovolante     +1LE QUATTRO ORE DEL GIORNO - Jean-Baptiste-Camille Corot - ARTISTICA


So poco della notte
ma la notte sembra sapere di me,
e in più, mi cura come se mi amasse,
mi copre la coscienza con le sue stelle.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è niente
e le congetture sopra di lei niente
e gli esseri che la vivono niente.





Jean-Baptiste-Camille Corot
Notte
(Night)
Quarto dipinto della serie "Le quattro ore del giorno"
1858
Olio su tavola
142.2 × 64.7 cm
Londra, National Gallery


Questo è l'ultimo della serie "Le quattro ore del giorno" che Jean-Baptiste-Camille Corot dipinse per l'amico artista Alexandre-Gabriel Decamps. Si tratta di un raro esempio di scena notturna dell'artista, che dipinse solo una manciata di questo tipo di vedute. Come nel "Mattino", vediamo un'unica figura, probabilmente un uomo, accompagnato da un cane. Indossa un berretto rosso - un motivo che compare in tutta la sequenza - e usa un bastone. Si percepisce il senso del viaggio verso casa alla fine della giornata.





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Quando il giorno finisce, il colore si svuota dal paesaggio e torniamo ai toni quasi monocromatici di "Mattina", ma ora in una chiave più scura. Il cielo è diventato blu scuro, diventando grigio nella parte superiore dell'immagine, ed è punteggiato di stelle bianche. Una stella molto luminosa (o una piccola luna) brilla sopra la casa più alta della collina. Le case aggrappate alla collina e la torre quadrata alludono a un paesaggio italiano - una suggestione che amplia il possibile riferimento all'Italia introdotto dalla figura del monaco della sera.





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Le visite di Corot in Italia ebbero un effetto profondo sulla sua arte. Fu a Roma, nella primavera del 1826, che iniziò a dipingere serie di vedute della stessa scena o dello stesso edificio in varie ore del giorno per mostrare le diverse condizioni di luce. Secondo il consiglio di Pierre-Henri de Valenciennes, si trattava in genere di gruppi di tre schizzi dipinti al mattino, a mezzogiorno e alla sera presto. A partire dal 1827, Corot dipinse anche quadri a coppie, da appendere insieme, che contrapponevano la luce del mattino a quella della sera. Questi paesaggi spesso includono persone che svolgono attività quotidiane adatte al momento specifico.





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Ne "Le quattro ore del giorno" questa pratica di dipingere serie si intreccia con un aspetto dell'arte di Corot che compare per la prima volta negli anni Cinquanta del XIX secolo, ovvero la pittura di souvenir ("ricordi"). Questi souvenir non erano tanto "vedute" di luoghi specifici quanto piuttosto reminiscenze poetiche di un luogo in cui il sentimento o lo stato d'animo, piuttosto che l'accuratezza topografica, erano la preoccupazione principale di Corot. Recensendo l'opera di Corot al Salon del 1861, il critico Théodore de Banville scrisse di lui: "Questo non è un pittore di paesaggi, è il poeta stesso del paesaggio...che respira la tristezza e le gioie della natura...Il legame, quel grande legame che ci rende fratelli di ruscelli e alberi, lui lo vede; le sue figure, poetiche come le sue foreste, non sono estranee al bosco che le circonda".


Sebbene "Le quattro ore del giorno" non raggiunga la piena fantasticheria poetica dei souvenir dipinti negli anni Sessanta e Settanta del XIX secolo, i commenti di Banville - in particolare la sua osservazione su come le figure di Corot si trovino a proprio agio nel paesaggio - potrebbero essere applicati a questa serie. In parte un "ricordo" del periodo trascorso in Italia e un'evocazione delle foreste di Fontainebleau, "Le quattro ore del giorno" è anche una sintesi delle influenze che hanno plasmato l'arte di Corot: i paesaggi classici di Claude, le fêtes galantes della pittura francese del XVIII secolo e la pratica di schizzi a olio all'aperto. (Mar L8v)



view post Posted: 12/11/2023, 18:44 by: Lottovolante     +1BOSCO DI OMA - UNIVERSO DI COLORI, FORESTA D'ARTISTA - CAFFE' LETTERARIO


AUGUSTÍN IBARROLA
FORESTA D'ARTISTA, LA RINASCITA DEL BOSQUE DE OMA




Immergersi nella bellezza del Bosco di Oma è un'esperienza unica, un luogo
in cui gli alberi parlano attraverso i colori e le forme dell'artista Agustín Ibarrola.





Quando pensiamo alla Spagna, la nostra mente ci trasporta immediatamente verso le incantevoli luci di Madrid, l’architettura innovativa di Barcellona e l’atmosfera calorosa e vibrante che pervade ogni angolo di queste città. Immaginiamo il suono delle chitarre di flamenco, i gusti intensi della paella e l’energia pulsante dei mercati all’aperto. Eppure, c’è un altro volto di questa splendida nazione, meno conosciuto ma altrettanto affascinante, che sembra quasi uscito da un libro di fiabe.


Benvenuti nei Paesi Baschi, una regione in cui la bellezza della lussureggiante vegetazione si unisce all’intenso blu del mare, creando paesaggi dalla bellezza mozzafiato. Questo territorio custodisce autentiche meraviglie naturali, con le sue maestose montagne, i fiumi e una miriade di boschi. Tra questi ce n’è uno che si distingue da tutti gli altri: il Bosco di Oma (conosciuto come “Omako Basoa” nella lingua basca). Non un bosco qualunque, ma una vera e propria opera d’arte a cielo aperto. Nel 1984, infatti, il talentuoso scultore e pittore Augustín Ibarrola lo ha trasformato in un vero e proprio capolavoro artistico. Con uno stile audace e colorato, ha dipinto alberi e rocce, creando un’opera d’arte unica nel suo genere. Oggi, questo luogo incantevole è diventato un museo naturale, in cui l’arte e la natura si fondono armoniosamente.


La magia del Bosco di Oma: un universo di colori

Il Bosco di Oma, situato nel quartiere omonimo nel comune di Kortezubi, è il simbolo di come, talvolta, l’arte possa valorizzare e reinterpretare il paesaggio naturale. Tutto ebbe inizio nel periodo tra il 1982 e il 1985, quando Agustín Ibarrola decise di fondere il suo talento con la natura. Con maestria e creatività, trasformò i tronchi degli alberi in autentiche tele viventi, creando un dialogo silenzioso e potente con il paesaggio circostante. Il risultato fu sorprendente: quarantasette rappresentazioni uniche, un’esplosione di colori e creatività.


Grande sostenitore della "land art", un movimento artistico contemporaneo nato negli Stati Uniti negli anni Sessanta, ha messo in risalto l’importanza di intervenire sulla natura non per alterarla, ma per evidenziarne la bellezza. Invece di creare opere d’arte da esporre in gallerie o musei, si utilizza il paesaggio come una tela bianca, per rendere l’arte accessibile a tutti e rifiutare l’aspetto economico e materiale della creazione artistica.


Sulle superfici degli alberi sono dipinte una serie di immagini che vanno dagli animali alle figure geometriche e umane, fino a rappresentazioni parziali come occhi e labbra. Queste opere non sono immediatamente visibili al primo sguardo. Richiedono, infatti, un’osservazione più attenta e globale, che tenga conto dell’intero perimetro dei tronchi. L’arte di Ibarrola, in questo contesto, è strutturata in modo tale da rivelare il suo pieno significato solo quando si osserva l’ambiente nel suo insieme.


Per aiutare i visitatori a sperimentare questa visione, sono stati posti segni sugli alberi che indicano il punto esatto da cui guardare. Seguendo questi indicatori, è possibile posizionarsi in modo tale da ammirare l’intera scena come l’artista l’ha concepita, scoprendo così la vera essenza del Bosco di Oma: un luogo dove arte e natura si fondono in un coinvolgente e stimolante dialogo visivo.


Il bosco di Oma: divertimento e arte a contatto con la natura

Immerso nella bellezza rigogliosa della Riserva della Biosfera di Urdaibai, a nord-est di Kortezubi, si trova il Bosco di Oma, una meraviglia artistica e naturale senza pari. Questo luogo incantevole è un vero tesoro per coloro che desiderano combinare l’amore per l’arte e l’ambiente in un’unica esperienza.


Qui, la creatività non è confinata alle pareti di un museo, ma vive e respira tra le fronde degli alberi, offrendo un modo affascinante e interattivo di connettersi con il paesaggio. In ogni angolo del bosco, si trovano nuove sorprese che stimolano l’immaginazione e la curiosità, rendendo la visita un’avventura davvero emozionante.


Infine, non potete assolutamente farvi mancare una visita alla grotta di Santimamiñe. Questo sito archeologico, considerato uno dei più importanti della provincia, si trova proprio all’inizio del percorso per il bosco di Oma, è famoso per le sue pitture rupestri, che ritraggono cervi, cavalli e orsi in un affascinante spaccato della vita preistorica. Queste opere d’arte antiche vantano oltre 14.000 anni di storia e sono state riconosciute come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2008.





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Edited by Jeanne Hebuterne - 12/11/2023, 22:00
view post Posted: 12/11/2023, 14:29 by: Milea     +1Odoardo Borrani - Renaioli sul Mugnone - I Macchiaioli



Odoardo Borrani
Signora con l’ombrellino
1862 circa
olio su tavola - 20 x 14 cm.
Collezione privata


Immobile, come in attesa che il pittore abbia compiuto la sua opera o, meglio ancora, dell’avvento dello scatto fotografico, un’elegante signora in abito nero e parasole in tinta, posa all’aperto seduta in punta di seggiola, nel folto di un giardino; il suo atteggiamento di austera pacatezza contraddice la sensazione vagamente sospensiva dovuta all’instabilità insita nella situazione raffigurata. La pannellata scorre sicura a costruire contrasti tonali dell’immagine della donna, risolta per forme semplificate, senza però trascurare particolari della realtà quotidiana, quali gli orecchini a pendente, la leggerezza delle piume che ornano la toque (il copricapo femminile senza tesa) di velluto della signora alla moda e la bianca sottoveste di lei, che fa capolino sotto l’ampiezza della crinolina. Nel resto della tavoletta, la stesura rapidissima e di una materia quasi inconsistente ricrea con pochi tocchi guizzanti il paesaggio ricco di vegetazione. Il pallido cielo azzurro sullo sfondo evocativo del cielo arioso della giornata settembrina, suggerisce la sensibilità dell’artista e il suo amore per la natura, di cui egli era “interprete lirico e attento” come teneva a rimarcare Adriano Cecioni.

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Odoardo Borrani
Il disseppellimento di Iacopo Pazzi
1864
olio su tela - 145 x 121 cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Secondo il metodo rigorosamente analitico adottato per le incantate visioni di San Marcello Pistoiese o di Castiglioncello, Odoardo Borrani esegue, come in un esercizio di stile, un soggetto di storia in costume, ambientato fuori della porta fiorentina di San Giorgio. Nell’ariosità cristallina dell’ora meridiana, la luce indaga e definisce i volumi delle mura antiche, sotto cui si svolge la drammatica scena movimentata dalle figure costruite per nette scansioni luministiche e cromatiche, il quadro è l’esito di una lunga e meditata elaborazione, testimoniata dai numerosi disegni preparatori.

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Odoardo Borrani
La terrazza
1866 circa
olio su tela - 54 x 81,5 cm.
Collezione privata


Sentimenti di transitorietà e di instabilità, riflesso della generale situazione di crisi culturale che investe l’Europa, percorrono Firenze dopo la metà degli anni Sessanta e si intersecano con la delusione per lo svilimento estetico della città, dovuto ai cambiamenti urbanistici. Borrani infonde quella sensazione di amarezza per Firenze che andava alterando la sua fisionomia senza ordine né garbo in un’immagine impregnata del senso della vita moderna, struggente nella sua bellezza formale. Al di là di un arco cupo d’ombra, una donna si affaccia in pieno sole, a osservare dall’alto la città, quasi a imprimere nella sua mente il ricordo di una visione armoniosa e amata, di cupole, di tetti, di torri, ormai minata dal progresso.




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Odoardo Borrani
Carro rosso a Castiglioncello
1867
olio su tela - 13,7 x 66,5 cm.
Collezione privata


La luce immobile e calda del mezzogiorno estivo definisce con nitore le sagome del carro con i suoi buoi bianchi aggiogati, del ciuffo di lecci, delle costruzioni coloniche e ne accende la cromaticità, esaltata dal confronto con l’azzurro cobalto del mare. L’impianto compositivo sfrutta l’orizzontalità del supporto e l’elevato tenore della forma infondono alla visione un tono poetico e l’immagine umile della campagna si riveste di una trasognata atmosfera: arcana e silente evoca uno struggente sentimento di rimpianto per la quiete e la semplicità del passato.

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Odoardo Borrani
Ritratto di giovane uomo
1867 - 1868 circa
olio su tela - 90 x 70 cm.
Collezione privata


L’effigie di un giovane elegante si definisce con nitidezza sullo sfondo d’avorio del parato di seta; pochi i risalti cromatici, ma ricchi di valenza formale: la cravatta, il rametto di corallo che orna la catena dell’orologio, la brace del sigaro acceso. L’attenzione del pittore nel mettere in evidenza i caratteri fisionomici dell’uomo, in atteggiamento disinvolto, induce a ritenere che fosse amico, se non parente dell’artista, supposizione rafforzata dal fatto che il ritratto rimase di proprietà della famiglia Borrani fino al 1926.

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Odoardo Borrani
Le primizie
1868
olio su tela - 74 x 41,5 cm.
Collezione privata


Sulla terrazza di un villino, una signora abbandona la lettura, distratto dall’omaggio che le porge una giovane contadina: un cestino di pesche. Il quadro è forse una delle opere più impegnative eseguite da Odoardo Borrani negli anni di Piagentina, quartiere suburbano dove si era trasferito per sfuggire ai repentini cambiamenti di Firenze capitale. La scena è costruita secondo un severo impianto disegnativo e un’analisi ponderata, tali da infondere al tema di vita contemporanea i valori formali dell’arte del passato. I riferimenti al Quattrocento toscano, quali i vasi posati sul muretto che riecheggiano opere di Filippo Lippi o di Benozzo Gozzoli, e il profilo di luce di memoria pierfrancescano che definisce le figure della contadine e delle pesche, si fondono con la sperimentazione di difficili soluzioni pittoriche come il rapporto tra forma e colore, in special modo nei bianchi della veste della donna e del manto del cane, problema che, a detta di Adriano Cecioni entusiasta ammiratore del dipinto, era quasi insolubile “dovendo dare forma e olore sulla tela nel medesimo tempo”.

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Odoardo Borrani
L’analfabeta
1869
olio su tela - 74 x 41,5 cm.
Collezione privata


Nel vano di una finestra di un salotto confortevole, la padrona siede al tavolino, spogliato per l’occasione dalla preziosa tovaglia bianca appoggiata con nonchalance su uno sgabello. E si accinge a scrivere una lettera per la domestica che, in piedi lì accanto, si dispone con fiducia a rivelarne le proprie confidenze. I chiari riferimenti alla pittura di interni della Restaurazione si coniugano alla voluta semplicità dell’impianto compositivo di gusto neo-quattrocentesco, secondo modelli cari alla poetica di Piagentina. Il quadro testimonia il momento di felice sintonia spirituale di Odoardo Borrani e Silvestro Lega, che renderà sempre più stretta la loro amicizia, fino a indurli ad aprire una galleria d’arte, con l’intento di promuovere l’interesse per la pittura moderna in Firenze.


Sebbene Telemaco Signorini si fosse ormai dichiarato insofferente verso simili temi di pacatezza domestica, “Nei dintorni di Firenze (Case rustiche)” un suo dipinto acquistato da Borrani alla Promotrice fiorentina del 1866, fa mostra di sé sulla parete di fondo del salotto, quasi a documentare che l’ammirazione e la stima nei confronti dell’amico erano immutate.






Telemaco Signorini
Nei dintorni di Firenze (Case rustiche)
1865 - 1866
olio su tela - 42,2 x 27,5 cm.
Collezione privata



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Odoardo Borrani
Il bollettino del 9 gennaio del 1871
1880
olio su tela - 110 x 138 cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Nel cono di luce di una lampada, una fanciulla legge in un dispaccio la notizia della morte di Vittorio Emanuele II, mentre attorno a lei una donna anziana ed una più giovane hanno abbandonato i loro passatempi per ascoltarla con attenzione. Il pittore descrive con attenzione l’ambiente e gli oggetti che lo arredano, fino ai libri e al mappamondo in fondo sulla destra. Le tre donne accostate così intorno al tavolo possono raffigurare, oltre all’evoluzione verso espressioni più illustrative delle scene di interni sperimentate a Piagentina, la traduzione in chiave moderna di un tema antico come quello delle “tre età”. (M.@rt)

view post Posted: 11/11/2023, 12:33 by: Milea     +1Francesco Gioli - Passa il viatico - I Macchiaioli

Francesco-Gioli-Passa-il-viaticoP

Francesco Gioli (San Frediano a Settimo di Cascina, Pisa 1846 - Firenze 1922)
Passa il viatico
1878
olio su tela - 120 x 240 cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Francesco Gioli, primogenito di Ranieri e Rosa Del Panta, una famiglia benestante, avvia i propri studi di arte a Pisa sotto la guida dell’allora direttore Marianini; la morte di quest’ultimo nel 1863 lo spinge a spostarsi a Firenze dove continua gli studi seguendo gli insegnamenti di Pollastrini e successivamente di Ciseri e all’Accademia di Firenze.

Francesco-Gioli-autoritratto

Francesco Gioli
Autoritratto
1883
olio su tela - 49 x 39 cm.
Collezione privata



Esordisce con quadri di genere in costume settecentesco, che spesso raffigurano personaggi della cultura artistica e letteraria. Giovanni Fattori e Telemaco Signorini lo avviano verso il paesaggio e la pittura di soggetti campestri. Con Fattori, Niccolò Cannicci e Egisto Ferroni si reca a Parigi, rimanendovi un mese, studiando con particolare attenzione la pittura di paesaggio, anche quella della Scuola di Barbizon. L’esperienza lo induce a dedicarsi con sempre più convinzione alla pittura dei campi, distinta da un sobrio e delicato naturalismo.

Nel frattempo continua a dipingere, seppur saltuariamente, scene di genere, ora però di vita contemporanea, anzi coinvolte alla modernità, come “Giochi infantili”, dove rappresenta un brano di vita borghese immettendovi il senso della trascorrenza e dell’occasionalità, tipici di quegli anni incalzati dal progresso. Il matrimonio con la marchesa Matilde Bartolommei (1849-1932), figlia del senatore Ferdinando, contribuisce a consolidare i suoi contatti con il salotto mondano fiorentino: presso la villa di Fauglia i coniugi ospitano spesso Fattori, Telemaco Signorini e Sidney Sonnino. In questo clima amichevole e cordiale Silvestro Lega, nel 1878, ritorna a dipingere dopo le tristi vicende familiari.

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Francesco Gioli
Giochi infantili
1875
olio su tela - 69 x 45 cm.
Collezione privata






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Anche se diversi per il contenuto e i modi formali, i due generi pittorici esprimevano il comune significato: l’insofferenza nei confronti di un mondo che in vista di una presunta modernità trascura e dissipa un patrimonio culturale fatto di usi e abitudini secolari. Nascono allora altri quadri soffusi di toni evocativi e nostalgici, come “Passa il viatico”, presentato all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878, o “Ai campi in giugno”, premiato a Londra nel 1885.

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Francesco Gioli
Passa il viatico (dettaglio)


Un funerale muove lento fra i campi verso il cimitero, seguito da poche persone compunte. Un vecchio, una fanciulla, un ragazzo reagiscono diversamente a seconda dell’età all’evento: la giovane genuflessa sembra trattenere con riserbo il suo dolore, l’anziano accetta mestamente la caducità della vita, il ragazzo incapace di far fronte al proprio sentimento si appoggia fra i singhiozzi al tronco di un albero. Nella luce intensa di un crepuscolo estivo, la luna appare fra i rami e fa brillare i fiorellini delle ginestre, le foglie d’argento degli arbusti e suggerisce alla sensibilità dell’uomo moderno che la natura segue i suoi ritmi, indifferente al destino umano. La tela, presentata all’Esposizione internazionale di Parigi nel 1878, vinse la medaglia d’oro e fu particolarmente apprezzata dall’artista francese Edgar Degas.



Francesco Gioli
Passa il viatico (dettaglio)


Il critico d’arte Diego Martelli , inoltre, la descrisse affermando che esibiva “un ordine di ricerche molto oneste che danno alla scuola fiorentina una distinzione rara”. La conoscenza dell’arte dei paesaggisti della Scuola di Barbizon, che lavoravano en plein air nei decenni intorno alla metà dell’800, condizionò le ricerche di Francesco Gioli, come si nota nell’accurata raffigurazione degli elementi naturali che incorniciano la strada sulla quale si snoda la processione. Nonostante la raffigurazione sia ripresa da un punto di vista esterno, la scena è comunque attraversata da una malinconica coralità, espressa anche dai contadini in preghiera sul ciglio della strada. Il viatico era una tradizionale processione che accompagnava il sacerdote nel momento della estrema unzione di un malato. Qui si descrive una visione corale di quella processione, una sorta di ultimo saluto da parte della comunità contadina.



Francesco Gioli
Passa il viatico (dettaglio)



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Nel 1888 viene nominato professore all’Accademia di Belle Arti di Bologna, e l’anno successivo a quella di Firenze. Negli anni Novanta, con il diffondersi del Divisionismo in Europa, rischiara la sua tavolozza alla ricerca di una maggiore luminosità, arricchendola di azzurri e rosati, adottando nuovi modi stilistici; al 1896 risale Fiori di campo, presentato alla Festa dell’arte e dei fiori di Firenze. Alle biennali di Venezia, a cui partecipa fin dalla prima edizione nel 1895, conosce la pittura delle Secessioni di Praga e Vienna e ne apprezza la sensibilità sottile e nervosa, resa con una stesura a piccoli tocchi di colori densi e sovrapposti, fino ad ottenere la giusta intonazione. Metodo che fa suo, per poi evolvere, con nuovo secolo, verso i modi dell’impressionismo internazionale: un’intensa vitalità e i toni abbaglianti dei bianchi diventarono i protagonisti dei suoi quadri novecenteschi.

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Francesco Gioli
Pesco fiorito
1910
olio su tela - 51 x 61 cm.
Collezione privata


Nel 1901 partecipa all’Esposizione di Monaco, mentre l’anno successivo aderisce alla Società Leonardo da Vinci, ritrovo fiorentino di artisti e intellettuali, della quale è nominato presidente fino al 1906. Nel 1910 è a Bruxelles, nel 1913 a Buenos Aires, nel 1915 a San Francisco e Melbourne. Espone di frequente alla Biennale di Venezia, dove nel 1914 viene organizzata una personale con cinquantadue opere che coprono l’intero arco della sua produzione, decretandone il successo a livello internazionale. Muore a Firenze il 4 febbraio 1922. Anche il fratello Luigi è stato un apprezzato pittore naturalista, anch’egli appartenente alla corrente macchiaiola. (M.@rt)

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Francesco Gioli
Ai campi in giugno
1880
olio su tela - 41 x 66 cm.
Collezione privata




view post Posted: 10/11/2023, 13:51 by: Lottovolante     +1DA MONET A MATISSE - FRENCH MODERNS 1850-1950 - CAFFE' LETTERARIO


DA MONET A MATISSE
L'ARTE DEL BROOKLYN MUSEUM A PALAZZO ZABARELLA




Sotto la lente la Francia, centro artistico del modernismo internazionale dalla metà dell’800 alla metà del '900





Claude Monet
Il parlamento, effetto del sole
1903
Olio su tela
81.3 x 91.2
New York, Brooklyn Museum


L’inverno di Palazzo Zabarella si appresta a ripercorrere uno dei secoli più affascinanti della storia dell’arte, quando i pittori si allontanarono dalla tradizione artistica accademica per concentrarsi su soggetti della vita quotidiana. Dal 16 dicembre al 12 maggio il percorso Da Monet a Matisse. French Moderns, 1850–1950 accoglierà cinquantanove opere provenienti dalla straordinaria collezione europea del Brooklyn Museum. Fondata nel 1823 come Brooklyn Apprentices' Library Association, riconosciuta come uno dei principali depositari del modernismo francese del nord America, l’istituzione newyorkese vanta una collezione permanente di oltre centoquarantamila oggetti (dall’arte egizia a quella contemporanea). Organizzata da Lisa Small, curator senior di Arte Europea, e Richard Aste, ex curatore di Arte Europea del Brooklyn Museum, che hanno selezionato i capolavori presenti in mostra, l’esposizione abbraccerà dipinti e sculture frutto dei pennelli dei principali artisti dell’epoca, da Pierre Bonnard a Gustave Caillebotte, da Paul Cézanne a Marc Chagall, da Gustave Courbet a Henri Matisse, da Claude Monet a Berthe Morisot.



Berthe Morisot
Madame Boursier e sua figlia
1873 circa
Olio su tela
56.8 x 74.5
New York, Brooklyn Museum


Seguendo i movimenti d'avanguardia che hanno definito l'arte moderna dalla fine del XIX secolo alla metà del XX secolo segnando un passaggio formale e concettuale dalla rappresentazione del pittorico all'evocazione dell'idea, da un focus sul naturalismo all'ascesa dell'astrazione, il pubblico apprezzerà esempi dei movimenti chiave del periodo - realismo, impressionismo, post-impressionismo, simbolismo, fauvismo, cubismo e surrealismo - sbocciati a Parigi e dintorni tra il 1850 e il 1950.



Alfred Sisley
Inondazione a Moret
1879
Olio su tela
71.8 x 54 cm
New York, Brooklyn Museum


Articolata in quattro sezioni - Paesaggio, Natura morta, Ritratti e figure, e Il nudo - la mostra si apre con il meticoloso realismo dei pittori accademici come Gérôme e Bouguereau, per cedere il passo alle pennellate più sciolte della generazione di Millet e Boudin, alle spiagge della Normandia e ai contadini nei dintorni di Parigi, a Sisley e Pissarro che descrivono le prove, gli errori e le innovazioni del primo modernismo. Se gli Impressionisti, guidati da Monet, Renoir, Cézanne e Degas, hanno rivoluzionato le convenzioni del soggetto e dello stile, immortalando su tela scene quotidiane con colori vivaci e pennellate espressive, la generazione successiva ha consentito al colore, alla forma e alla pennellata di avere la precedenza sul soggetto. Attraverso capolavori di Matisse, Bonnard, Chagall e gli altri che si trasferirono a Parigi all'inizio del XX secolo, l'esposizione seguirà l’evoluzione dell'arte espressionista accogliendo le opere di Rodin, Degas e di altri autori.



Claude Monet
Marea crescente a Pourville
1882
Olio su tela
66 x 81.3 cm
New York, Brooklyn Museum


Così nella sezione dedicata alla natura morta, che a partire dal 1850 ritrova popolarità grazie agli artisti che mirano a indurre sensazioni che trascendono l’esperienza fisica per giungere al regno psicologico e spirituale, il pubblico ritrova opere come i Fiori di Matisse e Natura morta con tazza blu di Renoir. Il paesaggio, divenuto per gli artisti espressione di modernità, vibra invece in opere come La salita di Pissarro, dove si può osservare una prospettiva cubista in erba. Una nuovo tipo di nudo, distante dagli ideali della scultura greca classica e dai suoi soggetti storici e mitologici, ormai impregnato delle mutevoli prospettive dell'astrazione, è evidente in opere come la scultura L’età del bronzo di Rodin.



Paul Cézanne
Il villaggio di Gardanne
1885-1886
Olio e pastello conté su tela
92,1 x 73,2 cm
New York, Brooklyn Museum


A partire dalla metà del XIX secolo, la diffusione dell'abbigliamento prêt-à-porter a prezzi accessibili spinge gli artisti a ritrarre i cittadini vestiti alla moda. Alcuni fissano su tela il glamour della Belle Époque, altri si soffermano sulle personalità più eccentriche, altri ancora subiscono il fascino di costumi legati a particolari culture religiose o popolari. In mostra François Millet, con Pastore che si prende cura del suo gregge, restituisce la cruda realtà della vita contadina, mentre Berthe Morisot, con Ritratto di Madame Boursier e di sua figlia si concentra sui vincoli sociali. Infine Chagall con Il musicista trascrive i ricordi dei suoi primi anni di vita.




Camille Pissarro
La salita
1875
Olio su tela
54 x 65.7 cm
New York, Brooklyn Museum



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Jean-François Millet
Pastore che si prende cura del suo gregge
1860 circa
Olio su tela
81.8 x 100.5
New York, Brooklyn Museum



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Jules Breton 
La fine della giornata lavorativa
1886-1887
Olio su tela
84 x 120 cm
New York, Brooklyn Museum



Info


Edited by Lottovolante - 10/11/2023, 16:29
view post Posted: 9/11/2023, 13:13 by: Lottovolante     +1I GATTI LO SAPRANNO - Cesare Pavese - Cesare Pavese


I GATTI LO SAPRANNO
UNA MALINCONICA POESIA DI CESARE PAVESE




Da leggere quando fuori piove...



Libri_1


"I gatti lo sapranno" è uno degli ultimi componimenti che ci ha donato Cesare Pavese prima di decidere di abbandonarsi alla morte. Una poesia che vive di contrasti, di immagini emozionanti e misteriose che, veicolate dall’elemento della pioggia, ci trasportano nell’universo di uno scrittore di rara profondità.


Ancora cadrà la pioggia
sui tuoi dolci selciati,
una pioggia leggera
come un alito o un passo.
Ancora la brezza e l’alba
fioriranno leggere
come sotto il tuo passo,
quando tu rientrerai.
Tra fiori e davanzali
i gatti lo sapranno.

Ci saranno altri giorni,
ci saranno altre voci.
Sorriderai da sola.
I gatti lo sapranno.
Udrai parole antiche,
parole stanche e vane
come i costumi smessi
delle feste di ieri.

Farai gesti anche tu.
Risponderai parole –
viso di primavera,
farai gesti anche tu.

I gatti lo sapranno,
viso di primavera;
e la pioggia leggera,
l’alba color giacinto,
che dilaniano il cuore
di chi più ti spera,
sono il triste sorriso
che sorridi da sola.

Ci saranno altri giorni,
altre voci e risvegli.
Soffriremo nell’alba,
viso di primavera.






Pierre-Auguste Renoir
Gatto che dorme
(Sleeping Cat)
1862
Olio su tela
Misure ignote
Collezione privata


Dove leggere la poesia

"I gatti lo sapranno" fa parte delle preziose poesie rinvenute sulla scrivania dove Pavese lavorava. All’indomani della sua morte, questi versi ritrovati dovevano sembrare un piccolo miracolo, un testamento donato al mondo dall’autore. Le dieci poesie in questione sono state racchiuse nella meravigliosa raccolta Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, pubblicata nel 1951 e molto diversa dalle altre opere dello scrittore. Questa raccolta, infatti, non ha come perno il racconto poetico e l’oggettivazione narrativa. Intima, personale e commovente, "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" ha il sapore di un poetare che fa del lirismo e della profondità le sue cifre distintive.

Libri_1


La disperazione diventa bellezza

Come una ninnananna, in cui le parole si ripetono e le immagini si rincorrono, "I gatti lo sapranno" ci conduce in un mondo parallelo, in cui la malinconia diventa armonica, quasi dolce, e l’assenza della persona amata si trasforma in un canto naturale. I gatti e la pioggia, detentori dei misteri del mondo, fanno da sfondo onnisciente agli avvenimenti e ai sentimenti che abitano la poesia di Cesare Pavese, dedicata a una donna tanto amata quanto desiderata, perché oramai assente nella vita dell’io lirico. "I gatti lo sapranno" è tante cose: l’amore evanescente e non sopito che balugina nel cuore di un innamorato lontano, la tristezza che satura l’animo all’idea di una vita che va avanti senza di noi, la malinconia di chi ha nostalgia di un passato irripetibile, il desiderio irrealizzabile di un ultimo contatto, la consapevolezza di cosa si è perso e di cosa ancora ci perderemo di una persona che ci ha accompagnati e segnati, nel bene e nel male.

La poesia è la disperazione di un’assenza,
l’urlo che si trasforma in bellezza stupefacente,
velata di delicati e struggenti contrasti....



(Mar L8v)



Edited by Lottovolante - 9/11/2023, 16:39
view post Posted: 8/11/2023, 22:20 by: Milea     +1Antonio Puccinelli - La strage degli innocenti - I Macchiaioli



Antonio Puccinelli
Ritratto di Nerina Badioli
1866 - 1870 circa
olio su tela - 56 x 42,5 cm.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma


Il dipinto ritrae Nerina Badioli, sorella della seconda moglie del pittore, Adelaide Badioli: il busto della giovane emerge con forza sullo sfondo neutro della tela, secondo un modello rimeditato sulla ritrattistica rinascimentale, della quale mantiene anche l’inquadratura. Impostato sul nero dei capelli, della toque (il copricapo femminile senza tesa), della veste, su cui risalta con valenza formale l’arancione della sciarpa, il quadro testimonia l’interesse del pittore per la ricerca figurativa dei macchiaioli, che lo porta ad usare la luce come mezzo di indagine analitica, per rendere nel dettaglio la realtà osservata. Appartenuta alla signora Margherita Ruffino Badioli, madre dell’effigiata, la tela passò ad Adelaide Badioli Puccinelli e, infine, ad un non specificato negoziante di Prato. La tela è stata attribuita al periodo 1866 -1870, in particolare al 1866, anno del matrimonio dell’artista con Adelaide Badioli, sulla base del confronto tra l’acconciatura della modella con quelle delle figure femminili nella celebre “Rotonda dei bagni Palmieri” di Giovanni Fattori. Tuttavia, pur accettando l’identificazione dell’effigiata in Nerina Badioli, è opportuno sottolineare che la stessa aveva nel 1866 circa undici anni, essendo nata il 25 dicembre del 1855: sarebbe dunque possibile, a giudicare dalle fattezze della giovane, una datazione di qualche anno più tarda, al 1870 circa. In quel periodo, Puccinelli si divideva tra Bologna, presso la cui Accademia aveva assunto la cattedra di pittura, e Firenze, residenza di Adelaide Badioli. Durante l'estate soggiornava nella campagna di Longino, nei pressi di Pistoia, dove avrebbe eseguito il ritratto in esame. Nell’esecuzione il pittore si allontana dagli schemi puristici adottati in opere di analogo soggetto come “Ritratto della nobildonna Morrocchi”, preferendo ad essi una pennellata più larga e veloce, affine alle ricerche coeve dei Macchiaioli. Tale immediatezza esecutiva sarebbe da attribuire ad un “momento di allegria familiare”, come testimonia la “giocosa spezzatura della firma come in due cognomi: A. PucciNelli”.

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Antonio Puccinelli
Ritratto di signora
1866 circa
olio su tela - 40 x 33 cm.
Pistoia, Museo Civico


Una luce limpida e diffusa indaga in modo analitico la fisionomia leggermente imbronciata della donna, messa in risalto dall’inquadratura molto ravvicinata, secondo un metodo consueto all’artista sin dalla fine degli anni Quaranta, ma aggiornato ora sullo stile pacato ed austero di Piagentina. In affinità con lo spirito dei macchiaioli, ritiratosi a dipingere nella solitudine della campagna, Antonio Puccinelli analizza con atteggiamento critico l’immagine della donna per darne una trasposizione rigorosamente formale, eppure in grado di esprimere i sentimenti. (M.@rt)

view post Posted: 8/11/2023, 12:21 by: Milea     +1Odoardo Borrani - Renaioli sul Mugnone - I Macchiaioli



Odoardo Borrani
Pagliai a Castiglioncello
1865 circa
olio su tavola - 12 x 36 cm.
Collezione privata


Una luce palpabile, intessuta d’oro, accende la visione pacata e solenne della campagna affacciata sul mare, dove le sagome dei pagliai sono elemento di meditata scansione spaziale, ma, nello stesso tempo, si rivestono di struggenti significati evocativi di una quiete e di una semplicità messe a repentaglio dalla modernità incombente, stato d’animo espresso ancora più chiaramente dalla figuretta in controluce dell’uomo di città, incantato dinanzi alla maestosità del tramonto sul mare.




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Odoardo Borrani
Case di Pannocchio a Castiglioncello. Paesaggio
1862 circa
olio su tela - 12 x 36,3 cm.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma


Nei primissimi anni sessanta Borrani continuò a sperimentare la pittura di macchia a Montelupo e a San Marcello Pistoiese in compagnia di Sernesi. Con quest'ultimo, Signorini e Lega, fu tra i primissimi frequentatori della tenuta di Diego Martelli a Castiglioncello nonché tra i più arditi sperimentatori delle possibilità della nuova pittura, realizzando tavolette, dal tipico formato stretto e lungo, contraddistinte da un inconsueto taglio fotografico e dalla giustapposizione di tarsie cromatiche luminosissime. Il dipinto in esame offre un esempio della felice stagione di Castiglioncello di Borrani, caratterizzata da una specifica attenzione alla luce che si addensa sul tetto, sul prato e tra le foglie. Il piccolo edificio colonico raffigurato, che si trovava nei pressi del podere Martelli, fu in anni successivi abitato dalla famiglia Pannocchio, il che lascia supporre che il titolo sia stato attribuito soltanto dopo l’esecuzione.







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Odoardo Borrani
Case e marina a Castiglioncello
1862 circa
olio su tela - 16,5 x 51 cm.
Collezione privata


Nell’orto, in pendio verso il mare, una contadina sosta, interrompendo il lavoro quotidiano, abbagliata dalla luce pura della bella mattina di sole. La vista spazia sull’ampio paesaggio e coglie la varietà delle colture, lo svettare delle canne flessibili, il rosso della cresta di un gallo e di qualche papavero, per poi vagare sulla distesa del mare, intravista oltre il verde cupo del folto dei lecci e sulla vastità del cielo che, all’orizzonte, trattiene i riflessi d’azzurro dell’acqua. Eseguito nella sua prima estate a Castiglioncello ospite di Diego Martelli, Odoardo Borrani affascinato dalla grandiosità incontaminata della natura del luogo, creò una serie di opere tutte intonate a un medesimo tema, che nel loro insieme costituiscono una sorta di pendant ideale con uno dei capolavori ideati in quella stagione “Orto a Castiglioncello”.

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Odoardo Borrani
Fiori per la Madonna
1867
olio su tavola - 49,4 x 31 cm.
Collezione privata



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Odoardo Borrani
Ponte alle Grazie
1881 circa
olio su tela - 20 x 40 cm.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma


Caratteristico esempio delle vedute cittadine tipiche delle opere degli artisti dell’originario gruppo macchiaiolo, “Il ponte alle Grazie” (distrutto nella Seconda Guerra Mondiale) si configura come uno studio sull’atmosfera grigia ed invernale, volto a catturare le vibrazioni del cielo uggioso e del selciato bagnato, attraverso l’uso di cromie grigie e di pennellate vibranti, che caricano di sapore melanconico la scena, carattere accentuato dalla presenza della solitaria figura al centro. Lo studio delle cromie basse e argentine tipiche delle giornate di pioggia, inoltre, rappresentano un terreno di frequentazione comune negli artisti degli anni ottanta del secolo (un modello potrebbe essere il Signorini di Settignano), accompagnato anche da una attenzione nei confronti di alcuni angoli cittadini che andavano scomparendo con l’avanzare della città moderna. L’opera è databile tra il 1880 e il 1881, anno in cui fu presentata alla Mostra della Società di Incoraggiamento delle Belle Arti di Firenze, mentre l’anno successivo fu esposta a Torino alla Promotrice di Belle Arti. (M.@rt)



Edited by Milea - 17/11/2023, 15:57
view post Posted: 7/11/2023, 17:50 by: Milea     +1Odoardo Borrani - Renaioli sul Mugnone - I Macchiaioli

Borrani-renaioli-sul-MugnoneP

Odoardo Borrani (Pisa, 1833 - Firenze, 1905)
Renaioli sul Mugnone
1880
olio su tela - 141 x 112cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Figlio di un pittore paesista, trasferitosi a Firenze nel 1840, è avviato all’arte dal padre e, dal 1849, si perfeziona prima sotto la guida del pittore e restauratore di Gaetano Bianchi; nel 1853 si iscrive all’Accademia di Belle Arti, esercitandosi nella pittura di storia con forti rimandi al Trecento e Quattrocento fiorentino. Quello stesso anno conosce Telemaco Signorini e Vincenzo Cabianca, insieme ai quali si esercita nei primi esempi della pittura dal vero nelle campagne attorno a Firenze e si avvicina all’ambiente macchiaiolo gravitante attorno al Caffè Michelangiolo. Dal 1857 esegue soggetti di vita contemporanea, ma soprattutto si impegna a rinnovare il quadro di genere storico indirizzandolo alla maniera dei bozzetti, sull’esempio di Saverio Altamura.

Nel 1859 partecipa come volontario, insieme a Telemaco Signorini, Diego Martelli e altri artisti del Caffè Michelangiolo, alla seconda guerra d’Indipendenza; il primo dei suoi tre taccuini di viaggio documenta lo slancio patriottico di quegli anni. Ritornato dalla guerra, nel 1860 continua la sua ricerca dal vero nel Valdarno fiorentino (Montelupo), con Cristiano Banti, Cabianca, Stanislao Pointeau e Telemaco Signorini, per sperimentare con intenti scientifici gli effetti luminosi all’aria aperta.

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Odoardo Borrani
Alture
1861
olio su tavola - 14 x 46 cm.
Galleria Nazionale d’arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Nella luce cristallina, il paesaggio si dipana fino all’orizzonte, dove i profili dei monti si definiscono sul cielo terso. Nell’ora meridiana, i pochi alberi e cespugli proiettano le loro ombre sui pascoli ingialliti dal sole di luglio. Il dipinto è esemplare delle ricerche figurative svolte con Raffaello Sernesi a San Marcello Pistoiese durante l’estate del 1861, in una straordinaria affinità d’intenti tesa a evolvere dalla maniera per risentite scansioni cromatiche, fino ad allora tipica dei Macchiaioli, verso composizioni più pacate e solenni esaltate dalla limpidezza dei toni luminosi.

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Nel 1861, a San Marcello Pistoiese, in compagnia di Raffaello Sernesi, dipinge una serie di paesaggi di un nitore cristallino, soffusi di un tono solenne e pacato, due dei quali vengono esposti nel settembre dello stesso anno alla Prima Esposizione Nazionale insieme a Il 26 aprile del 1859, un quadro che risolve nella quiete domestica della scena l’entusiasmo risorgimentale. Da allora si dedica ai temi cari alla cultura macchiaiola, fondati su un rigoroso impianto disegnativo e sulla resa tersa della luce: quadri che raffigurano scene domestiche o paesaggi di periferia, come la tante vedute del greto del Mugnone, solitarie o popolate da persone semplici come lavandaie, renaioli, pescatori; composizioni soffuse di nostalgie per un mondo che sta cambiando, ma sostenute dalla bellezza della forma, che raggiunge qualità elette quando l’artista lascia il centro di Firenze per Piagentina, dove lavora con armoniosa dimestichezza con Silvestro Lega e Telemaco Signorini.

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Odoardo Borrani
Castiglioncello. Paesaggio con alberi
1865
olio su tela - 12,7 x 29,6 cm.
Galleria Nazionale d’arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Con una disposizione rivolta alla resa più pacata e solenne degli effetti, Borrani esegue nell’estate del 1865 a Castiglioncello, una veduta ampia della campagna che circonda le case di Diego Martelli, a cui la tavoletta è dedicata, con le agavi addossate al muro di cinta. La vastità del cielo suggerisce il campo lunghissimo della visione, incentrata sulla macchia ombrosa del leggio marino raffigurato nel piano intermedio.

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Nel 1865 con Raffaello Sernesi, Silvestro Lega e Giuseppe Abbati dà origine al gruppo conosciuto come Scuola di Pergentina (o Piagentina), che rappresenta il secondo momento della svolta macchiaiola. Come scrive Adriano Cecioni “comincia il più bel periodo della vita artistica del Borrani... egli prende una casetta in campagna, fuori dalla porta alla Croce di Firenze, dove rimane fisso per il corso di otto anni, lontano da ogni distrazione, tutto raccolto negli studi dell’arte”.

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Odoardo Borrani
L’orto di Diego a Castiglioncello
1864
olio su tavola - 18 x 50 cm.
Collezione privata


Il quadro fa parte di una serie di cinque che raffiguravano da vari punti di vista la casa di Martelli e gli annessi agricoli, dipinti con nitidezza luministica e con una sonorità cromatica eccezionali. La luce abbagliante del sole di una mattina d’estate fa risaltare sull’azzurro intenso del cielo i muri bianchi delle case in riva al mare. La recinzione dell’orto preclude la visione del promontorio e scandisce lo spazio secondo un rigore formale estraneo ad ogni inflessione narrativa; ma la silhouette dell’uomo col cappello di paglia e le canne intrecciate a sorreggere le verdure, suggeriscono come l’artista partecipi emotivamente di quella solare felicità, che traspone in forme di asciuttezza plastica, nitidamente scandite dalla luce.

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In estate è spesso ospite di Diego Martelli a Castiglioncello, dove incontra Giuseppe Abbati, Raffaello Sernesi e nel 1867 Giovanni Fattori. Nel 1870 espone a Parma “Il richiamo del contingente”, un dipinto che conclude l’esperienza di Piagentina.

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Odoardo Borrani
Il richiamo del contingente
1869
olio su tela - 123 x 183 cm.
Ente Cassa di Risparmio di Firenze





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Nel 1875 apre una galleria d’arte nel Palazzo Spini Feroni insieme a Silvestro Lega, ma senza successo. Dal 1880 in poi entra in una fase di declino artistico, caratterizzato anche dalla separazione dalla moglie Carlotta Meini e dalla morte del figlio Ugo. A seguito del fallimento della galleria d’arte, vive in modeste condizioni economiche; apre una scuola di pittura e convegni di artisti nel proprio studio, chiamato “Piccolo Pitti”, e negli anni della vecchiaia lavora come decoratore per la manifattura Ginori di Doccia, una delle più prestigiose manifatture di porcellana europea e collabora come incisore per l’“Illustrazione Italiana”. Si risposa in seconde nozze con Giovanna Santucci, levatrice vedova e madre di cinque figli, che scompare nel 1905, pochi mesi prima della morte della morte dell’artista, presso la sua casa di Pian dei Giullari il 14 settembre 1905.


Il dipinto “Renaioli sul Mugnone” rappresenta la maturità artistica di Odoardo Borrani, caratterizzata da lunghi studi grafici propedeutici alla realizzazione del dipinto e non totalmente en plein air come si potrebbe pensare. Il rimpianto per la Firenze della sua giovinezza, alterata dal progresso e da innovazioni urbanistiche, quali l’abbattimento delle mura, ha ispirato a Borrani questo quadro, esemplificativo di come egli, fino alla fine, non abbandoni i temi semplici e le luci terse a lui cari da sempre, caricandoli semmai di sentimentalismo. Nell’immagine due renaioli, di cui uno giovanissimo, si apprestano ad iniziare il quotidiano lavoro lungo le rive del Mugnone. La luce cristallina delinea con ombre nette la superficie delle pietre; sullo sfondo, dietro le colorate chiome di alberi e cespugli, si intravedono alcuni casolari. Anche l’acqua, con il suo lento scorrere, sembra scandire il tempo. (M.@rt)






Edited by Milea - 17/11/2023, 15:45
view post Posted: 7/11/2023, 13:26 by: Costantine Rose     +1OTTO VERKUYL - UN MISTERIOSO FOTOGRAFO OLANDESE - CAFFE' LETTERARIO


L'occhio che guarda questi luoghi, immagina il loro passato,
sente attraverso la pelle consumata dal tempo l'anima che li avvolge.

(Roberto Peregalli, I luoghi e la polvere)



OTTO VERKUYL
UN MISTERIOSO FOTOGRAFO OLANDESE SCOPERTO PER CASO IN ITALIA




Pierluigi Ortolano, un operaio abruzzese, acquista su un sito di aste online 141 rullini non sviluppati.
Ne nasce un progetto che racconta la vita di una famiglia nei Paesi Bassi alla fine degli anni Sessanta...





Pierluigi Ortolano è un operaio di quarantotto anni. Ogni notte si sposta dalla sua San Salvo, al confine tra Abruzzo e Molise, verso l’entroterra, per lavorare in uno stabilimento che si occupa di assemblare mezzi Fiat. Nei momenti di pausa, per superare la monotonia imposta dal mestiere, coltiva le sue passioni, una su tutte la fotografia. Proprio durante un turno, a maggio del 2017, è finito su Catawiki, uno dei più famosi siti di aste online, e tra una macchina fotografica e l’altra si è imbattuto nell’annuncio di un pacco contenente centoquarantuno rullini "impressi ma non sviluppati, risalenti agli anni Sessanta in Olanda". "Mi sono detto ‘io questo lo devo prendere’ e ho chiesto aiuto ad altre persone per darmi una mano se il prezzo si fosse alzato troppo", racconta. Per fortuna, all’asta ha partecipato solo un’altra persona che ha preferito non rilanciare oltre i duecento euro.


La storia del ritrovamento di Pierluigi Ortolano

Il pacco è arrivato una settimana dopo. Le linguette dei rullini riportavano indicazioni sui luoghi degli scatti, come "circo", "vacanze", "navi", ed erano tutte della stessa marca, Agfa, lasciando così presumere che probabilmente si trattasse di un solo fotografo. Le pellicole si sono perfettamente conservate, nonostante la scadenza datata 1971. Erano avvolte da un foglio di giornale del 1969, il Randstad, che è anche il nome di un agglomerato urbano che comprende Amsterdam e altre sedici città dei Paesi Bassi. All’arrivo in Italia, i rullini vengono affidati alle sapienti mani del fotografo e stampatore Franco Glieca che, dai circa quattromila negativi, sviluppa la prima di una lunga serie di immagini che raccontano la passione di un uomo per la sua macchina fotografica, ma anche la storia di una famiglia in un probabile arco temporale di due anni. Si vedono tre bambine in bicicletta che guardano in camera davanti a un paesaggio brullo, in un’atmosfera lugubre che ricorda quasi quella delle gemelle di Shining. Già da quel momento Pierluigi capisce che si trova davanti uno che il mestiere lo conosce bene: "Se sono tutte così andiamo avanti", ha detto a Glieca.


Il progetto Randstad 1969

Il progetto prende proprio il nome di Randstad 1969 e diventa prima una mostra itinerante, varcando i confini regionali per raggiungere città come Roma, Brescia, Genova. Man mano che le foto vengono sviluppate, però, la curiosità verso i soggetti immortalati e il suo autore cresce. I segnali topografici e gli indizi lasciati dalle stampe alimentano il desiderio di conoscere la loro identità e spingono Pierluigi a mettersi sulle loro tracce. La svolta arriva da una foto che ritrae una delle tre bambine che scende da uno scuolabus mentre le altre due la accolgono. Sul retro del mezzo c’è la scritta "Garage Pollè" con un numero di telefono, che però non risulta più attivo. Le speranze iniziano a svanire quando, a febbraio 2018, condivide la foto su un gruppo Facebook per appassionati di mezzi di trasporto in Olanda, dove non solo non riceve alcuna risposta ma viene anche espulso. "Il mistero nasce lì. Come se qualcuno conoscesse la storia di questo fotografo. Anche perché il posto dove viveva non è grandissimo", sostiene Pierluigi. A scrivergli poco dopo è proprio una Pollè, la nipote del fondatore della compagnia, che gli chiede una copia della foto. "È lì che le ho detto 'io la copia te la mando', ma tu mi devi dire chi sono le tre bambine", racconta.


Il punto di svolta

Dalla Pollè, Pierluigi scopre che al momento dello scatto lo scuolabus si trovava sul terreno della famiglia Verkuyl. Sarà poi un anziano signore, Leo Kranenburg, presidente dell’associazione Historic Halfweg, a svelare maggiori dettagli sul fotografo e a sbloccare le ricerche. Si chiamava Otto Verkuyl. Nato nel 1925 e morto nel 2008, era un contadino ma nei fatti il suo lavoro ricorda quello di un mezzadro o un piccolo proprietario terriero che amministra i raccolti di alcune terre per la sua famiglia, quelle dei suoi dipendenti e la vendita al dettaglio. Andava spesso in giro con la sua auto, un Maggiolone, ma soprattutto con la sua macchina fotografica. Nell’agosto del 2018 Pierluigi è pronto per volare ad Amsterdam. Una volta arrivato, prende un Uber che lo porta di fronte alla casa dei Verkuyl, apparsa in una foto in mezzo a una distesa di campi coperti dalla neve. "Quando sono sceso mia moglie mi ha detto ‘ti senti bene?’, perché non parlavo più. Era come ritrovarmi in una fotografia in bianco e nero dopo cinquant'anni. Solo che all’improvviso ho visto tutto vivo e colorato", dice. La porta era lì, a portata di mano, ma non ha avuto il coraggio di bussare. Aveva infatti appena scoperto che Mathilda, la prima figlia di Otto, era morta nel 2016, un anno prima che acquistasse le pellicole, e non era sicuro che uno sconosciuto sarebbe stato accolto senza diffidenza.


Chi era Otto Verkuyl

Dai racconti di Mathilda a Pauline e Simone emerge il ritratto di un uomo protettivo e devoto alla famiglia. Durante la prima settimana di liceo della madre, per esempio, nonno Otto era solito seguire in macchina l’autobus per controllare che la primogenita arrivasse a scuola sana e salva. Le nipoti sapevano della sua passione per la fotografia ma nessuna delle due immaginava che celasse un talento così grande. Alla sua morte, infatti, Otto ha lasciato una gigantesca quantità di rullini disseminati tra varie scatole, abbandonate nell’appartamento dove viveva. Ma sviluppare ogni pellicola richiedeva uno sforzo immane e dopo una spesa di alcune migliaia di euro si è deciso di interrompere tutto. Oggi quella casa accoglie donne in difficoltà, dopo essere diventata un bene culturale. Alcune scatole di rullini sono invece finite nelle mani di un amico di famiglia, che poi potrebbe averle cedute a una persona che le ha vendute online. "Per noi è come guardare lo spirito dell’epoca in cui sono state scattate le foto con le nostre esperienze e con ciò che è cambiato negli anni all’interno della regione, ma anche all’interno della casa, dagli alberi al giardino", pensa Simone. L’ultima foto sviluppata raffigura ancora una volta le tre bambine, assieme ad altri due bambini, questa volta su un’altalena, mentre l’unica di loro di spalle rivolge lo sguardo verso l’obiettivo. È stata stampata in sette copie, come in un’edizione limitata, per renderla ancora più speciale. Quando Pierluigi la guarda resta ancora stupito dalla geometria perfetta delle assi dell’altalena, come se fosse una cornice nella cornice, che solo chi ha lavorato a questo progetto per così tanto tempo può riempire di significato senza perdere quell’alone di mistero che circonda Otto Verkuyl, il fotografo olandese che non vedrà mai le foto con cui ha scandito il racconto della sua vita...

view post Posted: 4/11/2023, 22:46 by: Milea     +1Luigi Bechi - Dopo la burrasca - I Macchiaioli

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Luigi Bechi (Firenze, 1830 - 1919)
Dopo la burrasca
1865 circa
olio su tela - 70 x 175 cm.
Galleria d’Arte Moderna Genova


Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, alla scuola di Enrico Pollastrini e di Giuseppe Bezzuoli, esordisce nel 1855 con soggetti storico-letterari. Nel 1859 partecipa alla seconda guerra d’Indipendenza e concorre al “Concorso Ricasoli”, il concorso d’arte indetto da Bettino Ricasoli, allora Ministro degli Interni del Governo provvisorio della Toscana per il tema “Episodi militari dell’ultima guerra”, presentando un bozzetto contrassegnato dal motto “E’ meglio morire”, che venne scelto al secondo posto. Il prezzo stabilito per il dipinto finito (“Il Marchese Fadini salva a Montebello il generale De Sonnaz”) venne fissato a 500 francesconi. Stipulato il contratto il 3 luglio 1860 con l’impegno di terminare il dipinto entro diciotto mesi, il Bechi venne pagato in quattro rate di L. 700 ciascuna fra il luglio 1860 e il giugno 1862.

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Luigi Bechi
Il Marchese Fadini salva a Montebello il generale De Sonnaz
1859 - 1862
olio su tela - 173 x 232 cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


L’episodio dipinto da Luigi Bechi raffigura la carica della cavalleria piemontese contro le truppe austriache inviate dal maresciallo Gyulai in ricognizione oltre il Po ed avvenuta presso Montebello il 20 maggio 1859; il marchese Fadini, cremonese, volontario nella cavalleria sabauda, salvò la vita al colonnello De Sonnaz, che ebbe funzioni di generale durante la battaglia ed ordinò la carica contro gli austriaci.




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Giovanni Boldini
Ritratto di Luigi Bechi
1909
olio su tela - 55,9 × 40,5 cm.
Collezione privata



Nell’estate del 1861 si reca a Parigi dove, insieme a Telemaco Signorini e Vincenzo Cabianca e Cristiano Banti ha la possibilità di frequentare gli atelier di vari artisti. Al ritorno presenta alla Prima Esposizione Nazionale due soggetti biblici, insieme a “Michelangiolo che veglia il servo Urbino malato” (1855), quadri ancora legati al gusto storico e accademico vivo in Italia nel primo Ottocento, ottenendo una medaglia che rifiuta, come altri dodici artisti, per protesta contro una giuria considerata prevenuta e non obiettiva.

Abituale frequentatore del Caffè Michelangiolo e amico dei Macchiaioli, Bechi ne condivide le sperimentazioni, ma si limita ad adottare espressioni intensamente luministiche e sintetiste nei suoi studi di paese, preferendo una maniera più convenzionalmente formalista per i temi di storia, anche contemporanea. Amico di Diego Martelli, è spesso ospite della sua tenuta di Castiglioncello dove esegue molti studi e bozzetti in assonanza con Odoardo Borrani, Giuseppe Abbati e Raffaello Sernesi.


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Luigi Bechi
Il pollaio della casa di Diego Martelli a Castiglioncello
1865 circa
olio su tavola - 16 × 20 cm.
Collezione privata


Nella quiete incantata di un mattino estivo, una giovane porge il becchime alle galline. Il cortile recintato da muri ha un cancelletto aperto sulla campagna, oltre il quale lo sguardo vaga sulla distesa azzurra del mare, fino all’orizzonte che si fonde col cielo. La luce, che si posa vibrante sulle foglie, sui muri sbreccati, sulla figura della donna, suggerisce l’ariosità dell’atmosfera, così come il colore steso a pennellate fluide e attente a ricreare particolari ricchi di significati evocativi dell’ora serena, come i modesti fiorellini id campo, le pagliuzze tenere dei rampicanti. Questo scorcio della casa di Diego Martelli era caro al pittore fiorentino, che lo raffigurò spesso nelle opere eseguite a Castiglioncello fra il 1864 e il 1867.

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Con Sernesi parte volontario per la terza guerra d’indipendenza e viene fatto prigioniero a Bezzecca. Al ritorno si dedica a scene di vita campestre spesso ambientate nella campagna romana, ma anche nei dintorni di Firenze, suggerendo il suo interesse ancora vivo per gli aspetti più intimisti e nostalgici della scuola di Piagentina.


Nella tela “Dopo la burrasca” l’artista raffigura due fanciulle e un ragazzo alla ricerca di conchiglie lungo la spiaggia; si soffermano incuriositi davanti a un oggetto portato a riva dal mare dopo la burrasca. L’aspetto aneddotico del soggetto di genere, espressione di un gusto internazionale, si fonde alla visione solenne del paesaggio marino concepito per piani cromatico, in modo da suggerire un’ampiezza sconfinata. Un raggio di sole squarcia le nuvole e fa risaltare, nella luce livida del cielo, il biancore delle onde sempre più appianate via via che il vento va placandosi. Le qualità luministiche e atmosferiche della scena, unite alla resa per forti contrasti di colore delle figure, sono indicative delle affinità di ricerca del pittore con i macchiaioli e in particolare, a questa data, con Vincenzo Cabianca.


Dopo il 1870 dipinge garbare scene di vita domestica o infantile, che incontrano il gusto del pubblico, consentendogli di trascorrere una vita agiata e tranquilla. (M.@rt)



Luigi Bechi
Due bambini con pane e mele durante il riposo
1870 circa
olio su tela - 116 x 88 cm.
Collezione privata






Edited by Milea - 5/11/2023, 12:21
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