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Federico Zandomeneghi nasce nel 1841 in una famiglia di artisti, stimata e di successo: il padre Pietro ed il nonno Luigi erano entrambi scultori di stile neoclassico, al contrario egli manifesta precocemente una particolare propensione per la pittura. Studia prima presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia con Pompeo Molmenti, e poi in quella di Milano. Nel 1959 si rifugia a Pavia temendo la coscrizione obbligatoria nell’esercito austriaco, ma nel 1860 si arruola volontario e combatte in Sicilia con i garibaldini. Nel 1862 si stabilisce a Firenze, dove Giuseppe Abbati lo introduce nell’ambiente del Caffè Michelangiolo. Diviene amico soprattutto di Diego Martelli, del quale è ospite a Castiglioncello. A Firenze rimane fino al 1866 eseguendo dipinti conformi alla poetica della macchia come “La lettrice”, o “Interno del Palazzo del Podestà”, che rivelano come i suoi interessi siano essenzialmente rivolti all’opera di Odoardo Borrani e di Giuseppe Abbati.
“Da un finestrone donde scorgersi l’altra parte del fabbricato tutta illuminata, entra il sole, e sceso in sul pavimento illumina colla rifrazione due grandi macchiette, che ben arieggiate, sono nel mezzo in costume antico”. (Gazzetta di Venezia, 12 settembre 1865.) Il soggetto della tela è ambientato nelle sale del Palazzo del Bargello a Firenze, che in quel tempo era stato tema di quadri in costume sia di Abbati, sia di Borrani, concettualmente molto simili a quest’opera per la luce limpida che analizza le architetture e l’atmosfera sospesa che li pervade. Proprio nel 1865 Zandomeneghi va ad abitare con Abbati, accostandosi ulteriormente alle ricerche figurative dell’amico. Tornato a Venezia dopo l’annessione della città al Regno d’Italia, vi rimane fino al 1874, continuando per altro a soggiornare spesso a Firenze e a condividere le scelte figurative dei Macchiaioli, tanto da rimeditare, in sintonia con loro, il tono sospeso e soffuso di malinconia di certa pittura romantica. Ne è un esempio “Bastimento allo scalo”, in cui la luce cilestrina accentua i valori emozionali connessi all’immagine, e suggerisce il senso di solitudine dell’uomo moderno.
Una luce indagatrice definisce con nitidezza il paesaggio lagunare e i gesti degli uomini, affaccendati attorno alla grande imbarcazione in cantiere, nell’intonazione pallida e uniforme della luminosità, l’analisi lenta e meditata con cui l’artista si sofferma a descrivere gli elementi pittorici con attenzione minuziosa, assume un valore evocativo, oltre che formale, fondendosi con il rimpianto per un mondo più semplice, sereno e ordinato, almeno nel ricordo, come quello della Restaurazione, cui per altro il dipinto sembra, anche figurativamente, fare riferimento. Nell’estate del 1874 decide di fare un breve viaggio a Parigi per visitare il Salon; ma non abbandonerà più la città, dove ritrova Giovanni Boldini e Giuseppe de Nittis e tramite loro conosce Degas, che lo stima al punto da invitarlo ad esporre col gruppo impressionista. Al “Nouvelle Athènes”, uno dei locali in cui i ribelli della pittura si incontrano, Zandomeneghi è uno dei frequentatori più assidui e il pittore veneziano stringe una forte amicizia anche con Renoir. I primi anni di Zandomeneghi a Parigi sono oscuri e, passati i primi successi come ritrattista su commissione, poco si sa delle sue opere, a volte non datate e molto differenti tra loro; sicuramente l’artista non trova immediatamente attenzione a Parigi né porte aperte, tanto che nel 1877 confessa a Fattori il proposito di tornare a Venezia “indefinitamente”. Nel 1878 la presenza di Diego Martelli a Parigi lo sprona ad elaborare dipinti di qualità come il ritratto dell’amico, presentato alla quarta esposizione impressionista nel 1879.
Il ritratto raffigura il critico Diego Martelli durante il suo soggiorno a Parigi nel 1878-1879, dove ebbe modo di entrare in contatto con il mondo impressionista ed inviare così le sue corrispondenze sulle novità ed idee della scuola impressionistica, ai giornali italiani. L’impianto compositivo del ritratto risente della tecnica di Degas. Presentato al pubblico nel 1879 alla quarta esposizione impressionista fu inviato a Firenze solo nel 1895. L’artista infatti riteneva questo dipinto, diversamente dall’altro ritratto fatto all’amico Diego nel 1870, poco originale e mal riuscito e lo donò al critico solo dopo le sue ripetute insistenze.
Eseguito tra la fine del 1869 e il 1870 a Firenze, dove Zandomeneghi si trovava, ospite di Martelli, per l’Esposizione della Società Promotrice fiorentina del 1869, il critico è ripreso mentre si trova al proprio tavolo di lavoro, in una veste da camera con eleganti alamari rossi, intento a scrivere un articolo che lo rende pensoso. La composizione serrata, che costringe in uno spazio limitatissimo la figura dell’intellettuale, compressa fra lo scrittoio e la libreria, rimedita le rappresentazioni di pensatori e studiosi eseguite nel Quattrocento, e, come in quelle, descrive gli oggetti di lavoro di uno scrittore: lo schedario, il calamaio, i fogli con gli appunti, qui tradotti in parole moderne. La luce limpida definisce con precisione la figura e gli oggetti, e fa risaltare sui toni dei legni il bianco delle carte, il rosso ciliegia della veste da camera di Diego. Dei tre “italiens de Paris”, Zandomeneghi è quello che ha avuto legami più duraturi e profondi con l’ambiente impressionista e post-impressionista, partecipando ininterrottamente dal 1879 a tutte le mostre del movimento. La Parigi di Zandomeneghi non è la Parigi elegante, mondana e internazionale celebrata da De Nittis e Boldini, ma si racchiude nel quartiere bohèmien per eccellenza, Montmartre, dove l’artista viveva a fianco di Toulouse-Lautrec e della sua modella Suzanne Valadon, che raffigurò nel dipinto “Al Caffè Nouvelle Athènes”, seduta a un tavolino di fronte a lui stesso.
Federico Zandomeneghi si lega fra gli altri a Camille Pissarro e a Jean-Baptiste Guillaumin e tramite quest’ultimo inizia ad apprezzare il “pointillisme” di Georges Seurat e di Paul Signac, tanto da eseguire dipinti quali “La lezione di canto”, in linea con le meditatissime ricerche pittoriche di quegli artisti.
Con la fine del sodalizio impressionista si apre per Zandomeneghi un periodo oscuro che termina con la personale nel 1893 da Durand Ruel e il successivo contratto con il gallerista, che diventerà il suo mercante e che pretende da lui una serie di dipinti a soggetto femminile, a cui il pittore si applica negli anni con ripetitività. “Verso la fine di gennaio il padre Durand-Ruel ritornato dall’America venne spontaneamente a trovarmi e mi disse che dovevo lavorare molto, che i pittori di figura erano scarsi, che avrebbe pensato a pagarmi i modelli a farmi riprendere un po’ di coraggio e tante altre belle cose. Scielse intanto una mezza dozzina di quadri nuovi che mise nella sua galleria insieme a molti altri miei che teneva giù in deposito da qualche anno e io mi misi accanitamente al lavoro…” .
Al di fuori del rapporto economico esegue ritratti e vedute di ben altra sostanza formale. Nel 1893, nel 1898 e nel 1908 vengono organizzate a Parigi tre personali del pittore e una mostra gli sarà allestita alla Biennale di Venezia, che tuttavia non riscuote successo presso la critica dell’epoca. Fin dal suo arrivo a Parigi, Zandomeneghi aveva fissato la sua residenza al numero 7 di rue Tourlaque, a Montmartre, il nuovo quartiere parigino che si andava costruendo in quegli anni intorno ai residui di orti e vigneti, tracce del suo passato campagnolo di cui erano testimonianza alcuni mulini, come il Moulin Debray, destinati ad essere trasformati in popolari luoghi di ritrovo. Lì il 31 dicembre del 1917 viene rinvenuto il suo corpo senza vita, ai piedi del letto. Lo studio viene smantellato: le opere sue e quelle di altri artisti nel suo studio, fra cui Fattori, Lega e Signorini, messe all’asta per pochi soldi. (M.@rt)
SPOILER (clicca per visualizzare) Edited by Milea - 15/11/2023, 19:30 |