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view post Posted: 3/12/2023, 21:56 by: Milea     +1La magia delle Lucciole nelle leggende popolari - Favole, miti e leggende

La luna e le lucciole

(leggenda estone)


Un giorno Paigar, il signore del cielo, disse alla moglie: “Prepara una grande torta per tutte le nostre figlie, le stelle, che hanno molta fame e desiderano mangiare.” La moglie prese uova, farina e miele al lavoro. Le sue mani si mossero veloci e infaticabili e impastarono una torta gigantesca, morbidissima e dalla crosta dorata e luccicante. Quando le stelle la videro, brillarono più forte. “Guarda che splendida torta! Non possiamo aspettare che la mamma la tagli. Assaggiamola subito!”

Le stelle si buttarono golose sulla torta: una tirava di qua, un’altra spingeva di là, un’altra ancora affondava i denti nella soffice pasta, una pizzicava le sorelle perché facessero un po’ di posto, un’altra le prendeva per le tracce… In mezzo a tutta quella confusione, un grosso pezzo di torta, ridotto in briciole, precipitò a terra. La mamma scoppiò in lacrime: “Ho fatto tanta fatica a preparare questa torta e adesso guarda qua che disastro!”


Paigar prese quel che rimaneva del dolce squisito, poco più di un quarto, e lo appese in cielo, in alto in alto, in modo che le figlie non potessero prenderlo: era nata la Luna. E perché nulla andasse sprecato, trasformò le briciole cadute in insetti luminosi: aveva creato le Lucciole. Fatto questo, si girò verso le figlie golose: “Per punizione voi non mangerete più dolci per un bel po’!”

Poi si rivolse alla moglie che si stava asciugando le lacrime, le sorrise e le disse: “Guarda in su: vedi come splende il tuo pezzo di torta? Splenderà così per sempre e nessuno riuscirà mai a mangiarselo! Guarda in giù: vedi come brillano le briciole che tu credevi perdute? Sono divenute un pezzetto di firmamento regalato ai prati della Terra…



Vincent van Gogh
Notte stellata sul Rodano (Starry night on the Rhone)
1888
olio su tela - 72 x 92 cm.
Parigi, Musée d’Orsay



view post Posted: 3/12/2023, 17:43 by: RockCafè     +1Il mito del Girasole - Favole, miti e leggende

Il mito del Girasole


Clizia, una giovane fanciulla, si innamorò del Sole che durante l’intera giornata guidava il suo carro di fuoco per tutto il cielo. Ma un giorno il Sole si stancò dell’amore di Clizia; la fanciulla pianse senza smettere mai per nove giorni, ferma, immobile in mezzo a un campo, osservando a lungo il suo amato che attraversava la volta del cielo. Lentamente il suo esile corpo si irrigidì e divenne un lungo stelo sottile; i suoi piedi si conficcarono nella terra. I suoi biondi capelli diventarono una gialla corolla: si era trasformata in un enorme girasole. Per questo quel fiore, innamorato del sole, lo segue per tutta la giornata nel suo giro nel cielo.



Evelyn de Morgan
(Mary Evelyn Pickering de Morgan,1855 -1919)
1886 - 1887
Clizia (Clytie)
olio su tela - 106 x 44.5 cm.
Collezione privata



view post Posted: 3/12/2023, 12:19 by: Milea     +1La magia dell’Arcobaleno nelle leggende - Favole, miti e leggende

L’arcobaleno


(mito delle Filippine)


Ci fu un’epoca in cui gli dèi e le dee trascorrevano gran parte del loro tempo sulla Terra, accanto agli uomini. Da loro l’uomo imparò ad andare a caccia, a coltivare i campi, a cogliere le noci dalle palme più alte, a curare le malattie, e purtroppo anche a fare la guerra.

Un giorno Bàthala, il re degli dèi, decise di tornare nella sua casa celeste per vedere se tutto era in ordine; perciò sellò il suo cavallo, che era capace di correre più veloce del vento e delle nuvole. Appena il padrone gli saltò in groppa, il cavallo cominciò a galoppare senza mai fermarsi, e in un lampo arrivò sulla riva dell’oceano.
In quel punto il cielo era così vicino che si potevano sentire le voci di coloro che vivevano lassù. “Salta, mio bel cavallino!” gridò Bàthala. Ma il cavallo indietreggiò, puntando i piedi: quel salto era troppo anche per lui.

Allora Bàthala chiamò i suoi servi celesti, che calarono dall’alto un lungo nastro di sette colori. Quando il nastro toccò la Terra diventò un ponte abbastanza robusto da reggere cavallo e cavaliere, che galopparono sino al Cielo. Così nacque l’arcobaleno, che nelle Filippine si chiama bahaghari, che vuol dire “il ponte del re”. Ogni volta che lo si vede in cielo, la gente sa che il dio e il suo cavallo stanno andando dalla Terra al Cielo.




Camille Pissarro (1830 - 1903)
Paesaggio con arcobaleno (Paysage avec arc-en-ciel)
1889
matita e acquerello su seta - 30,2 x 59,7 cm.
Van Gogh Museum, Amsterdam






Edited by Milea - 7/12/2023, 10:53
view post Posted: 3/12/2023, 10:21 by: Milea     +1La magia dell’Arcobaleno nelle leggende - Favole, miti e leggende

La magia dell’Arcobaleno nelle leggende

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La leggenda dell’arcobaleno

(leggenda pellerossa)


Gli indiani dell’Ovest conoscono una leggenda che narra come per la prima volto l’arcobaleno spuntò nel cielo. Faceva un caldo soffocante; l’aria calda tremolava sulla prateria arida, i laghi e i fiumi erano secchi e la gente cercava rifugio all’ombra e si lamentava: “Ahimè, finiremo col morire tutti! La selvaggina è fuggita lontano in cerca di acqua. I pesci boccheggiano nel fango”.

Un piccolo serpente squamoso udì per caso quei lamenti; uscì dal suo nascondiglio e, con grande sorpresa di tutti, parlò con voce umana: “Io possiedo grandi poteri magici e posso aiutarvi. Lanciatemi in alto, nel cielo.”
“Ma ricadrai giù e morirai”, disse lo sciamano della tribù. “No, non cadrò. Mi attaccherò al cielo con le mie squame e le userò per carpire un po’ di pioggia e di neve per voi. I prati del cielo, forse non lo sapete, sono fatti di ghiaccio azzurro” rispose lo stregone.

Lo stregone non trovò nient’altro da ribattere e, raccolto il serpente, lo arrotolò e lo lanciò nel cielo limpido. Il serpente, volando alto nel cielo, si srotolò crescendo a dismisura, finché il suo corpo non fece un arco sulla Terra e il dorso squamoso giunse a grattare il ghiaccio azzurro. Il ghiaccio si sciolse e la pioggia cadde abbondante. Il corpo del serpente, nello sforzo, cominciò a cambiare colore, dal rosso al giallo, al verde. Era nato l’Arcobaleno.



Joaquín Sorolla y Bastida
El arco iris, El Pardo
1907
olio su tela - 62,5 x 91 cm.
Madrid, Museo Sorolla


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Il ponte dell’Arcobaleno

(leggenda delle tribù degli Indiani d’America)


Proprio alle soglie del Paradiso esiste un luogo chiamato il Ponte dell’Arcobaleno. Quando muore un animale che ci è stato particolarmente vicino sulla terra, quella creatura va al Ponte dell’Arcobaleno. E’ un posto bellissimo dove l’erba è sempre fresca e profumata, i ruscelli scorrono tra colline ed alberi ed i nostri amici a quattro zampe possono correre e giocare insieme.
Trovano sempre il loro cibo preferito, l’acqua fresca per dissetarsi ed il sole splendente per riscaldarsi, e così i nostri cari amici sono felici: se in vita erano malati o vecchi qui ritrovano salute e gioventù, se erano menomati o infermi qui ritornano ad essere sani e forti così come li ricordiamo nei nostri sogni di tempi e giorni ormai passati…

Qui i nostri amici che abbiamo tanto amato stanno bene, eccetto che per una piccola cosa, ognuno di loro sente la mancanza di qualcuno molto speciale che ha dovuto lasciarsi indietro. Così accade di vedere che durante il gioco qualcuno di loro si fermi improvvisamente e scruti oltre la collina, tutti i suoi sensi sono in allerta, i suoi occhi si illuminano e le sue zampe iniziano a correre velocemente verso l’orizzonte, sempre più veloce.

Ti ha riconosciuto e quando finalmente sarete insieme, lo stringerai tra le braccia con grande gioia, una pioggia di baci felici bagnerà il tuo viso, le tue mani accarezzeranno di nuovo l’amata testolina e i tuoi occhi incontreranno di nuovo i suoi sinceri che tanto ti hanno cercato, per tanto tempo assenti dalla tua vita, ma mai dal tuo cuore. E allora insieme attraverserete il Ponte dell’Arcobaleno per non lasciarvi mai più…




Pieter Paul Rubens
Paesaggio con arcobaleno (Landscape with Rainbow)
1636 circa
olio su tavola - 135,6 x 235 cm.
Londra, Wallace Collection


stella
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Come nacque l’arcobaleno

(leggenda popolare)


Tanto tempo fa i colori litigavano furiosamente; ognuno di essi si proclamava di essere il migliore in assoluto, il più importante, il più utile, il favorito.

Il VERDE disse: “Chiaramente il più importante sono io; sono il segno della vita e della speranza. Io sono stato scelto dall’erba, dagli alberi, dalle piante. Senza di me tutti gli animali morirebbero. Guardatevi intorno nella campagna e vedrete che io sono in maggioranza…”

Il BLU lo interruppe: “Tu pensi solo alla terra, ma non consideri il cielo ed il mare! E’ l’acqua la base della vita che viene giù dalle nuvole nel profondo del mare. Il cielo dà spazio, pace e serenità. Senza di me voi non sareste niente.”

Il GIALLO rilanciò: “Voi siete tutti così seri! Io porto sorriso, gioia e caldo nel mondo. Il sole è giallo, la luna è gialla, le stelle sono gialle. Quando fioriscono i girasoli, il mondo intero sembra sorridere. Senza di me non ci sarebbe allegria.”

L’ARANCIONE si fece largo: “Io sono il colore della salute e della forza. Posso essere scarso, ma prezioso perché io servo per il bisogno della vita umana. Io porto con me le più importanti vitamine. Pensate alle carote, zucche, arance, mango e papaia. Io non sono presente tutto il tempo, ma quando riempio il cielo nell’alba e nel tramonto, la mia bellezza è così impressionante che nessuno pensa più ad uno solo di voi.”

Il ROSSO poco distante urlò: “Io sono il re di tutti voi. Io sono il colore del sangue ed il sangue è vita, è il colore del pericolo e del coraggio. Io sono pronto a combattere per una causa, io metto il fuoco nel sangue, senza di me la terra sarebbe vuota come la luna. Io sono il colore della passione, dell’amore, la rosa rossa, il papavero.”

Il VIOLETTO si eresse in tutta la sua altezza. Era molto alto e parlò con voce in pompa magna: “Io sono il colore dei regnanti e del potere. Re, capi e prelati hanno sempre scelto me perché sono il segno dell’autorità e della sapienza. Le persone non domandano… mi ascoltano ed obbediscono!”

Infine parlò l’INDACO molto serenamente, ma con determinazione: “Pensate a me: io sono il colore del silenzio, voi difficilmente mi notate, ma senza di me diventate tutti superficiali. Io rappresento il pensiero e la riflessione, il crepuscolo e le acque profonde. Voi tutti avete bisogno di me per bilanciare e contrastare, per pregare ed inneggiare alla pace.”

E così i colori continuarono a discutere ognuno convinto di essere superiore agli altri. Litigarono sempre più violentemente senza sentire ragioni. Improvvisamente un lampo squarciò il cielo seguito da un rumore fortissimo. Il tuono e la pioggia che seguì violenta, li impaurì a tal punto che si strinsero tutti insieme per confortarsi.

Nel mezzo del clamore la PIOGGIA iniziò a parlare: “Voi sciocchi colori litigate tra di voi e ognuno cerca di dominare gli altri. Non sapete che ognuno di voi è stato fatto per un preciso scopo unico e differente? Tenetevi per mano e venite con me”. Dopo che ebbero fatto pace, essi si presero tutti per mano. La PIOGGIA continuò: “D’ora in poi, quando pioverà ognuno di voi si distenderà attraverso il cielo in un grande arco di colori per ricordare che voi vivete tutti in pace. Era nato l’.





Edvard Munch
L'arcobaleno (The Rainbow)
1898
olio su cartone - 70 x 72 cm.
Oslo, Munch Museum






Edited by Milea - 3/12/2023, 10:59
view post Posted: 2/12/2023, 20:58 by: Moka_Lady     +1Il naso freddo del cane e l’arca di Noè - Favole, miti e leggende

Il naso freddo del cane e l’arca di Noè

(leggenda popolare)




Aurelio Luini (Milano, 1530 - 1593)
Affresco dell’Arca di Noè
1556 circa
San Maurizio al Monastero Maggiore, Milano


Quando Dio disse a Noè di costruire un’arca per salvare tutti gli animali dal diluvio che avrebbe mandato sulla terra per punire l’umanità, il pover’uomo non ebbe vita facile. Era difficile far salire sull’imbarcazione tutti quegli animali così diversi tra di loro. Aveva bisogno di aiuto per radunare tutta quella folla di animali che non volevano obbedire. Abituati ad essere liberi, non avevano alcuna intenzione di venire rinchiusi in una gabbia di legno; non sapevano nulla del diluvio che sarebbe arrivato di lì a poco.

Noè allora chiese aiuto al suo cane, che radunò tutti gli animali facendoli salire sull’arca e che quindi fu l’ultimo animale a salire sull’arca strapiena. Per lui non era rimasto molto spazio e si accucciò all’ingresso. Dalla porta però entravano molti spifferi d’aria gelida e umida tanto che il suo naso cominciò a raffreddarsi. Ma questo non importava al fedele animale: era fiero dell’aiuto dato a Noè. Lui non si muoveva da lì. Dopo l’infreddatura presa nell’arca di Noè il naso non si scaldò più e ancora oggi è freddo e umido.





Edited by Milea - 2/12/2023, 21:19
view post Posted: 2/12/2023, 19:28 by: Macinino     +1La nascita delle parole (mito australiano) - Favole, miti e leggende

La nascita delle parole

(mito australiano)


Quando il tempo passava senza che nessuno lo misurasse, un uomo portava a spasso per la Terra un sacco enorme e leggerissimo: era il Mago delle Parole e il sacco conteneva tutte le parole del mondo.

Un mattino il Mago delle Parole arrivò sulle rive dell’Australia. Un bambino lo guardò con diffidente curiosità.
“Come ti chiami? Chiese il Mago. Il bambino rimase silenzioso e immobile.
“Sei un bambino senza nome, oppure il tuo nome non ha ancora una voce?” sorrise il Mago.

Accarezzò i capelli del fanciullo, gli prese la mano e la introdusse nel sacco delle parole. “Qui dentro ci sono tutte le lettere e tutti i nomi. Ci sono anche tutte le storie della Terra” disse il mago delle parole. “Prendi un pugno grosso di lettere e lanciale in aria: sarà il vento a decidere come ti chiami.”

Il bambino lanciò in aria le lettere e subito un soffio di vento compose… PURUKUPALI.
“Ecco, Purukupali è il tuo nome”. Poi insieme estrassero dal sacco manciate di parole e manciate di sillabe, perché gli uomini raccontassero le storie del mondo.



Alighiero Boetti (Torino, 1940 - Roma, 1994)
Senza Titolo (Segno e disegno)
1978 ca.
ricamo su tela - 68 x 68 cm.
Collezione privata





Edited by Milea - 2/12/2023, 19:30
view post Posted: 2/12/2023, 18:04 by: Cappuccine     +1La magia della pioggia nei miti - Favole, miti e leggende

La magia della pioggia nei miti

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Come venne la pioggia

(mito africano)


Quando il mondo fu creato, la pioggia non esisteva. Gli animali erano preoccupati e si riunirono a gruppi per invocare la pioggia lanciando le loro voci verso il cielo. Prima provarono gli elefanti, coi loro barriti, poi gli ippopotami e poi i leoni, ma la pioggia non arrivava. Poi venne il turno delle giraffe, e degli animali più piccoli: i fenicotteri, i conigli e i topi. Ancora niente. Per ultime toccò alle rane. Tutti gli animali le implorarono di gridare verso il cielo il loro bisogno di acqua. Le rane non aspettavano altro per mettersi a gracidare e così presero a cantare tutte insieme e il loro grido era talmente assordante e sgradevole che il cielo si stancò di sentirlo e si coprì di nubi per attutire quel suono. Ma fu inutile: il gracidio penetrava attraverso la cortina di nubi e così il cielo pensò di affogare le rane per farle smettere una volta per tutte. Mandò giù tanta di quella pioggia che le rane finalmente tacquero contente. E da allora si credono padrone dell’acqua, perché furono loro a far piovere, e vivono in ogni stagno nella melma, e continuano a gracidare per chiedere la pioggia.



Vincent van Gogh
Pioggia (Rain)
Saint-Rémy, novembre 1889
olio su tela - 73,3 x 92.4 cm.
Philadelphia Museum of Art



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La creazione della pioggia

(leggenda degli indios brasiliani)


Anticamente sulla terra non cadeva mai pioggia, sicché un giorno, nella laguna del cielo, un indio Kaxinawà gettò un pesce dorato in direzione dell’uccello pescatore. Il volatile si lanciò sull’inaspettata preda e, così facendo liberò il foro che con le zampe stava otturando. Sulla terra piovve per la prima volta. Ancor oggi, prima che la pioggia cada, il cielo è pervaso da bagliori: sono i pesci dorati lanciati dall’indio. E la fine pioggerellina che a volte scende indica che, per la concitata attesa del volo, l’uccello pescatore si sta tenendo in equilibrio su di una zampa sola.




Vincent van Gogh
Pioggia (Rain) - dettaglio



view post Posted: 2/12/2023, 16:56 by: RockCafè     +1Perché il gufo si nasconde (leggenda giapponese) - Favole, miti e leggende

Costruiamo un gufo in 3D



Occorrente: un cartoncino o un foglio da disegno, forbici, colla, pastelli colorati o pennarelli.

Stampare il modello e ritagliare le forme seguendo le indicazioni e colorare (le orbite vanno colorate di giallo). Piegare le palpebre lungo la linea tratteggiata e incollare solo la parte superiore agli occhi del gufo. Fare le due pieghe del becco e incollare solo la parte sottile centrale e incollarla sul modello in mezzo, sotto gli occhi.



view post Posted: 2/12/2023, 16:17 by: *Vanilla*     +1Il vestito di Arlecchino (racconto popolare) - Favole, miti e leggende

Il vestito di Arlecchino


(racconto popolare)


C’era una volta, in un paese della provincia di Bergamo, un bambino molto povero di nome Arlecchino; viveva con la sua mamma in una misera casetta. Un giorno la maestra organizzò una festa di Carnevale e propose ai propri alunni di vestirsi in maschera. I bambini entusiasti iniziarono a ritagliare mascherine e a intrecciavano strisce di carta per fare i festoni. Mentre preparavano tutte queste cose, parlavano della festa e di che costume avrebbero indossato. “Io mi vestirò da Zorro!” diceva un bambino. “Io da fata!” replicava una bambina. E così tanti altri compagni: chi si vestiva da Uomo Ragno, chi da Batman, chi da Strega, chi da Principessa...tutti avevano un costume.

Arlecchino, invece, non era affatto contento; se ne stava seduto triste in un angolo, senza partecipare alla conversazione e a stento riusciva a trattenere le lacrime, poiché sapeva che sua mamma era così povera da non poter comprargli un costume per quell’occasione. Lui di solito era un bambino vivace e scherzoso, perciò una sua compagna che gli voleva molto bene, notò che c’era qualcosa di strano e gli si avvicinò per sapere che cosa fosse successo. “Arlecchino, perché te ne stai qui tutto triste?”, gli domandò, ma Arlecchino non rispose. “Noi stiamo parlando del vestito che ci metteremo alla festa di Carnevale, tu come pensi di travestirti?” insisté l'amica. Arlecchino le lanciò uno sguardo pieno di lacrime e finalmente mormorò con un filo di voce: “Io non posso travestirmi da niente, la mia mamma ha detto che siamo molto poveri e non ha i soldi per comprarmi un costume”.

La bambina si allontanò e andò vicino agli altri compagni per raccontare loro cosa le aveva saputo da Arlecchino. Tutti rimasero molto colpiti dal fatto che il loro compagno non potesse comprarsi un costume di Carnevale, perciò decisero che ognuno di loro avrebbe portato da casa un pezzetto di stoffa avanzato dai loro abiti di Carnevale e lo avrebbe dato ad Arlecchino.


Il giorno dopo Arlecchino si ritrovò con tantissimi pezzi di stoffa tutti diversi: verdi, gialli, rossi, azzurri, lisci, vellutati, a righine... Appena tornò a casa portò tutti questi pezzi di stoffa alla mamma. Era molto difficile preparare un vestito di Carnevale con quei pezzi di stoffa, perché erano tanto piccoli e ognuno di quei pezzetti non bastava nemmeno per fare una manica del vestito. Ma la mamma non si scoraggiò e lavorò tutta la notte per cucire insieme tutti quei piccoli pezzi di stoffa. Al mattino, quando Arlecchino si alzò e andò in cucina per fare colazione, con sua grande sorpresa vide il vestito già pronto che pendeva dall’appendiabiti: era bellissimo, tutto colorato. Arlecchino abbracciò forte la mamma e andò a scuola indossando il suo costume. Quando entrò tutti rimasero a bocca aperta: era senza dubbio il vestito più bello, più colorato e originale: era un vestito fatto dell’amore della mamma e dei suoi compagni di classe.




Joan Mirò
Il carnevale di Arlecchino (Carnaval d'Arlequin)
1924-1925
olio su tela - 66 x 93 cm.
Albright-Knox Art Gallery, Buffalo




view post Posted: 2/12/2023, 13:26 by: Milea     +1La magia delle Lucciole nelle leggende popolari - Favole, miti e leggende

La magia delle Lucciole nelle leggende popolari

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La leggenda della Lucciola


Ad adorare il bambino Gesù nella capanna di Betlemme insieme con gli altri animali accorsero anche gli insetti; per non spaventare il piccolo restarono in gruppo sulla soglia. Ma Gesù, con un gesto delle rosee manine, li chiamò ed essi si precipitarono, portando i loro doni. L’ape offrì il suo dolce miele, la farfalla la bellezza dei suoi colori, la formica un chicco di riso, il baco un filo di finissima seta. La vespa, non sapendo che cosa offrire, promise che non avrebbe più punto nessuno, la mosca si offrì di vegliare, senza ronzare, il sonno di Gesù.

Solo un insetto piccolissimo non osò avvicinarsi al Bambino, non avendo nulla da offrire. Se ne stette timido sulla porta; eppure avrebbe tanto voluto dirgli il suo amore. Ma, mentre con il cuore grosso e la testa bassa stava per lasciare la capanna, udì una vocina: “E tu, piccolo insetto, perché non ti avvicini?” Era Gesù stesso che glielo domandava. Allora, commosso l’insetto volò fino alla culla e si posò sulla manina del Bambino. Era così emozionato per l’attenzione ricevuta, che gli occhi gli si colmarono di lacrime. Scivolando giù, una di queste, cadde proprio sul piccolo palmo di Gesù.

“Grazie”, sorrise il Bambinello. “Questo è un regalo bellissimo”. In quel momento un raggio di luna, che curiosava dalla finestra, illuminò la lacrima. “Ecco è diventata una goccia di luce!” disse Gesù sorridendo.
“Da oggi porterai sempre con te questo raggio luminoso e ti chiamerai lucciola.” Si dice che chi sogna una lucciola riceverà un dono inatteso, inoltre sono associate alla leggerezza della vita e lo stupore infantile



Suzuki Harunobu (1725-1770)
Alla ricerca di lucciole
1768 circa
Stampa su blocchi di legno a colori - 28,2 × 20,3 cm.
Collezione di Clarence Buckingham, Art Institute, Chicago



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La Lucciola e del Grano


Un tempo, le lucciole erano soltanto piccoli insetti scuri che vagavano per i campi di grano. Un giorno una di loro sentì un contadino che esclamava: “C’è un tesoro qui!”. La sera la piccola lucciola andò a riferirlo alle compagne, che l’ascoltarono meravigliate, senza saper che fare. Ma la regina, più astuta, propose: “Se c’è un tesoro, andiamo a prenderlo! Domani, di notte per non farci vedere dal contadino, andiamo, ognuna con un lumino piccolo piccolo, a cercarlo!“. Le lucciole uscirono, ognuna con il suo lumino, ma non trovarono il tesoro. Da allora, ogni notte d’estate lo cercano ancora, senza sapere che il tesoro è il grano.


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La Lucciola e gli abiti delle spose


Due bravissime sarte, sorelle ma povere, una sera dovevano terminare assolutamente per l’indomani l’abito da sposa della ricca figlia del mugnaio. Lavorando e lavorando, arrivarono a consumare tutte le candele che avevano in casa, e non sapevano più come fare. Abitavano in una casetta nel profondo del bosco, la notte era senza luna e loro si accorsero di non avere nemmeno più l’olio da mettere nelle lucerne. I loro lamenti, raccolti dal camino, furono uditi dal popolo delle lucciole, cui loro davano sempre da mangiare fiori e miele. Le lucciole allora discesero tutte dalla cappa del camino e illuminarono la stanza con milioni e milioni di lucine finché, sul far del giorno, il vestito fu pronto.

La figlia del mugnaio pagò molto bene l’abito ma non seppe mai spiegarsi il luccichio lunare che aveva la stoffa. Da allora le due sorelle cuciono abiti da sposa nella loro casa nel bosco, e le lucciole si tengono pronte ad andare a far luce con il loro lumino che conferisce ai tessuti lo splendore della luna. Noi le vediamo nelle sere d’estate mentre si avviano verso quella casa.

view post Posted: 2/12/2023, 13:18 by: Costantine Rose     +1Il pesce magico - Favole, miti e leggende


Il pesce magico

(Un pesce al museo)


C’era una volta, e c’è ancora, una grande città con un grande museo. In quel museo c’era, e c’è ancora, un quadro che piaceva soprattutto ai bambini. Era un quadro con un pesce tutto d’oro dipinto su uno sfondo blu intenso. I bambini lo guardavano incantati e a volte, quando il custode guardava da un’altra parte, lo accarezzavano. Allora il pesce apriva i suoi grandi occhi rotondi e sorrideva. I pesci rossi che abitavano nella piccola fontana al centro della sala lo invitarono a giocare con loro e il Pesce Magico fece un guizzo e si tuffò nella vasca.

- Seguitemi, amici! - disse ai pesci rossi. Tutti insieme nuotarono nel canale sotto la città e raggiunsero il mare. Che meraviglia! Sul fondo c’erano alghe, sabbia, coralli, conchiglie e pesci colorati. All’improvviso, però, una grande ombra nera oscurò l’acqua. I pesci si trovarono tutti prigionieri in una rete, ma il Pesce Magico si mise a guizzare e le sue scaglie divennero così lucenti che i pescatori, abbagliati, lasciarono andare la rete. Allora i pesci scapparono velocissimi e tutti festeggiarono il Pesce Magico, che li aveva salvati.




Paul Klee
Il pesce magico
(Fish Magic)
1925
Olio e acquerello su tela incollata su tavola
77.2 x 98.5 cm
Philadelphia Museum of Art


In quel momento si avvicinò un pesciolino e disse al Pesce Magico:
- Un mio amico è prigioniero nella tana della Piovra e non può uscire perché la Piovra fa la guardia e non dorme mai. Puoi fare qualcosa?
Il Pesce Magico nuotò verso la tana della Piovra, che da cento anni soffriva d’insonnia. Quando la vide, cominciò a girarle intorno cantando una ninna nanna:
- Dormi, Piovra dormi… Chiudi gli occhi e sogna…
Intanto le sue scaglie brillavano e alla Piovra girava la testa, finché cominciò a russare; il pesciolino prigioniero guizzò fuori dalla tana e corse via con il Pesce Magico. Tutti gli abitanti del mare, a quel punto, lo pregarono di diventare il loro re, ma il Pesce Magico rispose:
- Grazie, ma io non appartengo al popolo del mare. Io appartengo al quadro di un museo dove i bambini mi aspettano.

Fu così che il Pesce Magico ritornò al museo e ancora oggi è lì che aspetta le visite dei bambini.
view post Posted: 2/12/2023, 11:19 by: Moka_Lady     +1Il cammello e la neve - Favole, miti e leggende

Il cammello e la neve


(favola curda)


Un giorno un cammello e la neve decisero di diventare amici e di aiutarsi a vicenda nei momenti di bisogno; giurarono che non si sarebbero mai dimenticati l’uno dell’altra.
Il cammello, che temeva molto il freddo, disse alla sua nuova amica: “Sorella mia, ho anzitutto una preghiera da farti. Se per caso ti capita di arrivare dammi un preavviso di qualche giorno, così potrò cercarmi un riparo per non soffrire troppo durante l’inverno.
La neve promise il suo aiuto, gli diede la sua parola e aggiunse: “Basterà che, quando l’autunno sta per finire, ogni tanto tu guardi il cielo; se lo vedrai tutto bianco, vorrà dire che sto per arrivare”. E si allontanò.

Una stagione dopo l’altra, il tempo passò. Fino all’autunno il cammello, ormai sicuro del fatto suo, passò le giornate allegramente sui verdi prati e non s’accorse che i giorni passavano. Trascorse l’estate e arrivò l’autunno. Quando l’inverno fu alle porte, la neve si ricordò della parola data e disse: “Avviserò subito il mio fratello cammello che sto per arrivare; alzerà la testa e vedrà il cielo bianco, guardando il cielo, capirà che ci rivedremo presto”. Ma era da un pezzo che il cammello non pensava più alla neve: si era completamente dimenticato di lei e per questo non alzava mai gli occhi al cielo. Se lo avesse fatto, si sarebbe accorto che l’azzurro aveva lasciato il posto al bianco uniforme di nuvole basse e pesanti e forse si sarebbe ricordato di quello che l’amica neve gli aveva detto un giorno.

Presto iniziò a nevicare sulle cime delle montagne, poi sugli altopiani, ma il cammello ancora non se ne accorse. Continuò a vivere spensierato senza mai guardare in alto e senza vedere la neve intensa che ormai ostruiva ogni via di collegamento. Infine arrivò in pianura e quando anche le sue gobbe si coprirono di neve, il cammello disse infreddolito e furibondo: “Ma come, neve! Avevi promesso di avvertirmi in anticipo e adesso capiti qui all’improvviso e mi geli le gobbe! E la neve rispose: “Io ho mantenuto la promessa, e se ora hai freddo è solo per colpa tua. Se fossi un vero amico, non mi avresti dimenticato!”




Paul Klee
Cammello (in un paesaggio ritmico di alberi)
Camel (in a rhythmic landscape of trees)
1920
olio su tela - 48 x 42 cm.
Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf






Edited by Milea - 2/12/2023, 11:25
view post Posted: 1/12/2023, 21:41 by: Lottovolante     +1IL FASCINO DELLE ROVINE NEL DIPINTO - ARTISTICA




François Boucher
Paesaggio fluviale con rovine e ponte
(River Landscape with Ruin and Bridge)
1762
Olio su tela
58.5 x 72 cm
Madrid, Colección Carmen Thyssen


Probabilmente nessun altro artista francese ha plasmato lo stile Luigi XV e l'arte della metà del XVIII secolo in generale come François Boucher. Il suo virtuosismo artistico, la protezione ricevuta dalla marchesa di Pompadour e la nomina (nel 1765) a "Premier peintre du roi" sotto Luigi XVI non solo gli procurarono numerose commissioni per Versailles e altre residenze reali, ma lo resero anche uno dei pittori più richiesti dell'epoca. Oltre a realizzare importanti opere decorative per castelli e palazzi di varie città europee, Boucher eseguì numerosi cartoni e bozzetti per la fabbrica di arazzi Gobelins di Parigi e per la fabbrica di porcellane di Sèvres. Allievo di François Lemoyne, ottenne un grande successo con i suoi dipinti mitologici, in cui l'approccio allegorico passava in secondo piano rispetto all'effetto sensuale ed erotico del nudo femminile. Come molti dei suoi dipinti galanti pastorali, di genere e di boudoir, le scene mitologiche furono ampiamente diffuse attraverso le stampe.


Inoltre, nel corso della sua lunga carriera, questo artista di grande abilità commerciale continuò a dipingere paesaggi. Questi due paesaggi fluviali sono stati concepiti in coppia e probabilmente appartenevano in origine a Jean Siméon Chardin, pittore di nature morte e opere di genere. Fanno parte di una serie di paysages realizzati tra la fine degli anni 1750 e l'inizio degli anni 1760. Già a prima vista si può dire che i dipinti non sono rappresentazioni topograficamente corrette di un luogo particolare, ma paesaggi immaginari composti da elementi pittoreschi convenzionali: in uno, un tempio circolare classico, un ruscello, cespugli mossi dal vento e un albero, un vecchio ponte di pietra, alcune pecore e capre; in un altro, una torre medievale in rovina accanto a un torrente sassoso su cui sorge un ponte di pietra, un boschetto e, in ultimo, una casa colonica e dietro di essa una serie di nuvole rocciose.


Il pittore ha popolato entrambe le opere con personaggi di repertorio: un pescatore che osserva una donna che riposa con il suo asino e un'altra donna con un bambino e un cane che sguazzano nel ruscello; un pastore con un cesto di fiori che cerca di conquistare i favori di una giovane donna che riposa all'ombra, in un tipico incontro pastorale. L'impressione di una scenografia teatrale - Boucher ha lavorato a lungo come scenografo - è intensificata dall'artificiosità dei colori. Inoltre, una luce abbagliante, proveniente da sinistra come un riflettore, illumina diverse aree della composizione.


Per molto tempo, fu proprio questa rappresentazione di una natura artificiale a contribuire al successo dell'artista. Da un lato, Boucher esaspera il concetto di natura idilliaca degli abitanti delle città; dall'altro, rende più facile per lo spettatore identificare i singoli elementi architettonici nei paesaggi. Per esempio, come modello per il padiglione circolare scelse il Tempio delle Sibille di Tivoli, di cui aveva fatto uno schizzo durante un viaggio in Italia nel 1730. Questa rovina storica, inserita in un paesaggio ideale costituito da una combinazione di elementi, conferisce all'opera un ulteriore fascino. È chiaro che Boucher giocava con l'esigenza accademica dei pittori di studiare la natura, come dichiarò all'inizio del secolo il teorico dell'arte Roger de Piles: "Gli studi dei paesaggisti devono dunque consistere nel cercare nella natura i begli effetti di cui possono aver bisogno per comporre i loro quadri. Ma si tratta soprattutto di fare una buona selezione tra questi begli effetti della natura".



François Boucher
Il pittore nel suo studio
(Painter in his Studio)
Prima metà del XVIII secolo
Olio su tavola
27 x 22 cm
Parigi, Musée du Louvre


Nell'opera "Il pittore nel suo studio", Boucher esprime programmaticamente l'idea che ogni paesaggista debba rispettare le regole fondamentali della pittura di paesaggio. Se confrontiamo il dipinto sul cavalletto con lo schizzo nel taccuino accanto, è chiaro che la composizione finale è il prodotto dell'immaginazione dell'artista. Il pittore prende ciò che ha tratto dalla natura e inserisce gli oggetti nel quadro a suo piacimento. François Boucher, tanto libero quanto virtuoso nell'uso del suo repertorio di composizioni e oggetti, era in grado di realizzare paesaggi quasi seriali in stile campestre.



François Boucher
Paesaggio fluviale con tempio antico
(River Landscape with an Antique Temple)
1762
Olio su tela
58.5 x 72 cm
Madrid, Colección Carmen Thyssen


Tuttavia, a partire dagli anni Sessanta del XVII secolo, sebbene Boucher continuasse a godere del favore di collezionisti e mecenati, la sua concezione della natura e dell'arte fu messa in discussione dalla critica artistica contemporanea. Al Salon del 1761, Denis Diderot ammira ancora due suoi paesaggi, dipinti per Christian IV, duca di Zweibrücken. Era incantato dalla loro qualità artistica: "Il dipinto ha una grinta. Lo si guarda di nuovo. C'è così tanta immaginazione, effetto, magia e facilità!" Ma sentiva anche che mancavano di autenticità: "Che sovrabbondanza di cose disparate!" Quando Boucher espose alcune pastorali e un paysage al Salon del 1765, lo scetticismo di Diderot si trasformò in rifiuto: "Vi sfido a trovare in tutto il campo un filo d'erba come quello dei suoi paesaggi. E poi c'è una confusione di oggetti accatastati l'uno sull'altro, così spostati, così disparati, che invece di trovarci davanti al quadro di un uomo sano di mente, ci troviamo davanti al sogno di un pazzo [...]. Oso dire che non ha mai conosciuto la realtà; [...] oso dire che non ha mai visto per un istante la natura".



Oggi i paesaggi di Boucher sono considerati il non plus ultra del petit goût, a cui viene imputato il declino della pittura francese. I nuovi protagonisti della pittura di paesaggio furono Hubert Robert e, soprattutto, Claude-Joseph Vernet. Nelle loro opere, il paesaggio sublime sostituisce l'idillio pittoresco. (Mar L8v)





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view post Posted: 1/12/2023, 20:55 by: Mocaccino     +1Il mito della ninfea - Favole, miti e leggende

Il mito della ninfea

(mitologia greca)


Tanto tempo fa nelle acque argentee di un lago viveva una Ninfa; ella era talmente bella che, appena la vide, Raggio di Sole se ne innamorò.
Raggio di Sole era splendente nel suo abito d’oro e la Ninfa, oscurata da tanta luce, si sentì misera ed e si vergognò del suo abituccio di perle.
Così decise di scendere discese di tuffarsi nel lago, per recuperare un tesoro che sapeva essere custodito proprio sul fondo.

Appena lo ebbe trovato, felice si riempì le mani di gioielli e volle tornare alla superficie per mostrare quella ricchezza a Raggio di Sole; ma non riusciva a risalire verso l’alto perché il peso di questi la trascinava giù facendola sprofondare nel fondo melmoso del lago. La ninfa pianse e pregò il re del lago di aiutarla, ma nessuno sentì il suo richiamo angoscioso. Aprì le mani per liberarsi di quell’oro che era la sua rovina, ma ormai le si era attaccato alle palme e non voleva staccarsi più. Il fango la sommerse poco a poco e ben presto la ninfa scomparve: di lei rimasero soltanto le candide mani con il loro tesoro.

Il povero Raggio di Sole innamorato, cercò disperatamente la sua ninfa. Esplorò tutta la superficie del lago, ma non riuscì a vedere che una foglia a forma di cuore, i cui fiori bianchi avevano all’interno lo stesso splendore dell’oro; di giorno i fiori si aprivano per offrire a Raggio di Sole i loro tesori, di notte si chiudevano per custodire l’oro fino al giorno seguente. La ninfa si era trasformata in un fiore bellissimo: la ninfea, simbolo di purezza, di romanticismo e di forza.



Claude Monet
Ninfee, effetto della sera (Nymphéas. Effet du soir)
1897 circa
olio su tela - 73 × 100 cm.
Musée Marmottan Monet, Parigi





Edited by Milea - 1/12/2023, 21:28
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